F.I.G.C. – CORTE DI GIUSTIZIA FEDERALE – 2010/2011 – Decisione pubblicata sul sito web: www.figc.it e sul Comunicato ufficiale n. 187/CGF del 23 Marzo 2011 e con motivazioni pubblicate sul Comunicato ufficiale n. 220/CGF del 1 Aprile 2011 1) RICORSO DELLA VILLACIDRESE CALCIO S.R.L. AVVERSO LE SANZIONI: DELL’INIBIZIONE PER GIORNI 60 INFLITTA AL SIG. MARROCU SIRO; DELLA PENALIZZAZIONE DI PUNTI 5 IN CLASSIFICA DA SCONTARSI NELLA CORRENTE STAGIONE SPORTIVA ALLA SOCIETÀ VILLACIDERESE CALCIO S.R.L.; INFLITTE A SEGUITO DI DEFERIMENTO DEL PROCURATORE FEDERALE – NOTA N. 3334/267PF/10-11/SP/GB DEL 30.11.2010 – PER LE VIOLAZIONI DEGLI ARTT. 1, COMMA 1 E 4, COMMA 1 C.G.S. IN RELAZIONE AL TITOLO III CRITERI SPORTIVI E ORGANIZZATIVI, PUNTI 11) 12) 13) 15) 16) DEL SISTEMA DELLE LICENZE NAZIONALI, DI CUI AL COM. UFF. N. 117/A DEL 25.5.2010 (Delibera della Commissione Disciplinare Nazionale – Com. Uff. n. 45/CDN del 19.1.2011)

F.I.G.C. – CORTE DI GIUSTIZIA FEDERALE – 2010/2011 – Decisione pubblicata sul sito web: www.figc.it e sul Comunicato ufficiale n. 187/CGF del 23 Marzo 2011 e con motivazioni pubblicate sul Comunicato ufficiale n. 220/CGF del 1 Aprile 2011 1) RICORSO DELLA VILLACIDRESE CALCIO S.R.L. AVVERSO LE SANZIONI: DELL’INIBIZIONE PER GIORNI 60 INFLITTA AL SIG. MARROCU SIRO; DELLA PENALIZZAZIONE DI PUNTI 5 IN CLASSIFICA DA SCONTARSI NELLA CORRENTE STAGIONE SPORTIVA ALLA SOCIETÀ VILLACIDERESE CALCIO S.R.L.; INFLITTE A SEGUITO DI DEFERIMENTO DEL PROCURATORE FEDERALE – NOTA N. 3334/267PF/10-11/SP/GB DEL 30.11.2010 - PER LE VIOLAZIONI DEGLI ARTT. 1, COMMA 1 E 4, COMMA 1 C.G.S. IN RELAZIONE AL TITOLO III CRITERI SPORTIVI E ORGANIZZATIVI, PUNTI 11) 12) 13) 15) 16) DEL SISTEMA DELLE LICENZE NAZIONALI, DI CUI AL COM. UFF. N. 117/A DEL 25.5.2010 (Delibera della Commissione Disciplinare Nazionale – Com. Uff. n. 45/CDN del 19.1.2011) Con atto del 30 novembre 2010 il Procuratore Federale deferiva alla Commissione Disciplinare Nazionale Siro Marrocu nella qualità di Presidente della società Villacidrese Calcio s.r.l. nonché la società stessa rispettivamente incolpandoli della violazione di cui all’art. 1, comma 1, C.G.S. in relazione al Titolo III° punti da 11 a 16 del sistema delle Licenze Nazionali per l’ammissione ai Campionati Professionistici 2010/2011 e per responsabilità diretta ai sensi dell’art. 4, comma 1, C.G.S. per il comportamento ascritto al proprio rappresentante legale. A quest’ultimo veniva, in particolare, addebitato il deposito presso la Commissione Criteri Sportivi e Organizzativi entro il termine del 27 agosto 2010 in forma incompleta delle schede informative del delegato alla sicurezza, del Vice Delegato alla sicurezza e degli addetti alla sicurezza; di tali schede si rimproverava nell’atto di incolpazione, inoltre, il fatto che non fossero corredate dai documenti richiesti dal comunicato ufficiale. Ed ancora, il Presidente della società era accusato di non aver depositato entro il termine suddetto l’attestazione del Settore Tecnico Federale relativa al tesseramento di un allenatore responsabile della prima squadra e di un allenatore in seconda, del medico responsabile sanitario e di almeno un operatore sanitario. Il procedimento traeva origine da una nota informativa inviata all’organo requirente il precedente 28 settembre dalla Commissione Criteri Sportivi e Organizzativi della Federcalcio. Gli incolpati, ricevuta la comunicazione dell’udienza di discussione davanti la Commissione Disciplinare Nazionale, depositavano una memoria difensiva e proponevano istanze istruttorie. Nella memoria veniva respinto ogni addebito e, in ogni caso, si chiedeva l’unificazione delle incolpazioni e, comunque, la dichiarazione della sussistenza di un concorso formale tra gli stessi con correlato trattamento sanzionatorio proprio