CONI – Camera di Conciliazione ed Arbitrato per lo Sport – Decisione pubblicata sul sito web: www.coni.it LODO ARBITRALE DEL 28/07/2006 TRA Giuseppe Purpura contro Federazione Italiana Nuoto

CONI – Camera di Conciliazione ed Arbitrato per lo Sport – Decisione pubblicata sul sito web: www.coni.it LODO ARBITRALE DEL 28/07/2006 TRA Giuseppe Purpura contro Federazione Italiana Nuoto IL C O L L E G I O A R B I T R A L E Avv. Enrico Ingrillì in qualità di Presidente del Collegio Arbitrale, ai sensi del Regolamento della Camera di Conciliazione e Arbitrato per lo Sport, Prof. Avv. Massimo Coccia in qualità di Arbitro nominato dalla F.I.N., ai sensi del Regolamento della Camera di Conciliazione e Arbitrato per lo Sport, Avv. Ciro Pellegrino in qualità di Arbitro nominato dal Sig. Giuseppe Purpura, ai sensi del Regolamento della Camera di Conciliazione e Arbitrato per lo Sport, nel procedimento di Arbitrato promosso da: Giuseppe Purpura, nato a Reggio Calabria il 4 aprile 1979, rappresentato e difeso, dall’avv. Lucia Crupi, ed elettivamente domiciliato presso il Suo Studio in Reggio Calabria, Via Caserta Crocevia prol. N. 47/bis, - istante - contro Federazione Italiana Nuoto, in persona del Presidente p.t., con sede in Roma, Stadio Olimpico Curva Nord, rappresentata e difesa dall’Avv. Stefano Ciavarro, ed elettivamente domiciliata presso il Suo Studio in Roma, Via Marostica n. 29, - resistente - Letti i quesiti conclusivamente formulati dalle parti, esaminate le conclusioni delle stesse, esaminati gli atti e documenti del giudizio, valutate le istanze istruttorie, ha emesso il seguente LODO ARBITRALE FATTO E SVOLGIMENTO DEL PROCEDIMENTO ARBITRALE Con istanza di arbitrato, ex art. 8 del Regolamento della Camera di Conciliazione e Arbitrato per lo Sport del C.O.N.I., il Sig. Giuseppe Purpura instaurava il procedimento arbitrale per ottenere la pronuncia di nullità del procedimento di primo grado e di tutti gli atti e procedimenti ad esso connessi, e disattesa la decisione del Giudice di secondo grado, accertando che lo stesso non aveva commesso alcuna aggressione o atto di violenza, nei confronti dell’arbitro dell’incontro di pallanuoto del Campionato di SerieA2 femminile, tra la squadra Canottieri Reggio Calabria e la S.C. Caserta, disputatosi in data 29 aprile 2005. In particolare, l’istante sosteneva che, durante l’incontro di pallanuoto di cui sopra, tra il secondo e il terzo parziale della partita, interveniva un diverbio, dai toni molto accesi, tra un Dirigente della Canottieri Reggio Calabria – cui appartiene l’istante in qualità di quadro tecnico - e l’Arbitro dell’incontro, Sig. Paolo Cassaro, che degenerava in una vera e propria rissa, a seguito della quale l’Arbitro riportava delle lesioni, per la cura delle quali si rendeva necessario un breve ricovero ospedaliero. Il Dirigente della Canottieri Reggio Calabria, coinvolto nel diverbio, era il Sig. Settimio Purpura, padre dell’istante. Il Sig. Giuseppe Purpura rilevava che il diverbio avveniva mentre il Sig. Settimio Purpura, durante la rituale inversione di campo, veniva ammonito dall’Arbitro, senza alcuna apparente spiegazione. Innanzi alle dimostranze del Sig. Settimio Purpura, il quale, seppur con tono irriverente, chiedeva spiegazioni sull’avvenuta adozione del provvedimento disciplinare, seguiva il “contatto” tra l’Arbitro e il Dirigente. Il Giudice Unico, letto il referto arbitrale, decideva di radiare dai ranghi federali i Sigg.ri Giuseppe e Settimio Purpura e di infliggere pesanti ammende alla società. Avverso la decisione del Giudice Unico, la Corte d’Appello Federale (d’ora in poi, anche C.A.F.), su ricorso del Sig. Giuseppe Purpura, rigettava il gravame. Il Sig. Settimio Purpura non impugnava la decisione. L’istante, quindi - dopo aver esperito, ai sensi dell’art. 8 del Regolamento della Camera, la procedura di conciliazione, conclusasi infruttuosamente - depositava istanza di arbitrato, in data 10 novembre 2005, rassegnando le seguenti conclusioni: - accertare e dichiarare la nullità del procedimento di primo grado per i motivi esposti sub. 1 e 2 e di tutti gli atti e procedimenti ad esso connessi e conseguenti e pertanto, incidentalmente, disattendere la decisione definitiva della C.A.F., provvedere ad emendare la nullità del procedimento ed entrare nel merito della controversia per accertare che il Sig. Giuseppe Purpura non ha commesso alcuna aggressione nei confronti dell’arbitro dell’incontro di pallanuoto Sig. Paolo Cassaro, il giorno 29 aprile 2005, nel corso della partita di campionato di serie A2 tra la Canottieri Provincia di Reggio Calabria e A.S. Caserta ovvero di non avere commesso alcun atto di violenza nei confronti dell’arbitro in quanto intervenuto nella lite in corso tra Dirigente ed Arbitro al solo scopo di sedare il conflitto e conseguentemente mandarlo assolto ed annullare il provvedimento di radiazione ovvero ridurre in misura equa la sanzione inflitta per avere agito per motivi di particolare valore morale. In via subordinata, chiede l’adozione di ogni altra equa soluzione prospettata dal nominato Arbitro. Il Sig. Giuseppe Purpura provvedeva a nominare l’Avv. Ciro Pellegrino, quale arbitro di propria elezione. L’istante lamentava, in via preliminare e pregiudiziale, la nullità di tutti gli atti procedimentali del giudizio innanzi alla C.A.F., in quanto era stato violato il diritto di difesa sancito dall’art. 27 dello Statuto della F.I.N. e degli artt. 1, 2 e 3 del D.L. n. 220 del 2003. Nel merito, l’attore lamentava l’incongruenza dei fatti riportati nel referto arbitrale, in quanto l’aggressione sarebbe avvenuta durante un cambio di campo, a gioco fermo, e non al 4° minuto del secondo tempo. Sempre nel merito, l’attore evidenziava la partecipazione alla rissa, quale <>, anche dell’Arbitro, Sig. Paolo Cassaro. In data 28 novembre 2005, si costituiva nel giudizio arbitrale la Federazione Italiana Nuoto (d’ora in poi, anche F.I.N.), nominando quale arbitro di propria elezione, il Prof. Avv. Massimo Coccia, e richiedendo, in ogni caso, il rigetto delle domande attoree. Si costituiva ritualmente il Collegio Arbitrale, con la nomina, ai sensi del Regolamento della Camera, dell’Avv. Enrico Ingrillì, quale Presidente del Collegio. In data 17 marzo 2006, si teneva dunque la prima udienza del Collegio Arbitrale, il quale, stante l’assenza del legale dell’attore, si riservava di valutare successivamente eventuali ipotesi conciliative, autorizzando le parti al deposito di note autorizzate, entro il termine perentorio del 14 aprile 2006. Il Collegio Arbitrale, ai sensi dell’art. 19, comma IV, del Regolamento della Camera, veniva autorizzato dalle parti a rendere anticipatamente noto il solo dispositivo, comunicando successivamente il testo integrale del lodo, contenente l’esposizione dei motivi della decisione. In data 13 aprile 2006, l’attore depositava delle note autorizzate, reiterando le questioni preliminari e di rito, già svolte nell’atto di nomina di arbitro e instaurazione del giudizio arbitrale. Anche la F.I.N., in data 14 aprile 2006, depositava delle note autorizzate, insistendo per l’accoglimento delle domande svolte in giudizio. In particolare, la F.I.N. assumeva che la rissa era provocata dal Sig. Giuseppe Purpura, il quale, in concorso con il Sig. Settimio Purpura, aggrediva violentemente l’Arbitro dell’incontro, Sig. Paolo Cassaro. All’udienza del 31 maggio 2006, il Collegio Arbitrale provvedeva all’esame del Sig. Giuseppe Purpura, presente personalmente. All’esito dell’udienza, il Collegio Arbitrale si riservava ogni decisione, concedendo termini a parte attrice e convenuta per le definitive illustrazioni delle difese, delle istanze e per la precisazione delle conclusioni. MOTIVI Preliminarmente, il Collegio ritiene di dover