COMITATO REGIONALE CAMPANIA– STAGIONE SPORTIVA 2006/2007 – Decisione pubblicata sul sito web: www.figc-campania.it e sul Comunicato Ufficiale n. 87 del 11 aprile 2007 Delibera della Commissione Disciplinare RECLAMO NUOVO TERZIGNO – GARA NUOVO TERZIGNO / COMUNITÀ MONTANA BVL DEL 26.02.2007 – ATT. MISTA

COMITATO REGIONALE CAMPANIA– STAGIONE SPORTIVA 2006/2007 – Decisione pubblicata sul sito web: www.figc-campania.it e sul Comunicato Ufficiale n. 87 del 11 aprile 2007 Delibera della Commissione Disciplinare RECLAMO NUOVO TERZIGNO – GARA NUOVO TERZIGNO / COMUNITÀ MONTANA BVL DEL 26.02.2007 – ATT. MISTA La C.D., visti gli atti ufficiali; letto il reclamo; sentita la società reclamante; preso atto che le controdeduzioni della società controparte sono state rimesse oltre il termine consentito (di tre giorni dalla data del ricevimento dei motivi di reclamo, come dall’art. 34, comma 3, del Codice di Giustizia Sportiva), osserva: come si rileva dagli atti ufficiali di gara, la parte topica della vicenda era stata preceduta da due episodi significativi. Il primo si è verificato al 30’ del secondo tempo, allorquando, tra l’altro, “i dirigenti ospiti venivano colpiti da sputi da parte dei tifosi locali” e l’arbitro “veniva colpito da una bottiglietta d’acqua al petto”. Il secondo si è registrato al 43’ del secondo tempo, allorquando l’arbitro aveva sospeso la gara, a seguito di una rissa tra i calciatori (determinata da un fallo di gioco), “sedata” dal direttore di gara “grazie ai due capitani e ai dirigenti”. Il punto nodale è di pochi minuti successivo. Invero, l’arbitro riferisce che, a gara finita, mentre i calciatori della Comunità Montana BVL (che seguivano il direttore di gara) facevano rientro negli spogliatoi, dopo il lancio di “piccole pietre” e dopo “numerose intimidazioni” ai danni dei calciatori della medesima società ospitata, “veniva aperto il cancello che permette l’accesso agli spogliatoi, facendo sì che una quindicina di tifosi locali avessero anche loro accesso agli spogliatoi”. I predetti tifosi “aggredivano i calciatori e la dirigenza della società ospite, scagliandosi in particolare contro il sig. Russo Paolo, portiere della società Comunità Montana BVL, che veniva più volte colpito con calci e pugni all’addome ed al volto, riportando ferite e grossi ematomi sul volto. Si scatenava una mega-rissa, che vedeva protagonisti calciatori e dirigenti di entrambe le società e che durava per più di cinque minuti. I giocatori delle due società venivano riportati negli spogliatoi e il custode, dopo essere stato colpito anche lui più volte dai tifosi locali, riusciva a chiudere il cancello”. Il direttore di gara ha subito precisato, in un supplemento allegato al referto, che i “dirigenti e calciatori ospiti… intervenivano cercando di difendersi dall’aggressione ricevuta e di difendere il portiere Russo Paolo, che veniva colpito più volte e che sanguinava. Alla rissa prendevano parte anche alcuni calciatori della società Nuovo Terzigno, non individuabili in quanto avevano sfilato la maglia”. Il Giudice Sportivo del C.R. Campania, come dal Comunicato Ufficiale n. 73 del 1° marzo 2007, pag. 1861, ha deliberato di sanzionare la società Nuovo Terzigno con l’esclusione dal Campionato Regionale di Attività Mista e le sanzioni accessorie dell’ammenda di euro 900,00 e dell’obbligo di risarcimento dell’arbitro (per la sottrazione dell’orologio dal suo spogliatoio). Quanto alla società Comunità Montana BVL, ad essa il Giudice Sportivo ha inflitto l’ammenda di euro 60,00, in ragione della partecipazione alla rissa da parte di suoi tesserati, riconoscendole però “tutte le attenuanti del caso per la deliberata aggressione subita”. Infine, il G.S. ha disposto la trasmissione degli atti “all’Ufficio Indagini, per l’accertamento delle responsabilità a carico dei singoli tesserati non identificati, riservandosi, all’esito, ogni ulteriore provvedimento disciplinare”. La delibera del Giudice Sportivo è stata impugnata dalla società Nuovo Terzigno, con le seguenti