CONI – Camera di Conciliazione ed Arbitrato per lo Sport – Decisione pubblicata sul sito web: www.coni.it LODO ARBITRALE DEL 03/04/2006 TRA Sig. Francesco Dal Cin contro FIGC

CONI – Camera di Conciliazione ed Arbitrato per lo Sport – Decisione pubblicata sul sito web: www.coni.it LODO ARBITRALE DEL 03/04/2006 TRA Sig. Francesco Dal Cin contro FIGC Il Collegio arbitrale in persona dei signori: -prof. avv. Ferruccio Auletta, Presidente -prof. avv. Massimo Zaccheo, Arbitro -avv. Ciro Pellegrino, Arbitro nella controversia tra Francesco Dal Cin, rappresentato e assisitito dall’avv. Pietro Deodato, presso il cui studio in Roma, via Sardegna n. 40, è pure elettivamente domiciliato e Federazione Italiana Giuoco Calcio - FIGC, in Persona del Presidente p.t., rappresentata e assistita dagli avv.ti Luigi Medugno, Stefano La Porta e Mario Gallavotti, presso lo studio del quale (ultimo) in Roma, via Po n. 9, è pure elettivamente domiciliata sulle conclusioni definitivamente precisate dalle parti all’udienza del 13 marzo 2006, gli arbitri, riuniti in conferenza personale presso la sede della Camera in Roma, stadio Olimpico – Gate 23, II piano, in data 13 marzo e 3 aprile 2006, hanno, con voti unanimi, deliberato, a norma dell’art. 19 del Regolamento approvato dal C.N. con delibera n. 1303 del 3.2.2005, il seguente LODO SVOLGIMENTO DEL PROCEDIMENTO Il 19 dicembre 2005, F. Dal Cin ha depositato l’“istanza per l’istaurazione del procedimento arbitrale previsto dall’art. 8 del regolamento della Camera di Conciliazione e Arbitrato per lo Sport”, e così ha chiesto, inter alia, di “dichiarare l’inesistenza e/o la nullità della decisione della CAF del 6 agosto 2005 comunicata l’8 agosto 2005”; “in subordine, [di] dichiarare l’incompetenza degli organi della giustizia sportiva per non essere il Sig. Francesco Dal Cin, sin dal momento dell’ apertura del procedimento disciplinare, tesserato federale”; “nel merito, dichiarare che il Sig. Francesco Dal Cin non ha commesso alcun illecito disciplinare relativamente all’incontro di calcio [Genoa-Venezia] dell’ 11 giugno 2005, annullando di conseguenza le decisioni contestate dagli organi di giustizia sportiva FIGC”; “in estremo subordine, [di] ridurre la sanzione disciplinare ad altra minore secondo giustizia o equità”. Queste conclusioni, in uno a quelle di dichiarare tenuta la parte convenuta alle spese del procedimento e di assistenza difensiva nonché alle altre proposte soltanto “in via istruttoria” con l’atto introduttivo, sono state mantenute all’udienza destinata appositamente alla loro finale precisazione. Di contro, la FIGC all’udienza in questione (13.3.2006) ha richiamato le conclusioni già precisate con le “ulteriori note” depositate e scambiate in data 6 marzo 2006, mediante le quali, tolte le domande accessorie, ha richiesto al Collegio “in via principale, [di] declinare la propria competenza”; “in via gradata, [di] dichiarare le domande avversarie inammissibili o, comunque, improcedibili, per difetto di interesse”; “in via di ulteriore subordine, [di] respingerle perché infondate nel merito”. In precedenza, nella “memoria di costituzione e risposta” fatta pervenire in data 3 gennaio 2006, la FIGC, pur non avendo presa una formale conclusione sul punto, aveva peraltro rilevato già “l’incompetenza [del] collegio a giudicare la controversia” (pg. 4), tant’ è che gli Arbitri, riuniti con le parti all’udienza del 10 febbraio 2006, avevano “ritenuto che [era] emersa una questione pregiudiziale la cui definizione [avrebbe potuto] impedire il giudizio di merito”, invitavando immmediatamente alla precisazione delle conclusioni, e a tal fine destinando l’udienza del 6 marzo, quindi, data l’impossibilità di tenerla, del 13 marzo 2006. L’arbitrato muove dal fatto che l’attore, già in qualità di amministratore delegato della A.C. Venezia s.r.l., è stato sanzionato, con decisione n. 34 in Com. uff. n. 10 del 27.7.2005, dalla Commissione disciplinare della Lega Nazionale Professionisti con la “inibizione per cinque anni con proposta al Presidente federale di preclusione alla permanenza in qualsiasi rango o categoria