CONI – Tribunale Nazionale di Arbitrato – Decisione pubblicata sul sito web: www.coni.it Lodo Arbitrale del 20 gennaio 2012 promosso da: Benevento Calcio SpA / Federazione Italiana Giuoco Calcio IL COLLEGIO ARBITRALE Prof. Avv. Maurizio Benincasa – Presidente Avv. Guido Cecinelli – Arbitro Avv. Enrico De Giovanni – Arbitro nominato ai sensi del Codice dei Giudizi innanzi al Tribunale Nazionale di Arbitrato per lo Sport e Disciplina per gli Arbitri (“Codice”), nel procedimento prot. n. 2447 del 18 Ottobre 2011 – 545 promosso da: Benevento Calcio S.p.a., p. iva 01350940621, con sede in Benevento, Via Santa Colomba n. 121, in persona del suo Presidente e legala rappresentante pro tempore avv. Oreste Vigorito, rappresentata e difesa dagli Avv.ti Eduardo Chiacchio e Michele Cozzone, ed elettivamente domiciliata presso lo studio del primo in Napoli, Centro Direzionale – Isola A/7 istante controFederazione Italiana Giuoco Calcio, p. iva 01357871001, cod. fisc. 05114040586, con sede in Roma, Via Gregorio Allegri n. 14, in persona del suo Presidente dott. Giancarlo Abete, rappresentata e difesa dagli Aw.ti Luigi Medugno e Letizia Mazzarelli, ed elettivamente domiciliata presso il loro studio in Roma, Via Panama n. 58 convenuta

CONI – Tribunale Nazionale di Arbitrato – Decisione pubblicata sul sito web: www.coni.it Lodo Arbitrale del 20 gennaio 2012 promosso da: Benevento Calcio SpA / Federazione Italiana Giuoco Calcio IL COLLEGIO ARBITRALE Prof. Avv. Maurizio Benincasa – Presidente Avv. Guido Cecinelli – Arbitro Avv. Enrico De Giovanni – Arbitro nominato ai sensi del Codice dei Giudizi innanzi al Tribunale Nazionale di Arbitrato per lo Sport e Disciplina per gli Arbitri ("Codice"), nel procedimento prot. n. 2447 del 18 Ottobre 2011 – 545 promosso da: Benevento Calcio S.p.a., p. iva 01350940621, con sede in Benevento, Via Santa Colomba n. 121, in persona del suo Presidente e legala rappresentante pro tempore avv. Oreste Vigorito, rappresentata e difesa dagli Avv.ti Eduardo Chiacchio e Michele Cozzone, ed elettivamente domiciliata presso lo studio del primo in Napoli, Centro Direzionale – Isola A/7 istante controFederazione Italiana Giuoco Calcio, p. iva 01357871001, cod. fisc. 05114040586, con sede in Roma, Via Gregorio Allegri n. 14, in persona del suo Presidente dott. Giancarlo Abete, rappresentata e difesa dagli Aw.ti Luigi Medugno e Letizia Mazzarelli, ed elettivamente domiciliata presso il loro studio in Roma, Via Panama n. 58 convenuta FATTO E SVOLGIMENTO DEL PROCEDIMENTO La vicenda de qua trae origine dal provvedimento n. 603/1615 del 25 luglio 2011 con il quale il Procuratore Federale deferiva alla Commissione Disciplinare Nazionale il Benevento Calcio S.p.a., per responsabilità oggettiva, ex artt. 4, comma 2, e 7, commi 4 e 6, C.G.S., in ordine agli addebiti contestati al proprio tesserato Marco Paoloni, limitatamente al periodo di tesseramento dell’atleta presso il club campano. La Commissione Disciplinare Nazionale, con decisione pubblicata sul C.U. n. 13 del 9 agosto 2011, irrogava a carico del Benevento Calcio S.p.a. una penalizzazione di sei punti in classifica da scontare nel campionato di riferimento (Lega Pro, Prima divisione), stagione 2011/2012, oltre un’ammenda di € 30.000,00. Successivamente, la società istante promuoveva reclamo avverso la predetta decisione innanzi alla Corte di Giustizia Federale che, con provvedimento pubblicato sul C.U. n. 43 del 19 settembre 2011, accoglieva parzialmente il reclamo, riducendo la penalizzazione a sei punti, confermando l’ammenda di € 30.000,00. Con atto depositato in data 18 ottobre 2011, prot. n. 2447, il Benevento Calcio S.p.a. proponeva istanza di arbitrato, ex artt. 9 e ss. del Codice, dinanzi al Tribunale Nazionale di Arbitrato