F.I.G.C. – Commissione d’Appello Federale – CAF – 2006-2007 – Decisione pubblicata sul sito web: www.figc.it e sul Comunicato ufficiale FIGC n. 61/C del 22/06/2007 5. RICORSO DEL PROCURATORE FEDERALE AVVERSO PROSCIOGLIMENTO DEL SIG. CATALDO DOMENICO EX DIRIGENTE DELLA FALLITA TARANTO CALCIO S.R.L., SEGUITO PROPRIO DEFERIMENTO PER VIOLAZIONE DEGLI ARTT. 16 E 21 N.O.I.F. (Delibera della Commissione Disciplinare presso la Lega Professionisti Serie C – Com. Uff. n. 264/C dell’11.5.2007)
F.I.G.C. – Commissione d’Appello Federale – CAF – 2006-2007 – Decisione pubblicata sul sito web: www.figc.it e sul Comunicato ufficiale FIGC n. 61/C del 22/06/2007
5. RICORSO DEL PROCURATORE FEDERALE AVVERSO PROSCIOGLIMENTO DEL SIG. CATALDO DOMENICO EX DIRIGENTE DELLA FALLITA TARANTO CALCIO S.R.L., SEGUITO PROPRIO DEFERIMENTO PER VIOLAZIONE DEGLI ARTT. 16 E 21 N.O.I.F. (Delibera della Commissione Disciplinare presso la Lega Professionisti Serie C – Com. Uff. n. 264/C dell’11.5.2007)
Con provvedimento della Commissione Disciplinare presso la Lega Professionisti Serie C – Com. Uff. n. 264/C dell’11.5.2007 (carte 162 ss.) oggetto di reclamo del Procuratore Federale in data 17.5.2007 (carte 1 ss.), è stato deciso il proscioglimento del signor Domenico Cataldo (Consigliere di amministrazione del Taranto Calcio S.r.l. nominato in data 14.1.2003) dalla richiesta di applicazione della sanzione di cui all'art. 21 commi 2 e 3 N.O.I.F. avendo egli ricoperto, nel biennio antecedente la dichiarazione di fallimento della predetta società Taranto Calcio S.r.l. la carica sociale di consigliere di amministrazione. Sostiene il Procuratore Federale nel proprio atto di appello che la decisione impugnata sarebbe censurabile perché i primi giudici avrebbero erroneamente ritenuto che la preclusione prevista dalla nuova formulazione del cit. art. 21 N.O.I.F. presupponga una specifica imputazione a ciascuno dei deferiti di atti di gestione eziologicamente connessi con il dissesto societario, mentre anche l'attuale formulazione della norma importerebbe un automatismo della sanzione in conseguenza del semplice status di amministratore nel biennio precedente al fallimento; in subordine, il Procuratore chiede, qualora sia ritenuto che l'onere della prova del compimento di atti di mala gestio da parte dei deferiti faccia carico alla Procura, che siano acquisiti dalla Curatela fallimentare, attraverso l'Ufficio Indagini, i documenti rilevanti ai fini della valutazione della condotta e delle singole individuali responsabilità gestorie in capo al deferito. Il Procuratore Federale conclude dunque chiedendo in via principale, in integrale riforma della decisione appellata, che il deferito sia dichiarato passibile della sanzione di cui all'art. 21 N.O.I.F. e, per l'effetto, sia lui comminata la inibizione della durata di anni cinque, con proposta di preclusione al Presidente Federale, ovvero la sanzione ritenuta di giustizia dalla Commissione; in via subordinata, che sia disposta l’acquisizione dalla Curatela fallimentare, attraverso l'Ufficio Indagini, della documentazione rilevante ai fini della valutazione della condotta e delle responsabilità gestorie in capo ai deferiti. Preliminarmente va chiarito che, malgrado le difformi ed imprecise locuzioni utilizzate, la sanzione in questione deve qualificarsi, per l'ipotesi, qui in discussione, di soggetti che siano stati amministratori di società cui sia stata revocata l'affiliazione per intervenuto fallimento, come inibizione, quantomeno per il regime di tipicità delle sanzioni emergente, per le persone fisiche, dall’art. 14 C.G.S., che fissa altresì la durata massima della inibizione in anni cinque (comma 2). Quanto alla ricostruzione del precetto recato dalla norma invocata (art. 21 N.O.I.F.), ritiene questa Commissione – come già affermato nelle decisioni in pari data 4.5.2007 relative rispettivamente alla medesima società Taranto calcio S.r.l. ed alla società Como Calcio S.p.A. – che sia errata la tesi, accolta