CONI – Camera di Conciliazione ed Arbitrato per lo Sport – Decisione pubblicata sul sito web: www.coni.it LODO ARBITRALE DEL 17 gennaio – 26 febbraio 2007 TRA Dott. Pierluigi Pairetto contro Federazione Italiana Giuoco Calcio

CONI – Camera di Conciliazione ed Arbitrato per lo Sport – Decisione pubblicata sul sito web: www.coni.it LODO ARBITRALE DEL 17 gennaio - 26 febbraio 2007 TRA Dott. Pierluigi Pairetto contro Federazione Italiana Giuoco Calcio IL COLLEGIO ARBITRALE PROF. AVV. FERRUCCIO AULETTA – PRESIDENTE AVV. CIRO PELLEGRINO – ARBITRO PROF. AVV. MAURIZIO BENINCASA – ARBITRO nominato ai sensi del Regolamento della Camera di Conciliazione e Arbitrato per lo Sport (Regolamento), nel procedimento di arbitrato (prot. N. 1706 del 12 ottobre 2006) promosso da: Dott. Pierluigi Pairetto, nato il 15 luglio 1952 a Torino, rappresentato e difeso dall’Avv. Giorgio Merlone ed elettivamente domiciliato presso il suo studio in Torino alla Via Cavalli n. 38 (tel. 011.4334444 / fax 011.4347050); attore CONTRO Federazione Italiana Giuoco Calcio, in persona del Commissario Straordinario Avv. Luca Pancalli, rappresentata e difesa dagli Avvocati Mario Gallavotti e Luigi Medugno ed elettivamente domiciliata presso lo studio del primo in Roma, alla Via Po n. 9 (tel. 06.858231 fax 06.85823200 – e.mail ghp@ghplex.it) convenuta FATTO E SVOLGIMENTO DEL PROCEDIMENTO In data 22 giugno 2006 il Procuratore Federale, con atto prot. n. 1830/450/pf/SP/ad, deferiva innanzi alla Commissione d’Appello Federale l’ex designatore arbitrale della CAN, Pierluigi Pairetto, affinché fosse irrogata «la sanzione della inibizione per anni cinque con proposta di preclusione a svolgere attività nell’ambito della F.I.G.C., oltre cinquemila euro di ammenda». La C.A.F., con decisione pubblicata nel C.U. n. 1/C del 7 luglio 2006, decideva di addebitare al dr P. Pairetto esclusivamente la violazione dell’art. 1, comma1, del C.G.S., condannandolo per tale violazione a due anni e sei mesi di inibizione, dichiarando la esclusione di qualsiasi addebito in relazione alla commissione di illeciti sportivi ex art. 6 del C.G.S. Contro tale decisione, in data 17 luglio 2006 il dr P. Pairetto presentava ricorso innanzi alla Corte Federale, chiedendo la riforma della decisione di primo grado con «una consistente riduzione della sanzione irrogata dalla Commissione di prima istanza, secondo il proprio prudente ed autorevole apprezzamento». La Corte Federale, con decisione pubblicata nel C.U. n. 1/Cf del 25 luglio 2006, nonostante la conferma della sola violazione dell’art. 1 del C.G.S., aggravava la sanzione comminata in primo grado, inibendo il dr. P. Pairetto da qualsiasi attività endofederale per tre anni e sei mesi. Contro tale decisione, il sanzionato proponeva istanza di conciliazione innanzi alla Camera di Conciliazione ed Arbitrato per lo Sport, prima dell’instaurazione del presente procedimento arbitrale; in data 15 settembre 2006 veniva fissata l’udienza. In quella sede, il Conciliatore avv. Aurelio Vessichelli, preso atto del mancato accordo tra le parti, dichiarava estinta la procedura. Con atto depositato in data 12 ottobre 2006 Prot. n. 1706, il dr P. Pairetto proponeva istanza di arbitrato dinanzi alla Camera di Conciliazione ed Arbitrato per lo Sport; il Presidente della Camera, visti gli artt. 12 dello Statuto del CONI, 11 comma 2 e 23 comma 1 del Regolamento, nominava il Collegio Arbitrale così composto: Prof. Avv. Ferruccio Auletta (Presidente del Collegio Arbitrale), Avv. Ciro Pellegrino (Arbitro) e Prof. Avv. Maurizio Benincasa (Arbitro). Gli arbitri nominati formulavano l’accettazione di cui all’art. 14 del Regolamento e, successivamente, veniva fissata la prima udienza per il giorno 6 dicembre 2006 presso la sede dell’arbitrato. Il ricorrente formulava, nella propria istanza di arbitrato, le seguenti conclusioni: «Per tutti i motivi esposti, la parte istante, per mezzo del sottoscritto procuratore, chiede esperirsi la procedura arbitrale sulle questioni oggetto della presente controversia, finalizzata