CONI – Tribunale Nazionale di Arbitrato – Decisione pubblicata sul sito web: www.coni.it Lodo Arbitrale del 12 dicembre 2011 promosso da: Sig. Vincenzo Sommese / Federazione Italiana Giuoco Calcio

CONI – Tribunale Nazionale di Arbitrato – Decisione pubblicata sul sito web: www.coni.it Lodo Arbitrale del 12 dicembre 2011 promosso da: Sig. Vincenzo Sommese / Federazione Italiana Giuoco Calcio IL COLLEGIO ARBITRALE Avv. Aurelio Vessichelli – Presidente Avv. Carlo Guglielmo Izzo – Arbitro Pres. Armando Pozzi - Arbitro nominato ai sensi del Codice dei Giudizi innanzi al Tribunale Nazionale di Arbitrato per lo Sport e Disciplina per gli Arbitri (“Codice”), nel procedimento Prot. n.2161 del 16 Settembre 2011 promosso da: Sig. Vincenzo Sommese, rappresentato e difeso dall’Avv. Enrico Calabrese presso lo studio del quale è elettivamente domiciliato in Torino, Via Magenta n.12 bis/d giusta procura in atti - istante - Contro Federazione Italiana Giuoco Calcio, P.IVA 01357871001-cod.fisc.: 05114040586, con sede in Roma alla Via Gregorio Allegri n.14, in persona del Presidente Dott.Giancarlo Abete, rappresentata e difesa dagli Avv.ti Luigi Medugno e Letizia Mazzarelli, ed elettivamente domiciliata presso il loro studio in Roma, Via Panama n.58 - intimata - FATTO E SVOLGIMENTO DEL PROCEDIMENTO Con provvedimento prot. n. 603/1615pf10 – 11/SP/blp del 25.7.2011 il Procuratore Federale FIGC deferiva alla Commissione Disciplinare Nazionale il Sig. Vincenzo Sommese, tesserato per la Società Ascoli Calcio 1898 per violazione degli articoli 1 , 6, 7 e 9 del Codice di Giustizia Sportiva ( CGS ), per essersi associato con altri tesserati al fine di commettere una pluralità di illeciti disciplinari fra i quali illeciti sportivi e l’effettuazione di scommesse illecite . Il deferimento del Sommese si inquadra nel citato complesso provvedimento del Procuratore Federale riguardante anche un consistente numero di altri tesserati della FIGC e di soggetti appartenenti all’ordinamento federale per essersi associati al fine di commettere più reati di frode in manifestazioni sportiva , di effettuare scommesse e di concorrere nel compimento di atti finalizzati al conseguimento di risultati diversi da quelli conseguenti allo svolgimento corretto e leale di numerose partite di calcio; detto provvedimento della Procura Federale derivava dall’acquisizione degli atti del procedimento penale pendente presso il Tribunale di Cremona, nonché dalle indagini disciplinari autonomamente espletate, riguardante numerosi soggetti operanti sul territorio nazionale ed internazionale, con finalità di condizionare i risultati di partite di calcio dei campionati organizzati dalle Leghe professionistiche e dilettantistiche per conseguire indebiti vantaggi economici, anche mediante scommesse sui risultati che si intendeva alterare delle partite medesime. La Commissione Disciplinare Nazionale, con decisione del 9.8.2011 (Com.Uff.13/CDN) irrogava a carico del tesserato Vincenzo Sommese la sanzione della squalifica per anni cinque con preclusione alla permanenza in qualsiasi rango o categoria della FIGC. Contro tale decisione ricorreva il Sommese avanti la Corte di Giustizia Federale. La Corte di Giustizia Federale, a Sezioni Unite, con decisione di cui al C.U. n.30/CGF del 19.8.2011 respingeva l’impugnativa e confermava quanto deliberato dalla Commissione Disciplinare Nazionale. Con atto depositato in data 16.9.2011 prot. n.2161 gli istanti proponevano istanza di arbitrato, ex artt. 9 e ss. del Codice, dinanzi al Tribunale Nazionale di Arbitrato per lo Sport; l’Avv. Carlo Guglielmo Izzo veniva nominato quale Arbitro della parte istante; il Pres. Armando Pozzi quale Arbitro della parte intimata ; tanto il primo quanto il secondo formulavano l’accettazione di cui all’art. 6, comma 5, del Codice; successivamente, veniva designato, di comune accordo tra gli Arbitri, quale Presidente del Collegio Arbitrale, l’ Avv. Aurelio Vessichelli che formulava l’accettazione ex art. 6, comma 5, del Codice. Pertanto, il Collegio Arbitrale risultava così composto: Avv. Aurelio Vessichelli (Presidente del