F.I.G.C. – Commissione d’Appello Federale – CAF – 2003/2004 – Decisione pubblicata sul sito web: www.figc.it e sul Comunicato ufficiale FIGC n. 59/C del 24/6/04 APPELLO DEL PROCURATORE FEDERALE AVVERSO IL PROSCIOGLIMENTO DEL SIG. DAL CIN FRANCESCO, PRESIDENTE DEL VENEZIA CALCIO, A SEGUITO DI DEFERIMENTO PER VIOLAZIONE DELL’ART. 27 COMMI 1 E 2 DELLO STATUTO, CON RIFERIMENTO ALL’ART. 1 COMMA 1 C.G.S. E DEL VENEZIA CALCIO, PER RESPONSABILITÀ DIRETTA, AI SENSI DELL’ART. 2 COMMA 4 C.G.S. (Delibera della Commissione Disciplinare presso la Lega Nazionale Professionisti – Com. Uff. n. 382 del 31.5.2004)

F.I.G.C. – Commissione d’Appello Federale - CAF – 2003/2004 – Decisione pubblicata sul sito web: www.figc.it e sul Comunicato ufficiale FIGC n. 59/C del 24/6/04 APPELLO DEL PROCURATORE FEDERALE AVVERSO IL PROSCIOGLIMENTO DEL SIG. DAL CIN FRANCESCO, PRESIDENTE DEL VENEZIA CALCIO, A SEGUITO DI DEFERIMENTO PER VIOLAZIONE DELL’ART. 27 COMMI 1 E 2 DELLO STATUTO, CON RIFERIMENTO ALL’ART. 1 COMMA 1 C.G.S. E DEL VENEZIA CALCIO, PER RESPONSABILITÀ DIRETTA, AI SENSI DELL’ART. 2 COMMA 4 C.G.S. (Delibera della Commissione Disciplinare presso la Lega Nazionale Professionisti - Com. Uff. n. 382 del 31.5.2004) 1. Con atto del 7 maggio 2004, visto il ricorso proposto dalla società A.C. Venezia dinanzi al Tribunale di Milano - Sezione Lavoro in data 18 dicembre 2003, con il quale veniva chiesto l’annullamento, previa sospensiva, del lodo emesso il 12 maggio 2003 dal Collegio arbitrale della Lega Nazionale Professionisti sulla vertenza tra il Sig. Rukavina Tomislav ed il Venezia, il Procuratore Federale deferiva alla Commissione Disciplinare presso la Lega Nazionale Professionisti, l’Amministratore unico dell’A.C. Venezia, Sig. Francesco Dal Cin, nonché la società medesima, per vederli rispondere: - il primo della violazione dell’art. 27, commi 1 e seguenti, dello Statuto, con riferimento all’art. 1, comma 1, C.G.S., per violazione dei principi di lealtà, correttezza e probità, al cui rispetto sono tenuti tutti i tesserati della F.I.G.C. in ogni rapporto comunque riferibile all’attività sportiva; - la seconda a titolo di responsabilità diretta, ai sensi dell’art. 2, comma 4, C.G.S., in relazione alla violazione ascritta al suo Amministratore unico. L’Organo requirente concludeva dinanzi all’Organo di giustizia di prime cure per la dichiarazione di responsabilità degli incolpati e la condanna alla sanzione dell’inibizione per un anno per il Dal Cin e a quella della penalizzazione di sei punti per la società calcistica veneziana. 2. Con la decisione impugnata, la Commissione Disciplinare ha mandato prosciolti gli incolpati, dando preminente rilievo alla circostanza che la violazione della clausola compromissoria statutaria, da costoro formalmente commessa nei termini indicati nell’atto di contestazione, poteva essere attribuita ad un’erronea interpretazione della normativa vigente, operata senza alcun evidente intento di porsi in contrasto con i principi associativi ed indotta da una formulazione testuale e sistematica di incerta lettura. In tal senso, non a caso, successivamente ai fatti, era stato sollecitato l’intervento della Corte Federale, la quale di recente ha definitivamente statuito (Com. Uff. n. 16/Cf. del 16.4.2004) che l’impugnazione del lodo arbitrale dinanzi al Giudice ordinario senza la preventiva autorizzazione integra, in effetti, la violazione dell’art. 27, comma 2, dello Statuto Federale. 3. Con il reclamo in trattazione, la Procura Federale ritiene foriero di gravi perplessità l’argomentare svolto dalla Commissione Disciplinare, non emergendo, anche dal comportamento processuale della società, elementi che, nella fattispecie, depongano nel senso di un effettivo atteggiamento di buona fede della società medesima. Nega, infatti, l’Organo requirente federale che possa ricondursi ad un errore scusabile un atteggiamento che, a tacer d’altro, si è esplicitato in modi intenzionalmente, e comunque consapevolmente, contrari alle norme federali (dovendosi peraltro opporre alle ragioni degli incolpati, a tal riguardo, il principio di carattere generale ignorantia legis non excusat, vigente anche con