all’annullamento dell’impugnata decisione e/o alla revoca della sanzione della inibizione di anni 3 e mesi 6 così come irrogata dalla Corte Federale c/o F.I.G.C. – In via subordinata, chiede l’adozione di ogni altra equa soluzione, che l’odierno Collegio Giudicante ritenga congrua se la predetta sanzione venga debitamente ridotta a non più di un solo anno di inibizione […], commutando inoltre detta sanzione dell’inibizione – o una parte di essa – in altro tipo di sanzione ex art. 19 C.G.S. […]». Con atto del 23 ottobre 2006 la Federazione Italiana Giuoco Calcio si costituiva nel procedimento arbitrale, rassegnando le seguenti conclusioni: « […] voglia l’adito Collegio rigettare tutte le domande avversarie, confermando integralmente le statuizioni rese dalla Corte Federale sulla materia oggetto del contendere. Con vittoria di spese ed onorari». In data 6 dicembre 2006 si teneva la prima udienza di trattazione, previo esperimento infruttuoso del tentativo di conciliazione; all’esito, avuta anche contezza della rinuncia all’eccezione di inutilizzabilità da parte dell’eccipiente dr P. Pairetto, personalmente presente, il Collegio assegnava alle parti termini per il deposito di documenti integrati da trascrizioni relative a intercettazioni telefoniche disposte nell’ambito di procedimento penale, ritenuti rilevanti; quindi, concedeva un termine ulteriore per memorie, fissando per il 17 gennaio 2007 l’udienza di discussione. Qui, il Collegio, dato atto, in particolare, della produzione dei predetti documenti e, conseguentemente, dell’avveramento della condizione prevista dall’art. 20, comma 6, del Regolamento della Camera (secondo cui «Quando devono essere assunti nuovi mezzi di prova o sia stato pronunciato lodo parziale, gli arbitri possono prorogare per una sola volta il termine e per non più di novanta giorni […]»), prorogava il termine di pronuncia del lodo completo di motivi; successivamente le parti svolgevano le rispettive difese, con l’intervento personale del dr P. Pairetto. Il Collegio si riservava di deliberare il lodo, il che avveniva nella conferenza personale tenuta dagli arbitri, oltre che di seguito alla discussione, ancora presso la sede dell’arbitrato in data 26 febbraio 2007. MOTIVI 1. Non è controversa la capacità del Collegio di decidere nel merito, né più lo è l’utilizzabilità delle prove che le parti hanno infine convenuto di acquisire -sotto forma di documenti precostituiti- al presente giudizio (cfr. verbale della riunione del 6.12.2006). 2. Come la giurisprudenza di questa Camera ha avuto modo di affermare, vi è “discontinuità assoluta, anzi vera e propria cesura tra i rimedi di giustizia endo- ed esofederale [con] totale assenza, qui, di limiti alla devoluzione di materia, tanto da permettere l’accesso all’arbitrato del genere ora in corso anche a petita mai portati (o persino inammissibili) nella sede di giustizia federale: le diverse vie di ricorso sono logicamente e cronologicamente giustapposte, ma non coordinate in guisa -la seconda- di revisio prioris instantiae, trattandosi senz’altro di novum judicium che trae occasione o ragione […] dalla controversia già giustiziata al diverso (ma non inferiore) livello associativo” (lodo in causa Dal Cin vs F.I.G.C., 3 aprile 2006). Ora, è la decisione della Corte Federale (CF) in data 25 luglio - 4 agosto 2006 (e di cui ai cc.uu. nn. 1 e 2/CF) dalla quale il promotore della controversia, il dr P. Pairetto, ricava la “ragione” di adire la via arbitrale, domandandovi “l’annullamento dell’ impugnata decisione” ovvero “la revoca della sanzione della inibizione di anni tre e mesi sei così come irrogata dalla Corte Federale”; e “in via subordinata, chiede[ndo] l’adozione di ogni altra equa soluzione”, ivi inclusa la “commuta[zione]” della inibizione o di una sua parte “in altro tipo di sanzione ex art. 19 C.G.S.”. Primo compito del Collegio, pertanto, è quello di analizzare la determinazione sanzionatoria di ultima istanza federale per verificarne, in fase virtualmente rescindente, la capacità di resistenza ai motivi di censura addotti dalla difesa. 