per lo Sport; l’Avv. Guido Cecinelli veniva nominato quale Arbitro della parte istante; l’Avv. Enrico De Giovanni quale Arbitro della parte intimata; tanto il primo quanto il secondo formulavano l’accettazione di cui all’art. 6, comma 5, del Codice; successivamente, veniva designato, di comune accordo tra gli Arbitri, quale Presidente del Collegio Arbitrale, il Prof. Avv. Maurizio Benincasa che formulava l’accettazione ex art. 6, comma 5, del Codice. Pertanto, il Collegio Arbitrale risultava così composto: Prof. Avv. Maurizio Benincasa (Presidente del Collegio Arbitrale), Avv. Guido Cecinelli (Arbitro), Avv. Enrico De Giovanni (Arbitro). Successivamente, veniva fissata la prima udienza per il giorno 21 novembre 2011 presso la sede dell’arbitrato. Il Benevento Calcio S.p.a. formulava le seguenti conclusioni: «Voglia codesto Ecc.mo Tribunale Nazionale di Arbitrato per lo Sport, riconosciute la validità e la fondatezza delle ragioni addotte dall’istante, contrariis reiectis, provvedere come segue: A) accertare e dichiarare l’illegittimità e l’infondatezza della decisione della Corte di Giustizia Federale, assunta nella riunione del 18 agosto 2011 e pubblicata in forma integrale sul C.U. n. 043/CGF del 19 settembre 2011, con la quale veniva solo parzialmente accolto il ricorso proposto dalla Società BENEVENTO CALCIO S.p.A. avverso la sanzione della penalizzazione di nove punti in classifica, inflitta al Sodalizio medesimo dalla Commissione Disciplinare Nazionale con delibera pubblicata sul C.U. n. 13/CDN del 9 agosto 2011, in esito al deferimento del Procuratore Federale del 25 luglio 2011 (Prot. n. 603/1615pf10- 11/SP/blp), a titolo di responsabilità oggettiva ai sensi dell’art. 4 comma 2 e dell’art. 7 commi 4 e 6 del C.G.S., in ordine alle violazioni ascritte al calciatore sig. Marco PAOLONI, limitatamente al periodo di tesseramento di quest’ultimo per il club campano (a partire dal 31 gennaio 2011 e sino al termine della stagione sportiva 2010/2011), con conseguente riduzione a sei punti della penalizzazione de qua; B) per l’effetto, accertare e dichiarare la totale assenza di responsabilità in capo all’odierna istante, con totale proscioglimento della stessa dagli addebiti ascritti e con contestuale annullamento dell’impugnata penalizzazione; C) in subordine, accertare e dichiarare la palese eccessività e spropositatezza della punizione irrogata alla Società ricorrente, con rideterminazione della stessa nella sola sanzione pecuniaria già subita in sede endofederale (pari ad Euro 30.000,00) ovvero in altra ammenda ritenuta di giustizia dall’Organo adito od ancora, in via ulteriormente gradata, in una più mite e lieve penalizzazione rispetto a quanto statuito dai Giudici di seconde cure; D) con vittoria di spese, diritti, onorari ed accessori di causa». Il Sodalizio campano contestava, infatti, la sussistenza di qualsiasi responsabilità della società per le condotte illecite ascritte al proprio tesserato, dal momento che il sig. Paoloni «ha agito, comunque, a titolo esclusivamente personale ed a completa insaputa del club di appartenenza […] per l’indebito ottenimento di “guadagni illeciti”, senza alcun riguardo per eventuali vantaggi in classifica». Per la difesa di parte istante «la fattispecie oggi in discussione rientra di certo in una di quelle ipotesi – eccezionali ma non rarissime nell’ordinamento sportivo – in cui il semplice vincolo di tesseramento non vale di per sé a giustificare, nei confronti di una Società, il deferimento per responsabilità oggettiva». Per altro verso, il Benevento Calcio eccepiva comunque «l’assoluta eccessività e spropositatezza della penalizzazione inflitta al club medesimo dai Giudici di appello», contestando l’applicazione, nei precedenti