Collegio Arbitrale), Avv. Carlo Guglielmo Izzo (Arbitro), Pres. Armando Pozzi (Arbitro). Successivamente, veniva fissata la prima udienza per il giorno 19 ottobre 2011 presso la sede dell’arbitrato. In sintesi, il Sommese contesta il mancato accoglimento da parte della Corte di Giustizia Federale dell’eccezione di nullità della decisione di primo grado per omessa astensione dei componenti della Commissione Disciplinare in seguito a precedente pronuncia ai sensi degli articoli 23 e 2 4 CGS L’istante lamenta, altresì, un non consentito utilizzo della prova logica nei suoi confronti riguardo all’attribuzione delle responsabilità disciplinari ascrittegli nonché un vizio della motivazione per apoditticità della stessa ed ancora la mancanza di motivazione in ordine alla partecipazione del Sommese all’associazione ex art. 9 CGS.. L’istante Vincenzo Sommese rassegnava in atti le seguenti CONCLUSIONI a) – annullare la decisione della Corte di Giustizia Federale - F.I.G.C. di cui al C.U./n.30/CGF del 19.8.2011 e al C.U. n.47/CGF del 22.9.2011 e prosciogliere il tesserato Sommese da tutte le incolpazioni mossegli; b) – in via subordinata. In parziale riforma dell’appellata decisione , ridurre nella misura che sarà ritenuta equa la sanzione inflitta e comunque con esclusione della sanzione della preclusione. Si costituiva in giudizio la Federazione Italiana Giuoco Calcio contestando la domanda e chiedendone il rigetto. All'udienza di comparizione delle parti del 19 ottobre 2011 veniva espletato il rituale tentativo di conciliazione che dava esito negativo. Il Collegio concedeva termine alle parti per il deposito di memorie autorizzate e all’udienza del 14.11.2011, dopo la discussione, si riservava la decisione. MOTIVI La domanda è rivolta a contestare l’esistenza, nella specie, dei presupposti per potersi configurare un’ipotesi di responsabilità per i fatti ascritti all’istante Vincenzo Sommese. Il primo motivo , riguardante il mancato accoglimento dell’eccezione di nullità della decisione di primo grado per omessa astensione dei componenti della Commissione Disciplinare è, a parere del Collegio, privo di consistenza perché , come rilevato dalla Corte di Giustizia federale , si basa sul presupposto, erroneo, dell’applicabilità al procedimento in esame di tutti i principi che regolano il giudizio penale. Il Codice di Giustizia Sportiva non dispone alcun obbligo di astensione per l’ipotesi in cui l’organo di giustizia si sia pronunciato in sede predibattimentale su posizione di altro deferito ( in questo caso il tesserato dell’ Ascoli Calcio , Vittorio Micolucci) . Nella fattispecie l’applicazione della sanzione al predetto tesserato Micolucci non e’ effetto di un accertamento di responsabilità da parte dell’organo di giustizia ma di un accordo fra le parti del processo. La medesima applicazione di sanzione al Micolucci risulta nella fattispecie disposta ai sensi dell’art. 23 del CGS , norma che non prevede alcuna pronuncia dell’organo giudicante sulla qualificazione dei fatti . L’art.24 del CGS risulta richiamato dalla difesa della parte richiedente Micolucci solo per invocare il potere di riduzione della sanzione da parte degli organi giudicanti ma nel caso in esame non è stato dato corso ad alcun accertamento del fatto o del grado di responsabilità che possa legittimamente esigere l’astensione del giudice . Riguardo alle altre doglianze mosse nell’istanza di arbitrato dal Sommese, il Collegio reputa preliminarmente utile rilevare la convinta condivisione nella presente sede di deduzioni fatte proprie dal Tribunale Nazionale di Arbitrato dello Sport nella recente decisione sul ricorso della società Ascoli Calcio 1898 - presso la quale oltretutto è tesserato l’odierno istante - , deduzioni che appresso, in parte, il Collegio intende ribadire e far proprie. Per quel che riguarda ciò che a carico del Sommese risulta , per la giustizia sportiva , derivato dal procedimento penale pendente presso il Tribunale di Cremona , va sottolineato che i rapporti tra ordinamento sportivo nazionale ed ordinamento statale sono improntati ai principi di specialità ed