F.I.G.C. – CORTE DI GIUSTIZIA FEDERALE – Sezioni Unite – 2010/2011 – Decisione pubblicata sul sito web: www.figc.it e sul Comunicato ufficiale n. 305/CGF del 14 Giugno 2011 e con motivazioni pubblicate sul Comunicato ufficiale n. 319/CGF del 22 Giugno 2011 15) RICORSO DEL PROCURATORE FEDERALE AVVERSO L’INCONGRUITÀ DELLE SANZIONI: AMMENDA DI € 650,00 AL SIG. PASINI GIUSEPPE, PRESIDENTE DEL C.D.A. E LEGALE RAPPRESENTANTE P.T. DELLA FERALPISALÒ S.R.L.; AMMENDA DI € 650,00 ALLA FERALPISALÒ S.R.L., INFLITTE A SEGUITO DI PROPRIO DEFERIMENTO PER LE VIOLAZIONI RISPETTIVAMENTE ASCRITTE CON NOTA 6720/960PF/10-11/SP/BLP DEL 22.3.2011, DEGLI ARTT. 1, COMMA 1 E 4, COMMA 1 C.G.S., IN RELAZIONE ALL’ART. 85, LETTERA C), PARAGRAFO IV) NOIF (Delibera della Commissione Disciplinare Nazionale – Com. Uff. n. 87/CDN del 10.5.2011)

F.I.G.C. – CORTE DI GIUSTIZIA FEDERALE – Sezioni Unite - 2010/2011 – Decisione pubblicata sul sito web: www.figc.it e sul Comunicato ufficiale n. 305/CGF del 14 Giugno 2011 e con motivazioni pubblicate sul Comunicato ufficiale n. 319/CGF del 22 Giugno 2011 15) RICORSO DEL PROCURATORE FEDERALE AVVERSO L’INCONGRUITÀ DELLE SANZIONI: AMMENDA DI € 650,00 AL SIG. PASINI GIUSEPPE, PRESIDENTE DEL C.D.A. E LEGALE RAPPRESENTANTE P.T. DELLA FERALPISALÒ S.R.L.; AMMENDA DI € 650,00 ALLA FERALPISALÒ S.R.L., INFLITTE A SEGUITO DI PROPRIO DEFERIMENTO PER LE VIOLAZIONI RISPETTIVAMENTE ASCRITTE CON NOTA 6720/960PF/10-11/SP/BLP DEL 22.3.2011, DEGLI ARTT. 1, COMMA 1 E 4, COMMA 1 C.G.S., IN RELAZIONE ALL’ART. 85, LETTERA C), PARAGRAFO IV) NOIF (Delibera della Commissione Disciplinare Nazionale – Com. Uff. n. 87/CDN del 10.5.2011) La Corte di Giustizia Federale a Sezioni Unite si è riunita il giorno 14.6.2011 per decidere in ordine al ricorso proposto dal Procuratore Federale della F.I.G.C. avverso la decisione, pubblicata con il Com. Uff. n. 87/CDN del 10.5.2011, con la quale la Commissione Disciplinare Nazionale, in esito al deferimento del Procuratore Federale della F.I.G.C., ha inflitto la sanzione dell’ammenda di € 650,00 ciascuno al sigNOR Giuseppe Pasini, presidente del C.d.A. e legale rappresentante pro tempore della società Feralpisalò S.r.l. ed alla stessa medesima predetta società, per la violazione, rispettivamente, delle disposizioni di cui all’art. 1, comma 1, C.G.S., in relazione all’art. 85, lett. c), paragrafo IV°) N.O.I.F. e dell’art. 4, comma 1, C.G.S., per la condotta illecita ascritta al signor Giuseppe Pasini relativa alla mancata utilizzazione del conto corrente indicato in sede di ammissione al campionato di competenza, al fine di effettuare il pagamento degli emolumenti dovuti ai propri tesserati per le mensilità di agosto e settembre 2010. Il procedimento ha origine dalla nota in data 23.2.2011 con cui la Co.Vi.So.C. segnalava che, dall’esame del report della Deloitte & Touche S.p.A., società di revisione incaricata dalla F.I.G.C. per l’effettuazione dei controlli, aveva riscontrato che la società Feralpisalò s.r.l. ha provveduto al pagamento degli emolumenti dovuti ad un tesserato per le mensilità di agosto - settembre 2010 utilizzando modalità difformi da quelle stabilite dall’art. 85 N.O.I.F., lett. c), punto IV°. Il Procuratore Federale, ritenuto che la suddetta condotta integra la violazione della norma di cui all’art. 1, comma 1, C.G.S., in relazione, appunto, a quella di cui all’art. 85, lett. c), punto IV°, N.O.I.F., che la stessa è ascrivibile al signor Giuseppe Pasini, presidente del C.d.A. e legale rappresentante della Feralpisalò S.r.l., in virtù del rapporto di immedesimazione organica tra il medesimo e la società e considerato che alla predetta condotta consegue la responsabilità diretta della stessa predetta società Feralpisalò S.r.l., visto l’art. 32, comma 4, C.G.S., deferiva alla Commissione Disciplinare Nazionale sia il signor Giuseppe Pasini, per la violazione prima indicata, sia la Feralpisalò S.r.l. a titolo di responsabilità diretta ex art. 4, comma 1, C.G.S.. Così instauratosi il contraddittorio, il signor Giuseppe Pasini, in proprio e in qualità di legale rappresentante della società Feralpisalò S.r.l., come rappresentato e difeso, presentava, nei termini assegnati, apposita memoria difensiva. Nella suddetta memoria difensiva, deduceva, in fatto, come l’addebito si riferisse all’utilizzo, per il pagamento di n. 2 