gradi di giudizio, delle aggravanti di cui all’art. 7, commi 4 e 6, C.G.S. Con atto depositato in data 4 novembre 2011 prot. n. 2545 la Federazione Italiana Giuoco Calcio si costituiva nel procedimento arbitrale, rassegnando le seguenti conclusioni: «[…] si chiede sin d’ora che l’istanza avversaria venga dichiarata inammissibile, ovvero, in subordine, respinta perché infondata nel merito», eccependo, preliminarmente, la tardività dell’istanza presentata dal club campano e, nel merito, la tesi volta a sostenere l’estraneità della società rispetto ai risultati cui era volta la condotta illecita del calciatore. La Federazione, infatti, rilevava come, «nel solco della consolidata giurisprudenza degli organi di giustizia sportiva, è stato ribadito che tale tipo di responsabilità “consegue in modo automatico a quella personale del tesserato che ho posto in essere la condotta giuridica». Ma, allo stesso tempo, la difesa della Federazione sottolineava come la decisione della Corte di Giustizia Federale fosse stata ponderatamente ridotta, perché «ferma la doverosa applicazione dell’istituto della responsabilità oggettiva, residua al giudicante il potere di graduare la sanzione, mediante l’apprezzamento di elementi caratterizzanti la specifica fattispecie». All’udienza del 21 novembre 2011, dopo l’esperimento infruttuoso del tentativo di conciliazione, il Collegio assegnava termini alle parti per il deposito di memorie e documenti e repliche, fissando l’udienza di discussione per il giorno 11 gennaio 2012. In quella sede, pertanto, si svolgeva la discussione, all’esito della quale il Collegio si riservava trattenendo la causa in decisione. MOTIVI 1.Il Collegio è, preliminarmente, chiamato ad esaminare l'eccezione di inammissibilità dell'istanza di arbitrato, in quanto proposta oltre il termine di trenta giorni previsto dall'art. 10 del Codice TNAS. Tale termine sarebbe da computarsi dalla emanazione e/o comunicazione del solo dispositivo e non dalla data di pubblicazione della decisione integrale, comprensiva delle motivazioni. L’eccezione è infondata. I lodi pronunciati nell’ambito del TNAS palesano – a differenza di quanto emerso nell’ambito della giurisprudenza formatasi presso la soppressa camera di Conciliazione e Arbitrato per lo Sport - un orientamento consolidato secondo il quale il termine di trenta giorni per la presentazione dell’istanza di arbitrato deve essere computato dal momento della pubblicazione della pronuncia in forma integrale. Il Collegio non intende discostarsi da tale orientamento condividendo le conclusioni alle quali hanno attinto svariate e conformi decisioni del Tribunale, tutte favorevoli alla individuazione della "data nella quale alla parte istante è stata data comunicazione della decisione" (art. 10, comma 4, Codice T.N.A.S.) proprio in quella di notifica della decisione munita di motivazioni (cfr., ad esempio, lodo 21 Ottobre 2009, PASQUALIN e D'AMICO c. EIG.C.; lodo 14 Maggio 2009, SETTEN e TREVISO c F.I.G.C.). Verso tale ricostruzione milita, in primo luogo, il dato testuale della norma in parola rispetto a quella, preesistente, di cui all'art. 5, comma 1, del Regolamento della C.C.A.S., nella quale si faceva un più ampio e generale riferimento alla "data di conoscenza del fatto o dell'atto da cui trae origine la controversia", fatto che ben poteva ricollegarsi alla emissione del mero dispositivo. A ciò si aggiunga l’argomento relativo alla previsione, nel sistema procedurale della Camera, della doppia fase della conciliazione e dell'arbitrato (la prima quale condizione di procedibilità del secondo), che poteva giustificare, in sede conciliativa, l'avvio del procedimento sulla base del solo dispositivo (in attesa della pubblicazione delle motivazioni, su