motivazioni: estraneità ai fatti; assoluta carenza dei “presupposti di legge”, in ragione della predetta, asserita “estraneità”. Nelle motivazioni, la ricorrente Nuovo Terzigno contesta sia il numero dei tifosi locali entrati nel recinto degli spogliatoi, sia che si “trattava di tifosi locali”, sia che “il cancello… è stato aperto da un dirigente della Comunità Montana, così come confermato dallo stesso direttamente all’arbitro in presenza di testimoni, scusandosene”. Infine, la società Nuovo Terzigno ha precisato di dover essere considerata controinteressata all’aggressione imputatale, in quanto, all’atto della gara, essa era “prima in classifica con ampio margine sulle inseguitrici (tra cui proprio la Comunità Montana)”. In relazione al “cui prodest”, la reclamante Nuovo Terzigno ha introdotto una davvero singolare puntualizzazione, secondo la quale “le nuove regole” (pur definite, dalla stessa reclamante, “sacrosante” e necessitate dai “fatti di Catania”) “sembrano fatte a pennello per le società in difficoltà di classifica, che possono provocare disordini quando vanno a giocare contro società posizionate meglio in classifica, provocandone l’esclusione, o altri irreparabili pregiudizi”. L’assunto è, per il vero, sconcertante, oltre ad apparire molto più propinquo, in senso concettuale, ad un’insinuazione, che ad una motivazione. Esso non soltanto presuppone una maligna preordinazione di gravi provocazioni, ma anche e perfino la premeditata volontà di esporsi ad aggressioni violente (come, nel caso di specie, ai danni di un giovane calciatore, il portiere della Comunità Montana BVL, nonché, sia pure in misura meno grave, gli altri giovani calciatori), pur di danneggiare la società di controparte (in questo caso, il Nuovo Terzigno). Quest’ultima, da parte sua, si sottrae, nella sua aberrante motivazione, ad un quesito di natura sostanziale, prima ancora che etico-sportivo: anche a voler ritenere credibile la volontà di provocazione finalizzata a danneggiare la società ospitante (peraltro, con una vicenda maturata dopo il termine di una gara, dunque in primo luogo con l’impossibilità di determinare gara persa a carico della società attiva nell’aggressione), può una mente umana lineare (prima ancora che educata ai principi dello sport) concepire che una provocazione possa determinare (e, magari, addirittura giustificare) una reazione di inaudita, incivile violenza fisica? Sotto il profilo meramente di fatto, peraltro, va precisato che, all’atto della disputa della gara in esame, la società Comunità Montana BVL occupava il terzo posto, a pari punteggio con altre due società e con un solo punto di vantaggio sulla sesta e due punti di vantaggio sulla settima, per cui, molto più che della prima classificata (il Nuovo Terzigno), essa avrebbe dovuto, semmai, preoccuparsi della seconda in graduatoria, nonché delle due a pari punteggio con essa e delle altre due, che la seguivano a breve distanza. Si tratta, ovviamente, di considerazioni di lana caprina, idonee ai fini di un peraltro poco sportivo “processo alle intenzioni”. Tuttavia, esse sono obiettivamente utili per confutare l’assunto della reclamante, in ordine alla presunta volontà della Comunità Montana BVL di provocare l’antagonista, per trarne un vantaggio: la società ospitata, invero, aveva da preoccuparsi (come è più che ovvio) di guadagnare punti in classifica, molto più che di “tramare”, per oscure finalità. Nel ritornare, com’è doveroso, ai fatti ed alla loro valutazione di ordine disciplinare, la società Nuovo Terzigno ha contestato anche il “furto del proprio orologio” (indicato dall’arbitro nel rapporto di gara), qualificandolo come “improbabile”, atteso che “sul posto era presente il padre dell’arbitro” e considerato che “la responsabilità dell’accaduto, se effettivamente verificatosi, è ascrivibile esclusivamente alla negligente condotta del direttore di gara, per non essersi attenuto alle disposizioni vigenti in materia”. Ancora: la società Nuovo Terzigno motiva il suo