F.I.G.C. – CORTE DI GIUSTIZIA FEDERALE – Sezioni Unite – 2010/2011 – Decisione pubblicata sul sito web: www.figc.it e sul Comunicato ufficiale n. 305/CGF del 14 Giugno 2011 e con motivazioni pubblicate sul Comunicato ufficiale n. 319/CGF del 22 Giugno 2011 14) RICORSO DEL PROCURATORE FEDERALE AVVERSO L’INCONGRUITÀ DELLE SANZIONI: AMMENDA DI € 1.500,00 AL SIG. PERNIOLA TOMMASO, PRESIDENTE DEL C.D.A. E LEGALE RAPPRESENTANTE DELL’F.C. MATERA S.R.L.; AMMENDA DI € 1.500,00 ALL’F.C. MATERA S.R.L., INFLITTE A SEGUITO DI PROPRIO DEFERIMENTO PER LE VIOLAZIONI RISPETTIVAMENTE ASCRITTE CON NOTA 6721/961PF/10-11/SP/BLP DEL 22.3.2011, DEGLI ARTT. 1, COMMA 1 E 4, COMMA 1 C.G.S., IN RELAZIONE ALL’ART. 85, LETTERA C), PARAGRAFO IV) NOIF (Delibera della Commissione Disciplinare Nazionale – Com. Uff. n. 87/CDN del 10.5.2011)

F.I.G.C. – CORTE DI GIUSTIZIA FEDERALE – Sezioni Unite - 2010/2011 – Decisione pubblicata sul sito web: www.figc.it e sul Comunicato ufficiale n. 305/CGF del 14 Giugno 2011 e con motivazioni pubblicate sul Comunicato ufficiale n. 319/CGF del 22 Giugno 2011 14) RICORSO DEL PROCURATORE FEDERALE AVVERSO L’INCONGRUITÀ DELLE SANZIONI: AMMENDA DI € 1.500,00 AL SIG. PERNIOLA TOMMASO, PRESIDENTE DEL C.D.A. E LEGALE RAPPRESENTANTE DELL’F.C. MATERA S.R.L.; AMMENDA DI € 1.500,00 ALL’F.C. MATERA S.R.L., INFLITTE A SEGUITO DI PROPRIO DEFERIMENTO PER LE VIOLAZIONI RISPETTIVAMENTE ASCRITTE CON NOTA 6721/961PF/10-11/SP/BLP DEL 22.3.2011, DEGLI ARTT. 1, COMMA 1 E 4, COMMA 1 C.G.S., IN RELAZIONE ALL’ART. 85, LETTERA C), PARAGRAFO IV) NOIF (Delibera della Commissione Disciplinare Nazionale – Com. Uff. n. 87/CDN del 10.5.2011) La Corte di Giustizia Federale a Sezioni Unite si è riunita il giorno 14.6.2011 per decidere in ordine al ricorso proposto dal Procuratore Federale della F.I.G.C. avverso la decisione, pubblicata con il Com. Uff. n. 87/CDN del 10.5.2011, con la quale la Commissione Disciplinare Nazionale, in esito al deferimento del Procuratore Federale della F.I.G.C., ha inflitto la sanzione dell’ammenda di € 1.500,00 ciascuno al signor Tommaso Perniola, presidente del C.d.A. e legale rappresentante pro tempore della Società F.C. Matera S.r.l. ed alla medesima predetta società F.C. Matera S.r.l., per la violazione, rispettivamente, delle disposizioni di cui all’art. 1, comma 1, C.G.S., in relazione all’art. 85, lett. c), paragrafo IV°) N.O.I.F. e all’art. 4, comma 1, C.G.S., per la condotta illecita ascritta al signor Tommaso Perniola inerente la mancata utilizzazione del conto corrente indicato in sede di ammissione al campionato di competenza, al fine del pagamento degli emolumenti dovuti ai propri tesserati per le mensilità di agosto e settembre 2010. Il procedimento ha origine dalla nota in data 23.2.2011 con cui la Co.Vi.So.C. segnalava che, dall’esame del report della Deloitte & Touche S.p.A., società di revisione incaricata dalla F.I.G.C. per l’effettuazione dei controlli, aveva riscontrato che la società F.C. Matera S.r.l. ha provveduto al pagamento degli emolumenti dovuti a diversi tesserati per le mensilità di agosto e settembre 2010 utilizzando modalità difformi da quelle stabilite dall’art. 85 lett. c), punto IV°, N.O.I.F. Il Procuratore Federale, ritenuto che la suddetta condotta integra la violazione della norma di cui all’art. 1, comma 1, C.G.S., in relazione, appunto, a quella di cui all’art. 85, lett. c), punto IV°, N.O.I.F., che la stessa è ascrivibile al signor Tommaso Perniola, presidente del C.d.A. e legale rappresentante della F.C. Matera S.r.l., in virtù del rapporto di immedesimazione organica tra il medesimo e la società e che da tale condotta consegue la responsabilità diretta della stessa predetta società F.C. Matera S.r.l., visto l’art. 32, comma 4, C.G.S., deferiva alla Commissione Disciplinare Nazionale sia il signor Tommaso Perniola, per la violazione prima indicata, sia la F.C. Matera S.r.l. a titolo di responsabilità diretta ex art. 4, comma 1, C.G.S.. Così instauratosi il contraddittorio, il signor Tommaso Perniola, in qualità di presidente della società F.C. Matera S.r.l., come rappresentato e difeso, presentava, nei termini assegnati, apposita memoria difensiva, deducendo in ordine alla necessità di valutare la violazione ascritta sotto un profilo sostanziale anziché formale. Analoga memoria