F.I.G.C. – Commissione d’Appello Federale – CAF – 2006-2007 – Decisione pubblicata sul sito web: www.figc.it e sul Comunicato ufficiale FIGC n. 12/C del 21/09/06 1. APPELLO DELL’U.S. GROSSETO F.C. S.R.L. AVVERSO LE SANZIONI INFLITTE DELL’AMMENDA DI € 40.000,00 ALLA SOCIETÀ E DELLA SQUALIFICA PER MESI 2, A PARTIRE DAL 7.7.2006, AL CALCIATORE AGOSTINI PAOLO, A SEGUITO DEFERIMENTO DEL COLLEGIO ARBITRALE PRESSO LA LEGA PROFESSIONISTI SERIE C (Delibera della Commissione Disciplinare presso la Lega Professionisti Serie C – Com. Uff. n. 396/C del 12.7.2006)

F.I.G.C. – Commissione d’Appello Federale – CAF – 2006-2007 – Decisione pubblicata sul sito web: www.figc.it e sul Comunicato ufficiale FIGC n. 12/C del 21/09/06 1. APPELLO DELL’U.S. GROSSETO F.C. S.R.L. AVVERSO LE SANZIONI INFLITTE DELL’AMMENDA DI € 40.000,00 ALLA SOCIETÀ E DELLA SQUALIFICA PER MESI 2, A PARTIRE DAL 7.7.2006, AL CALCIATORE AGOSTINI PAOLO, A SEGUITO DEFERIMENTO DEL COLLEGIO ARBITRALE PRESSO LA LEGA PROFESSIONISTI SERIE C (Delibera della Commissione Disciplinare presso la Lega Professionisti Serie C – Com. Uff. n. 396/C del 12.7.2006) A seguito di deferimento del Collegio Arbitrale presso la Lega Professionisti Serie C disposto con deliberazione del 12.5.2005, a Paolo Agostini, calciatore all’epoca dei fatti per la società Grosseto, ed alla stessa società U.S. Grosseto F.C. S.r.l. venivano rispettivamente inflitte dalla Commissione Disciplinare presso la Lega Professionisti di Serie C la squalifica di due mesi e l’ammenda di € 40.000,00. L’organo di giustizia sportiva, prosciogliendo la U.S. Grosseto dalla violazione dell’art. 27.4 dello Statuto Federali, aveva ritenuto quest’ultima società e l’Agostini colpevoli della violazione dell’art. 7 comma 4 C.G.S. in relazione all’art. 94, comma 1 NO.I.F. per aver pattuito compensi extra-contratto pari ad € 20.000,00 rispetto a quelli formalmente fra loro convenuti nell’atto del 9.7.2005. Più precisamente l’incolpazione di cui agli artt. 7.4 e 13 C.G.S. ha riguardato la pattuizioni di compensi extracontratto per la stagione 2005/2006 tra la U.S. Grosseto ed il calciatore Paolo Agostini in relazione all’avvenuta consegna dalla prima al secondo di un assegno di c/c di € 20.000,00 postdatato al 30.6.2006. A differenza del calciatore che ha spiegato l’assegno come un integrazione in “nero” del minor importo formalmente indicato nel contratto, la società sportiva ha asserito che il titolo garantiva soltanto il pagamento per le prestazioni del calciatore. La U.S. Grosseto ha impugnato con reclamo alla C.A.F. redetta decisione della Commissione Disciplinare presso la Lega Professionisti di Serie C tale deducendo: - che erroneamente la Commissione di I° grado aveva fondato il suo convincimento sulle asserzioni dell’Agostini espressione di una mera strategia difensiva tesa a riscuotere due volte le mensilità garantite, nonostante che egli nell’intera stagione non aveva mai reso, per malattia, la propria prestazione sportiva a favore della società al punto che il relativo contratto era stato fatto oggetto di ricorso del 7.3.2006 per risoluzione ex art. 19 dell’Accordo collettivo; - che era stata la conoscenza di tale malattia ad indurre le parti ad una riduzione del compenso originariamente previsto onde non esisteva prova alcuna di un’illecita pattuizione extracontrattuale. La società sportiva ha concluso chiedendo l’annullamento della decisione impugnata, il proscioglimento della società o, in subordine, la riduzione dell’ammenda ad € 1.000,00 costituiscono le conclusioni articolate dalla reclamante. In esito alla riunione del 20.9.2007, la C.A.F., esaminati gli atti, ritiene che il ricorso non meriti accoglimento. Non è esatto che la Commissione disciplinare abbia erroneamente fondato la sua decisione sulle sole dichiarazioni confessorie del signor Agostini in ogni caso che non assurgono a prova “legale” nei confronti di nessuna delle parti. In punto di diritto, si osserva l’inconferenza del richiamo da parte della ricorrente alla giurisprudenza civilistica di legittimità: il procedimento disciplinare sportivo è retto da norme proprie e, stante la sua natura sanzionatoria, non è al codice di procedura civile, ma a quello di procedura penale che può, entro certi limiti, farsi riferimento in via di interpretazione e di analogia. Inoltre, il regime probatorio