COMITATO REGIONALE TOSCANA – STAGIONE SPORTIVA 2008/2009 – Decisione pubblicata sul sito web: www.Figc-crt.org e sul Comunicato Ufficiale N° 31 del 11/12/2008 Decisione della Commissione Disciplinare Territoriale CAMPIONATO JUNIORES REGIONALE 058-059 stagione sportiva 2008/09 Gara G.Urbino Taccola – Cascina (1-2) del 1/11/08. Campionato Juniores Regionali. In C.U. n.25 del 6/11/08 C.R.T.

COMITATO REGIONALE TOSCANA – STAGIONE SPORTIVA 2008/2009 – Decisione pubblicata sul sito web: www.Figc-crt.org e sul Comunicato Ufficiale N° 31 del 11/12/2008 Decisione della Commissione Disciplinare Territoriale CAMPIONATO JUNIORES REGIONALE 058-059 stagione sportiva 2008/09 Gara G.Urbino Taccola – Cascina (1-2) del 1/11/08. Campionato Juniores Regionali. In C.U. n.25 del 6/11/08 C.R.T. Reclama la Società Urbino Taccola ed il sig. Bendinelli Leonardo in proprio avverso la sanzione disciplinare della squalifica fino al 6/12/2009 inflitta dal G.S Regionale a quest’ultimo con la seguente motivazione: “Quale capitano di squadra responsabile di atto di violenza commesso in danno del D.G. da un calciatore della propria squadra non individuato. Art. 3 comma 2 del C.G.S. “per aver calciatore non identificato colpito il D.G. alla testa con un pallone. Il colpo di moderata violenza procurava all’arbitro dolore perdurante un paio di minuti”. I reclamanti interpongono altresì gravame alla sanzione della squalifica per tre giornate di gara inflitta al sig. Bendinelli Leonardo il quale “ A fine gara offendeva il D.G. Sanzione aggravata in quanto capitano. Con ampi ed articolati documenti difensivi, il primo sottoscritto dal Presidente della società reclamante ed il secondo dal sig. Bendinelli e dal proprio legale Avv. Salvatore Marino, di contenuto sostanzialmente uguale, i reclamanti espongo quanto segue. Il giorno 01/11/08 la squadra dell’Urbino Taccola, formazione Juniores militante nel campionato regionale, disputava la gara con la squadra del Cascina, chiudendo il primo tempo con uno svantaggio di due reti. Nel corso del secondo tempo l’Urbino Taccola recuperava una rete e pressava per raggiungere il pareggio. Verso fine gara il D.G. assegnava alla squadra ospitante un calcio di punizione diretta dal limite dell’area avversaria che avrebbe rappresentato l’ultima chance per il pareggio. Dopo aver fatto disporre la barriera, individuato il punto esatto della collocazione dei pallone (con tutta la perdita di tempo, più o meno artificiosa, che notoriamente queste fasi comportano), inopinatamente 1’Arbitro fischiava la fine della gara, anziché consentire l’esecuzione del calcio di punizione che poteva essere decisivo per l’esito della partita. Ciò provocava vibranti proteste da parte dei sostenitori e del pubblico, direttamente collegate all’anomalia decisionale, contrastate con gesti ed atteggiamenti derisori della compagine avversaria. Nonostante il clima creatosì, i dirigenti della soc. ospitante (in particolare il Sig. Perini, citato nel referto) si adoperavano fattivamente per evitare qualunque tipo di conseguenza negativa. Nel redigere il primo rapporto, il D.G. annotava di essere stato offeso dal Bendinelli con l’epiteto “imbecille” e nel successivo supplemento del 03/11/08 riferiva che mentre stava per entrare nello spogliatoio seguito alle spalle da un certo numero di calciatori (uno dei quali il capitano Bendinelli) ,era colpito da una pallonata di moderata violenza che gli procurava un lieve dolore. Motivi dell’impugnazione. 1) Violazione art.3 c.1 e 2 c.g.s. Il primo comma dell’art.3 dispone che le persone soggette all’ordinamento federale rispondono alle violazioni COMMESSE a titolo di dolo o di colpa, salvo diversa disposizione. Il secondo comma attribuisce al capitano della squadra la responsabilità degli atti di violenza commessi in occasione della gara ai danni del D.G., da calciatore della propria squadra non individuato. Salva la cessazione della sanzione quando “comunque” sia individuato l’autore dell’atto. Pertanto, la regola generale impone la responsabilità dell’autore diretto del fatto (chi l’ha commesso), e sempre che ricorra l’elemento soggettivo