presentava, altresì, il signor Cosimo Damiano Cinnella, nella qualità di consigliere delegato della società F.C. Matera S.r.l. Nelle suddette memorie difensive veniva posto l’accento sul fatto che la F.C. Matera S.r.l. sia stata ammessa a disputare il campionato di Seconda Divisione soltanto in data 4.8.2010, a seguito di domanda di ripescaggio e come, pertanto, il ristretto termine a disposizione non abbia «permesso alla società di adattarsi e di comprendere in tempo utile le numerosissime incombenze dettate dalle vigenti normative del settore professionistico, rispetto al precedente status di società militante nella Lega Dilettanti». Sottolineavano, altresì, i deferiti, come «ciò nonostante, la società F.C. Matera S.r.l. ha provveduto entro i termini di cui alla normativa federale all’effettivo pagamento degli emolumenti di tutti i suoi tesserati in organico, condotta quest’ultima che certamente non può non essere palesata né sottaciuta, privilegiando nella fase iniziale della nuova Stagione Sportiva gli adempimenti sostanziali, quali appunto il pagamento degli emolumenti e dei contributi previdenziali ai propri tesserati entro i termini imposti dalla normativa federale». Ritenevano, pertanto, i deferiti, che nella contestata condotta fosse configurabile l’ipotesi dell’errore scusabile, evidenziando, ad ogni buon conto, come la ratio sottesa alla disposizione disapplicata, ossia quella di monitorare ed offrire trasparenza ai flussi finanziari riconducibili alle società di calcio, al fine di non alterare l’equilibrio sostanziale tra le squadre militanti nel medesimo campionato, non fosse stata, comunque, violata, essendovi puntuale riscontro sulla tracciabilità dei pagamenti, attese le modalità con le quali gli stessi sono stati effettuati. Innanzi alla Commissione Disciplinare compariva il rappresentante della Procura Federale, che insisteva per la dichiarazione di responsabilità individuata nei riguardi di entrambi i soggetti sottoposti a procedimento disciplinare, formulando richiesta di applicazione della sanzione dell’ammenda di € 7.000,00 a carico di ciascun deferito; compariva, altresì, il difensore dei soggetti deferiti che insisteva per l’accoglimento delle conclusioni già rassegnate e, dunque, per il proscioglimento dei deferiti o, in via subordinata, per l’applicazione della sanzione minima edittale decurtata per le esimenti e le attenuanti evidenziate, oltre che per il comportamento collaborativo ed ammissivo tenuto dalla società e dal suo presidente. La Commissione Disciplinare Nazionale, ritenute sussistenti le violazioni ascritte al signor Perniola e, per esso, alla F.C. Matera S.r.l. e, pertanto, fondato il deferimento, rilevava come, «ai sensi e per gli effetti di cui all’art. 2, comma 2, C.G.S., l’ignoranza delle norme federali non può essere invocata ad alcun effetto, per cui la mancata conoscenza della disciplina endofederale costituisce assunto del tutto privo di pregio, così come non rileva, ai fini difensivi, la pur oggettiva difficoltà nel disbrigare, soprattutto da parte di società sportive che accedano al settore professionistico a seguito di ripescaggio da quello non professionistico, le varie incombenze imposte dai regolamenti federali». Ciò premesso, quanto alla quantificazione della sanzione, la Commissione Disciplinare Nazionale riteneva «ragionevole tener conto del fatto che le modalità di effettuazione del pagamento degli emolumenti ne hanno favorito in ogni caso la relativa tracciabilità, con ciò essendosi in qualche modo salvaguardata la trasparenza delle movimentazioni contabili-finanziarie operate dalla società sportiva deferita». Per tali ragioni riteneva congruo irrogare la sanzione dell’ammenda di € 1.500,00 a carico di ciascuno dei soggetti deferiti. Avverso la suddetta decisione della Commissione Disciplinare Nazionale ha proposto ricorso il Procuratore Federale della F.I.G.C., articolando due specifici motivi d’appello. Con il primo motivo di gravame, intestato «errata valutazione e/o applicazione delle disposizioni federali in materia di strumenti di pagamento degli emolumenti dovuti ai tesserati stabiliti dalla normativa federale», la Procura ritiene «del tutto irragionevole» e «priva di carattere afflittivo» la sanzione inflitta. Ricordata la lettera della disposizione