F.I.G.C. – CORTE DI GIUSTIZIA FEDERALE – 2007/2008 – Decisione pubblicata sul sito web: www.figc.it e sul Comunicato ufficiale N. 61/CGF – RIUNIONE DEL 18 DICEMBRE 2007 con motivazioni sul COMUNICATO UFFICIALE N. 203/CGF DEL 05 GIUGNO 2008 3) DEFERIMENTO DEL PROCURATORE FEDERALE A CARICO DEL SIGNOR CALIENDO ANTONIO, PER RISPONDERE DELLA VIOLAZIONE DELL’ART. 12, COMMA 1 DEL REGOLAMENTO AGENTI DI CALCIATORI.

F.I.G.C. – CORTE DI GIUSTIZIA FEDERALE – 2007/2008 – Decisione pubblicata sul sito web: www.figc.it e sul Comunicato ufficiale N. 61/CGF – RIUNIONE DEL 18 DICEMBRE 2007 con motivazioni sul COMUNICATO UFFICIALE N. 203/CGF DEL 05 GIUGNO 2008 3) DEFERIMENTO DEL PROCURATORE FEDERALE A CARICO DEL SIGNOR CALIENDO ANTONIO, PER RISPONDERE DELLA VIOLAZIONE DELL’ART. 12, COMMA 1 DEL REGOLAMENTO AGENTI DI CALCIATORI. Con atto del 7.9.2007, pervenuto in pari data alla Segreteria di Codesta Corte, la Procura Federale deferiva il sig. Antonio Caliendo per violazione dell’art.12 comma 1 del regolamento degli Agenti di Calciatori per non aver spontaneamente ottemperato al disposto del lodo arbitrale n. 26 s/s 2004/2005 pronunciato in Roma il 19.12.2005, nella parte in cui si disponeva la condanna alle spese a carico della parte soccombente. Il sig. Antonio Caliendo faceva pervenire proprie memorie con le quali, da una parte, deduceva di non essere obbligato ad alcun pagamento perché allo stesso doveva provvedere la FINSTARS S.p.A. e, dall’altra, che il mancato pagamento era dovuto solo ad una contestazione sulle congruità dei compensi liquidati dal Collegio Arbitrale, mentre da ultimo, documentava comunque che i detti compensi erano stati puntualmente corrisposti dalla società obbligata, dopo aver chiarito, la parte creditrice, il giusto importo nei limiti tariffari, per cui, chiedeva il proscioglimento da ogni addebito. Il deferimento è totalmente infondato e, per l’effetto, il sig. Antonio Caliendo deve essere prosciolto dall’addebito ascrittogli per i motivi che analiticamente seguono: A) Il Collegio Arbitrale, rituale o irrituale, costituisce una deroga alla Giustizia Ordinaria a cui può accedersi solo in presenza di accordo delle parti (compromesso o clausola compromissoria), che deve avere forma scritta ad substantiam (art. 807 c.p.c.). Il contratto ha forza di legge tra le parti e non produce effetti nei riguardi dei terzi, se non nei casi normativamente previsti (art. 1372 c.c.). Il coordinato disposto di dette norme porta a ritenere la totale carenza di legittimazione del Caliendo nella procedura arbitrale, a cui non aveva alcun titolo per partecipare e per essere quindi destinatario di qualsivoglia conseguente provvedimento. Ed invero, lo stesso nel peculiare rapporto in esame, non ha sottoscritto alcun compromesso o clausola compromissoria, che è stata di contro sottoscritta in via esclusiva dalla FINSTARS S.p.A (sottoscrizione peraltro impropria o de relato ed a sua volta improduttiva di effetti giuridici atteso che la FINSTARS S.p.A. non sarebbe per regolamento assoggettabile ad alcun Collegio Arbitrale atteso che lo stesso può solo inerire a società calcistiche, calciatori o procuratori persone fisiche dei calciatori medesimi). Ciò porta ad affermare con certezza che nessun effetto negativo può essere stato prodotto nella sfera giuridica dell’incolpato, sia per difetto di forma (mancata sottoscrizione di obbligo compromissorio), sia perché il Caliendo è terzo rispetto al contratto-compromesso o alla clausola compromissoria e, come tale, non può essere destinatario degli effetti negoziali di un rapporto che resta circoscritto alle parti contraenti. Per mero corollario di quanto dedotto, se la giustizia privata trova la fonte della sua peculiare giurisdizione nella volontà delle parti che ad essa decidono spontaneamente di sottomettersi, la stessa non può essere esercitata e non può aver alcun potere cogente su persone estranee che non l’hanno voluta (non avendo sottoscritto il compromesso o la clausola compromissoria), non