F.I.G.C. – Commissione d’Appello Federale – CAF – 2003/2004 – Decisione pubblicata sul sito web: www.figc.it e sul Comunicato ufficiale FIGC n. 59/C del 24/6/04 APPELLO DEL PROCURATORE FEDERALE AVVERSO IL PROSCIOGLIMENTO DEL SIG. CELLINO MASSIMO, PRESIDENTE DEL CAGLIARI CALCIO, A SEGUITO DI DEFERIMENTO PER VIOLAZIONE DELL’ART. 27 COMMI 1 E 2 DELLO STATUTO, CON RIFERIMENTO ALL’ART. 1 COMMA 1 C.G.S. E DEL CAGLIARI CALCIO, PER RESPONSABILITÀ DIRETTA, AI SENSI DELL’ART. 2 COMMA 4 C.G.S. (Delibera della Commissione Disciplinare presso la Lega Nazionale Professionisti – Com. Uff. n. 387 del 31.5.2004)
F.I.G.C. – Commissione d’Appello Federale - CAF – 2003/2004 – Decisione pubblicata sul sito web: www.figc.it e sul Comunicato ufficiale FIGC n. 59/C del 24/6/04
APPELLO DEL PROCURATORE FEDERALE AVVERSO IL PROSCIOGLIMENTO
DEL SIG. CELLINO MASSIMO, PRESIDENTE DEL CAGLIARI CALCIO, A SEGUITO
DI DEFERIMENTO PER VIOLAZIONE DELL’ART. 27 COMMI 1 E 2 DELLO STATUTO,
CON RIFERIMENTO ALL’ART. 1 COMMA 1 C.G.S. E DEL CAGLIARI CALCIO,
PER RESPONSABILITÀ DIRETTA, AI SENSI DELL’ART. 2 COMMA 4 C.G.S. (Delibera
della Commissione Disciplinare presso la Lega Nazionale Professionisti - Com.
Uff. n. 387 del 31.5.2004)
1. Con atto del 9 aprile 2004, visto il ricorso proposto dalla società Cagliari Calcio
s.p.a. dinanzi al Tribunale di Milano in data 11 luglio 2003, con il quale veniva chiesto l’annullamento,
previa sospensiva, del lodo emesso il 17 giugno 2003 dal Collegio arbitrale
della lega Nazionale Professionisti sulla vertenza tra il Sig. Enea Dionisio ed il Cagliari
Calcio, il Procuratore Federale deferiva alla Commissione Disciplinare presso la Lega Nazionale
Professionisti il Presidente del Cagliari Calcio, dott. Massimo Cellino, nonché la
società medesima, per vederli rispondere:
- il primo della violazione dell’art. 27, commi 1 e seguenti, dello Statuto, con riferimento
all’art. 1, comma 1, C.G.S., per violazione dei principi di lealtà, correttezza e probità, al
cui rispetto sono tenuti tutti i tesserati della F.I.G.C. in ogni rapporto comunque riferibile
all’attività sportiva;
- la seconda a titolo di responsabilità diretta, ai sensi dell’art. 2, comma 4, C.G.S., in relazione
alla violazione ascritta al suo Presidente.
L’Organo requirente concludeva dinanzi all’Organo di giustizia di prime cure per la dichiarazione
di responsabilità degli incolpati e la condanna alla sanzione dell’inibizione per
un anno per il Cellino e a quella della penalizzazione di sei punti per la società calcistica
cagliaritana.
2. Con la decisione impugnata, la Commissione Disciplinare ha mandato prosciolti gli
incolpati, dando preminente rilievo alla circostanza che la violazione della clausola compromissoria
statutaria, da costoro formalmente commessa nei termini indicati nell’atto di
contestazione, poteva essere attribuita ad un’erronea interpretazione della normativa vigente,
operata senza alcun evidente intento di porsi in contrasto con i principi associativi
ed indotta da una formulazione testuale e sistematica di incerta lettura.
In tal senso, non a caso, successivamente ai fatti, era stato sollecitato l’intervento
della Corte Federale, la quale solo di recente ha definitivamente statuito (Com. Uff. n.
16/Cf. del 16.4.2004) che l’impugnazione del lodo arbitrale dinanzi al Giudice ordinario
senza la preventiva autorizzazione integra, in effetti, la violazione dell’art. 27, comma 2,
dello Statuto Federale.
3. Con il reclamo in trattazione, la Procura Federale ritiene foriero di gravi perplessità
l’argomentare svolto dalla Commissione Disciplinare, non emergendo, anche dal comportamento
processuale della società, elementi che, nella fattispecie, depongano nel senso
di un effettivo atteggiamento di buona fede della società medesima.
Si domanda, infatti, l’Organo requirente federale in che modo possa ricondursi ad un
errore scusabile un atteggiamento che, a tacer d’altro, si è esplicitato in modi intenzionalmente,
e comunque consapevolmente, contrari alle norme federali (dovendosi peraltro
opporre alle ragioni degli incolpati, a tal riguardo, il principio di carattere generale ignorantia
legis non excusat, vigente anche con riferimento all’ordinamento federale ed espressamente
sancito dall’art. 2, comma 5, C.G.S.).