violata, secondo cui gli «emolumenti devono essere corrisposti esclusivamente a mezzo bonifico bancario, utilizzando il conto corrente indicato dalla società al momento dell’iscrizione al campionato», la Procura evidenzia come si tratti di «previsione chiara, non suscettibile di interpretazione diversa da quella letterale, che ribadisce nell’ordinamento federale l’esigenza di assicurare la trasparenza e la tracciabilità dei pagamenti effettuati, attraverso l’obbligo imposto alle società di indicare il c.d. conto dedicato, quale requisito ai fini dell’ammissione al campionato professionistico di competenza e, di conseguenza, previsto quale unico mezzo di pagamento dalle disposizioni regolamentari in materia di pagamenti periodici ai propri tesserati». È erroneo, dunque, secondo la ricorrente, «commisurare la sanzione all’entità del pagamento effettuato con strumento diverso rispetto a quello imposto dal sistema federale», atteso che «la violazione disciplinare si identifica nella modalità di pagamento, cioè nel non aver utilizzato il conto indicato in sede di ammissione ai campionati, a prescindere dall’importo pagato in maniera difforme». Con il secondo motivo di gravame, intestato «contraddittorietà della decisione con riferimento alle valutazioni di congruità effettuate per altre fattispecie analoghe», il Procuratore federale censura la decisione della Commissione Disciplinare Nazionale nella parte in cui, sotto il profilo della congruità della pena, non tiene conto che analoga fattispecie è stata definita con una sanzione di € 3.500,00, concordata tra le parti in applicazione degli artt. 23 e 24 C.G.S., quale effetto delle riduzioni operate sulla sanzione di partenza di E 7.000,00. Evidentemente, argomenta la Procura Federale, la Commissione Disciplinare Nazionale ha ritenuto corretta la sanzione base «richiesta per uniformità di comportamento in tutti i casi analoghi» e, quindi, la sanzione applicata nel caso di specie è incongrua rispetto a quelle irrogate in sede di definizione concordata del procedimento, «che dovrebbe avere un valore sostanzialmente premiante nel caso in cui i soggetti deferiti ammettano le proprie responsabilità e chiedano di definire il procedimento in forma abbreviata», essendosi, invece, rivelata oggettivamente penalizzante. Conclude, dunque, la Procura federale affinché l’adita Corte di Giustizia Federale, in parziale riforma della impugnata decisione, «voglia comminare a ciascun deferito la sanzione dell’ammenda di € 7.000,00, […] o, in subordine, quella ritenuta di giustizia […] in misura comunque superiore a quella già decisa in primo grado». All’udienza dibattimentale, il rappresentante della ricorrente Procura Federale, ha insistito per l’accoglimento dell’appello, mentre la difesa dei soggetti deferiti ha chiesto respingersi il ricorso. Il ricorso non è fondato. La norma di cui all’art. 85, lett. c), punto IV°, N.O.I.F. così recita: «Le società devono documentare alla FIGC-Co.Vi.So.C., secondo le modalità e le procedure stabilite dalla FIGC, entro quarantacinque giorni dalla chiusura di ciascun trimestre, l’avvenuto pagamento di tutti gli emolumenti dovuti sino alla chiusura del predetto trimestre ai tesserati lavoratori dipendenti e collaboratori addetti al settore sportivo con contratti ratificati. I suddetti emolumenti devono essere corrisposti esclusivamente a mezzo bonifico bancario, utilizzando il conto corrente indicato dalla società esclusivamente sul conto corrente indicato dai tesserati, dai lavoratori dipendenti e dai collaboratori addetti al settore sportivo in sede di sottoscrizione del contratto». Pacifica la sussistenza della violazione imputata ai deferiti, comprovata dagli accertamenti effettuati dalla società di revisione incaricata dalla F.I.G.C. e correttamente non contestata dagli interessati. Sotto tale profilo, peraltro, correttamente la Commissione Disciplinare Nazionale ha ritenuto non sussistere l’ipotesi scriminante dell’ignoranza della norma. Difatti, ai sensi dell’art. 2, comma 2, C.G.S., «l’ignoranza dello Statuto e delle norme federali non può essere invocata ad alcun effetto». Nel caso di specie, dunque, non è configurabile l’ipotesi dell’errore scusabile, atteso che, come detto, l’errore sul precetto non può essere invocato a propria scusa e