l’hanno invocata dando corso alla procedura arbitrale (che infatti è stata promossa dalla FINSTARS S.p.A. e no n dal Caliendo) e che non possono invocare gli effetti neanche di riflesso, sia pur nelle forme dell’intervento litisconsortile adesivo, perché la carenza di forma scritta rende nullo ogni rapporto al riguardo. Il Collegio Arbitrale poteva quindi pronuncia rsi unicamente nei confronti delle parti titolari di regolare rapporto compromissorio perché da costoro aveva ricevuto espresso mandato, ma non poteva estendere la sua decisione, qualunque essa fosse, a parti estranee al rapporto compromissorio, perché nei confronti delle stesse non aveva alcun potere. La condanna nei confronti del Caliendo (ove esistente, perché vedremo poi che anche il detto peculiare aspetto appare non sussistere), è nulla perché deborda dai limiti del potere riconosciuto agli arbitri dal compromesso o clausola compromissoria, che deve aver quali unici destinatari i relativi sottoscrittori. Se è nulla la condanna, non può, sulla stessa, trovare fondamento il relativo atto di deferimento, perché come innanzi già anticipato, ciò che è nullo, non può produrre effetti. Conclusivamente quindi, il lodo arbitrale non poteva coinvolgere nella sua pronuncia persona estranea per non avere la stessa sottoscritto alcun compromesso o clausola compromissoria. La relativa condanna, ove emessa, appare ictu oculi nulla perché resa oltre i limiti del mandato e quindi in eccesso di potere, per cui abilita la parte destinataria a sottrarsi legittimamente al relativo obbligo. Da ciò consegue l’assoluta infondatezza dell’atto di deferimento della relativa incolpazione, traendo lo stesso il suo fondamento da antefatto nullo. B) Pur ritenendo pieno, assorbente e sufficiente quanto innanzi dedotto per la pronuncia di assoluzione, altra autonoma e non meno fondata considerazione porta alle medesime conclusioni. L’attento esame del lodo arbitrale permette infatti di sostenere che il Caliendo non sia stato mai destinatario di alcuna condanna e, per l’effetto, non può essere al medesimo ascritta la colpa di non essersi conformato ad una pronuncia arbitrale. Mentre infatti si ritiene che nella procedura arbitrale non possa essere dispiegato intervento da parte di un terzo che non abbia sottoscritto compromesso o clausola compromissoria, perché la nullità del rapporto di base (difetto di forma), non potrebbe dare ingresso nei suoi confronti ad alcuna arbitrato ed a conseguente valido lodo, nel caso di specie, da una parte, si osserva che a tutto concedere, l’intervento litisconsortile adesivo dipendente non può avere vita processuale autonoma rispetto alla posizione della parte processuale a cui lo stesso inerisce, per cui, dichiarata inammissibile la posizione della detta parte processuale, da identica sorte è travolto l’intervento e, dall’altra, circostanza certamente più pregnante ai fini del decidere, nella fattispecie no n sussiste nel lodo arbitrale alcuna condanna in danno del sig. Antonio Caliendo. Ed invero, relativamente al detto ultimo punto si osserva: b1) la parte ricorrente è stata condannata a rifondere le spese di lite alla controparte, liquidate nella misura di € 500,00 oltre accessori di legge; b2) la parte ricorrente è stata altresì condannata a rifondere “le spese di funzionamento del Collegio Arbitrale”, quantificate nella misura globale di € 8.000,00 al netto degli acconti eventualmente già percepiti, oltre accessori di legge; b3) “le spese di funzionamento del Collegio Arbitrale”, ferma la condanna nei confronti della parte ricorrente, sono state assoggettate al vincolo di solidarietà per entrambe le parti nei confronti degli arbitri. Orbene, tutto l’equivoco nasce dall’erronea interpretazione di detto ultimo punto, affermato incidentalmente nel lodo con un’espressione forse in parte equivoca, che deve essere riportata al suo corretto significato. Le parti assoggettate al vincolo della solidarietà non sono la parte ricorrente e l’interveniente, bensì