esaminare l’eccezione di incompetenza del Giudice Unico di primo grado, nonché l’eccezione di nullità degli atti del procedimento disciplinare, per violazione del diritto alla difesa e al contraddittorio, come previsto dall’art. 27 dello Statuto F.I.N. e dagli artt. 1, 2 e 3 del D.L. n. 220 del 2003, come formulate dall’istante. La prima eccezione preliminare, proposta dal Sig. Giuseppe Purpura, di incompetenza del Giudice Unico di primo grado, va rigettata poiché infondata. L’art. 3.2, lettera d) del Regolamento F.I.N., infatti, specifica che il Giudice Unico giudica i soggetti tesserati o affiliati sulle infrazioni tecnico – disciplinari, ove con quest’ultimo termine si intendono tutte quelle infrazioni commesse nell’ambito spazio temporale di una manifestazione agonistica o amatoriale. Pertanto, è pacifico che oggetto del giudizio arbitrale è l’episodio riportato nel referto arbitrale redatto dal Sig. Paolo Cassaro, verificatosi durante lo svolgimento dell’incontro di pallanuoto sopra richiamato, a prescindere dal fatto per cui l’episodio sia intervenuto in una fase attiva o passiva del gioco. La cosa è anche stata confermata dal Sig. Giuseppe Purpura nel corso dell’udienza del 31 maggio 2006. Sulla violazione del diritto alla difesa e al contraddittorio, il Collegio, verificato l’operato della F.I.N., non ravvisa alcuna violazione dei diritti del Sig. Giuseppe Purpura. Infatti, il Collegio rileva che il sistema di giustizia sportiva è legittimamente costruito sulla base di quanto previsto dallo Statuto e dal Regolamento della F.I.N., che sono stati debitamente approvati dagli organi competenti del C.O.N.I.. Ne consegue che, tutti i tesserati sono tenuti al rispetto di tali normative. Nel caso di specie, il Collegio non ravvisa, dunque, alcuna violazione dell’art. 27 dello Statuto F.I.N. e degli artt. 1, 2 e 3 del D.L. n. 220 del 2003, in quanto il Sig. Giuseppe Purpura ha avuto la possibilità di adire e devolvere i fatti di causa alla cognizione della Commissione di Appello Federale, dopo il giudizio svoltosi innanzi al Giudice Unico, con produzioni documentali e richieste istruttorie. Tale circostanza non può che essere prova del diritto alla difesa e al contraddittorio, che è stato garantito all’istante nella sua interezza. Nel merito, il Collegio ritiene di non dover accogliere le conclusioni dell’istante. In particolare, quanto alla contestata efficacia del referto arbitrale, il Collegio rileva che tale fonte di prova gode di efficacia privilegiata, e il contenuto del referto arbitrale costituisce piena prova, salvo accertarne la falsità. Il Collegio osserva che il Sig. Giuseppe Purpura non ha mai sottoposto, nei precedenti gradi di giudizio, alcun elemento idoneo a contestare la validità e l’efficacia del contenuto del referto arbitrale. Persino durante l’udienza del Collegio, in data 31 maggio 2006, il Sig. Giuseppe Purpura, in sede di esposizione dei fatti, non forniva una precisa ricostruzione dell’episodio, se non esponendo sommariamente ed in maniera incerta lo svolgimento dei fatti, all’esito del quale lo stesso Sig. Giuseppe Purpura non escludeva di aver avuto un contatto fisico con l’Arbitro dell’incontro di pallanuoto. Il Collegio ritiene, altresì, di rigettare tutte le richieste istruttorie proposte dall’istante e dalla resistente, in quanto la documentazione allegata agli atti e l’attività espletata all’udienza del 31 maggio 2006, consentono di poter definire il giudizio senza la necessità ulteriore di attività istruttoria. In ogni caso, per quanto riguarda la determinazione della sanzione irrogata nei confronti del Sig. Giuseppe Purpura, il Collegio ritiene di dover riformare parzialmente la decisione impugnata, riducendo la durata della stessa, per i seguenti motivi. Il Giudice Unico, sulla base del referto arbitrale, ha inflitto al Sig. Giuseppe Purpura la sanzione della radiazione dai