autonomia del primo, quale “articolazione dell'ordinamento sportivo internazionale facente capo al Comitato Olimpico Internazionale”; principi mitigati da quello di connessione, in base al quale sono fatti “salvi i casi di rilevanza per l'ordinamento giuridico della Repubblica di situazioni giuridiche soggettive connesse con l'ordinamento sportivo”: art. 1, D.L. 19.8.2003 n.220, convertito dalla legge 17 ottobre 2003 n.280. Il ricordato principio di specialità ed autonomia, oltre ad essere esplicitato in numerose disposizioni dell’ordinamento statale, come, ad esempio, quelle sul rapporto di lavoro tra società ed atleti, di cui all’articolo 3 delle norme in materia di rapporti tra società e sportivi professionisti emanate con la legge 23.3.1981, n.91, trova esplicita conferma nel C.G.S., ed anche all’interno dell’ordinamento sportivo. L’articolo 1 del Codice della Giustizia Sportiva, infatti, dispone che tutti i soggetti svolgenti attività di carattere agonistico, tecnico, organizzativo, decisionale o comunque rilevante per l’ordinamento federale, sono tenuti all’osservanza delle norme e degli atti federali, nel rispetto dei principi di lealtà, correttezza e probità in ogni rapporto comunque riferibile all’attività sportiva. La necessità dell’osservanza delle norme dello stesso Codice e di quelle statutarie e federali viene estesa anche ai soci e non soci cui sia riconducibile, direttamente od indirettamente, il controllo delle società stesse, nonché a coloro che svolgono qualsiasi attività all’interno o nell’interesse di una società o comunque rilevante per l’ordinamento federale. Il problema dei rapporti tra ordinamento sportivo e quello statale si è posto all’attenzione della Giustizia arbitrale con specifico riferimento alle norme penali. Sul punto il TNAS ha, in più occasioni, chiarito che il principio di reciproca autonomia degli ordinamenti statale e sportivo – già affermata, seppure con specifico riferimento al reato speciale di frode in competizione sportiva, dalla legge 13.12.1989, n.401 – comporta la non vincolatività, per gli organi della Giustizia sportiva, delle regole di garanzia tipiche del processo penale e, quindi, ad esempio, la non applicabilità della disposizione di cui all’art.526 c.p.p., in materia di formazione ed uso delle prove, a tenore del quale “il giudice non può utilizzare ai fini della deliberazione prove diverse da quelle legittimamente acquisite nel dibattimento” (cfr. lodo A. Moggi del 3.2.2010 prot.0865 del 5.5.2009). Come più volte affermato anche dalla giurisprudenza amministrativa, le regole della formazione e della rilevanza dei mezzi di prova tipiche del processo penale, ove entrano in gioco gli interessi fondamentali di rango costituzionale connessi alla persona umana, non trovano immediata e diretta applicazione ai procedimenti amministrativi in genere e sportivi in specie. A tale ultimo riguardo deve convenirsi con l’affermazione, di origine giurisprudenziale, secondo cui le decisioni degli organi di giustizia sportiva sono l'epilogo di procedimenti amministrativi (seppure in forma giustiziale), e non già giurisdizionali, sì che non possono ritenersi presidiati dalle medesime rigide garanzie del processo (T.A.R. Lazio - Roma, sez. III, 21 giugno 2007, n.5645; id., 8 giugno 2007, n. 5280). In particolare, alla "giustizia sportiva", oltre che le regole sue proprie, previste dalla normativa federale, si applicano, per analogia, quelle dell'istruttoria procedimentale amministrativa, ove vengono acquisiti fatti semplici e complessi, che possono anche investire la sfera giuridica di soggetti terzi, con conseguente inapplicabilità delle regole processuali di formazione in contraddittorio della prova, esclusive e tipiche specialmente del processo penale. Ancor più in dettaglio – e per quel che qui interessa - le intercettazioni telefoniche (come quelle che hanno riguardato Vincenzo Sommese ) raccolte nel processo penale sono utilizzabili in sede di procedimento disciplinare a carico di soggetti appartenenti all'ordinamento sportivo: l'eventuale inutilizzabilità di dette intercettazioni nell’ambito