3. La CF ha irrogato la sanzione della inibizione per anni tre e mesi sei in accoglimento dell’appello presentato dal Procuratore federale avverso la decisione del primo Giudice, la Corte di appello federale (CAF), la quale, viceversa, aveva contenuto la medesima misura affittiva entro il limite di due anni e sei mesi, e ciò per aver riconosciuta nella condotta del dr P. Pairetto, designatore per l’A.I.A. degli arbitri degli incontri di calcio di serie A e B, la violazione dei doveri generali di ogni associato che rimane punita ai sensi dell’art. 1 C.G.S. La CF, in sede di revisione, ha ritenuto di dover incrementare il trattamento sanzionatorio pur senza mutare il titolo della incolpazione, così come richiesto dal Procuratore appellante, il quale assumeva la necessaria rubricazione del comportamento del dr P. Pairetto sotto l’art. 6 C.G.S. Nonostante, dunque, sia mancata alcuna concessione di fondatezza a quel gravame puntualmente votato “alla conclusione che le condotte del Pairetto, come contestate, sono state tese a procurare un vantaggio alla società Juventus”, la sanzione è stata “opportunamente aggravata” (pg. 79), mediante applicazione di un’inibizione di maggior durata. Sennonchè, la stessa parte appellante aveva chiesto che la modifica del trattamento sanzionatorio avvenisse soltanto “per l’effetto” del diverso e più grave illecito configurabile (pg. 14), e cioè come conseguenza diretta ed esclusiva dell’accoglimento della fondamentale censura rivolta contro la assoluzione da responsabilità del dr P. Pairetto per l’illecito sportivo previsto e punito dall’art. 6 C.G.S., assoluzione che la CAF aveva operato all’esito del dibattimento con derubricazione dell’incolpazione - originariamente elevata a norma dell’ art. 6 C.G.S.- a mera violazione dell’art. 1 C.G.S. A ben vedere, nessuna doglianza il Procuratore federale era venuto muovendo alla sanzione, in quanto tale, irrogata in prime cure; piuttosto, Egli ne chiedeva l’adeguamento soltanto e in quanto ne fosse stato modificato il titolo di attribuzione, in merito al quale il Procuratore domandava il riesame delle acquisizioni di primo grado assumendo la loro idoneità a provare la specifica finalità illecita della condotta da punire ex art. 6 C.G.S. La CF, di contro, pur avendo premesso che le acquisizioni non consentivano di superare la soglia del ragionevole dubbio intorno alla finalità che connota l’illecito sportivo sanzionabile a norma dell’art. 6 C.G.S. (“dubbio” del quale si dice, infatti, che “non integra la certezza di un atteggiamento favoritistico”: pg. 71); e, nonostante la ulteriore considerazione in bonam partem circa il “minor ruolo” del designatore P. Pairetto rispetto “all’altro” (Paolo Bergamo), ha -per giunta senza alcun altro peculiare riferimento soggettivo- aggravato la sanzione. 4. Di siffatto aggravamento, pur dopo che di “rigetto dell’appello” e di “infondat[e] contesta[zioni] della Procura Federale” si dice nella motivazione addotta dalla CF (cfr. pgg. 69 s.), pare a questo Collegio non ricorrano le condizioni per via del fatto, innanzitutto, che, nel contesto normativo di riferimento, non può ritenersi implicata l’istanza di revisione del nudo trattamento sanzionatorio in quella rivolta a ottenere una diversa affermazione di responsabilità, soltanto in conseguenza della quale il Procuratore si era richiamato alla richiesta della maggiore inibizione (peraltro, in debita coerenza con la richiesta da quell’Organo già avanzata presso la CAF data la contestazione mossa sulla base del ripetuto art. 6 C.G.S.): in sintesi, si tratta di reformatio in pejus officiosa, sostanzialmente indebita, e comunque non assistita da adeguata motivazione in relazione al profilo soggettivo della posizione sub judice. In ambito federale, dagli artt. 32, comma 7, Statuto, e 33, commi 4 e 5, C.G.S., si ricava la possibilità del gravame alla CF della decisione in prima istanza (quando) presa dalla CAF, ma senza che il sistema possa sottrarre alla CF il complesso di