della volontarietà (dolo) o della negligenza (colpa). Da tale disposizione generale non si può prescindere se non, eccezionalmente, e nei casi espressamente previsti. In sostanza, i casi che possono rientrare nella esenzione dall’elemento oggettivo (cioè la materiale commissione del fatto) e da quello soggettivo (dolo o colpa) sono soltanto quelli addebitabili a titolo di responsabilità OGGETTIVA, fra i quali non rientra quello in esame, dove al capitano della squadra può essere addebitata la responsabilità per fatto altrui, soltanto se incorre in una condotta omissiva.l’autore di un atto di violenza nei confronti del D.G.. Peraltro, dunque, anche l’omissione, per essere punibile, deve essere connotata da dolo o da colpa, e quindi il soggetto incorre in responsabilità soltanto se abbia volontariamente e consapevolmente taciuto il nome dell’autore del fatto, o se, conoscendo l’autore si sia sottratto ad uno specifico onere di individuazione. In altri termini, per dar luogo all’applicazione della deroga alla regola generale, occorre pur sempre godere della certezza che il capitano conosca l’autore materiale del fatto, sappia che l’autore è un proprio calciatore, e quindi incorre volontariamente (con dolo) nella violazione. O che, alternativamente, lo stesso, intimato dal D.G. di individuare l’autore del fatto, abbia negligentemente, (con colpa) trascurato di farlo, così esponendosi alla violazione. Nel caso di specie risulta evidente che il ricorrente non poteva sapere chi (e se) avesse scagliato il pallone, poiché si trovava di spalle (esattamente come l’arbitro) e stava entrando negli spogliatoi, e tantomeno poteva sapere se l’autore fosse un calciatore della propria squadra o una qualunque delle altre persone che in quel momento occupavano il sottopassaggio e l’atrio degli spogliatoi. Così come risulta evidente che il medesimo non abbia ricevuto alcuna intimazione od anche invito da parte del D.G. di individuare l’autore, sicché la sua eventuale trascuratezza o rifiuto avesse connotati di colpevolezza punibile. Pertanto, sotto qualunque profilo si voglia considerare il caso, non risulta violata la norma contestata e non applicabile la relativa sanzione. 2) Violazione art.19 comma 1 lett. c) ed f) c.g.s. La norma citata elenca una serie di sanzioni di natura e gravità crescente, a seconda del tipo di violazione, distinguendole l’una dall’altra. In particolare, la lett. e) indica la squalifica “a giornate di gara” ( come sanzione meno afflittiva di quella “à tempo determinato” di cui alla successiva lett. f). Sempre la lettera e) prevede che la squalifica a giornate non possa essere inferiore a quattro giornate di gara “in caso di condotta di particolare violenza o di particolare gravità”. Conseguentemente la squalifica a tempo determinato di cui alla lettera f), contenendo ex se progressione sanzionatoria rispetto a quella a giornate di gara, implica l’accertamento di condotte connotate da violenza o gravità eccedenti rispetto a quelle “particolarmente violente o particolarmente gravi” di cui alla lettera precedente. La tipizzazione delle sanzioni come sopra indicata riveste carattere di inderogabile principio di ordine generale applicabile in tutti i casi di violazione di norme di condotta federali da chiunque commesse, e pertanto ad esso debbono conformarsi anche e soprattutto le decisioni degli Organi di Giustizia Sportiva. Al contrario il G.S. non ha tenuto in nessuna considerazione la differenza fra la tipicità delle sanzioni e la tipicità delle infrazioni disposte dalla norma citata, incorrendo in palese violazione di norma. 