F.I.G.C. – Commissione d’Appello Federale CAF – 2004-2005 – Decisione pubblicata sul sito web: www.figc.it e sul Comunicato ufficiale FIGC n. 42/C del 02/05/05 APPELLO DELLA A.S. POLARIS AVVERSO L’ESCLUSIONE DAL CAMPIONATO DI COMPETENZA E LA SANZIONE DELL’INIBIZIONE FINO AL 31.8.2005 AL SIG. QUARESIMA ANDREA SEGUITO GARA SPORT MAGIC/POLARIS DEL 22.2.2005 (Delibera della Commissione Disciplinare presso il Comitato Regionale Lazio Com. Uff. n. 79 del 24.3.2005)

F.I.G.C. – Commissione d’Appello Federale CAF – 2004-2005 – Decisione pubblicata sul sito web: www.figc.it e sul Comunicato ufficiale FIGC n. 42/C del 02/05/05 APPELLO DELLA A.S. POLARIS AVVERSO L’ESCLUSIONE DAL CAMPIONATO DI COMPETENZA E LA SANZIONE DELL’INIBIZIONE FINO AL 31.8.2005 AL SIG. QUARESIMA ANDREA SEGUITO GARA SPORT MAGIC/POLARIS DEL 22.2.2005 (Delibera della Commissione Disciplinare presso il Comitato Regionale Lazio Com. Uff. n. 79 del 24.3.2005) Con decisione pubblicata sul Com. Uff. n. 79 del 24 marzo 2005 la Commissione Disciplinare presso il Comitato Regionale Lazio accoglieva parzialmente il reclamo proposto dalla A.S. Polaris in relazione alla gara Sport Magic/Polaris del 22.2.2005 (Coppa Lazio Serie C/2 Calcio a Cinque) annullando la squalifica del calciatore Taglieri Carlo e riducendo al 31.8.2005 l’inibizione del dirigente Quaresima Andrea. Confermava tuttavia le sanzioni della perdita della gara e dell’esclusione del campionato di competenza disposte dal Giudice Sportivo (Com. Uff. n. 533 del 25 febbraio 2005). Osservava a quest’ultimo proposito, in sintesi, che “la violenza perpetrata nei confronti dell’Arbitro (era) stata collettiva, prolungata e caratterizzata da una virulenza tale che solo per la forte fibra dell’Arbitro (che nella circostanza aveva peraltro perso temporaneamente coscienza) non (era) sconfinata nella tragedia”. Rilevava inoltre che “non solo non vi (era stata) traccia di un fattivo comportamento dei dirigenti ma, per buona misura, sostenitori, probabilmente per l’atteggiamento facenti parte dell’organico societario, invece di prestare assistenza all’arbitro mentre sostava sulla panchina semi svenuto, (avevano corredato) gli incidenti già avvenuti con una polemica verbale nei confronti della vittima della violenza che, in quel frangente, non (poteva) che destare la più viva deplorazione.” Concludeva sottolineando come, “quando in tutto l’ambiente di una società, costituito da calciatori, dirigenti e sostenitori, non vi è nemmeno un segno di resipiscenza in presenza di gravi e reiterate violenze subite dall’Arbitro, la sanzione adeguata non (potesse) che essere quella della preclusione della permanenza nell’organico del campionato”. Avverso tale decisione proponeva appello la A.S. Polaris che eccepiva preliminarmente l’erroneità da parte della Commissione Disciplinare dell’applicazione dell’art. 10 C.G.S.. Faceva presente che per i fatti di violenza di cui al comma 4 di detto art. 10 il comma 5 prevede le sole sanzioni dell’ammenda e, nei casi di recidiva specifica, della squalifica del campo, non anche sanzioni più gravi; sanzioni, queste ultime, riservate ai soli professionisti. Posto dunque che le “severissime sanzioni adottate nei confronti della società... risultano essere applicate arbitrariamente, in violazione dell’art. 10, comma 5, del C.G.S.”, ne chiedeva l’annullamento o comunque l’attenuazione. Quanto al resto richiamava l’attenzione sul fatto che durante la gara non si erano verificati incidenti di alcun genere; che un proprio calciatore aveva sferrato un calcio all’arbitro nello stato di “trance agonistica” determinata dalla discutibile assegnazione, allo scadere del tempo di recupero, di una rete alla squadra avversaria; che il proprio dirigente Quaresima si era prodigato nell’allontanare il calciatore e nel proteggere l’arbitro; che alla “ressa” che si era creata