della F.I.G.C.; sanzione confermata mediante rigetto dell’impugnazione proposta presso la Commissione disciplinare di appello della FIGC, con decisione del 6 agosto 2005, comunicata in data 8 agosto 2005. L’istanza preliminare di conciliazione della presente controversia è risultata, di seguito all’incontro del 18 novembre 2005, vana. Pertanto, è stata svolta la domanda di arbitrato che adesso occupa nel rispetto della condizione di cui all’art. 8, comma 6, del Regoamento approvato dal C.N. con delibera n. 1303 del 3.2.2005. Negli atti di accesso al procedimento arbitrale ciascuna parte ha designato l’arbitro di rispettiva elezione: il prof. avv. M. Zaccheo per M. Dal Cin, l’avv. C. Pellegrino per la FIGC. Il terzo arbitro è stato designato in persona del prof. avv. F. Auletta con provvedimento del Presidente della Camera in data 13 gennaio 2006. Ognuno degli arbitri ha fatto pervenire separata accettazione della nomina anteriormente alla prima delle riunioni collegiali, tenutasi il 27 gennaio 2006, quando è stata anche fissata presso la Camera la sede del procedimento. Al Collegio la parte attrice ha deferito quali “motivi” della dedotta “inesistenza” o “nullità” ovvero invalidità o ingiustizia della decisione sanzionatoria della Commissione disciplinare di appello (Caf) del 6 agosto 2005, comunicata l’8 agosto 2005, i seguenti: “vizio relativo alla riferibilità della decisione a coloro che, secondo l’epigrafe della sentenza, sarebbero i componenti del Collegio”; “difetto di competenza degli organi di giustizia sportiva”, pur dando atto della “volontà manifestata da[l] sig. Dal Cin di sottoporsi alla giustizia sportiva” (pg. 29 della “istanza depositata in data 191.2.2005); inutilizzabilità delle “intercettazioni telefoniche disposte in sede di indagine preliminare dalla Procura della Repubblica di Genova”; errore di valutazione della “condotta del Sig. Francesco Dal Cin quale illecito sportivo” siccome “nessun elemento prova che egli abbia anche solo tentato di condizionare il risultato dell’incontro [Genoa-Venezia dell’11 giugno 2005]”. Agli stessi motivi ha replicato analiticamente la parte convenuta, che, in particolare, ha fatto valere sin dall’esordio difensivo come l’attore avesse “liberamente adito” la Camera di concilazione e arbitrato, stante che “dalla dedotta non appartenenza del ricorrente all’ordinamento federale della FIGC, discenderebbe l’incompetenza di [questo] collegio a giudicare” (pg. 4 della “memoria” in data 3.1.2006). In realtà, Francesco Dal Cin, per affermazione dello stesso, attualmente non è tesserato per la FIGC (“oggettivamente non più tesserato” si legge a pg. 2 delle “note” in data 6.3.2006); è parimenti incontroverso in giudizio che egli lo fosse al tempo del commesso illecito sub judice: “nel caso di specie -dichiara l’attore- la Commissione Disciplinare e la CAF hanno dichiarato la competenza a conoscere della controversia sulla base del principio della ultrattività del potere disciplinare rispetto al momento del venir meno del vincolo associativo” (ivi, pg. 4); vincolo che è venuto meno, ammette la parte convenuta, “per fatto non direttamente imputabile al tesserato (dichiarazione di fallimento della società di appartenenza”: “ulteriori note” in data 6.3.2006, pg. 2) La decisione è stata riservata all’esito di un procedimento di cui le parti hanno esplicitato l’assenza di riserve circa la regolarità del contraddittorio. Il Collegio, riunito in conferenza dei suoi membri, ha pertanto approvato, con il dispositivo, i seguenti MOTIVI DELLA DECISIONE Per l’art. 12, comma 3, dello Statuto del C.O.N.I., la Camera di conciliazione e arbitrato per lo sport “ha competenza, con pronunzia definitiva, sulle controversie che contrappongono una Federazione sportiva nazionale a soggetti affiliati, tesserati o licenziati, a condizione che siano stati previamente esauriti i ricorsi interni alla Federazione o comunque si tratti di decisioni non soggette a impugnazione nell’ambito della giustizia federale”. La “competenza” in questione deriva da “gli statuti e i regolamenti delle Federazioni sportive nazionali” (comma 