reclamo anche asserendo che “l’arbitro ha riferito agli agenti” (di pubblica sicurezza) “di non aver visto nulla, in quanto era nello spogliatoio”. Da questo elemento la reclamante desume che “l’arbitro tornato a casa (con l’aiuto del padre), avendoci colpevolizzato per la sparizione dell’orologio (presunta), abbia calcato la mano nei nostri confronti nella redazione del referto arbitrale”. Infine, la reclamante sottolinea: a) di essere stata “colpevole solamente di essere caduta ingenuamente in una premeditata ‘imboscata’ da parte degli avversari”, i quali avrebbero attivato “continue provocazioni” contro una società, il Nuovo Terzigno, che “non ha la forza di promuovere atti intimidatori”; b) che, al cospetto di “episodi analoghi”, il Giudice Sportivo del C.R. Campania non avrebbe adottato il provvedimento dell’esclusione dal Campionato Regionale di Attività Mista, con il che rendendosi responsabile di giudizi caratterizzati da “due pesi, due misure”. Questa C.D. ha ritenuto imprescindibile trascrivere le virgolettate citazioni, a stralcio, dal testo del reclamo della società Nuovo Terzigno, al fine che fosse chiara la sequenza di affermazioni, di commenti, di puntualizzazioni, prive di motivazioni e di elementi (di fatto, o di diritto), a supporto della richiesta, presentata dalla reclamante medesima, di “riforma dell’impugnata delibera”, con la “revoca di tutte le sanzioni comminate a carico della società e dei suoi tesserati”. Quanto alle controdeduzioni della società Comunità Montana BVL, esse, come specificato in premessa, sono state spedite oltre il termine temporale consentito e sono, pertanto, da giudicare nulle, tamquam non essent, non diversamente dalle memorie, rimesse irritualmente dalla stessa società Nuovo Terzigno (oltre il termine temporale consentito e senza contestuale spedizione alla società controparte). Peraltro, sotto il profilo sostanziale (che non può non prevalere sugli aspetti formali), non può ignorarsi il referto dell’Ospedale “Santa Maria della Pietà” di Nola, relativo al più volte nominato calciatore Russo Paolo della Comunità Montana BVL, che evidenzia, nella diagnosi di accettazione, “trauma cranico con ematoma”. In occasione della prima audizione presso questa C.D., la società Nuovo Terzigno, nella persona dell’avvocato di fiducia incaricato, ha sottolineato: che l’arbitro, nel suo referto, avesse indicato come “corretto”, nella rispettiva voce, il comportamento dei dirigenti; l’intervento dei dirigenti medesimi, al fine di “sedare una rissa tra i giocatori in campo al 43’ s.t.” (episodio al quale s’è fatto riferimento in premessa); la corresponsabilità della società ospite, in occasione della “mega rissa” di fine gara; che la regolare conclusione della gara costituisca un’attenuante nella giurisprudenza sportiva, “non tenuta in giusta evidenza dal G.S.”; la mancanza “di idonea certificazione medica” in ordine agli episodi; l’assenza di recidiva a carico del Nuovo Terzigno; il confronto con le decisioni del Giudice Sportivo in relazione ad un’altra gara del Campionato Regionale di Attività Mista (Baronissi Calcio / Ravello), di cui al C.U. n. 79 del 15.03.2007 del C.R. Campania e ad altri casi, ritenuti “più o meno analoghi”. Osservato che la società Nuovo Terzigno ha insistito, non solo nelle richieste enunciate nel reclamo, affinché fossero acquisiti “gli atti dell’Autorità Giudiziaria intervenuta sul posto”, deve precisarsi che, in considerazione della gravità della decisione impugnata e della potenziale valenza degli atti in parola, questa Commissione Disciplinare ha ritenuto di acquisirli. Sono stati, per l’appunto, acclusi al fascicolo d’ufficio due atti, di assoluta chiarezza formale ed inoppugnabili sotto il profilo giuridico. Con il primo, in data 4.04.2007, a firma del Dirigente del Commissariato di Pubblica Sicurezza di San Giuseppe Vesuviano, è stata rappresentata “l’inopportunità di trasmettere la relazione di servizio del personale intervenuto a seguito dei tafferugli accaduti dopo la partita