Gli elementi di fatto menzionati dalla Procura, rapportati alla normativa federale vigente
nella materia in discussione, consentirebbero evidente di escludere che la società
Cagliari abbia seguito i canoni dell’ordinaria diligenza, da adottarsi nella valutazione di iniziative,
connotate da estrema delicatezza, vietate dall’ordinamento federale e non a caso
gravemente menzionate.
Le norme specifiche sul funzionamento del Collegio arbitrale, le quali prevedono
espressamente che le decisioni del Collegio medesimo sono definitive ed immediatamente
esecutive, avrebbero dovuto, inoltre, quanto meno ingenerare dubbi in capo al Presidente
del Cagliari sull’esatta interpretazione della norma.
Né, da ultimo, può essere pretermessa, ad avviso della Procura, la circostanza che il
Presidente della Società, nonostante il chiaro dettato della Corte Federale, ha mantenuto
in vita le azioni giudiziarie illegittimamente avviato in violazione delle norme statutarie, dimostrando
ancor più, dunque, la carenza delle condizioni per ritenere integrata la fattispecie
dell’errore scusabile protratto nel tempo.
L’Organo federale ha, quindi, concluso per la riforma della decisione appellata, nel
senso della declaratoria della responsabilità disciplinare del Presidente del Cagliari Calcio
per le condotte allo stesso contestate nell’atto di deferimento (perduranti) e della responsabilità
diretta della società in ordine agli addebiti contestati al suo Amministratore,
per l’effetto chiedendo che nei confronti dei predetti vengano irrogate le sanzioni richieste
dal rappresentante dell’ufficio requirente nel corso del procedimento di primo grado o
quelle ritenute di giustizia da questa Commissione d’Appello.
4. In sede di riunione di questa Commissione, il Procuratore Federale ha chiesto che
venisse verbalizzata l’espunsione del profilo deduttivo di cui al n. 4 dall’atto di appello
(inerente presunte iniziative della società incolpata che metterebbero in discussione i
contenuti dell’interpretazione resa nella materia de qua dalla Corte Federale).
È stata, altresì, assunta a verbale la dichiarazione del difensore della società Cagliari
circa l’avvenuta rinunzia alle azioni pendenti presso l’Autorità giudiziaria ordinaria.
5. Il reclamo della Procura Federale non può essere accolto, seppur con le avvertenze
di seguito esposte.
Non sembrano mancare, in effetti, i presupposti per ammettere che la problematica
riguardante l’impugnabilità, senza preventiva autorizzazione, del lodo del Collegio arbitrale
presso gli Organi della giustizia ordinaria non era caratterizzata da uno scenario ermeneutico
ben chiaro ed acquisito.
Non a caso, infatti, ben oltre l’attivazione (non autorizzata) da parte del Cagliari dei
mezzi di tutela dinanzi al Giudice ordinario si è ritenuto di dover interpellare in tema la
Corte Federale, che solo di recente ha definitivamente chiarito, come accennato in narrativa,
che “l’impugnazione del lodo arbitrale dinanzi al Giudice ordinario senza la preventiva
autorizzazione integra la violazione dell’art. 27, comma 2, dello Statuto Federale”.
A fronte dell’obiettivo alone di incertezza interpretativa che poteva circondare la materia,
soprattutto prima dei chiarimenti autorevolmente diramati dalla Corte Federale, può
giustificarsi, dunque, l’applicazione dell’istituto dell’errore scusabile.
Occorre però, al tempo stesso, chiarire, in ossequio alle richieste formalmente ribadite
dalla Procura Federale anche in sede di riunione e pur prendendo in ogni caso atto -
nella specie - delle dichiarazioni, per come verbalizzate, rese nella medesima sede dal
rappresentante degli appellati (circa l’avvenuto ritiro di tutte le azioni pendenti), che, proprio
in considerazione della circostanza che la Corte Federale ha fatto definitiva chiarezza
circa l’illegittimità di azioni impugnatorie non autorizzate avverso i lodi arbitrali, la mancata
rinunzia, nei modi previsti dall’ordinamento generale, a tutte le azioni pendenti dinanzi
all’Autorità giudiziaria ordinaria (illegittimamente avviate) potrebbe deporre in senso contrario
al permanere della presunta buona fede in capo ai soggetti interessati e ben potrebbe
giustificare, quindi, l’avvio delle ulteriori iniziative di propria spettanza da parte dell’Or-
gano requirente in questa sede reclamante, in relazione al disposto di cui all’art. 11-bis
C.G.S..
Né, al riguardo, al fine di supportare l’asserito protrarsi di uno status di buona fede
solo inizialmente giustificabile, può ritenersi di certo sufficiente la tardiva richiesta di autorizzazione
ad adire l’Autorità giudiziaria ordinaria.
Alla stregua delle soprariportate considerazioni, la C.A.F. respinge l’appello come sopra
proposto dal Procuratore Federale, fatto salvo quanto esposto in parte motiva.
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