3) Violazione art.19 commi 4 e 1 c.g.s Il comma 4 dell’art.l 9 nel caso di infrazioni commesse da giocatori durante o in occasione delle gare, si limita ad indicare minimi di squalifica, sempre facendo salva l’applicazione di circostanze attenuanti o aggravanti, per quattro ipotesi distinte: a) PER DUE GIORNATE in caso di condotta antisportiva e di condotta ingiuriosa o irriguardosa nei confronti dell’Ufficiale di gara. b) PER TRE GIORNATE O A TEMPO DETERMINATO in caso di condotta violenta nei confronti di càlciatori o altre persone presenti. c) PER cinque GIORNATE O A TEMPO DETERMINATO in caso di particolare gravità della condotta violenta di cui alla lett.b) d) PER OTTO GIORNATE O A TEMPO DETERMINATO in caso di condotta violenta nei confronti degli Ufficiali di Gara. Nel caso concreto, dunque, trattandosi di fatto riguardante l’ufficiale di Gara, la condotta violenta non ricade automaticamente nella sanzione della specie “a tempo determinato”. Anche la condotta violenta infatti, può essere sanzionata con la squalifìca “a giornate”, che è sanzione di specie diversa e meno afflittiva di quella “a tempo determinato” e quindi richiede all’interprete / giudicante una decisione che basandosi sulla distinzione fra le diverse sanzioni offra quanto meno il criterio-guida della relativa opzione, prima ancora che nella quantificazione. Inoltre, la disposizione di cui al comma 4 dell’art.19 deve necessariamente coordinarsi con quella, generale, di cui al comma primo, che addirittura riserva la squalifica a giornate di gara, con un minimo di quattro, anche per condotte particolarmente violente o particolarmente gravi. Pertanto, nell’ipotesi in cui la condotta, pur violenta e pur particolarmente violenta sia perpetrata ne! confronti di un Ufficiale di Gara, il comma quattro svolge soltanto la funzione di incrementare, raddoppiandolo il minimo edittale, da quattro giornate ad otto, ma non quella di imporre la sanzione più afflittiva, rimanendo quest’ultima evidentemente riservata, sia nella specie che nella durata, a fatti connotati da violenza quantomeno gravissima. Anche sotto questo ulteriore profilo la decisione impugnata soffre di superficialità lacunosa perché, evidentemente, non ha considerato che: a) Il reclamante non ha mai COMMESSO nessun atto di Violenza e quindi non ne è direttamente colpevole; b) Pur non essendo autore materiale di alcun atto di violenza, sarebbe costretto a subire una sanzione molto più grave di quella potenzialmente applicabile al vero colpevole. c) La violenza imputata, anche a voler concedere che di violenza si tratti, appare talmente minima, indiretta ed inoffensiva, da degradare addirittura da gesto di violenza a gesto di intemperanza assimilabile ad una condotta irriguardosa, 4) Violazione art.16 comma 1 e 19 comma 4 parte prima c.g.s. Le disposizioni sopra citate impongono al giudicante di adottare SPECIE e MISURA della sanzione non soltanto tenendo conto della NATURA e GRAVITÀ dei fatti, ,ma anche valutando CIRCOSTANZE ATTENUANTI O AGGRAVANTI. Il G.S, però, nell’adottare la sanzione, non soltanto ha omesso la corretta applicazione di una norma di diritto nella decisione di optare fra sanzioni di SPECIE diversa, ma ha altresì completamente omesso anche di valutare l’esistenza (sia pure solo per negarla) delle varie circostanze attenuanti idonee a commisurare la sanzione allo specifico caso, come risulta evidente per quanto appresso si dirà al successivo n.6). Tale omissione, comunque, si traduce in un vero e proprio errore concretandosi nella omissione di una valutazione completa del fatto nei termini imposti dalle norme richiamate. 5) Applicazione art.3 comma 2 ultima parte c.g.s. Ad ogni buon conto, il reclamante, avendo avuto notizia del fatto addebitatøgli soltanto con la pubblicazione del comunicato ufficiale, si è reso parte diligente per ricostruire il fatto stesso ex post, attivandosi per conoscerne i dettagli. E’ emerso che nell’occasione riportata nel referto non fu un calciatore a scagliare il pallone verso l’arbitro, ma il Sig LAMI Floriano, dirigente accompagnatore dell’U. Taccola, che, trovandosi nel tunnel che porta agli spogliatoi e al magazzino adiacente, con un gesto di stizza causato anche dal clima derisorio che si era creato, aveva scagliato il pallone senza imprimergli una direzione precisa, che solo casualmente, ed indirettamente, toccava lievemente l’arbitro. Lo stesso non aveva avuto nell’immediatezza nessuna percezione dell’accaduto, che peraltro non era stato rilevato da nessuno. Viene allegata al reclamo una dichiarazione autografa in tale senso. 