de quo, atteso che dagli atti emergono reati perseguibili a querela di parte, i cui termini non sono ancora trascorsi”. È agevole ricavare, dunque, che l’intervento della Polizia si sia verificato soltanto dopo il termine della gara, ciò che, peraltro, è stato enunciato in modo chiarissimo nella parte conclusiva dell’atto medesimo: “La volante intervenne quando la lite era ormai sedata e non vi era la presenza di spettatori o tifosi”. Con il secondo atto, in data 6.04.2007, ad opera dei Carabinieri della Stazione di San Giuseppe Vesuviano (i cui militi erano intervenuti, come espressamente precisato nel documento, subito dopo la “pattuglia del locale Commissariato della Polizia di Stato”, ovvero anch’essi dopo la conclusione della gara e l’esaurirsi degli incidenti ad essa successivi), è stato confermato che, al momento dell’arrivo dei Carabinieri sul campo sportivo, la situazione era normale. Nell’atto del 6.04.2007 dei Carabinieri della Stazione di San Giuseppe Vesuviano è stato evidenziato, in ogni caso, che “si apprendeva, dal personale della Polizia di Stato… che… poche unità della tifoseria locale avevano posto in essere alcuni tentativi di aggressione a carico di un calciatore non meglio indicato… nonché del fatto che l’arbitro avrebbe stilato il proprio referto”. Appare di tutta evidenza, dunque, che questa Commissione Disciplinare abbia disposto ed eseguito un’istruttoria adeguata alla gravità della vicenda in esame ed alla rilevanza delle sanzioni impugnate dalla reclamante Nuovo Terzigno. In occasione della sua seconda audizione presso questa C.D., in data 11.04.2007, la società Nuovo Terzigno ha, dunque, preso visione dei citati atti della Polizia di Stato e della Stazione dei Carabinieri di San Giuseppe Vesuviano. Orbene, deve immediatamente essere puntualizzato che la valutazione (che attiene a giurisprudenza consolidata e coerente) del referto arbitrale quale fonte privilegiata di prova, trova, nella circostanza, ampia e documentale conferma, per via indiretta, nei due richiamati documenti, il primo (in ordine cronologico) del Commissariato di Polizia di San Giuseppe Vesuviano, il secondo della locale Stazione dei Carabinieri. La credibilità del rapporto arbitrale non può di certo essere messa in discussione dall’assunto della reclamante Nuovo Terzigno, secondo il quale alla gara sarebbe stato presente il padre del direttore di gara, né, tantomeno, dall’insinuazione che il rapporto arbitrale sarebbe stato frutto di una volontà di “calcare la mano”, in ragione della “sottrazione dell’orologio” dell’arbitro dal suo spogliatoio, né dal fatto che l’arbitro avrebbe dichiarato ai tutori dell’Ordine Pubblico, all’atto del loro intervento, di non aver visto alcunché. Quest’ultima asserzione non soltanto non trova alcuna conferma nei due citati documenti della Polizia di Stato e dei Carabinieri, ma è palesemente smentita, sotto il profilo logico, da una considerazione insuperabile: il referto arbitrale (al quale fanno riferimento, non di certo a caso, i Carabinieri della Stazione di San Giuseppe Vesuviano nel loro documento) è stato redatto dopo che il direttore di gara si era ben reso conto che la vicenda avrebbe trovato una qualche eco e corrispondenza anche a livello giudiziario, atteso che sul campo sportivo erano intervenuti sia la Polizia di Stato, sia i Carabinieri. Appare davvero improponibile, di conseguenza, l’ipotesi che il direttore di gara abbia redatto il proprio rapporto di gara con superficialità, o con carente attenzione. Ancor più improponibile è la tesi che l’arbitro abbia indicato circostanze di non puntuale aderenza alla verità dei fatti, così come da lui visti, direttamente e non di certo “per interposta persona”. Al riguardo, si presenta non solo sgradevole, ma anche assolutamente inattendibile l’insinuazione della reclamante, secondo la quale l’arbitro, come già sottolineato, avrebbe redatto il referto sotto indicazioni del suo genitore. Sul punto, è evidente la finalità della delegittimazione della figura