mensilità di un unico tesserato, di un conto corrente diverso da quello indicato in sede di ammissione al campionato e come «il conto corrente utilizzato per la corresponsione degli emolumenti de quibus sia il c/c storico della società, utilizzato nella stagione 2009/2010, per ogni operazione economica posta in essere dalla compagine nei confronti dei propri tesserati nonché dalla Federazione nei confronti del Club medesimo». Si tratterebbe, cioè, del conto cui è stato “affiancato”, all’inizio della stagione sportiva 2010/2011, un nuovo conto dedicato al versamento degli emolumenti ai tesserati: ragion per cui, con un conto utilizzato da anni ed altro aperto di recente presso la stessa banca, «è possibile, anzi naturale, che si siano verificati dei disguidi e/o delle incomprensioni e/o delle imprecisioni nella gestione dei conti». Nella difesa scritta veniva, poi, evidenziato il «carattere prettamente formale (la sostanza, infatti, attiene alla corresponsione degli emolumenti ai vari tesserati)» della norma asseritamente violata e come la stessa fosse, comunque, divergente rispetto all’Accordo Collettivo in base al quale «la retribuzione viene erogata in contanti o assegni circolari presso la sede della società o presso il domicilio dell’allenatore». Di conseguenza, si tratterebbe, secondo i deferiti, di «una norma obiettivamente nuova/contrastante con altra, diversa e già consolidata», alla sua prima applicazione, che ben giustificherebbe l’istituto dell’errore scusabile. Innanzi alla Commissione Disciplinare compariva il rappresentante della Procura Federale, che insisteva per la dichiarazione di responsabilità individuata nei riguardi di entrambi i soggetti sottoposti a procedimento disciplinare, formulando richiesta di applicazione della sanzione dell’ammenda di euro € 7.000,00 a carico di ciascun deferito; compariva, altresì, il difensore dei soggetti deferiti che insisteva per l’accoglimento delle conclusioni già rassegnate e, dunque, per il proscioglimento dei deferiti o, in via subordinata, per l’applicazione della sanzione dell’ammonizione o, in ulteriore subordine, di quella ritenuta di giustizia. La Commissione Disciplinare Nazionale, ritenute sussistenti le violazioni ascritte al signor Pasini e, per esso, alla Feralpisalò S.r.l., «in ragione degli accertamenti effettuati dalla società di revisione Deloitte & Touche S.p.A.» e, pertanto, fondato il deferimento, rilevava come, ai sensi e per gli effetti di cui all’art. 2, comma 2, C.G.S., la novità delle norme federali non può essere invocata ai fini dell’applicazione dell’istituto dell’errore scusabile». Ritenuta, altresì, priva di pregio l’asserita discrasia tra quanto prescritto dalla disciplina federale violata e quanto, invece, disposto dall’Accordo Collettivo di Categoria relativo agli allenatori professionisti, «in quanto inconferente ai fini della violazione contestata», in punto quantificazione la Commissione Disciplinare Nazionale riteneva «equa e congrua l’applicazione di una sanzione pecuniaria commisurata in termini di adeguata proporzionalità», individuandola nell’ammenda di € 650,00 a carico di ciascuno dei soggetti deferiti. Avverso la suddetta decisione della Commissione Disciplinare Nazionale ha proposto ricorso il Procuratore Federale della F.I.G.C., articolando due specifici motivi di appello. Con il primo motivo di gravame, intestato «errata valutazione e/o applicazione delle disposizioni federali in materia di strumenti di pagamento degli emolumenti dovuti ai tesserati stabiliti dalla normativa federale», la Procura ritiene «del tutto irragionevole» e «priva di carattere afflittivo» la sanzione inflitta. Ricordata la lettera della disposizione violata, secondo cui gli «emolumenti devono essere corrisposti esclusivamente a mezzo bonifico bancario, utilizzando il conto corrente indicato dalla società al momento dell’iscrizione al campionato», la Procura evidenzia come si tratti di «previsione chiara, non suscettibile di interpretazione diversa da quella letterale, che ribadisce nell’ordinamento federale l’esigenza di assicurare la trasparenza e la tracciabilità dei pagamenti effettuati, attraverso l’obbligo imposto alle società di indicare il c.d. conto dedicato, quale requisito ai fini dell’ammissione al campionato professionistico di competenza e, di conseguenza, previsto quale