cui, poi, fondare l'eventuale successiva istanza di arbitrato): duplicità, invece, venuta meno nella nuova normativa del Codice TNAS. Occorre, inoltre, rilevare l’impossibilità di articolare un qualunque gravame avverso l'impugnanda decisione endofederale in totale assenza di una motivazione, neppure in forma breve e/o succinta. L’onere di impugnare il mero dispositivo determina un’intollerabile compressione del diritto di difesa sia della parte istante che di quella resistente oltre a inquinare la stessa decisione sull’an di proporre l’impugnazione. Non sembra che la giurisprudenza amministrativa menzionata dalla F.I.G.C. nelle proprie memorie (T.A.R. Lazio, Sez. III, n. 2801/2005) confligga con quanto sopra esposto. Al riguardo, si consideri che tale autorevole giurisprudenza fa riferimento al «ritardo nell'introduzione del giudizio rispetto al momento della esatta percezione dell'esistenza dello stesso provvedimento, del suo contenuto essenziale », e non solo, come sottolineato dall'intimata, "del conseguente effetto lesivo". Anche il giudice amministrativo, dunque, non prescinde da un qualche contenuto, almeno in forma "essenziale", dell'atto da impugnare; contenuto che, in una delibera conosciuta esclusivamente nel dispositivo, manca invece del tutto. Ovviamente, non può negarsi la possibilità, per la parte interessata, di proporre la propria istanza sulla base del semplice dispositivo. In conclusione, si deve affermare l’ammissibilità dell'istanza di arbitrato oggetto del presente giudizio. 2.Nel merito, il Collegio è, in primo luogo, chiamato a valutare la configurabilità in capo alla parte istante della responsabilità oggettiva per la condotta disciplinarmente rilevante ascritta al suo tesserato Marco PAOLONI. Il Collegio ribadisce, innanzitutto, la rilevanza, non solo dogmatica, della categoria della responsabilità oggettiva delle Società, così come ricavabile, in termini generali, dall'art. 4 comma 2 del C.G.S. e, con precipuo riguardo alla fattispecie dell'illecito sportivo, dall'art. 7 comma 4 del C.G.S. Peraltro, si deve prendere atto dell’onestà intellettuale manifestata in questa direzione dalla parte istante, anche in sede di discussione. Preliminarmente, occorre ricordare ai fini della decisione che i rapporti tra ordinamento sportivo nazionale ed ordinamento statale sono improntati ai principi di specialità ed autonomia del primo, quale articolazione dell'ordinamento sportivo internazionale facente capo al Comitato Olimpico Internazionale; si tratta di principi mitigati da quello di connessione, in base al quale sono fatti salvi i casi di rilevanza per l'ordinamento giuridico della Repubblica di situazioni giuridiche soggettive connesse con l'ordinamento sportivo. Il principio di specialità ed autonomia trova esplicita conferma nel C.G.S. L’articolo 1 del Codice della Giustizia Sportiva, infatti, dispone che tutti i soggetti svolgenti attività di carattere agonistico, tecnico, organizzativo, decisionale o, comunque, rilevante per l’ordinamento federale, sono tenuti all’osservanza delle norme e degli atti federali, nel rispetto dei principi di lealtà, correttezza e probità in ogni rapporto comunque riferibile all’attività sportiva. 