dell’arbitro, ordinariamente ritenuto testimone super partes ed obiettivo, nonché il tentativo di profondo vulnus alla sua attendibilità, come giovane maldestro, “istruito” dal proprio genitore (che è stato indicato dalla reclamante come presente sul campo di gioco). Quanto alla gravità dei fatti, in rapporto alle sanzioni inflitte dal Giudice Sportivo, deve innanzitutto premettersi che la vicenda in esame è relativa ad attività giovanile della Lega Nazionale Dilettanti. È di tutta evidenza, dunque, che l’obbligo di lealtà, correttezza e probità, pilastro fondamentale dell’attività sportiva, debba essere ritenuto da esercitare, in ordine al calcio giovanile, in misura assoluta, con diligenza e correttezza ancor più rigorose che in tutti gli altri ambiti della medesima L.N.D. Orbene, nella fattispecie, come già enunciato, si erano verificati già due episodi pesantemente premonitori, al 30’ ed al 43’ del secondo tempo. Lo stesso episodio di fine gara è stato preceduto da lancio di pietre e tentativi di intimidazione a carico dei tesserati della società ospitata, da parte dei tifosi della società Nuovo Terzigno. Gravissima, poi, si presenta l’apertura del cancello, che ha consentito ai tifosi locali di aggredire con violenza i calciatori della Comunità Montana BVL. Sul punto, appare davvero riprovevole il già di per sé maldestro tentativo, della società Nuovo Terzigno, di far ricadere la responsabilità dell’apertura del cancello su un dirigente della società ospitata. Esso è contrario ad ogni logica, in quanto non si vede come potesse provvedere all’apertura di un cancello un dirigente della società ospitata; ancor più illogico, in quanto quel dirigente sarebbe stato sommamente incosciente, atteso che si era già verificato un lancio di pietre, corredato da tentativi di intimidazione; infine, sarebbe stato al di fuori di ogni buon senso comune, in quanto l’apertura del cancello avrebbe determinato l’accesso agli spogliatoi dei sostenitori non della Comunità Montana BVL, ma della società Nuovo Terzigno (dato di fatto sottolineato anche nei citati due documenti dei tutori dell’Ordine Pubblico). Il tentativo della società Nuovo Terzigno di addebitare ad un dirigente della società Comunità Montana BVL l’apertura del cancello è, altresì, davvero riprovevole, come si faceva cenno, in quanto palesemente finalizzato a sottrarre la medesima società Nuovo Terzigno alla responsabilità della già sottolineata preordinazione dell’aggressione, addirittura rovesciandola sugli aggrediti. Sullo specifico punto, va sottolineato che la logica dei fatti appare di brutale, incontestabile chiarezza: da un lato, le conseguenze fisiche a carico del calciatore Russo Paolo della Comunità Montana BVL, che, come si rileva dal referto arbitrale e dal suo supplemento, “veniva più volte colpito con calci e pugni all’addome ed al volto, riportando ferite e grossi ematomi sul volto” e che “sanguinava”; dall’altro, la partecipazione, esclusivamente difensiva, dei “dirigenti e calciatori ospiti” alla mega-rissa. Quanto alla responsabilità dei tesserati della società Nuovo Terzigno, va evidenziato, ancora una volta, che l’arbitro ha puntualizzato che “alla rissa prendevano parte anche alcuni calciatori della società Nuovo Terzigno, non individuabili in quanto avevano sfilato la maglia”, il che ha determinato la decisione del Giudice Sportivo di trasmettere gli atti all’Ufficio Indagini della F.I.G.C., all’esclusivo fine dell’individuazione delle singole infrazioni del Codice di Giustizia Sportiva, non ricollegabili a persone fisiche, per l’impossibilità della loro individuazione. È di palmare evidenza la gravità del comportamento dei calciatori del Nuovo Terzigno, accorsi a dare manforte ad un gruppo di tifosi violenti, con una gravissima commistione tra fatti commessi dai tifosi ed azioni operate dai tesserati. Appare, di conseguenza, del tutto infondato il richiamo della reclamante ad una sua presunta estraneità ai fatti, atteso che, semmai, la sua responsabilità appartiene, palesemente, non