4) ovvero “altro espresso accordo delle parti”, e, solo in tal caso, “anche tra soggetti non affiliati, tesserati o licenziati”. Non ricorre, nella fattispecie, l’ipotesi di “competenza” del Collegio risalente a un “espresso accordo delle parti”, unica condizione che avrebbe assolto gli arbitri dal dovere di risolvere la questione altrimenti indotta dallo status di non tesserato del soggetto attore. Questi, sin dal momento della proposizione della domanda di arbitrato, manca incontestatamente della qualità di tesserato alla FIGC, che ha precedentemente perduto in dipendenza di un evento -la dichiarazione di fallimento della squadra di appartenenza- previsto dalle N.O.I.F. quale causa di estinzione del vincolo associativo. Nè la qualità di tesserato è oggetto del presente giudizio, essendo per un verso pacifico il fatto estintivo dello statuto personale dell’attore e, per altro verso, non ulteriormente rivendicato in arbitrato lo statuto personale suddetto, appunto quello di tesserato della FIGC. Dunque, il fondamento del potere degli arbitri, che è da rinvenire residualmente nella clausola compromissoria contenuta nell’art. 27, comma 3, dello Statuto della FIGC, postulerebbe una dimensione estremamente grande, esorbitante la massima latitudine conosciuta dal diritto positivo in materia: l’art. 34, comma 3, d.lgs. 17.1.2003, che disciplina un’ipotesi particolare di clausola compromissoria statutaria, stabilisce che pur quando “la clausola è vincolante per la società e per tutti soci”, come tipicamente accade per la fonte compromissoria statutaria, l’inclusione nel novero dei “soci” agli effetti della soggezione alla clausola non può oltrepassare “coloro la cui qualità di socio è oggetto della controversia”. Cioè, “la potestas iudicandi degli arbitri non può in radice essere esclusa per il solo fatto che tema del contendere sia proprio il presupposto da cui discende l'operatività della clausola” (così della Pietra, La clausola compromissoria, in corso di pubblicazione nella raccolta di Studi in memoria di Gian Franco Campobasso). In sintesi, dove la capacità degli arbitri risieda in una clausola di un contratto associativo, il patto compromissorio può resistere alla dismissione del vincolo associativo se e in quanto questa stessa vicenda costituisca oggetto del giudizio, il quale rimane -perciò- soltanto quello arbitrale. Diversamente, ove la dismissione della qualità di associato costituisca un prius neppure fatto segno di contrarie pretese, una clausola del genere considerato è incapace di distogliere dall’A.G. la controversia che insorga sopra una posizione soggettiva eventualmente rilevante per l’ordinamento giuridico. Peraltro, la giurisprudenza non ha mancato di precisare che il potere arbitrale non va soggetto al principio di cui all’art. 5 c.p.c., che è inutilizzabile per risolvere la questione della permanenza del vincolo compromissorio (Cass. 21 luglio 2004, n. 13516); dunque, diversamente da quanto accade in virtù della legge attributiva di potesta giurisdizionale all’A.G., pur quando sussista al momento della proposizione della domanda, il potere degli arbitri è suscettibile di essere perduto prima che l’esercizio del potere arbitrale si sia compiuto (e nell’ambiente dell’ arbitrato irrituale, in cui per definizione si colloca il presente giudizio, un evento del genere integra senz’altro gli estremi della revoca del mandato collettivo ai sensi dell’art. 1726 c.c.). Questa considerazione è di per sé dirimente, allora, anche in ordine alla pretesa di veder attribuita al Collegio una capacità di conoscere della presente controversia quasi si trattasse di perpetuare la capacità cognitiva degli organi di giustizia sportiva dopo che la singola Federazione sportiva ha promosso il procedimento che si è concluso con la sanzione inflitta a colui che intanto non era più tesserato. Ma, in realtà, la stessa pretesa, pur sotto altri profili, non ha pregio poiché il procedimento conclusosi con l’irrogazione della sanzione a F. Dal Cin non si identifica soggettivamente né oggettivamente con quello di cui il presente lodo costituisce il