dalla Commissione Disciplinare, circa la natura innovativa della nuova formulazione dell’art. 21, che richiederebbe, a differenza che nella sua originaria formulazione, la prova, a carico dell'accusa, di specifici comportamenti di mala gestio commessi dagli incolpati e causalmente efficienti o concorrenti nella produzione del dissesto societario. Le modifiche regolamentari che hanno inciso sull’art. 21 N.O.I.F., come documentate in atti, non consentono infatti di apprezzare significative innovazioni nel senso del passaggio da un regime di automatismo di applicazione della sanzione ad un regime di necessaria cognizione piena dell'efficienza causale di condotte attribuibili agli ex amministratori di società fallite, con onere della prova a carico della Procura. Ritiene questa Commissione che sia l'originario sia l'attuale testo dell'art. 21 N.O.I.F. non importino un automatismo tra la carica di amministratore della società fallita al momento del dissesto o nel biennio precedente e la sanzione della inibizione qui in esame, ma richiedano che il giudicante accerti, per irrogare la sanzione, che i deferiti si siano trovati non solo ad aver formalmente rivestito le predette cariche societarie, ma altresì in una situazione di potenziale effettiva incidenza sulla gestione societaria e dunque in una posizione fattuale tale da poter aver determinato o aver potuto impedire il dissesto. In sostanza, con i precedenti richiamati, questa Corte ha ritenuto e qui conferma che: - l’art. 21 N.O.I.F. non prevede alcun collegamento causale tra attività gestoria da parte dei dirigenti che, da ultimi in ordine di tempo hanno amministrato la società, e dissesto economico della medesima poi revocata dall’affiliazione, ai fini dell’irrogazione della sanzione inibitoria ivi prevista; - d’altro canto, occorre quantomeno che sia stata raggiunta la prova che i soggetti deferiti a siffatto titolo abbiano svolto, in concreto, l’attività dirigenziale e che la carica sociale ricoperta non abbia avuto un contenuto meramente figurativo. Questa interpretazione trova, infatti, pieno riscontro nella formulazione del comma 1 dell’art. 21 N.O.I.F., il quale stabilisce che siano qualificati “<> delle società gli amministratori e tutti i soci che abbiano comunque responsabilità e rapporti nell’ambito dell’attività sportiva organizzata”, propriamente a sottolinearne il ruolo “comunque” attivo nell’attività gestionale, sia pure intesa in senso lato, ed è di questo ruolo che la Procura attrice, in simili fattispecie, deve dare prova, ai fini di validamente sostenere il deferimento e chiedere l’applicazione della sanzione regolamentare. Osserva questa Corte che, nella fattispecie dedotta a giudizio d’appello, la prova della effettiva posizione dirigenziale nella Taranto Calcio S.r.l. da parte del signor Domenico Cataldo emerge quantomeno dai verbali delle plurime sedute del Consiglio di amministrazione cui il deferito ha preso parte, nonchè dai moduli di censimento (carte 11, 31, 37, 38, 39, 58, 60). Non essendo stata, invece, raggiunta la prova anche di un’attività del deferito che abbia in qualche misura contribuito causalmente alla formazione del dissesto societario, la Corte – non ritenendola acquisibile dalla Curatela avvalendosi della collaborazione dell’Ufficio indagini (iniziativa questa che la stessa Procura ha implicitamente considerata frustranea, perché diversamente opinando vi avrebbe proceduto autonomamente) – considera congrua l’irrogazione al deferito signor Domenico Cataldo dell’inibizione per anni cinque, senza peraltro dar corso alla proposta di preclusione alla permanenza in qualsiasi rango o categoria della F.I.G.C. prevista per le infrazioni di particolare gravità dall’art. 14, comma 2, C.G.S.. Per questi motivi la C.A.F. accoglie l’appello come sopra proposto dal Procuratore Federale, per l’effetto infligge la sanzione dell’inibizione per anni 5 a carico del Sig. Cataldo Domenico
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