le parti che hanno dato corso alla formazione ed alla decisione del Collegio Arbitrale, vale a dire la parte ricorrente FINSTARS S.p.A. ed il calciatore Davide Caremi (resistente), perché loro sono le parti vincolare dall’obbligo compromissorio e loro hanno dato vita al Collegio Arbitrale medesimo, conferendo il mandato agli arbitri. La solidarietà nasce, quanto al rapporto interno, dalla circostanza che il mandato agli arbitri è conferito congiuntamente da tutti i compromittenti (mandato plurimo), che pertanto, in maniera altrettanto congiunta sono tenuti a sostenere le relative spese, mentre relativamente al rapporto esterno, è lo stesso Collegio Arbitrale a decidere chi sia l’effettivo obbligato, restando al non obbligato l’azione dei regresso per quanto costui abbia eventualmente a pagare in virtù del vincolo di solidarietà. Nessuna condanna invece risulta espressa nei confronti del sig. Salvatore Caliendo e ciò è dato coglierlo sia dal tenore letterale del dispositivo del lodo, dove non si fa al medesimo alcun riferimento o richiamo, sia dall’interpretazione sistematica, dove una condanna resa da un Collegio Arbitrale non può che inerire in via esclusiva alle parti compromittenti, sia dall’interpretazione logica, atteso che un Collegio Arbitrale non ha titolo e potere per condannare persone estranee al compromesso o alla clausola compromissoria, dalla quale non ha ricevuto nessun mandato. D’altronde, ulteriore convincimento di quanto testé affermato, lo si ricava dalla condanna alla rifusione delle spese in favore della parte vittoriosa. Nel peculiare capo del dispositivo si dice testualmente: “Condanna il ricorrente a rifondere le spese di difesa, che liquida nella misura di € 500,00 oltre accessori di legge per quanto di ragione”. Se la parte terza interveniente fosse stata coinvolta nella condanna, la stessa sarebbe stata interessata anche in relazione alle spese di difesa, che invece riguardano solo “la parte ricorrente” ed al pari riguardano solo la parte ricorrente, quelle di funzionamento delle spese di lite. Devesi quindi concludere che il sig. Antonio Caliendo non ha subito alcuna condanna e detta circostanza fa venir meno in radice il fatto costitutivo della dedotta incolpazione. C) Ritenuto assorbente anche il punto che precede, ove mai si possa solo ipotizzare una condanna arbitrale nei confronti dell’incolpato (circostanza che abbiamo escluso) sussisterebbero anche ragioni di merito per portare al suo proscioglimento. Nel dispositivo del lodo è stata infatti espressa una condanna al pagamento delle spese di funzionamento del lodo nella misura globale di € 8.000,00 oltre accessori di legge, “al netto degli acconti eventualmente già percepiti”. Detta ultima locuzione deve essere interpretata come ulteriore aggiunta rispetto all’acconto già statuito, per cui, la condanna alle spese, in termini globali devesi ritenere pari all’acconto (€4.000,00) maggiorato del saldo (€ 8.000,00), per un totale di € 12.000,00, oltre accessori di legge. Detto ultimo importo, però, supera del 50% il valore tariffario massimo e già era discutibile l’applicazione del massimo tariffario in una controversia decisa con l’accoglimento di un eccezione pregiudiziale senza esame del merito, per cui, la parte ben poteva legittimamente contestare la liquidazione operata dal Collegio Arbitrale. Detta contestazione non è peraltro risultata strumentale, perché è dimostrato in atti che quando l’importo delle spese, con evidente rettifica di quanto disposto nel lodo, è stata circoscritta entro i valori tariffari, vi è stato l’immediato pagamento, per cui, se ne deve dedurre che se ab orgine la condanna fosse stata espressa nell’ambito dei corretti valori, non sarebbe mai sorta la materia del contendere. Per questi motivi la C.G.F. respinge il deferimento come sopra proposto dal Procuratore Federale e, per l’effetto, proscioglie il signor Caliendo Antonio dalla incolpazione ascrittagli.
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