ranghi federali. Tuttavia la medesima sanzione è stata comminata al Sig. Settimio Purpura, il cui comportamento ha originato l’episodio di cui al presente procedimento. L’applicazione di un medesimo trattamento sanzionatorio a soggetti che hanno avuto un ruolo differente nella vicenda appare lesiva dei principi fondamentali sanciti dal nostro ordinamento con riferimento alla funzione della pena. Giova ricordare, infatti, che una delle finalità cui deve tendere la pena è quella rieducativa, così come sancito a livello costituzionale dall’art. 27, comma 3. La rieducazione deve essere intesa con riferimento al disvalore del fatto commesso secondo il principio di proporzionalità che, oltre ad essere fondamentale ispiratore dell’idea generale di giustizia, rappresenta un criterio guida che permea l’intero Stato di diritto. Anche sul piano della prevenzione generale cui deve, altresì, ispirarsi la pena, la minaccia di una sanzione eccessiva potrebbe provocare reazioni contrarie a quelle sperate, in relazione ad una scala di valori percepita come “alterata” dai consociati i quali, anziché sentirsi soggetti liberi nel rispetto delle altrui libertà, si sentirebbero ingiustamente minacciati. Sul piano della prevenzione speciale, invece, occorre che il condannato senta come giusta e proporzionata, rispetto a quanto commesso, la sanzione irrogatagli, perché solo così ragionando il trattamento rieducativo può effettivamente favorirne il recupero sociale. Orbene, applicando i suddetti principi al caso di specie, si ritiene che, sebbene il comportamento tenuto dal Sig. Giuseppe Purpura sia meritevole di censura da parte di questo Organo Giudicante, debba essere tenuta in considerazione la condotta complessiva emersa in sede di arbitrato. Ciò, ovviamente, non sminuisce la gravità dell’accaduto, però, nell’ottica della speciale prevenzione, impone di rideterminare adeguatamente l’entità della sanzione comminata. Del resto la normativa in materia di sanzioni in caso di doping fa spesso ricorso, per un fenomeno sulla cui gravità è inutile soffermarsi, ad una sanzione inibitoria limitata alla durata di due anni. Infatti, il fine ultimo della rieducazione verrebbe frustrato dall’applicazione del più grave trattamento sanzionatorio previsto dall’art. 16 del Regolamento di Giustizia FIN (la radiazione) al fatto riconducibile a Giuseppe Purpura. Trattasi, invero, di un comportamento di minore gravità rispetto a quello posto in essere da Settimio Purpura, il quale ha difatti accettato la decisione degli Organi Federali, non presentando alcuna istanza arbitrale. In virtù del sopra citato principio di proporzione, pertanto, appare eccessiva la decisione degli organi giudicanti di comminare la radiazione non essendo la gravità della sanzione irrogata rispondente alle finalità punitive e deterrenti proprie della pena in sé. In via equitativa, si ritiene, pertanto, di dover rideterminare la sanzione inibitoria in anni due a partire dalla commissione del fatto. P.Q.M. Il Collegio Arbitrale all’unanimità, definitivamente pronunciando nel contraddittorio delle parti, disattesa ogni ulteriore istanza, eccezione e deduzione: 􀂃 annulla parzialmente i provvedimenti del Giudice Unico del 05.05.2005 e la pronuncia della Commissione di Appello Federale del 27.05.2005; 􀂃 ridetermina la sanzione inibitoria in anni due a partire dalla commissione del fatto; 􀂃 compensa integralmente tra le parti gli onorari e le spese di arbitrato, nella misura liquidata dalla Camera con provvedimento ai sensi dell’art. 22 del Regolamento, nonché gli onorari e le spese di difesa; 􀂃 dispone che i diritti amministrativi versati dalle parti siano incassati dalla Camera di Conciliazione e Arbitrato per lo Sport Così deciso in conferenza personale degli arbitri. F.to Enrico Ingrillì F.to Massimo Coccia F.to Ciro Pellegrino
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