processuale penale non può spiegare effetti oltre tale ambito, in conformità al principio di libera utilizzazione degli elementi di prova acquisiti in procedimenti diversi, che opera in assenza di un principio di tipicità degli stessi mezzi di prova (cfr. T.A.R. Lazio, Roma, sez. III, 19 marzo 2008, n.2472, che a sua volta richiama T.A.R. Lazio, n. 5645/2007, cit., e T.A.R. Bari, sez. I, 19 aprile 2001 n.1199). Né, con ciò, possono ritenersi violati i principi di civiltà giuridica attinenti al diritto di difesa, tra i quali, anzitutto, quello del contraddittorio, per come configurato dall’ordinamento processuale. Al riguardo, vale ricordare che, pur valorizzando sempre più, sul piano teleologico ed applicativo, la disciplina contenuta nella legge generale sul procedimento amministrativo n.241/1990, la giurisprudenza costantemente afferma che contraddittorio e partecipazione sono soddisfatti allorché la parte interessata sia adeguatamente informata della natura e dell'effettivo avvio del procedimento, nonché del contenuto degli atti dello stesso e sia posta in condizione di fornire gli apporti ritenuti utili in chiave istruttoria e logicoargomentativa, senza necessità di assicurare quel contraddittorio continuo ed integrale tipico del processo penale (cfr. Consiglio di Stato, sez. VI, 26 gennaio 2006, n. 220; id., 30/6/2003, n. 3925). Nella specie deve essere, quindi, condivisa l’autorevole opinione secondo cui i principi e le regole di formazione della prova penale non sono esportabili in altri ordinamenti processuali in quanto essi sono volti a soddisfare finalità tutte interne all'attività di indagine sui comportamenti criminosi costituenti reato ; finalità specifiche dell’ordinamento penale, che non sono comparabili con interessi esterni che possano in qualsiasi modo essere avvantaggiati o pregiudicati dalla inapplicabilità di quelle regole specifiche che non si prestino ad essere estese ad ipotesi del tutto estranee alla loro "ratio" (Corte cost., 29 maggio 2002, n.223, con riguardo alla inapplicabilità dell’art. 117 c.p.p. al processo amministrativo). D’altra parte ed ancor più in generale, deve essere rammentato, che nel nostro ordinamento non vige un principio di necessaria uniformità di regole processuali tra i diversi tipi di processo, sicché i diversi sistemi processuali ben possono differenziarsi sulla base di una scelta razionale del legislatore, derivante dal tipo di configurazione del processo e delle situazioni sostanziali dedotte in giudizio, anche in relazione all'epoca della disciplina ed alle tradizioni storiche di ciascun procedimento (fra le tante, Corte Cost., 21 gennaio 2000, n. 18). Le ipotesi di inutilizzabilità delle intercettazioni, a norma dell'art. 271 c.p.p., comma 1, in quanto correlate a regole poste a garanzia della segretezza e della libertà delle comunicazioni, costituzionalmente presidiata (v. Corte Costituzionale 19.7.2000, n. 304; Cass. Pen. n. 29688/2007), sono dunque di strettissima interpretazione e non rilevano nel procedimento innanzi agli organi della giustizia sportiva. Il Collegio ritiene pertanto di disattendere la tesi della difesa del Sommese , ribadita con abile prospettazione in atti, secondo la quale una sanzione quale quella in particolare della preclusione costituirebbe un “ rischio giuridico “ inaccettabile , perché misura sanzionatoria irrogata avendo come unico fondamento il provvedimento cautelare degli arresti domiciliari a carico dell’odierno istante. Appare altresì necessario ricordare che il principio di autonomia è stato chiaramente affermato anche tra processi penali cautelari e processo di cognizione. La stessa Corte di Cassazione ribadisce, infatti, che “costituisce principio consolidato e pacifico quello per cui la prova nel procedimento di prevenzione è autonoma e non deve rispecchiare i principi e le regole probatorie propri del processo penale di cognizione, potendo trattarsi, stante la peculiarità di tale tipo di procedimento, sia sul piano sostanziale che su quello processuale (v. sentenza della Corte Costituzionale n. 321 del 2004), anche di elementi meramente