unico mezzo di pagamento dalle disposizioni regolamentari in materia di pagamenti periodici ai propri tesserati». È erroneo, dunque, secondo la ricorrente, «commisurare la sanzione all’entità del pagamento effettuato con strumento diverso rispetto a quello imposto dal sistema federale», atteso che «la violazione disciplinare si identifica nella modalità di pagamento, cioè nel non aver utilizzato il conto indicato in sede di ammissione ai campionati, a prescindere dall’importo pagato in maniera difforme». Con il secondo motivo di gravame, intestato «contraddittorietà della decisione con riferimento alle valutazioni di congruità effettuate per altre fattispecie analoghe», il Procuratore Federale censura la decisione della Commissione Disciplinare Nazionale nella parte in cui, sotto il profilo della congruità della pena, non tiene conto che analoga fattispecie è stata definita con una sanzione di € 3.500,00, concordata tra le parti in applicazione degli artt. 23 e 24 C.G.S., quale effetto delle riduzioni operate sulla sanzione di partenza di € 7.000,00. Evidentemente, argomenta la Procura Federale, la Commissione Disciplinare Nazionale ha ritenuto congrua la sanzione base «richiesta per uniformità di comportamento in tutti i casi analoghi» e, quindi, la sanzione applicata nel caso di specie è incongrua rispetto a quelle irrogate in sede di definizione concordata del procedimento, «che dovrebbe avere un valore sostanzialmente premiante nel caso in cui i soggetti deferiti ammettano le proprie responsabilità chiedano di definire il procedimento in forma abbreviata», essendosi, invece, rivelata oggettivamente penalizzante. Conclude, dunque, la Procura Federale affinché l’adita Corte di Giustizia Federale, in parziale riforma della impugnata decisione, «voglia comminare a ciascun deferito la sanzione dell’ammenda di € 7.000,00, […] o, in subordine, quella ritenuta di giustizia […] in misura comunque superiore a quella già decisa in primo grado». I deferiti hanno presentato controdeduzioni, chiedendo, in considerazione del modesto importo della somma corrisposta con modalità differenti da quelle previste, della sussistenza dell’errore scusabile e del corretto utilizzo, da parte della Commissione Disciplinare Nazionale, dei propri poteri discrezionali e perequativi, il rigetto del ricorso e la integrale conferma della decisione ex adverso appellata. All’udienza dibattimentale, il rappresentante della ricorrente Procura Federale, ha insistito per l’accoglimento dell’appello, mentre la difesa dei soggetti deferiti ha chiesto respingersi il ricorso. Il ricorso non è fondato. La norma di cui all’art. 85, lett. c), punto IV°, N.O.I.F. così recita: «Le società devono documentare alla FIGC-Co.Vi.So.C., secondo le modalità e le procedure stabilite dalla FIGC, entro quarantacinque giorni dalla chiusura di ciascun trimestre, l’avvenuto pagamento di tutti gli emolumenti dovuti sino alla chiusura del predetto trimestre ai tesserati lavoratori dipendenti e collaboratori addetti al settore sportivo con contratti ratificati. I suddetti emolumenti devono essere corrisposti esclusivamente a mezzo bonifico bancario, utilizzando il conto corrente indicato dalla società esclusivamente sul conto corrente indicato dai tesserati, dai lavoratori dipendenti e dai collaboratori addetti al settore sportivo in sede di sottoscrizione del contratto». Pacifica la sussistenza della violazione imputata ai deferiti, comprovata dagli accertamenti effettuati dalla società di revisione incaricata dalla F.I.G.C. e correttamente non contestata dagli interessati. Sotto tale profilo deve, anzitutto, osservarsi come correttamente la Commissione Disciplinare Nazionale abbia ritenuto non configurabile l’ipotesi dell’errore scusabile, nuovamente, in questa sede, richiamata dai deferiti. Difatti, premesso che ai sensi dell’art. 2, comma 2, C.G.S., «l’ignoranza dello Statuto e delle norme federali non può essere invocata ad alcun effetto», occorre considerare che l’eventuale errore sul precetto non incide in alcun modo sull’an e sul tipo di responsabilità. Del resto, come affermato dalla Commissione, «non si comprenderebbe la ragione per cui in favore di tutti gli altri tesserati (è la stessa Feralpisalò che lo conferma in atti), tranne che del sig. Baronchelli, gli emolumenti siano stati corrisposti