3.Il tema dei rapporti tra ordinamento sportivo e quello statale si è posto all’attenzione della Giustizia arbitrale, tra l’altro, con specifico riferimento alle norme penali. Sul punto, in più occasioni, la giurisprudenza del TNAS ha chiarito che il principio di reciproca autonomia degli ordinamenti statale e sportivo determina la non vincolatività, per gli organi della Giustizia sportiva, delle regole di garanzia tipiche del processo penale e, quindi, ad esempio, la non applicabilità della disposizione di cui all’art. 526 c.p.p., in materia di formazione ed uso delle prove (cfr. lodo A. Moggi del 3.2.2010 prot.0865 del 5.5.2009). In particolare, avuto riguardo al caso in esame, le intercettazioni telefoniche raccolte nel processo penale sono utilizzabili in sede di procedimento disciplinare a carico di soggetti appartenenti all'ordinamento sportivo: l'eventuale inutilizzabilità di dette intercettazioni nell’ambito processuale penale non può spiegare effetti oltre tale ambito, in conformità al principio di libera utilizzazione degli elementi di prova acquisiti in procedimenti diversi, che opera in assenza di un principio di tipicità dei mezzi di prova (cfr. T.A.R. Lazio, Roma, sez. III, 19 marzo 2008, n.2472, che a sua volta richiama T.A.R. Lazio, n. 5645/2007, cit., e T.A.R. Bari, sez. I, 19 aprile 2001 n.1199). Ciò non determina una violazione dei principi di civiltà giuridica attinenti al diritto di difesa, tra i quali, anzitutto, quello del contraddittorio. Il Collegio, a tal proposito, da propria l’opinione del Giudice delle Leggi secondo cui i principi e le regole di formazione della prova penale sono volti a soddisfare finalità tutte interne all'attività di indagine sui comportamenti criminosi; finalità non comparabili con interessi esterni che possano in qualsiasi modo essere avvantaggiati o pregiudicati dalla inapplicabilità di quelle regole specifiche che non si prestino ad essere estese ad ipotesi del tutto estranee alla loro ratio (Corte cost., 29 maggio 2002, n.223, con riguardo alla inapplicabilità dell’art. 117 c.p.p. al processo amministrativo). 4. Il principio di autonomia conferisce rilievo, a fini repressivi e sanzionatori, a fatti e comportamenti che, considerati nell’ambito dell’ordinamento generale, non solo non suscitano allarme sociale, ma addirittura sono espressamente consentiti e regolamentati. E’ questo il caso - qui all’esame - delle scommesse, che l’articolo 6 CGS vieta tassativamente a tutti gli appartenenti all’ordinamento sportivo in ogni possibile forma: diretta, indiretta, singola, associata, attiva, passiva. Ciò, al fine di garantire la bontà, genuinità e veridicità dei risultati agonistici e, in definitiva, quei valori, tipici dell’ordinamento sportivo, quali la lealtà e la correttezza, ovvero ad esso addirittura esclusivamente peculiari, quale la probità. Si tratta di valori espressione di un’idea fondante dell’ordinamento sportivo, temporalmente e geograficamente universale, che è quella dell’onore. In questo quadro di assoluta peculiarità debbono leggersi le norme del Codice di Giustizia Sportiva sulla responsabilità oggettiva, con precipuo riguardo per l’art. 4, comma 2 (in termini generali) e per l’art. 7, comma 4 (in materia di illecito sportivo). Vale la pena qui riportare il contenuto, essenziale ma inequivocabile, delle citate disposizioni: «Le società rispondono oggettivamente, ai fini disciplinari, dell’operato dei dirigenti, dei tesserati e dei soggetti di cui all’art. 1, comma 5 [i soci e non soci cui è riconducibile, direttamente o indirettamente, il controllo delle società stesse, nonché coloro che svolgono qualsiasi attività all’interno o nell’interesse di una società o comunque rilevante per l’ordinamento federale, ndr]» (art. 4, comma 2 del C.G.S.); «Se viene accertata la responsabilità oggettiva o presunta della società ai sensi dell’art. 4, comma 5, il fatto è punito, a seconda della sua gravità, con le sanzioni di cui alle lettere g) penalizzazione di uno o più punti in classifica, ndr], h) [retrocessione all’ultimo posto in classifica del campionato di competenza o di qualsiasi altra competizione agonistica obbligatoria, ndr], i) [esclusione dal campionato di competenza o da qualsiasi altra competizione agonistica obbligatoria, con assegnazione da