investigativi. Il giudice della prevenzione può quindi ritenere fondata la prova anche sulla base degli elementi emersi nell'ambito di un procedimento penale poi definito, in ipotesi, con il proscioglimento dell'imputato, poichè la diversità della struttura dei due procedimenti, in punto di prova, può comportare una diversa valutazione degli stessi elementi in sede di giudizio di prevenzione, essendo in particolare il giudice della prevenzione autorizzato a servirsi di elementi di prova tratti da procedimenti penali, anche se non ancora definiti”. Conseguentemente, ad esempio, le intercettazioni disposte in altro procedimento penale in corso possono essere acquisite da altro giudice in distinto processo, salvo il caso – qui non sollevato e perciò inesistente – della inutilizzabilità delle intercettazioni, a norma dell’art.271 c.p.p. (Cassazione penale, sez.I, 15 giugno 2007, n.29688). Quindi, a maggior ragione la regola vale per i procedimenti e processi appartenenti ad ordinamenti separati ed autonomi, come quello sportivo. Il principio di autonomia è funzionale, per converso, a dare rilievo, a fini repressivi e sanzionatori, a fatti e comportamenti che, considerati nell’ambito dell’ordinamento generale, non solo non suscitano allarme sociale, ma addirittura sono espressamente consentiti e regolamentati. E’ questo il caso - qui all’esame - delle scommesse, che l’articolo 6 CGS vieta tassativamente a tutti gli appartenenti all’ordinamento sportivo in ogni possibile forma: diretta, indiretta, singola, associata, attiva, passiva. Ciò, all’evidente fine di assicurare la bontà, genuinità e veridicità dei risultati agonistici e, in definitiva, per garantire quei valori, tipici dell’ordinamento sportivo, quali la lealtà e la correttezza, ovvero ad esso addirittura esclusivamente peculiari, quale la probità, i quali, a loro volta, sono espressione di un valore fondante dell’ordinamento sportivo, temporalmente e geograficamente universale, che è quella dell’onore. E questo vale evidentemente al di là ed a prescindere dal carattere agonistico (in senso stretto) dell’attività svolta dal Sommese ed, a maggior ragione, dalla partecipazione diretta dello stesso all’evento agonistico sul quale egli aveva scommesso. Non si dimentichi, infatti, come l’illecito sportivo, ai sensi dell’art. 7, comma 1 del C.G.S., rappresentA una violazione a consumazione anticipata ( reato di pericolo nell’ordinamento penale ) , per la quale è sufficiente che l’agente tenti di alterare il risultato o lo svolgimento di una gara, anche (come nel caso dell’odierno istante) senza necessità che lo stesso scenda effettivamente in campo, ben potendosi egli adoperare a tal fine (come in concreto accaduto) quale istigatore e/o, comunque, intermediario verso propri compagni di squadra e/od altri tesserati in genere. Il Collegio ritiene insussistente il vizio di insufficienza e carenza di motivazione del provvedimento impugnato per presunta apoditticità, come infondatamente prospettato dalla difesa del Sommese. La motivazione della Corte di Giustizia federale si basa su elementi di fatto ed anche su deduzioni logiche alle quali legittimamente ed in modo congruo si fa riferimento perché gli uni sostengono le altre e viceversa. E’ erroneo ed ingiusto lamentare, come fa la parte istante, che la motivazione che porta all’affermazione di responsabilità disciplinare del giocatore in questione si basi su un uso improprio della prova logica. Gli elementi probatori fattuali a carico del Sommese risultano congruamente e non illogicamente valutati come gravi, precisi e concordanti, come tali idonei per affermare la responsabilità dello stesso tesserato nelle violazioni disciplinari ascrittegli, chiaramente emergentidal contenuto delle intercettazioni telefoniche , dalle deposizioni del teste – indagato – pentito Vittorio Micolucci , dalle risultanze dei verbali del G.I.P. del Tribunale di Cremona. Il Collegio ritiene altresì insussistente il lamentato vizio della motivazione della decisione dei giudici endofederali per quanto riguarda il coinvolgimento del Sommese nell’associazione di