garanzie procedimentali altrimenti riferito già alla CAF quale organo -come in concreto avvenuto per la CF di ultima istanza: sistema che prescrive la “cognizione del procedimento […] limitatamente ai punti della decisione specificamente impugnati” (comma 4), e che puntualmente conosce il divieto di reformatio in pejus (comma 5), viceversa ignorato quando funzioni di revisione di precedenti decisioni siano affidate alle diverse Commissioni disciplinari (art. 32, comma 3). Dunque, il giudice di appello deve ritenersi specificamente privo del potere di inasprire il trattamento se non in dipendenza dei “punti della decisione” esattamente investiti dai motivi di impugnazione. Secondo il Collegio una “definizione giuridica più grave” (ciò che il Procuratore federale postulava) è, almeno nella prospettiva del presente giudizio civile, punto diverso dalla pura e semplice “quantità della pena” (soltanto “per l’effetto” domandata in misura accresciuta), come - peraltro- rivela anche la previsione dell’art. 597, comma 2, lett. a), che distintamente attribuisce (avvicendandoli nella scansione normativa) entrambi questi poteri al giudice di secondo grado allorchè appellante sia il P.M., ma pur sempre -per quanto risulta dalla esplicita premessa normativa- sotto condizione che questi abbia dedotto il relativo “punto” nell’appello avverso la precedente decisione di condanna (arg. ex Cass, I, 10 luglio 1995, n. 9546, Cavalleri, in Cass. pen., 1996, 2228). In altri termini, la CF, avvalendosi del c.d. “effetto devolutivo generale” (cfr. pgg. 71, 79, 109), al quale insistemente ricorre quale pretesa fonte di legittimazione del proprio potere di decisione, non scorge la pur evidente antitesi che vi è tra il sostanziale rigetto dell’istanza riformatrice del Procuratore, la denotazione in bonam partem del ruolo del dr P. Pairetto in comparazione con l’“altro” designatore P. Bergamo (solo congiuntamente alla cui posizione risultano analizzate le prove raccolte in primo grado a carico del medesimo dr P. Pairetto) e il conclusivo aggravamento della sanzione, peraltro sancito in difetto di specifica e autonoma impugnazione sul punto. 5. Anche a giudizio di questo Collegio, come per la CF (pg. 79) peraltro, sono “gravi ed univoci” i “sintomi di disvalore” che la condotta del dr P. Pairetto, quale designatore per l’A.I.A. degli arbitri, lascia emergere specialmente dalle trascrizioni delle intercettazioni telefoniche prodotte agli atti dell’arbitrato. Se non mette conto la riproduzione analitica dei colloqui rilevanti ai fini dell’affermazione di responsabilità ai sensi dell’art. 1 C.G.S., specie dopo che in fase arbitrale il dr P. Pairetto ha ritenuto di ribadire l’ammissione di “inopportunità di determinati rapporti” (pg. 8 dell’istanza in data 12.10.2006), occorre viceversa dar conto delle ragioni che non inducono a un trattamento indulgenziale verso il tesserato in questione. Egli avrebbe dovuto ritenersi tra i custodi primi dei valori di terzietà ed equidistanza che il ruolo di giudice, qual è proprio dei direttori di gara, fa obbligo di mantenere. Ed è acquisto della comune cultura ordinamentale che si tratta di valori che di certo non si assicurano disgiungendo l’essere dall’apparire. Ogni ruolo di garanzia di interessi generali, postulando l’indifferenza del garante rispetto agli interessi particolari tra di loro naturalmente confliggenti, necessita di manifestazioni di imparzialità destinate a prendere rilievo assolutamente pari all’essenza pur doverosamente neutrale della condotta: in breve, il designatore P. Pairetto avrebbe dovuto curare di apparire oltre che di essere (come assicura la sua difesa) equidistante tra le parti verso le quali la sua opera veniva a incidere. Ma così non è stato. Sotto questo specifico profilo, sono destinate ad avere massima rilevanza alcune condotte dell’associato per loro natura incoercibili entro ristretti margini di privatezza, quale l’ostesa prossimità ai dirigenti di uno solo dei club regolarmente incisi dalle funzioni sportive (la Juventus