avevano preso parte giocatori, dirigenti ed operatori di “entrambe le squadre”; in definitiva, che le sanzioni inflitte dalla Commissione disciplinare erano “sproporzionate ed esorbitanti” rispetto alla reale gravità dei fatti. L’appello della A.S. Polaris, proposto ritualmente quanto all’eccezione concernente l’applicazione dell’art. 10 C.G.S., non può essere accolto. Va dichiarato inammissibile quanto al resto. In effetti il secondo capoverso del comma 5 dell’art. 10 C.G.S. prevede che “per le violazioni di cui al comma 4 (relativo a fatti di violenza) si applica la sanzione dell’ammenda” e, “in caso di recidiva specifica, ...la squalifica del campo”.È ugualmente incontestabile che il medesimo capoverso riserva le più gravi sanzioni di cui all’art. 14 comma 1 lettere e), g) ed h) “ai soggetti appartenenti alla sfera professionistica”, per di più nei soli “casi più gravi”. Occorre osservare tuttavia che “per le violazioni di cui al presente articolo” dunque anche per i fatti di violenza di cui al comma 4) l’ultimo capoverso del comma 5 in esame stabilisce che “ai dirigenti, soci di associazioni e tesserati si applicano le sanzioni previste dall’art. 14 comma 1”. Stabilisce soprattutto, e per quel che interessa in questa sede, che “se le società responsabili non sono appartenenti alla sfera professionistica, ferme restando le altre sanzioni applicabili, si applica la sanzione dell’ammenda da...”. Come dire che a norma di quanto previsto dal capoverso appena richiamato alla A.S. Polaris, società non appartenente alla sfera professionistica, sono state inflitte legittimamente le “altre sanzioni applicabili”, e cioè quelle di cui all’art. 13 del Codice, e che alla stessa società avrebbe dovuto applicarsi, anzi, anche la sanzione dell’ammenda. Come in realtà non è avvenuto. A parte detta ultima omissione (di cui la società non ha motivo certo di dolersi), deve concludersi che la perdita della gara, l’esclusione dal campionato di competenza e la squalifica di suoi calciatori, sanzioni tutte previste dagli artt. 13 e 14 C.G.S., sono state inflitte legittimamente e nel pieno rispetto di quanto previsto dal Codice. Ne consegue che l’appello proposto, come già rilevato, non può essere accolto. Residua l’entità delle sanzioni inflitte, giudicata dalla società appellante particolarmente severa. Va detto a questo proposito che ai sensi dell’art. 33, punto 1 lettera d), C.G.S. le decisioni emesse nei procedimenti di seconda istanza possono essere impugnate con appello a questa Commissione, per questioni attinenti al merito, nei soli casi in cui questa stessa Commissione venga adita “come giudice di secondo grado in materia di illecito e nelle altre materie normativamente indicate”; materie, queste ultime, fra le quali non rientra la valutazione di merito della gravità dei fatti di violenza verificatisi nel corso di una gara e della conseguente congruità delle sanzioni inflitte. Nel caso in esame la società appellante non ha svolto motivi relativi alla competenza, alla violazione o falsa applicazione di norme ovvero all’omessa o contraddittoria motivazione della decisione impugnata, ma motivi riguardanti la presunta eccessività delle sanzioni inflitte in relazione alla reale gravità dei fatti che si sono verificati nel corso della gara. Ne consegue che, in difetto delle ipotesi di cui alle residue lettere a), b) e c) dell’art. 33, punto 1, C.G.S., l’appello non può essere ritenuto ammissibile. Per effetto della soccombenza la tassa reclamo deve essere incamerata (art. 29 C.G.S.). Per questi motivi la C.A.F. respinge l’appello come sopra presentato dall’A.S. Polaris di Roma nella parte inerente l’applicazione del disposto di cui all’art. 10 comma 5 C.G.S.; lo dichiara inammissibile nel resto. Ordina l’incameramento della tassa versata.
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