dell’illecito sportivo è improntato a libertà ed elasticità tanto è vero che il relativo tema trova disciplina nell’art. 31 C.G.S. (intitolato “ Mezzi di prova e formalità procedurali”); disposizione la quale si limita ad indicare in quali casi taluni “atti” siano dotati di fede privilegiata ed i limiti di utilizzazione probatoria delle riprese televisive o di altri filmati. La “confessione” resta, di conseguenza, liberamente apprezzabile sia per quanto concerne il soggetto che la rende sia per quanto concerne i suoi contenuti e quando coinvolge nell’addebito disciplinare – come nella specie - altri soggetti essa assume il valore di un atto di accusa analogicamente inquadrabile nel ben noto istituto penalistico della “chiamata in correità”. Come ogni “chiamata in correità”, quindi, anche quella desumibile dalle dichiarazioni del sig. Agostini nei confronti dell’U.S. Grosseto impone un vaglio rigoroso ed attento, cui, nella fattispecie, la Commissione non è venuta meno avendo prestato credito – con considerazioni immuni da vizi logici - alle dichiarazioni del giocatore in quanto avallate da convincenti, concreti elementi di riscontro. La Commissione ha rilevato infatti, che l’importo dell’assegno bancario postdato corrispondeva esattamente all’importo netto dovuto alla differenza fra i due contratti. La somma netta di € 52.500,00 del contratto 14.1.20058 (che prevedeva un importo lordo di € 89.000,) uguagliava infatti quella di € 32.500,00 del contratto 9.7.2005 (che indicava un importo al lordo di € 51.963,00) ad essa sommando l’importo di € 20.000,00 dell’assegno postdatato al 30.6.2006. Diversamente, non si comprende perché la U.S. Grosseto con l’assegno in questione avrebbe effettuato un pagamento anticipato fino ad una parte del mese di febbraio 2006 senza, peraltro, munirsi almeno di una ricevuta. Del pari inspiegabile risulterebbe la postadatazione del titolo al 30.6.2006 se esso avesse dovuto costituire mezzo di pagamento degli stipendi del calciatore mano a mano che essi maturavano. Ancor meno credibile è quella parte del ricorso laddove si assume che, tramite l’assegno, le parti avrebbero inteso rispettivamente garantirsi la pattuizione di un minore e dilazionato esborso contrattuale (il Grosseto) e la sicurezza di un provento sicuro (l’Agostini) anche a fronte del rischio di un’azione di risoluzione contrattuale per impedimento a svolgere la prestazione sportiva dedotta in contratto. E’ fin troppo noto che un assegno, ancorché postdatato, è suscettibile di legittima ed immediata presentazione in banca per cui tutt’altro che cautelare si rivelerebbe la condotta della società se fosse stata davvero finalizzata a quanto asserito. Per non dire poi che tanta prudenza asserita dalla società non si spiega con il mancato preteso rilascio da parte dell’Agostini di una quietanza esplicativa della causale sottostante alla dazione dell’assegno. Prive di rilievo appaiono, infine, sia la circostanza che l’assegno sia stato tratto su un conto acceso proprio dalla società potendo quest’ultima aver confidato che l’illecito accordo con l’Agostini rimanesse occulto, sia la richiesta inoltrata al Presidente federale per ottenere la deroga al vincolo di giustizia, dal momento che essa rappresentava un adempimento necessario per cercare di fermare la negoziazione dell’assegno – intento che la società ha perseguito attraverso tutti i mezzi giudici - una volta riconosciuta l’incompetenza del Collegio arbitrale ad assumere provvedimenti inibitori. Del resto, a ben riflettere, i termini della richiesta non comportavano rischi per la U.S. Grosseto in quanto non si ammettevano in essa i fatti così come sono stati accertati in sede di giustizia sportiva, ma si forniva la stessa inattendibile spiegazione ancora riproposta in questa sede. L’illecito, ad avviso della C.A.F., ha trovato giusta e commisurata sanzione nella condanna della società al pagamento di € 40.000,00 di ammenda; ammontare che appare conforme alla gravità del fatto ed alla pertinacia con cui la reclamante, nonostante la palesa evidenza dell’accaduto, ha cercato di sottrarsi a quanto contrattualmente convenuto. Per questi motivi la C.A.F., respinge l’appello come sopra proposto dall’U.S. Grosseto F.C. S.r.l. di Grosseto, e dispone incamerarsi la tassa reclamo.
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