della continuazione e applicazione della pena minima. Al termine dell’udienza di discussione del 13 gennaio 2011 la Commissione Disciplinare Nazionale, dato atto del deposito dei documenti prodotti dagli incolpati, dichiarava che il deferimento era fondato e che esso doveva nel suo complesso essere accolto. Rilevava, infatti, la Commissione Disciplinare Nazionale che, alla stregua dei documenti provenienti dalla Commissione Criteri Sportivi ed Organizzativi, la Società deferita non aveva tempestivamente ottemperato alle disposizioni di cui al Com. Uff. 117/A del 25 maggio 2010 ai fini dell’ammissione ai Campionati Professionistici 2010/2011, non avendo depositato tempestivamente la necessaria attestazione del Settore Tecnico Federale con riferimento a tutte le posizioni indicate nell’atto di incolpazione nonché per l’omesso o incompleto deposito degli altri documenti di cui alla prima parte dello stesso atto di incolpazione. I primi giudici rilevavano che era ininfluente la mancanza di conseguenze prodotte dall’inosservanza degli adempimenti; i primi giudici statuivano, inoltre che non poteva essere accolto l’argomento difensivo secondo cui la Società era complessivamente in regola avendo stipulato contratto con tutte le figure professionali necessario per la regolare disputa del Campionato: e ciò perché era da considerarsi perentorio ed inderogabile il termine di scadenza di tutti gli adempimenti in questione. La Commissione riteneva, tuttavia, che andasse ricondotta ad un’unica violazione il complessivo mancato rispetto degli adempimenti previsti dal punto 11 del sistema delle Licenze Nazionali relativamente al deposito delle schede informative riguardanti il delegato alla sicurezza ed il suo vice. Secondo il ragionamento del Collegio di I grado il mancato deposito di due distinti moduli per le due figure in esame non può integrare un duplice inadempimento, in quanto il rispetto della disposizione “deve essere necessariamente ricondotta ad un unico e omogeneo contesto di riferimento”. Sulla base di queste considerazioni al Presidente Marrocu veniva inflitta l’inibizione per 60 giorni e alla società la penalizzazione di 5 punti in classifica da scontarsi nel corso della Stagione Sportiva in atto. Contro questa decisione hanno proposto un unico reclamo società (rappresentata, oltre che dallo stesso Presidente, anche da Davide Farris e Luciano Porcedda, entrambi componenti il consiglio d’amministrazione) e Presidente in proprio. Venivano dedotti sei motivi di reclamo. Con il primo si denunciava la violazione e la falsa applicazione dell’articolo 16, comma 1, C.G.S. sotto il profilo dell’applicazione di una distinta e cumulativa sanzione per ciascuna delle violazioni contestate, senza considerare che le condotte omissive in parola non avrebbero potuto legittimamente considerarsi come violazioni dell’art. 1, C.G.S., non essendo stati lesi i principi di lealtà, correttezza e probità nei rapporti riferibili all’attività sportiva. Con il secondo motivo si lamentava l’omessa valutazione circa la sproporzione della sanzione rispetto ai criteri fondamentali di giustizia, equità e proporzionalità nonché al principio comunitario di libera concorrenza come interpretato dalla Corte di Giustizia. In particolare, veniva definito illegittimo ed irrazionale il criterio interpretativo del dettato normativo effettuato dai primi giudici, con il connesso effetto di restringere indebitamente la libera iniziativa economica privata, malgrado i comportamenti oggetto di incolpazione non fossero da soli “potenzialmente lesivi della regolarità delle competizioni”. Sempre nello stesso motivo la decisione impugnata veniva censurata per non aver tenuto conto di circostanze decisive, quali l’assenza di vantaggi per la società scaturenti dalle condotte, la