F.C.), condotte per le quali il dr P. Pairetto ha ritenuto di difendersi semplicemente sostenendo (anche con dichiarazioni sottoscritte e che risultano acquisite agli atti dell’arbitrato) la risalenza nel tempo e il carattere familiare dei legami di cui le condotte stesse avrebbero costituito un seguito pressochè naturale, pur quando non propriamente opportuno. Al riguardo, però, il Collegio non può astenersi dall’obiettare -di là della stessa emergenza di un livello ulteriore nei suddetti legami, al quale si collocano determinati episodi o colloqui che per le provate modalità di svolgimento o, rispettivamente, i contenuti (talora semplicemente implicati) non sembrano ragionevolmente censibili nel novero di correnti relazioni di amicizia- che la compromissione della correttezza funzionale derivava già dalla stessa notorietà ambientale di siffatta contiguità con lo staff della Juventus F.C. Ne è prova, tra altre, l’idoneità a innescare la serie di comportamenti (ulteriormente illeciti e però) putativamente (qualificabili come soltanto) reattivi e di cui è traccia nella stessa giurisprudenza recente di questa Camera, quella stessa che la difesa del dr P. Pairetto fa mostra di conoscere per invocarla (altresì nel corso della discussione orale) a sostegno del più mite trattamento sanzionatorio richiesto per il suo assistito: cfr. lodi 9 dicembre 2006, in causa Lotito, e18 dicembre 2006, in causa Galliani. Non troppo discosti sono gli argomenti da utilizzare a proposito dell’anomalo favore commerciale ripetutamente praticato verso il dr P. Pairetto o verso quei terzi che suo tramite venivano incontestatamente indirizzati all’acquisto di autovetture del Gruppo Fiat: non è soltanto dall’intima convenienza dell’affare o meno che può dipendere la violazione del dovere di correttezza, perché la relativa violazione si è consumata indubbiamente appena considerando che la relazione privilegiata, pienamente rivelata data l’estensione degli sconti altresì a sodali del dr P. Pairetto, appariva immediatamente suscettibile di qualificazione come stanza di compensazione dei vantaggi indirettamente fruiti dalla Juventus F.C. notoriamente riconducibile al medesimo Gruppo. 6. L’opacità di alcune relazioni, come sintomaticamente evidenzia la pluralità di canali telefonici utilizzati secondo il tipo di comunicazione intercorrente tra gli interessati, non è in alcun modo rischiarata dalla difesa del dr P. Pairetto neppure quando ritiene di ascrivere alle condotte contestategli la natura di svolgimento libero di un ruolo istituzionale non altrimenti connotato da forme regolamentate di attuazione, sicchè il riempimento di disciplina sarebbe stato lasciato alla interpretazione soggettiva dei doveri generali dell’associato. Invero, proprio la clausola generale di fairness (art. 1 C.G.S.), che è una costante di qualsivoglia sistema disciplinare anche prevalentemente tipizzato nelle condotte punibili [v. art. 3, comma 1, lett. l), d.lgs. 23 febbraio 2006, n. 109, donde risulta, dopo la serie di comminazioni espresse, comunque sanzionabile “ogni altro comportamento tale da compromettere l’indipendenza, la terzietà e l’imparzialità del magistrato, anche sotto il profilo dell’apparenza”], rappresenta la fonte di costante riempimento di quei doveri di condotta non rivenienti da altri e più specifici precetti, ma sempre dovendosi escludere che la sola legittimità di un comportamento possa per ciò soltanto farlo ritenere anche corretto nella dimensione associativa, ovvero che la sostanziale lealtà dei comportamenti possa risolversi esclusivamente nell’osservanza di quei precetti analiticamente stabiliti per le diverse forme di partecipazione alla vita sportiva: analiticità, peraltro, inversamente proporzionale alla elevatezza della posizione associativa, i cui ruoli apicali massimamente devono attingere, quanto alla regola di condotta, alla clausola generale. Lungi dal poter ridurre, perciò, l’idea di “correttezza e probità” sportiva (sono le accezioni particolari condivise dalla CAF nell’irrogare la sanzione al dr P. Pairetto nella misura di due anni e sei mesi di inibizione) alla mera osservanza formale di regole prestabilite, questo Collegio deve confermare il giudizio di riprovazione della condotta sub judice. 