compimento: non soggettivamente, in quanto la Camera di conciliazione e arbtrato per lo sport “è istituita presso il CONI”, rispetto al quale una Federazione sportiva nazionale (coi suoi organi di giustizia) è in rapporto di sicura alterità; non oggettivamente, perché laddove “nell’ambito dell[a] Federazion[e] sportiv[a] nazional[e]” il procedimento di giustizia svoltosi fosse stato già censibile a ogni effetto come “procediment[o] arbitral[e]” (talchè quello che adesso rileva avrebbe potuto prendere fattezze di arbitrato di secondo grado, che è fenomeno non ignoto alla legislazione passata o presente: cfr. artt. 28 e 31 c.p.c. 1865 e 37, comma 2, d.lgs. 17.1.2003, n.5), questo avrebbe determinato l’ “[in]competenza” della Camera a norma dell’art. 12, comma 6, dello Statuto CONI (“Restano escluse dalla competenza della Camera tutte le controversie tra soggetti affiliati, tesserati o licenziati per le quali siano istituiti procedimenti arbitrali nell’ambito delle Federazioni sportive nazionali”). Del resto, che vi sia discontinuità assoluta, anzi vera e propria cesura tra i rimedi di giustizia endo- ed esofederale, contrariamente anche all’ assunto della difea della FIGC che discorre di funzione meramente impugnatoria della presente istanza di arbitrato, trova riscontro nella totale assenza, qui, di limiti alla devoluzione di materia, tanto da permettere l’accesso all’arbitrato del genere ora in corso anche a petita mai portati (o persino inammissibili) nella sede di giustizia federale: le diverse vie di ricorso sono logicamente e cronologicamente giustapposte, ma non coordinate in guisa -la seconda- di revisio prioris instantiae, trattandosi senz’altro di novum judicium che trae occasione o ragione (come nell’eventuale intrapresa di azione risarcitoria: v., per un esempio specifico, il lodo 8 febbraio 2005, reso presso la Camera in causa Salerno corse s.r.l. versus Aci) dalla controversia già giustiziata al diverso (ma non inferiore) livello associativo. La stessa Camera nel parere reso il 19 giugno 2003 ha ribadito, oltre che il carattere di giustizia arbitrale della inerente attività, che rimane escluso qualsiasi collegamento con i meccanismi di giustizia interni alle singole Federazioni. Innanzitutto, dunque, è inconfigurabile un continuum tra le sedi di giustizia federale e confederale (se così vuol dirsi dell’arbitrato amministrato presso il CONI); ma, se per ipotesi dovesse questo assunto venir smentito, l’originario fondamento dell’ (ipoteticamente) unico potere di giustizia non statuale tornerebbe comunque a essere vanificato dalla sopravvenuta perdita del vincolo associativo poiché nessun principio di perpetuatio ha ingresso nella disciplina dell’arbitrato. In sintesi, comune acquisto della pratica arbitrale è che il fondamento volontario del potere di decisione debba non soltanto pre-esistere in guisa di presupposto processuale, ma altresì sussistere per tutto il corso del giudizio arbitrale in guisa di condizione dell’azione, non potendosi replicare in sede privata il contrario principio di cui l’art. 5 c.p.c. è espressione esemplare per la giustizia statuale. In concreto, ben anteriormente alla domanda di arbitrato l’efficacia vincolante dell’art. 27 dello Statuto federale era perduta inter partes, in nessuna misura risultando sub judice la vicenda estraneativa di F. Dal Cin dalla FIGC per via del fallimento dell’A.C. Venezia calcio s.r.l., sicchè deve ritenersi conclusivamente che all’atto di introdurre il procedimento presso la Camera la parte attrice ha sostanzialmente rivolto, peraltro in conformità dell’ordinamento sportivo, una proposta compromissoria irrevocabile non seguita dall’ accettazione dell’altra (arg. ex artt. 12.5 Statuto CONI, 9.2 e 10.2 Regolamento Camera). Non si tratta, allora, di “interpretazione” più o meno estensiva della convenzione di arbitrato, quanto di “efficacia” della stessa (cfr. ora, per il dualismo concettuale, gli artt. 808-quater e quinquies c.p.c., introdotti dall’art. 20 d.lgs. 2 febbraio 2006, n. 40, inapplicabili -peraltro- al caso de quo ai sensi dell’art. 27, comma 3): e questa