6) Eccessività della sanzione, della squalifica per tre giornate di gara. Le considerazioni ed eccezioni precedenti, si riflettono direttamente sull’accoglimento di quest’ultimo motivo di reclamo. Intatti, il G.S. ha ritenuto di applicare la sanzione della squalifica per tre giornate di gara, considerando esclusivamente l’aggravante del ruolo del reclamante. Mentre, come si è detto, il codice impone (non consente) di considerare tutte le circostanze, sia aggravanti che attenuanti, per la determinazione sia della specie che della durata della sanzione. Tale valutazione comparativa non è stata minimamente eseguita dal G.S., rendendo la sua decisione oggettivamente viziata per omissione de! relativo dato. Pertanto ben si può rilevare e sostènere che l’offesa, non particolarmente grave,è maturata in un clima di oggettiva e rilevante tensione che, per quanto rapidamente dissoltasi, prendeva causa da una anomalia decisionale frustrante ed immediatamente successiva a questa, aggravata dall’atteggiamento derisorio di chi, da tale anomalia, aveva tratto vantaggio. Pertanto ben poteva risultare congrua e sufficientemente sanzionatoria, una squalifica di una o due giornate di gara. Chiede che la C.D. adita Voglia: IN VIA PRINCIPALE annullare la decisione di squalifica fino al 06/12/2009 del reclamante, o comunque dichiararne l’immediata cessazione. ANALOGAMENTE ridurre ad una o, al massimo, a due giornate di gara, l’ulteriore squalifica. Assumere ogni altra decisione, pur non esplicitamente richiesta, ritenuta di giustizia. Si chiede l’audizione personale del reclamante nonché, occorrendo, quella del Sig. LAMI Floriano. L’arbitro, nel supplemento di rapporto, conferma sostanzialmente le tesi di prime cure, sostenendo di avere chiaramente riconosciuto il sig. Bendinelli che si trovava alle sue spalle assieme ad altri 6/7 calciatori della propria società per il suo comportamento estremamente nervoso e che all’interno di tale gruppo non vi era alcun dirigente. Precisa inoltre che il sig. Lami si trovava più indietro di circa 5/6 metri rispetto al gruppo dei calciatori. Sostiene infine che il pallone è stato scagliato senza dubbio da uno dei calciatori che lo seguivano. All’udienza del 28/11/08 veniva udito il rappresentante della società unitamente al legale delegato dal ricorrente in proprio sig. Bendinelli, Avv. Marino. In vie preliminare la C.D. decideva di riunire i reclami in quanto connessi oggettivamente ed in parte anche soggettivamente. Nel merito sono state reiterate le difese esposte in atti con espresso richiamo ai concetti di responsabilità, colpa e dolo. Infine sono stati ricordati i momenti salienti della gara, scatenanti le problematiche di cui in atti. Infine, sono state reiterate le formulate conclusioni. La C.D. decideva di ampliare l’attività istruttoria convocando il D.G. in una prossima udienza. In data 05/12/08 è stato ascoltato dal Collegio il sig. La Regina Mark arbitro della gara in atti, il quale ha ribadito le proprie tesi evidenziando inoltre che il sottopasso ove si sono verificati i fatti è largo circa 3 metri, è lungo circa 7/8 metri ed alto circa 2/2.20 metri e che in relazione al colpo ricevuto, la traiettoria era sicuramente tesa. La C.D. esaminati gli atti ufficiali, esperita l’istruttoria di rito, respinge il reclamo. Le tesi esposte dalle parti reclamanti, che sicuramente denotano notevole abilità giuridica nella loro originale esposizione, non possono essere condivise ne in fatto, né in diritto. Occorre in via preliminare distinguere le due fattispecie per le quali il sig. Leonardo Bendinelli è stato sanzionato: 1)La prima, ai sensi dell’art. 3 comma 2 del C.G.S in quanto capitano della squadra per fatto violento commesso verso l’arbitro da calciatore non identificato. 