non incide in alcun modo sull’an e sul tipo di responsabilità. Peraltro, occorre anche considerare che se è vero che la F.C. Matera S.r.l. ha fatto il salto di categoria (dal settore dilettanti a quello professionisti, con le connesse diversità di disciplina) grazie al “ripescaggio”, è anche vero che ciò è avvenuto su domanda della stessa compagine societaria. Il legale rappresentante della società deferita, pertanto, deve essere chiamato a rispondere per aver realizzato, con piena coscienza e volontà dei suoi elementi costitutivi, il fatto tipico previsto dalla disposizione violata, pur nell’ignoranza, evitabile, del divieto. Del resto, la colpevolezza è un rimprovero rivolto all’agente che dimostri, con la propria scelta d’azione (scelta che si poteva concretamente pretendere fosse diversa), indifferenza verso i valori tutelati dall’ordinamento federale o, quantomeno, un’insufficiente considerazione del bene tutelato dalla norma violata. Nella situazione considerata, dunque, l’asserita ignoranza dell’illiceità della condotta non sarebbe, comunque, utile ai fini della riduzione della rimproverabilità, atteso che quell’illiiceità nulla aggiunge al disvalore della fattispecie, ma, anzi, lo presuppone. In definitiva, premesso che, ordinariamente, l’errore sul divieto può essere scusabile soltanto se inevitabile ed incolpevole, nel caso di specie, l’ignoranza invocata dai deferiti non deriva da un’impossibilità oggettiva o soggettiva, non rimproverabile, di conoscere o comprendere pienamente il precetto oppure di osservarne integralmente le relative statuizioni: con la conseguenza che la stessa non è sufficiente ad escludere l’affermazione di responsabilità. Dichiarata, dunque, la sussistenza della violazione e la correlata responsabilità dei soggetti tratti a procedimento, il problema si pone soltanto in termini di determinazione della sanzione, considerato che, per la fattispecie, le N.O.I.F. non stabiliscono né la specie, né la misura. Infatti, l’art. 90 N.O.I.F. fissa la misura minima di sanzione esclusivamente con riferimento alla violazione, da parte delle società e dei loro dirigenti, dell’obbligo di trasmissione dei dati e documenti di cui agli artt. 80 e 85 delle medesime N.O.I.F., individuandola, per le società della Lega Italiana Calcio Professionistico, nell’ammenda non inferiore ad € 10.000,00. Ciò posto, occorre rifarsi alle disposizioni che regolano, in via generale, i poteri disciplinari degli Organi della giustizia sportiva. A tal proposito, viene, anzitutto, in rilievo l’art. 16 del C.G.S., a tenore del quale “gli organi della Giustizia Sportiva stabiliscono la specie e la misura delle sanzioni disciplinari, tenendo conto della natura e della gravità dei fatti commessi e valutate le circostanze aggravanti e attenuanti, nonché l’eventuale recidiva”. Orbene, questa Corte ritiene che, diversamente da quanto affermato dalla Procura federale, la Commissione Disciplinare Nazionale abbia fatto corretta applicazione del criterio direttivo di cui al prefato art. 16 C.G.S.. In tal ottica, se la suddetta invocata difficoltà di corretta applicazione della previsione federale, attesi i ristretti tempi a disposizione in conseguenza del passaggio della F.C. Matera S.r.l. al settore professionistico, non può essere considerata alla strega di una scriminante, può, invece, essere certamente valorizzata quale circostanza attenuante ai fini della graduazione della sanzione. Infatti, la chiarezza della lettera della norma, che indica quale unica modalità di pagamento quella effettuata a mezzo bonifico bancario, previo addebito del conto dedicato, esclusivamente sul conto corrente indicato dai tesserati, dai lavoratori e collaboratori e dunque la considerazione che la violazione disciplinare si identifica nel mancato utilizzato di siffatta modalità, non significa che, una volta accertata e dichiarata la correlata responsabilità, non si debba procedere alla commisurazione della sanzione in relazione al concreto caso di specie. Occorre, dunque, valutare il complesso degli elementi acquisiti agli atti, nel tentativo di commisurare la sanzione alla concreta gravità del fatto ed al suo effettivo disvalore. Si ritiene, infatti, debba essere questo il criterio-guida nella fase commisurativa, alla luce dei principi di stretta