solo ai suoi tifosi, ma perfino ai suoi tesserati. Quanto al riferimento ad episodi presunti “analoghi”, dai quali si rileverebbe, ad avviso della reclamante, una non corrispondenza sanzionatoria, va premesso che da essi non emergono le pesanti caratteristiche di preordinata volontà aggressiva (apertura del cancello) e di unilaterale violenza (aggressione da parte di una quindicina di tifosi: invasori di un’area, il cui accesso non è consentito ad essi, né può mai esserlo; la circostanza che ai tifosi sia stata data manforte, nell’aggressione, dai tesserati della società Nuovo Terzigno). Deve precisarsi che appaiono davvero impressionanti, quale ulteriore, grave parametro distintivo, le conseguenze fisiche sofferte dal calciatore Russo Paolo. Sul punto, la pretesa dell’assistente giuridico della società Nuovo Terzigno (che, all’atto dell’audizione presso questa C.D., ha chiesto che venisse ritenuto insussistente il “danno emergente”, in quanto “gli episodi incresciosi… non sono suffragati da idonea certificazione medica”) appare pretestuosa, oltre che discutibile sotto il profilo etico-sportivo, attesa anche la chiarezza delle specifiche indicazioni, di cui al referto arbitrale. Non può non sottacersi, al proposito, una pur sgradevole puntualizzazione: nella vicenda in esame, la percezione che massimamente impressiona, in senso negativo, è che fatti di assoluta gravità, per di più verificatisi in un Campionato giovanile dell’ambito dilettantistico, siano oggetto di tentativi di minimizzazione, se non addirittura di ribaltamento vero e proprio (da aggressione unilaterale a rissa generale; da preordinazione propria a preordinazione altrui, e così via), a dimostrazione di come i presunti interessi sportivi vengano, non di rado, assurdamente anteposti agli aspetti etico-morali, ai principi sportivi, ai presupposti della civile convivenza. Dopo aver necessariamente sottolineato che ogni caso configura una fattispecie specifica, questa C.D. ritiene che, ad abundantiam, possono essere citati due casi, entrambi riferiti alla medesima attività giovanile (Campionato Regionale di Attività Mista), di esclusione dal Campionato, o dalla sua fase finale regionale. I due casi sono motivati da fatti di violenza, incompatibili – a maggior ragione – con un’attività sportiva a livello giovanile, che, per sua natura e finalità precipua, deve essere educativa e formativa, prima ancora che di valenza agonistica. Il riferimento è all’esclusione della società Scafatese, come dal C.U. n. 75 del 2 maggio 2000, pag. 2162 (dalla fase finale regionale del Campionato, per aggressione ai tesserati della società antagonista, prima della gara) ed all’esclusione delle società Internapoli Camaldoli e Pro Calcio Afragolese, come dal C.U. n. 92 del 10 maggio 2005, pag. 2298 (entrambe dalla fase finale regionale del Campionato, per gravi scontri tra le opposte tifoserie). Tanto premesso, questa Commissione Disciplinare ritiene di dover confermare in toto le sanzioni deliberate dal Giudice Sportivo a carico della società Nuovo Terzigno, in esse incluso l’obbligo di risarcimento (dei danni sofferti dall’arbitro della gara), in ordine al quale la società reclamante si è limitata ad enunciare una sua propria tesi meramente insinuatoria, senza alcun elemento logico-probatorio a supporto. Quanto all’esclusione dal Campionato Regionale di Attività Mista ed alla sanzione pecuniaria accessoria, di euro 900,00, esse si presentano sanzioni assolutamente adeguate, al cospetto dell’eccezionale gravità dei fatti in esame. Deve, infine, essere confermata la squalifica fino al 30.04.2007, inflitta a carico del calciatore Menzione Antonio, in quanto corrispondente alla gravità dell’infrazione commessa. P.Q.M. DELIBERA di respingere il reclamo proposto dalla società Nuovo Terzigno; di confermare le sanzioni inflitte dal Giudice Sportivo; di disporre l’addebito della tassa reclamo, non versata, sul conto della società reclamante.
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