2)La seconda per offese al D.G. con aggravamento della sanzione in virtù del ruolo rivestito (capitano). Relativamente alla prima fattispecie il Collegio è giunto al convincimento che non può essere individuato nel sig. Lami, sia pure in presenza di una sua specifica dichiarazione contra se, l’autore del gesto verso l’arbitro. Tale convincimento trova il suo fondamento in alcune considerazioni oggettive maturate dall’esame degl’atti e dall’audizione dei soggetti interagenti. L’arbitro asserisce che dietro di se si trovavano 6/7 giocatori della stessa società fra i quali si trovava il sig. Bendinelli capitano della stessa. Si può quindi affermare, senza tema di smentita, che i calciatori citati erano tutti della società Urbino taccola. Fermo questo primo caposaldo, si è potuto acclarare che il sig. Lami, sia pure presente nel tunnel di uscita, si trovava a circa 5/6 metri dal gruppo dei calciatori. Va da se quindi che fra il predetto e l’arbitro vi era una sorta di “barriera” formata dai calciatori. Se ciò è vero come pare, si giunge alla conclusione che l’eventuale lancio del pallone da parte del Lami verso l’arbitro, avrebbe dovuto seguire una traiettoria idonea a scavalcare i calciatori che si frapponevano fra lui ed il citato. Se a tale considerazione oggettiva, si aggiunge la descrizione fornita dall’arbitro del tunnel (largo circa 3 metri, lungo circa 7/8 metri ed alto circa 2/2.20 metri) risulta alquanto difficile comprendere il modo con il quale il Lami avrebbe lanciato la sfera per giungere al suo scopo. La stessa dichiarazione del Lami appare in sintonia con quanto evidenziato ed anzi lo stesso sostiene che il tunnel, non solo era attraversato dall’arbitro e dai calciatori, ma vi erano anche i tecnici e che il pallone è stato da lui lanciato “verso il sottopassaggio”. Orbene se viene esaminata un’altra peculiarità riferita dal D.G. ovvero che la traiettoria del pallone era indubbiamente tesa, il Collegio ritiene di potere escludere che il lancio sia stato effettivamente posto in essere dal Lami in virtù di una precisa impossibilità spaziale di raggiungere l’arbitro con traiettoria tesa stante l’affollamento delle persone fra lui ed il D.G. e le dimensioni del tunnel. Da quanto esposto in merito alla ricostruzione del fatto, se ne deduce che il lancio del pallone è stato effettuato da un soggetto che si trovava vicino all’arbitro (lo stesso riferisce tale circostanza) quindi da un calciatore che si trovava nelle sue immediate vicinanze. In punto di diritto l’art. 3 comma 2 del C.G.S. è chiaro ed inequivocabile: nel caso di atto violento commesso nei confronti degli Ufficiali di gara da parte di un calciatore non identificato, la responsabilità viene fatta ricadere sul capitano della squadra cui il calciatore appartiene. La ratio della norma è chiara in quanto l’interesse del legislatore sportivo è quello di non fare passare impuniti atti violenti verso gli Ufficiali di gara commessi da soggetto/i non identificato/i. La norma tuttavia non è concepita come elemento di chiusura, ma come un efficace deterrente in quanto, una volta identificato il soggetto responsabile, sarà quest’ultimo ad essere sanzionato, con riabilitazione del soggetto capitano. Nel caso di specie in conclusione, siamo inequivocabilmente in presenza di un atto violento commesso da parte di un calciatore della società Urbino Taccola (per i motivi già esposti) non identificato, da ciò l’applicazione del disposto dell’art. 3 comma 2 del C.G.S. La norma è semplice e diretta e non necessita di particolari interpretazioni. In punto di quantificazione della sanzione, la stessa appare ben calibrata in relazione al fatto commesso. 2)In ordine alla sanzione della squalifica per tre giornate inflitta dal G.S. al sig. Bendinelli Leonardo la stessa appare ineccepibile in virtù della frase offensiva rivolta all’arbitro (imbecille), con l’aggravante che il soggetto profferente rivestiva la qualifica di capitano (da ciò l’aumento della sanzione di una giornata). Il Collegio tiene a ricordare a coloro i quali sostengono la lievità dell’epiteto che il codice penale considera ingiuria tale tipologia di esternazione e ciò al di là dei sofismi giuridici difensivi. Per i motivi esposti la C.D.T.T. respinge i reclami così come riuniti, confermando in toto le decisioni del G.S. sottolineando che la squalifica di tre giornate di gara dovrà essere scontata al termine di quella inflitta a tempo. Dispone infine l’addebito della tassa di reclamo.
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