parte del Consiglio federale ad uno dei campionati di categoria inferiore, ndr], l) [non assegnazione o revoca dell’assegnazione del titolo di campione d’Italia o di vincente del campionato, del girone di competenza o di competizione ufficiale, ndr], m) [non ammissione o esclusione dalla partecipazione a determinate manifestazioni, ndr] dell’art. 18, comma 1” (art. 7, comma 4 del C.G.S.). Si tratta di un sistema normativo consolidato che, ad eccezione di marginali e sporadici aggiustamenti (vedasi, ad esempio, l’introduzione di alcune specifiche circostanze esimenti ed attenuanti per comportamenti e/o per fatti violenti dei propri sostenitori ex artt. 13 e 14 del C.G.S.), ha subìto ben poche varianti rispetto al profilo, fermo e rigoroso, che lo ha da sempre contraddistinto. Ciò è ancor più evidente ed inconfutabile in materia di illecito sportivo, in cui spicca la tassativa e perentoria distinzione della responsabilità delle Società in tre tipologie: la diretta, quando la condotta vietata sia commessa da persona che abbia la legale rappresentanza del club coinvolto; l'oggettiva, quando il comportamento sia ascrivibile ad un dirigente privo di legale rappresentanza, ad un tesserato ovvero ad uno dei soggetti di cui all'art. 1 comma 5 del C.G.S. (vedi supra); la presunta, quando l'illecito sia posto in essere, a vantaggio della Società, da un estraneo alla stessa. Nella vicenda che oggi ci occupa, in cui le contestate violazioni attengono ad un calciatore (Marco PAOLONI) federalmente tesserato con il Benevento Calcio s.p.a., almeno a partire dal 31 Gennaio 2011 (data di trasferimento dello stesso dalla U.S. CREMONESE S.p.A. alla Società sannita), non può non sussistere, a carico del Sodalizio campano, il secondo genere di responsabilità, quella, appunto, oggettiva. E' bensì vero che (come si dirà meglio tra breve) la posizione disciplinare del club ricorrente, nella vicenda in esame, appaia estremamente veniale ed attenuata, ma ciò non toglie che il mero vincolo di tesseramento tra calciatore e Società valga di per sé a configurare, a carico della compagine stessa, la responsabilità oggettiva (art. 4 comma 2 del C.G.S.) e, precipuamente, quella in illecito sportivo (art. 7 comma 4 del C.G.S.). Da detto punto di vista (a differenza di quanto, invece, si dirà per la graduazione della sanzione), non assumono significativa valenza né la totale estraneità del Benevento Calcio s.p.a. alle malversazioni poste in essere dal PAOLONI (se la Società non fosse estranea, del resto, si prefigurerebbe nei suoi confronti un'ipotesi ben più grave, e cioè la responsabilità diretta) né il mancato conseguimento di un effettivo vantaggio per il club istante o, addirittura, il maturare di un vero e proprio danno per lo stesso. In tale ottica, dunque, è inevitabile ravvisare la responsabilità oggettiva della Società campana per il comportamento del suo portiere, sebbene questi, come risultante dagli atti dei procedimenti penale e sportivo, abbia agito con il palese intento di far perdere la propria squadra. Pertanto, sotto il profilo della inapplicabilità al caso concreto di detto istituto (se non in ordine alla configurabilità, in senso assoluto, della responsabilità oggettiva in ambito sportivo, aspetto che la stessa istante considera, invece, pacifico ed incontestabile), le pretese della compagine ricorrente non possono trovare condivisione né accoglimento. 