7. Ai fini della misura della sanzione (pur rimanendo in concreto replicabile anche quella irrogata dalla CF stante la premessa [supra, § 2.) natura di nuovo giudizio della presente sede, ove la F.I.G.C. ha presentato conclusioni entro i cui limiti ben sarebbe contenuta una decisione confermativa della sanzione imposta col verdetto federale di ultimo grado) non ricorrono ragioni particolari per surrogare la motivazione che, in particolare a pg. 93 della relativa decisione, supporta la inibizione originariamente applicata dalla CAF per due anni e sei mesi; tanto meno le ragioni per discostarsi dal giudizio della CAF sono rinvenibili nei precedenti formatisi presso questa Camera, i quali non possono considerarsi persuasivi per evidenti diversità vuoi delle posizioni soggettive vuoi delle condotte esaminate; sicchè, in via quasi pregiudiziale, si deve ricorrere a un neppur troppo sottile distiguishing tra le sanzioni irrogabili a soggetti agenti a difesa di interessi di parte (quali esemplarmente i dirigenti di società sportive) e quelle irrogabili a quei soggetti che agiscono a difesa di interessi super partes (quali esemplarmente i dirigenti della F.I.G.C. e i designatori dell’A.I.A.), e così -tra questi ultimi- in ragione della consistenza oggettiva, della intensità e rilevanza dei comportamenti, sotto questi profili apparendo obiettivamente reiterati e molto gravi gli episodi in cui la partecipazione del dr P. Pairetto è rimasta accertata. 8. In relazione alla modalità applicative della sanzione, appare precluso a questo Collegio di operare direttamente la commutazione domandata dal promotore dell’arbitrato (trattandosi di prerogativa federale non altrimenti coercibile nè surrogabile da funzioni giudiziali “costitutive”). Non appare invece precluso di evidenziare che criterio concorrente nella scelta della misura infine applicata nei confronti del dr P. Pairetto è costituito dalla sua dichiarata volontà di redenzione, specialmente apparendo meritevole di considerazione, anche ai sensi e per gli effetti dell’ art. 19 C.G.S., la disponibilità del sanzionato a operare ulteriormente nel contesto associativo a vantaggio di manifestazioni non connotate della rilevanza o del tipo di protagonismo che può dirsi, senza retorica né impropria socializzazione delle responsabilità individuali, causa remota della condotta non corretta né proba; e dunque per la realizzazione di eventi non assistiti da sequele pubblicitarie e mediatiche ovvero non caratterizzati dalla partecipazione di affermati campioni, ma da non meno capaci sportivi anche in situazioni di diversa abilità. 9. La reciproca soccombenza delle parti induce a una integrale compensazione delle spese del procedimento e per assistenza difensiva tra le parti. P.Q.M. Il Collegio, definitivamente pronunciando nella controversia promossa da Pierluigi Pairetto contro la Federazione Italiana Giuoco Calcio, ogni altra istanza ed eccezione disattesa, così provvede: • in riforma della determinazione della Corte Federale di cui al Comunicato ufficiale n. 1/CF del 25.7.2006, applica a Pierluigi Pairetto la sanzione della inibizione temporanea per anni due e mesi sei; • dichiara interamente compensate tra le parti le spese del procedimento e per assistenza difensiva; • dichiara le parti tenute in egual misura, con vincolo di solidarietà, al pagamento dei diritti degli arbitri, come separatamente liquidati, nonché della Camera di Conciliazione e Arbitrato per lo Sport. Così deliberato all’unanimità dei voti in conferenza personale degli arbitri riuniti presso la sede dell’arbitrato in data 17 gennaio e 26 febbraio 2007, e sottoscritto in numero di tre originali nei luoghi e nelle date di seguito indicati. F.to Ferruccio Auletta F.to Maurizio Benincasa F.to Ciro Pellegrino
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