cui all’art. 9 CGS. Ritiene il Collegio che la partecipazione all’associazione risulta ampiamente comprovata dalle esplicite dichiarazioni rese da tesserati sentiti nel corso delle indagini penali e dinanzi al Procuratore federale nonché dal contenuto delle intercettazioni telefoniche. Immune da vizi logico – giuridici è , ad avviso del Collegio, anche il punto della motivazione in cui i Giudici della Corte federale hanno rilevato che dai suddetti elementi emerge senza dubbio che il Sommese tenesse regolari e continui rapporti con il Pirani, uno dei principali organizzatori dell’associazione mirante ad alterare il risultato delle gare allo scopo di ottenere vincite con le scommesse illecitamente effettuate, nonché con l’altro tesserato compartecipe Tuccella.Sull’entità della sanzione irrogata al Sommese , rileva il Collegio che l’art. 19 comma 3 del CGS dispone che la sanzione prevista dalla lett. h) ( del comma 1 del medesimo articolo ) vale a dire l’inibizione a svolgere ogni attività in seno alla FIGC, non può superare la durata di cinque anni e che gli Organi di giustizia sportiva che applichino la predetta sanzione nel massimo edittale possono disporre altresì la preclusione alla permanenza in qualsiasi rango o categoria della FIGC qualora valutino l’infrazione commessa di particolare gravità. La norma richiede che gli Organi di giustizia sportiva operino legittimamente una valutazione di gravità particolare della violazione commessa e che detta valutazione non risulti manifestamente illogica. Preso atto delle risultanze istruttorie, il Collegio ritiene di esprimere un convinto giudizio di non illogicità della valutazione di gravità particolare delle infrazioni commesse dal Sommese, il quale risulta aver violato ripetutamente i doveri di lealtà, correttezza e probità propri di uno sportivo tesserato con anni di anzianità. Il tesserato Vincenzo Sommese, anziché tenere un comportamento esemplare che costituisca un modello positivo per i più giovani, dimostra di ignorare dolosamente e gravemente le più elementari ma fondamentali regole e valori dello sport, inteso quale attività socio – culturale a carattere collettivo che arricchisce la società a condizione di essere praticato a tutti i livelli nel rigoroso rispetto dei valori di lealtà correttezza e probità di cui si è già detto . Da ciò deriva la necessità di applicare sanzioni appropriate contro ogni comportamento sleale che violi tra l’altro il divieto di alterazione del risultato sportivo vale a dire il divieto di compiere con qualsivoglia mezzo atti diretti ad alterare artificiosamente lo svolgimento od il risultato di una competizione sportiva ( così anche dispone il Codice europeo di etica sportiva adottato a Rodi nel maggio del 1992 ). L’istanza del Sig. Sommese va pertanto integralmente rigettata.Le spese di lite e quelle di funzionamento del Collegio arbitrale seguono la soccombenza e vengono liquidate, rispettivamente , in complessive € 3.000,00 (tremila/00) oltre IVA e CAP come per legge ed in € 6.000,00 (seimila/00) oltre accessori di legge, con il vincolo della solidarietà. P.Q.M. Il Collegio Arbitrale, definitivamente pronunciando, nel contraddittorio delle parti, disattesa ogni altra istanza, deduzione ed eccezione, così provvede: a) Rigetta integralmente l’istanza di arbitrato del Sig. Vincenzo Sommese. b) Pone a carico della parte istante il pagamento delle spese del giudizio in favore della Federazione Italiana Giuoco Calcio, liquidate come in parte motiva. c) Pone a carico della parte istante il pagamento degli onorari del Collegio Arbitrale, liquidati come in parte motiva, col vincolo della solidarietà. d) Pone a carico dell’istante il pagamento dei diritti amministrativi per il T.N.A.S. e) Dichiara incamerati dal T.N.A.S. i diritti amministrativi versati dalle parti. f) Così deliberato all’unanimità in data 12.12.2011 e sottoscritto in numero di tre originali nei luoghi e nelle date di seguito indicati. F.to Aurelio Vessichelli – Presidente F.to Carlo Guglielmo Izzo – Arbitro F.to Armando Pozzi - Arbitro
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