riferimento all’ordinamento federale ed espressamente sancito dall’art. 2, comma 5, C.G.S.). Gli elementi di fatto menzionati dalla Procura, rapportati alla normativa federale vigente nella materia in discussione, consentirebbero evidentemente di escludere che la società Venezia abbia seguito i canoni dell’ordinaria diligenza, da adottarsi nella valutazione di iniziative, connotate da estrema delicatezza, vietate dall’ordinamento federale e non a caso gravemente sanzionate. Le norme specifiche sul funzionamento del Collegio arbitrale, le quali prevedono espressamente che le decisioni del Collegio medesimo sono definitive ed immediatamente esecutive, avrebbero dovuto, inoltre, quanto meno ingenerare dubbi in capo all’Amministratore unico del Venezia sull’esatta interpretazione della norma. Né, da ultimo, può essere pretermessa, ad avviso della Procura, la circostanza che il Presidente della Società, nonostante il chiaro dettato della Corte Federale, ha mantenuto in vita le azioni giudiziarie illegittimamente avviate in violazione delle norme statutarie, dimostrando ancor più, dunque, la carenza delle condizioni per ritenere integrata la fattispecie dell’errore scusabile protratto nel tempo. L’Organo federale ha, quindi, concluso per la riforma della decisione appellata, nel senso della declaratoria della responsabilità disciplinare del Presidente dell’A.C. Venezia 1907 per le condotte allo stesso contestate nell’atto di deferimento (perduranti) e della responsabilità diretta della società in ordine agli addebiti contestati al suo Amministratore, per l’effetto chiedendo che nei confronti dei predetti vengano irrogate le sanzioni richieste dal rappresentante dell’ufficio requirente nel corso del procedimento di primo grado o quelle ritenute di giustizia da questa Commissione d’Appello. 4. Il reclamo della Procura Federale non può essere accolto, seppur con le avvertenze di seguito esposte. Non sembrano mancare, in effetti, i presupposti per ammettere che la problematica riguardante l’impugnabilità, senza preventiva autorizzazione, del lodo del Collegio arbitrale presso gli Organi della giustizia ordinaria non era caratterizzata da uno scenario ermeneutico ben chiaro ed acquisito. Non a caso, infatti, successivamente all’attivazione (non autorizzata) da parte del Venezia dei mezzi di tutela dinanzi al Giudice ordinario si è ritenuto di dover interpellare in tema la Corte Federale, che solo di recente ha definitivamente chiarito, come accennato in narrativa, che “l’impugnazione del lodo arbitrale dinanzi al Giudice ordinario senza la preventiva autorizzazione integra la violazione dell’art. 27, comma 2, dello Statuto Federale”. A fronte dell’obiettivo alone di incertezza interpretativa che poteva circondare la materia, soprattutto prima dei chiarimenti autorevolmente diramati dalla Corte Federale, può giustificarsi, dunque, l’applicazione dell’istituto dell’errore scusabile. Occorre però, al tempo stesso, chiarire, in ossequio alle richieste formalmente ribadite dalla Procura Federale anche in sede di riunione, che, proprio in considerazione della circostanza che la Corte Federale ha fatto definitiva chiarezza circa l’illegittimità di azioni impugnatorie non autorizzate avverso i lodi arbitrali, la mancata rinunzia, nei modi previsti dall’ordinamento generale, a tutte le azioni pendenti dinanzi all’Autorità giudiziaria ordinaria (illegittimamente avviate) può deporre in senso contrario al permanere della presunta buona fede in capo ai soggetti interessati e quindi giustificare l’avvio delle ulteriori iniziative di propria spettanza da parte dell’Organo requirente in questa sede reclamante, in relazione al disposto di cui all’art. 11-bis C.G.S.. Né, al riguardo, al fine di supportare l’asserito protrarsi di uno status di buona fede solo inizialmente giustificabile, potrebbe ritenersi sufficiente la tardiva richiesta di autorizzazione ad adire l’Autorità giudiziaria ordinaria. Alla stregua delle soprariportate considerazioni, la C.A.F. respinge l’appello come sopra proposto dal Procuratore Federale, fatto salvo quanto esposto in parte motiva.
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