mancata compromissione dei poteri di controllo federale, il pieno possesso da parte della società stessa di tutte le figure professionali necessarie e sufficienti per la regolare disputa del Campionato. Con il terzo motivo i reclamanti si dolevano del mancato accoglimento da parte della Commissione Disciplinare Nazionale della richiesta di “accorpamento” tra tutte le condotte contestate. La richiesta, già formulata in primo grado, avrebbe trovato sostegno nella necessità di una valutazione unica di tutte le condotte che avrebbero realizzato un unico illecito ed in ogni caso l’ “accorpamento” avrebbe potuto essere parziale, in ragione dell’identica ragione giustificatrice delle norme, tra i punti 11 e 12 (relativi alla tutela dell’incolumità pubblica) e tra i punti 13, 15 e 16 (in materia di tutela della salute e sicurezza degli atleti). La sanzione avrebbe, pertanto, dovuto essere unica. Con il quarto motivo si deduceva l’omessa motivazione circa la reclamata sussistenza di un concorso formale tra tutte le condotte oggetto di incolpazione, sotto il profilo che un’unica condotta avrebbe realizzato diverse violazioni. E l’affermazione del concorso formale avrebbe comportato la condanna degli appellanti alla pena prevista per la più grave delle violazioni aumentata fino al triplo, con esclusione del cumulo aritmetico. Con il quinto motivo si segnalava il vizio di omessa motivazione sul punto del concorso materiale tra le condotte contestate, non essendosi tenuto conto che esse avevano violato più disposizioni federali o più volte la medesima disposizione in esecuzione di un medesimo disegno, in quanto le inosservanze contestate erano accomunate dall’identica ragione induttiva e si erano verificate nel medesimo contesto temporale. Ancora una volta la sanzione avrebbe dovuto essere unica e comprensiva. Ed infine, con l’ultimo motivo si denunciava vizio di motivazione su punti decisivi della controversia relativi alla ricorrenza di circostanze, documentalmente provate, che avrebbero dimostrato che i reclamanti erano incorsi in errori scusabili. In conclusione, i reclamanti chiedevano in via principale il proscioglimento ed in via subordinata e gradualmente: a) l’accorpamento degli addebiti, totale o parziale, con applicazione di un’unica sanzione; b) la dichiarazione di sussistenza di concorso formale tra gli addebiti, con applicazione di un’unica sanzione anche aumentata fino al triplo, ovvero la dichiarazione di concorso formale parziale; c) la dichiarazione di sussistenza di un nesso di continuazione tra gli addebiti in forma totale o parziale con applicazione di un’unica sanzione; d) l’applicazione di una sanzione minima, ed in particolare dell’ammenda. All’udienza di discussione sia la reclamante che la Procura Federale insistevano, rispettivamente per l’accoglimento ed il rigetto del reclamo. Preliminare all’esame del complesso reclamo è una generale considerazione circa la portata ed il fine delle disposizioni della cui violazione si tratta, allo scopo di delinearne i limiti di applicabilità, così agevolandosi anche il giudizio cui nel presente caso queste Sezioni Unite sono chiamate. Il Com. Uff. 117/A ha delineato un articolato sistema per l’accesso alle Licenze Nazionali per il Campionato in corso, prevedendo la necessità che le società, per partecipare alla competizione di competenza, ottengano la stessa licenza e stabilendo come misura strumentale che esse osservino una molteplicità di adempimenti, puntualmente ed analiticamente descritti, in relazione ai criteri economico-finanziari e legali, ai criteri infrastrutturali nonché ai criteri sportivi e organizzativi. Distinte disposizioni sono state emanate con riferimento all’osservanza di ciascuno di tali criteri, mediante la previsione degli adempimenti