5. Affermata la responsabilità (oggettiva) della parte istante, il Collegio è chiamato a valutare il tema della congruità della sanzione (limitatamente alla penalizzazione, vista la mancata impugnazione dell'ammenda). Ferme le osservazioni sul carattere assiologico della responsabilità oggettiva, il Collegio è dell’opinione che le sue conseguenze debbano essere tratte non in maniera acritica e meccanica, bensì all'insegna di criteri di equità e di gradualità, tali da evitare risultati abnormi e non conformi a giustizia. In tal senso, pur apprezzando i principi e le riflessioni sviluppate sul punto dai Giudici endofederali (con precipuo riguardo per il contenuto del par. 6 della decisione di primo grado della Commissione Disciplinare Nazionale), il Collegio non condivide le conclusioni sul quantum della sanzione principale (penalizzazione di sei punti) inflitta al club sannita, considerando la determinazione della stessa eccessivamente severa ed afflittiva. A questa conclusione si attinge sulla base di taluni presupposti, materiali e giuridici, i quali, sommati tra loro, inducono l’odierno Giudicante a valutare come manifestamente sproporzionata la punizione patita dalla ricorrente (almeno con riguardo alla penalizzazione). Più precisamente, si deve rimarcare l'assoluta peculiarità della condotta del PAOLONI (come di molti altri protagonisti dei complessi accadimenti in esame), il cui intento principale è quello di predeterminare il risultato di alcune gare onde consentire al sodalizio criminale di riferimento di ricavarne ingiusti profitti ed il cui interesse strettamente personale sovente si sovrappone e prevale (senza mai, però, soppiantarlo definitivamente) sull'aspetto più propriamente agonistico. Si consideri, altresì, il carattere prettamente unitario (riconducibile ad un medesimo disegno criminoso) dei comportamenti in oggetto, valutabili, quindi, sotto un profilo di continuazione, che prescinda dal numero delle gare interessate e dal loro esito. Non meno significativa e rilevante (in un'ottica, peraltro, meramente attenuativa e non già a mo' di esimente) è la mancanza di qualunque vantaggio, in termini di risultati e di classifica, per il Benevento Calcio s.p.a. a seguito delle azioni illecite realizzate dal suo tesserato, il quale, in tutte le gare "incriminate", agisce per far perdere la propria squadra o, comunque, per arrecare un danno alla stessa: pregiudizio accresciuto, altresì, dalle negative ripercussioni, tecniche e psicologiche, dell'arresto del PAOLONI, portiere titolare della formazione campana, proprio alla vigilia della gara di ritorno dei play-off contro la S.S. JUVE STABIA S.p.A., partita decisiva per la promozione in Serie B e conclusasi in modo negativo per il club beneventano. Ma quel che va qui maggiormente evidenziato e che rende la posizione della Società istante assolutamente peculiare nel panorama, assai variegato e complesso, della vicenda del calcio-scommesse è la condizione, acclarata ed indiscutibile, di vittima inconsapevole del club campano: quest'ultimo, al momento di realizzare il trasferimento del PAOLONI dalla U.S. CREMONESE S.p.A., non aveva la benché minima contezza dei gravissimi episodi che avevano visto coinvolto il portiere medesimo e che, invece, erano perfettamente noti al Sodalizio lombardo, il quale, peraltro, si asteneva dal farne cenno alcuno alla consorella. Detta situazione è stata ben focalizzata dalla Corte di Giustizia Federale nell'impugnata delibera, laddove si afferma che «la cessione del calciatore fu attuata senza che la cedente comunicasse alla cessionaria i gravi e circostanziati elementi di sospetto sulla correttezza di Paoloni acquisiti dal suo Direttore Sportivo, così impedendo all'odierna impugnante (la Benevento Calcio S.p.A., ndr) qualunque ripensamento a tutela delle proprie ragioni ed esponendola al concreto rischio, poi puntualmente verificatosi, di essere chiamata a rispondere della perdurante ed indefessa attività illecita del proprio sleale neo-tesserato». Senonché, la C.G.F. ha ritenuto che tali osservazioni dovessero far propendere per una