regolarmente anche con riferimento all’utilizzo del c.d. conto dedicato». Inconferemte, in tal ottica, il richiamo alla sentenza del Consiglio di Stato, sez. V, 15.2.2010, n. 808, secondo cui l’errore scusabile può essere riconosciuto in presenza di contrasti giurisprudenziali, difficoltà obiettive d’interpretazione delle leggi, situazioni fattuali complesse ed incerte, novità delle questioni: infatti, nel caso di specie non ricorre né l’ipotesi dell’incertezza interpretativa, né quella del contrasto giurisprudenziale, né quella della novità delle questioni, visto che semmai la novità è della norma che, comunque, introduce semplicemente una data modalità per effettuare i pagamenti degli emolumenti ai tesserati, dipendenti e collaboratori. Il legale rappresentante della società deferita, pertanto, deve essere chiamato a rispondere per aver realizzato, con piena coscienza e volontà dei suoi elementi costitutivi, il fatto tipico previsto dalla disposizione violata. Del resto, la colpevolezza è un rimprovero rivolto all’agente che dimostri, con la propria scelta d’azione (scelta che si poteva concretamente pretendere fosse diversa), indifferenza verso i valori tutelati dall’ordinamento federale o, quantomeno, un’insufficiente considerazione del bene tutelato dalla norma violata. Nella situazione considerata, dunque, l’asserito disguido verificatosi non sarebbe, comunque, utile ai fini della esclusione dell’affermazione di responsabilità. Dichiarata, dunque, la sussistenza della violazione e la correlata responsabilità dei soggetti deferiti, occorre affrontare il problema della determinazione della sanzione, considerato che, per la fattispecie, le N.O.I.F. non stabiliscono né la specie, né la misura. Infatti, l’art. 90 N.O.I.F. fissa la misura minima di sanzione esclusivamente con riferimento alla violazione, da parte delle società e dei loro dirigenti, dell’obbligo di trasmissione dei dati e documenti di cui agli artt. 80 e 85 delle medesime N.O.I.F., individuandola, per le società della Lega Italiana Calcio Professionistico, nell’ammenda non inferiore ad € 10.000,00. Ciò posto, è necessario rifarsi alle disposizioni che regolano, in via generale, i poteri disciplinari degli Organi della giustizia sportiva. A tal proposito, viene, anzitutto, in rilievo l’art. 16 C.G.S., a tenore del quale “gli organi della Giustizia Sportiva stabiliscono la specie e la misura delle sanzioni d isciplinari, tenendo conto della natura e della gravità dei fatti commessi e valutate le circostanze aggravanti e attenuanti, nonché l’eventuale recidiva». Orbene, questa Corte ritiene che, diversamente da quanto affermato dalla Procura federale, la Commissione Disciplinare Nazionale abbia fatto corretta applicazione del criterio direttivo di cui al prefato art. 16 C.G.S.. In tal ottica, se il suddetto invocato errore o disguido correlato all’asserita difficoltà di corretta applicazione della previsione federale, attesa la novità della stessa, non può essere, come detto, considerato alla strega di una scriminante, lo stesso può essere, invece, certamente valorizzato quale circostanza attenuante ai fini della graduazione della sanzione. Infatti, la chiarezza della lettera della norma, che indica quale unica modalità di pagamento quella effettuata a mezzo bonifico bancario, previo addebito del conto dedicato, esclusivamente sul conto corrente indicato dai tesserati, dai lavoratori e collaboratori e dunque la considerazione che la violazione disciplinare si identifica nel mancato utilizzato di siffatta modalità, non significa che, una volta accertata e dichiarata la correlata responsabilità, non si debba procedere alla commisurazione della sanzione in relazione al concreto caso di specie. Occorre, dunque, valutare il complesso degli elementi acquisiti agli atti, nel tentativo di commisurare la sanzione alla concreta gravità del fatto ed al suo effettivo disvalore. Si ritiene, infatti, debba essere questo il criterio-guida nella fase commisurativa, alla luce dei principi di stretta proporzionalità, adeguatezza retributiva ed efficacia in termini di prevenzione, sia essa generale o speciale, nella prospettiva, in particolare, della riduzione della frequenza ed intensità lesiva dei comportamenti non aderenti alle indicazioni dell’ordinamento federale. In tal ottica, come correttamente sostenuto