specifici e del relativo calendario. La comune scelta normativa, omogenea alla struttura delle modalità adempitive di ciascuno dei criteri, è stata quella di considerare atomisticamente i singoli adempimenti, nell’evidente presupposto della loro essenzialità e di configurare come illecito disciplinare autonomamente perseguibile ciascuna violazione sotto forma di mancata osservanza della condotta richiesta in relazione a ciascuna delle circostanze individuate nel comunicato. E’, infatti, costantemente ripetuto il caveat che ciascun inadempimento costituisce di per sé illecito disciplinare: è agevole l’esegesi di questo genere di precetto, e cioè che, da un canto, il legislatore ha descritto un modello puramente formale ed inderogabile di condotta esigibile, mentre, d’altro canto, ha reso del tutto irrilevante – in analogia a quanto l’ordinamento prevede per i reati contravvenzionali – il possibile elemento soggettivo (dolo o colpa) che potrebbe in astratto sorreggere l’elemento materiale dell’illecito. Da ciò consegue che il legislatore ha in modo chiaro escluso qualunque peso anche ad una possibile identità di disegno violativo delle disposizioni, fedele alla propria linea di attribuire specifico rilievo a ciascun adempimento. Né, peraltro, pare a queste Sezioni Unite che la tecnica normativa possa prestarsi a censure di irragionevolezza, tenuto conto che essa obbedisce ad un disegno implementativo di disposizioni legislative cogenti anche in ambito federale e mira a salvaguardare beni fondamentali quali salute, sicurezza etc. alla cui salvaguardia il rigoroso catalogo di prescrizioni è indubbiamente orientato. E la severità delle sanzioni, nonché il metodo della loro applicazione (una distinta sanzione per ciascun inadempimento), del tutto razionalmente si concilia con i valori che attraverso questa via normativa vengono opportunamente ed adeguatamente protetti. Da questa politica legislativa, calibratamente inverata attraverso la equilibratissima pronuncia dei giudici di primo grado, queste Sezioni Unite non vedono ragione alcuna per discostarsi. E invero, con riferimento ai motivi di reclamo (la cui trattazione in forma aggregata è resa possibile dalle considerazioni precedenti), la Corte osserva che le indiscutibili (dal punto di vista fenomenico) violazioni contestate integrano di per sé illecito disciplinare, in virtù dell’apposita previsione legislativa, senza che sia necessario ancorarle alla violazione dell’art.1 C.G.S.; d’altro canto, nessuna, anche indiretta, compromissione della libertà di iniziativa economica può mai ravvisarsi laddove all’ente economico venga prescritta l’osservanza di norme deputate alla tutela di interessi costituzionalmente protetti e di rango certamente non inferiore, quali la salute; si rivela parimenti irrilevante la mancanza di vantaggio conseguito dal soggetto responsabile della violazione; è inconfigurabile, per le ragioni prima esposte, sia il concorso formale tra gli illeciti disciplinari in parola sia l’ipotesi di una fattispecie corrispondente a quella della continuazione di diritto comune nei rapporti tra le singole violazioni. Del resto, molto opportunamente, i giudici di primo grado hanno considerato riconducibile ad un’unica violazione l’inadempimento consistente nella mancata comunicazione della complessiva consistenza dello staff competente in materia di sicurezza societaria: nessuna censura, pertanto, può muoversi alla decisione impugnata anche con riguardo all’entità della sanzione. In conclusione, il reclamo va rigettato, con incameramento della tassa. Per questi motivi la C.G.F. respinge il ricorso come sopra proposto dalla Villacidrese Calcio S.r.l. di Villacidro (Cagliari) e dispone addebitarsi la tassa reclamo.
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