efficacia va recisamente esclusa. Come sarà apparso chiaro, non incide in alcuna misura sulla ricostruzione operata la nota quanto controversa tesi (in dottrina, v. Verde, Lineamenti di diritto dell’arbitrato, Torino 2005, 21 s.; Napolitano, Caratteri e prospettive dell'arbitrato amministrativo sportivo, in Giornale di diritto amministrativo, 2004, 1153 ss.; in giurisprudenza, v. Tar Lazio, III, 25 marzo 2004, n. 2987) di parte della giusisprudenza amministrativa che attribuisce al lodo reso da un collegio arbitrale insediato presso la Camera la capacità di esaurire l’ultimo grado della giustizia sportiva (CdS, VI, 2 luglio 2004, n. 5025); e ciò in considerazione del fatto che neppure il Consiglio di Stato ha mai disconosciuto, se non la natura, almeno la forma arbitrale dell’azione che presso la Camera si viene realizzando, sicchè a impedire la “nullità del provvedimento” -pur così concepito anziché come lodo- “per difetto assoluto di attribuzione” (art. 21-septies l. 7.8.90, n. 241, come introdotto dall’art. 14, l. 11.2.2005, n. 15) deve pur sempre concorrere un valido ed efficace fondamento compromissorio, che, viceversa, si intende adesso negare. Della legittima pretesa di riuscire, tuttavia, affrancato da una sanzione che reputa invalida e ingiusta F. Dal Cin non viene privato per il tramite del presente lodo, né quest’ultimo rappresenta una condizione senza della quale egli sarebbe rimasto impedito nell’accesso alla giustizia tout court, almeno qualora il suo vanto si riferisca effettivamente a situazioni rilevanti per l’ordinamento generale. Invero, da una parte, il principio di cui è oggi espressione l’art. 819-ter c.p.c. consente di percorrere simultaneamente la via arbitrale e giudiziaria, simultaneità espressamente liceizzata per il caso di procedimenti coevi su identica causa; dall’altra, lo stesso ordinamento onera soltanto i “tesserati” “di “adire, secondo le previsione degli statuti e regolamenti del Comitato olimpico nazionale italiano e delle Federazioni sportive […], gli organi di giustizia dell’ordinamento sportivo” (art. 2, comma 2, d.l. 19.8.2003, n. 220, conv. l. 17.10.2003, n. 280); con la chiara conseguenza che, in difetto di vincolo associativo, l’onere non va assolto al fine di realizzare la procedibilità della giurisdizione pubblica. Non spetta, in definitiva, al Collegio della Camera di conciliazione e arbitrato dichiarare alcunchè nel merito delle pretese della parte attrice, merito del quale sarebbe già parte ogni valutazione, pur incidentale, circa la permanenza del potere disciplinare della Federazione successivamente alla recisione, per di più involontaria, del vincolo associativo. Altre questioni pur se pregiudiziali rimangono assorbite dalla priorità di quella già liquidata in senso ostativo alla decisione di merito. La singolarità del caso, la ragionevole opinabilità delle soluzioni prospettabili ex ante e la conclusiva astensione da statuizioni di merito, per cui la domanda di giustizia sostanziale rimane impregiudicata tra le parti integrano elementi sufficienti alla compensabilità per intero delle spese per assistenza difensiva e la pari distribuzione delle spese per i diritti degli arbitri “per l’opera prestata” (art. 814 c.p.c.) e della Camera. P.Q.M. Il Collegio, definitivamente pronunciando nella controversia di cui all’ “istanza” prot. n. 1979 del 19 dicembre 2005 di Francresco Dal Cin nei confronti della FIGC, dichiara che: a) il Collegio non ha “competenza” sulla controversia; b) le spese per assistenza difensiva sono interamente compensate tra le parti; c) le parti sono tenute in egual misura, con vincolo di solidarietà, al pagamento dei diritti degli arbitri, come separatamente liquidati, e della Camera di conciliazione e arbitrato per lo sport. Così deliberato all’unanimità dei voti in conferenza personale degli arbitri riuniti presso la sede dell’arbitrato in data 13 marzo e 3 aprile 2006, e sottoscritto in numero di tre originali nei luoghi e nelle date di seguito indicati. F.to Ferruccio Auletta F.to Massimo Zaccheo F.to Ciro Pellegrino
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