dalla reclamante, si rivelerebbe inutile, inefficace e deresponsabilizzante una sanzione priva di effettivo carattere afflittivo e l’attribuzione di un corposo rilievo scusante all’errore sulla norma potrebbe suggerire nell’agente un preordinato, quanto pericoloso, disinteresse per la corretta applicazione della normativa che regola l’attività delle società affiliate alla F.I.G.C. Nel contempo, però, sarebbe strutturalmente inidonea una sanzione eccessiva rispetto al fatto ed alla sua gravità ed intensità lesiva, alla luce del contesto complessivo in cui si inserisce la condotta e tenuto conto delle ragioni della stessa. Insomma, il difficile compito di concreta determinazione del tipo e della misura della sanzione attribuito, nella fattispecie, agli organi di giustizia sportiva si connota per una tensione ideale verso l’individuazione della giusta strategia sanzionatoria da costruire in rapporto allo specifico fatto ed al rilievo degli elementi necessari per graduare la colpevolezza. In tale quadro di riferimento, è già stato evidenziato come l’esigenza sottesa alla disposizione violata sia essenzialmente quella di assicurare la trasparenza e la tracciabilità dei pagamenti effettuati ai propri tesserati e dipendenti. Orbene, sotto tale profilo, è possibile osservare come la suddetta esigenza sia rimasta soddisfatta in rapporto alla totalità dei pagamenti (di emolumenti) effettuati dalla società Feralpisalò ai propri tesserati, ad eccezione, appunto, di quello (unico) effettuato a favore del tesserato Giuseppe Baronchelli, per il periodo di riferimento agosto – settembre 2010, peraltro con modalità tali (tramite bonifico bancario, anche se su conto corrente non dedicato) da salvaguardare, almeno in parte, le ragioni di trasparenza e tracciabilità dei flussi finanziario-contabili. In altri termini, avuto riguardo alla circostanza che la norma è stata violata in relazione ad un solo pagamento, tenuto conto dell’importo (€ 1.295,00) di cui trattasi, relativamente modesto se rapportato al complesso dei pagamenti effettuati ai propri tesserati e dipendenti, considerato che le modalità di pagamento osservate hanno, comunque, in qualche modo, favorito la relativa tracciabilità, ritenuto, pertanto, come possa escludersi, nel caso di specie, un evidente atteggiamento, in capo all’agente, di voluta contrapposizione all’ordinamento federale, può concludersi nel senso della congruità della sanzione (€ 650,00) irrogata in prime cure. In questa prospettiva appaiono, peraltro, irrilevanti, ai fini della decisione del presente giudizio, le argomentazioni addotte con il secondo motivo di gravame, volte ad illustrare la contraddittorietà della decisione impugnata con riferimento alle sanzioni irrogate in altre analoghe fattispecie. Sotto tale profilo, è evidente che il pur legittimo e corretto richiamo ad esigenze di uniformità di comportamento in tutti i casi analoghi, non può tradursi nell’individuazione della specie e misura della sanzione per il tramite della comparazione con altri (asseriti) analoghi procedimenti. A prescindere dalla considerazione che non sono stati offerti idonei e puntuali dati oggettivi onde eventualmente poter pervenire ad un giudizio di identità delle condotte e di gravità dei fatti dedotti negli altri “analoghi” procedimenti, rimane comunque ferma la necessità di stabilire la sanzione da applicare con riferimento al solo concreto contesto di riferimento, oggetto del presente procedimento, essendo precluse, ai fini di cui trattasi, valutazioni comparative con -altre pur simili o analoghe- fattispecie. Peraltro, la configurazione di una eventuale disparità di trattamento, come detto, presupporrebbe un rapporto di chiara ed accertata coincidenza tra la condotta dedotta in giudizio e quella richiamata come parametro di riferimento e paragone, laddove, invece, dai generici elementi di cui qui si dispone, sembra potersi desumere una non perfetta sovrapponibilità delle stesse. Del resto, quella di concordare la sanzione, ai sensi e nei limiti di quanto previsto e consentito dall’art. 23 C.G.S., è una libera scelta, peraltro irretrattabile, delle parti, delle quali non può certo dolersi la Procura Federale. Per questi motivi la C.G.F. respinge il ricorso come sopra proposto dal Procuratore Federale.
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