sostanziale equiparazione, in termini sanzionatori, del Benevento Calcio s.p.a. alla U.S. Cremonese s.p.a.: conclusione, questa, che il presente Collegio non si sente di condividere e di confermare, essendo evidente la ben maggiore tenuità e lievità della posizione della Società campana, completamente ignara delle malefatte del PAOLONI, rispetto a quella della compagine lombarda. In considerazione, dunque, di quanto sopra esposto, è inevitabile concludere per un trattamento punitivo a carico dell'odierna ricorrente assai ridimensionato rispetto a quanto statuito dai Giudici di appello, pur non potendo, la sanzione medesima, diversamente da quanto auspicato dall'istante, qualitativamente discostarsi dalla penalizzazione. A ciò, invero, ostano, in maniera preponderante e decisiva, tanto la vigente normativa in materia che, all'art. 7 comma 4 del C.G.S., prevede quale sanzione minima quella di cui all'art. 18 comma 1 lettera g) del C.G.S. (e cioè, appunto, la penalizzazione in classifica) quanto la comunque innegabile gravità dei comportamenti in discorso. Né la richiesta di parte attrice di limitazione della punizione medesima alla sola ammenda può essere validamente supportata dai precedenti giurisprudenziali dalla stessa richiamati, con precipuo riguardo per il deferimento della F.C. NEAPOLIS MUGNANO, in quanto afferenti a situazioni relative a gare cui non era minimamente interessata la Società di appartenenza del tesserato agente, situazioni per le quali la Corte di Giustizia Federale, in altra pronuncia concernente l'appello dell'ASCOLI CALCIO 1898 S.p.A. ex C.U. n. 47/CGF del 22 Settembre 2011, sempre in merito al calcio-scommesse, ha espressamente escluso la configurabilità della responsabilità oggettiva in illecito sportivo a carico della compagine deferita. In definitiva, alla luce delle descritte attenuanti, non sufficientemente apprezzate dai Giudici endofederali nelle proprie decisioni, si reputa congrua una penalizzazione, nei confronti del Benevento Calcio s.p.a., di due punti, da scontarsi nella classif ica del Campionato di competenza della corrente stagione 2011/2012, in luogo dei sei punti precedentemente irrogati. 6. Tutte le altre domande, eccezioni e deduzioni debbono reputarsi assorbite. Per le spese legali e di funzionamento del Collegio Arbitrale, alla luce della complessità della materia trattata e del solo parziale accoglimento della spiegata domanda, si dispone l'integrale compensazione delle stesse tra le parti costituite. P.Q.M. Il Collegio arbitrale, definitivamente pronunciando, nel contraddittorio delle parti, disattesa ogni altra istanza deduzione ed eccezione, così provvede: 1. accoglie l’istanza di arbitrato presentata dal Benevento Calcio s.p.a. nei confronti della Federazione Italiana Giuoco Calcio e, per l’effetto, riduce a punti 2 (due) la penalizzazione in classifica; 2. compensa tra le parti le spese per assistenza difensiva; 3. pone a carico delle parti – Benevento Calcio s.p.a. e Federazione Italiana Giuoco Calcio – in egual misura e con il vincolo di solidarietà, il pagamento degli onorari del Collegio arbitrale che liquida in complessivi € 6.000,00 (seimila/00) oltre accessori; 4. pone a carico delle parti – Benevento Calcio s.p.a. e Federazione Italiana Giuoco Calcio – il pagamento dei diritti amministrativi per il Tribunale nazionale di arbitrato per lo sport; 5. dichiara incamerati dal Tribunale nazionale di arbitrato per lo sport i diritti amministrativi versati dalle parti. Così deliberato, all’unanimità, in data 20 gennaio 2012 e sottoscritto in numero di tre originali nei luoghi e nelle date di seguito indicati. F.to Maurizio Benincasa F.to Guido Cecinelli F.to Enrico De Giovanni
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