proporzionalità, adeguatezza retributiva ed efficacia in termini di prevenzione, sia essa generale o speciale, nella prospettiva, in particolare, della riduzione della frequenza ed intensità lesiva dei comportamenti non aderenti alle indicazioni dell’ordinamento federale. In tal ottica, come correttamente sostenuto dalla reclamante, si rivelerebbe inutile, inefficace e deresponsabilizzante una sanzione priva di effettivo carattere afflittivo e l’attribuzione di un corposo rilievo scusante all’errore sulla norma potrebbe suggerire nell’agente un preordinato, quanto pericoloso, disinteresse per la corretta applicazione della normativa che regola l’attività delle società affiliate alla F.I.G.C. Nel contempo, però, sarebbe strutturalmente inidonea una sanzione eccessiva rispetto al fatto ed alla sua gravità ed intensità lesiva, alla luce del contesto complessivo in cui si inserisce la condotta e tenuto conto delle ragioni della stessa. Insomma, il difficile compito di concreta determinazione del tipo e della misura della sanzione attribuito, nella fattispecie, agli organi di giustizia sportiva si connota per una tensione ideale verso l’individuazione della giusta strategia sanzionatoria da costruire in rapporto allo specifico fatto ed al rilievo degli elementi necessari per graduare la colpevolezza. In tale quadro di riferimento, ritiene Questa Corte che, tenuto conto della natura e della gravità della violazione, la sanzione inflitta dalla Commissione Disciplinare Nazionale sia congrua. A tal proposito, è già stato evidenziato come l’esigenza sottesa alla disposizione violata sia essenzialmente quella di assicurare la trasparenza e la tracciabilità dei pagamenti effettuati ai propri tesserati e dipendenti. Orbene, sotto tale profilo, è possibile osservare come i pagamenti effettuati, tramite assegni bancari, per il periodo di riferimento agosto – settembre 2010, a n. 30 propri tesserati per un complessivo importo di € 40.198,00, consentano, comunque, una qualche tracciabilità (seppur diversa da quella indicata dall’ordinamento). Pertanto, considerato che gli elementi che complessivamente caratterizzano il caso di specie non lasciano trapelare, nella condotta del sig. Perniola, un evidente atteggiamento di voluta contrapposizione all’ordinamento federale, tenuto, anche, conto del contegno processuale dei soggetti deferiti, Questa Corte ritiene congrua la sanzione determinata in primo grado. In questa prospettiva appaiono, peraltro, irrilevanti, ai fini della decisione del presente giudizio, le argomentazioni addotte con il secondo motivo di gravame, volte ad illustrare la contraddittorietà della decisione impugnata con riferimento alle sanzioni irrogate in altre analoghe fattispecie. Sotto tale profilo, è evidente che il pur legittimo e corretto richiamo ad esigenze di uniformità di comportamento in tutti i casi analoghi, non può tradursi nell’individuazione della specie e misura della sanzione per il tramite della comparazione con altri (asseriti) analoghi procedimenti. A prescindere dalla considerazione che non sono stati offerti idonei e puntuali dati oggettivi onde eventualmente poter pervenire ad un giudizio di identità delle condotte e di gravità dei fatti dedotti negli altri “analoghi” procedimenti, rimane comunque ferma la necessità di stabilire la sanzione da applicare con riferimento al solo concreto contesto di riferimento, oggetto del presente procedimento, essendo precluse, ai fini di cui trattasi, valutazioni comparative con -altre pur simili o analoghe- fattispecie. Peraltro, la configurazione di una eventuale disparità di trattamento, come detto, presupporrebbe un rapporto di chiara ed accertata coincidenza tra la condotta dedotta in giudizio e quella richiamata come parametro di riferimento e paragone, laddove, invece, dai generici elementi di cui qui si dispone, sembra potersi desumere una non perfetta sovrapponibilità delle stesse. Del resto, quella di concordare la sanzione, ai sensi e nei limiti di quanto previsto e consentito dall’art. 23 C.G.S., è una libera scelta, peraltro irretrattabile, delle parti, delle quali non può certo dolersi la Procura Federale. Per questi motivi la C.G.F. respinge il ricorso come sopra proposto dal Procuratore Federale.
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