F.I.G.C. – CORTE DI GIUSTIZIA FEDERALE – Sezioni Unite – 2012/2013 – Decisione pubblicata sul sito web: www.figc.it e sul Comunicato ufficiale n. 02/CGF del 2 – 3 -5 e 6 Luglio 2012 con motivazioni pubblicate sul Comunicato ufficiale n. 033/CGF del 27 agosto 2012 e su www.figc.it 37) RICORSO DEL CALC. RICCARDO FISSORE AVVERSO LA SANZIONE DELLA SQUALIFICA PER ANNI 3 E MESI 9, INFLITTA AI SENSI DELL’ART. 7, COMMI 1, 2, 5, E 7, C.G.S., IN RELAZIONE ALLE GARE GROSSETO – MANTOVA DEL 15.3.2010, EMPOLI–MANTOVA DEL 23.3.2010, BRESCIA–MANTOVA DEL 2.4.2010 E CITTADELLA–MANTOVA DEL 24.4.2010, SEGUITO DEFERIMENTO DEL PROCURATORE FEDERALE – NOTA N. 8011/33PF11-12/SP/BLP DELL’8.5.2012 – (Delibera della Commissione Disciplinare Nazionale – Com. Uff. n. 101/CDN del 18.6.2012)

F.I.G.C. – CORTE DI GIUSTIZIA FEDERALE – Sezioni Unite - 2012/2013 – Decisione pubblicata sul sito web: www.figc.it e sul Comunicato ufficiale n. 02/CGF del 2 – 3 -5 e 6 Luglio 2012 con motivazioni pubblicate sul Comunicato ufficiale n. 033/CGF del 27 agosto 2012 e su www.figc.it 37) RICORSO DEL CALC. RICCARDO FISSORE AVVERSO LA SANZIONE DELLA SQUALIFICA PER ANNI 3 E MESI 9, INFLITTA AI SENSI DELL’ART. 7, COMMI 1, 2, 5, E 7, C.G.S., IN RELAZIONE ALLE GARE GROSSETO – MANTOVA DEL 15.3.2010, EMPOLI–MANTOVA DEL 23.3.2010, BRESCIA–MANTOVA DEL 2.4.2010 E CITTADELLA–MANTOVA DEL 24.4.2010, SEGUITO DEFERIMENTO DEL PROCURATORE FEDERALE - NOTA N. 8011/33PF11-12/SP/BLP DELL’8.5.2012 – (Delibera della Commissione Disciplinare Nazionale – Com. Uff. n. 101/CDN del 18.6.2012) Il calciatore Riccardo Fissore, all’epoca dei fatti in contestazione tesserato per la società A.C. Mantova S.r.l. di Mantova, ha proposto ricorso nei termini abbreviati di cui al Com. Uff. n. 153/A/2012, avverso quanto deciso, nei suoi confronti, dalla Commissione Disciplinare Nazionale, così come riportato in epigrafe, lamentando l’assoluta ingiustizia della sanzione, asseritamente irrogatagli solo sulla base della chiamata in correità di Carlo Gervasoni e Filippo Carobbio, ritenute priva di qualsiasi attendibilità e credibilità nonché contraddittorie e smentita dai fatti e circostanze addotte dalla difesa. La difesa del calciatore, rappresentata dagli avv.ti Eduardo Chiacchio e Michele Cozzone, nonché dal dott. Gianpaolo Calò, ha chiesto l’integrale riforma della decisione del giudice di primo grado deducendo che quella Commissione Disciplinare avrebbe inflitto la sanzione omettendo di valutare puntualmente l’attendibilità soggettiva del dichiarante (in tesi motivato da ragioni di acredine personale) e quella oggettiva, insussistente a ragione delle obiettive incogruenze e discrasie emergenti per effetto di dichiarazioni testimoniali. Ci si duole, pertanto, del credito dato dalla Commissione Disciplinare alle affermazioni autoeteroaccusatorie del Gervasoni, di come esse siano imprecise e generiche, prive di riferimenti puntuali. La doglianza è rivolta, quindi, avverso una decisione che si reputa palesemente affetta da insuperabile carenza probatoria e si chiede che, in riforma, la squalifica inflitta al Fissore sia annullata. La vicenda in esame merita di essere puntualizzata, sia dal punto di vista della sua contestualizzazione materiale che in ordine al suo sviluppo processuale. Il procedimento, portato nella sua fase di appello alla cognizione questa Corte, ha trovato la sua origine nel provvedimento di deferimento della Procura Federale che, sulla base di notizie stampa circa un’indagine penale in corso, ha chiesto ed ottenuto dall’Autorità Giudiziaria Ordinaria di Cremona, ex art. 2 della legge n. 401/89 ed ex art. 116 c.p.p. , la trasmissione degli atti relativi ad una complessa attività investigativa – che peraltro costituisce il prosieguo di altre investigazioni già riferite alla Procura Federale nella primavera-estate del 2011 e già oggetto di cognizione da parte di questa Corte (vedi fra gli altri, Com. Uff. n. 061/CGF – n. 043/CGF e n. 056/CGF) – riguardante una capillare associazione delinquenziale finalizzata ad alterare, tramite il fattivo coinvolgimento di tesserati, i risultati di molte partite del campionato italiano di calcio delle diverse categorie e, per effetto delle scommesse effettuate sul loro esito, finale o parziale e sul numero delle reti realizzate, trarre ingenti profitti illeciti. Sulla base di tale documentazione la Procura Federale ha poi proceduto a svolgere autonoma attività di accertamento a conferma dei comportamenti illeciti dei tesserati della Federazione che ha consentito, secondo l’impianto accusatorio posto alla valutazione del giudicante, di acquisire elementi di oggettivo conforto sulla sussistenza sia della predetta associazione, costituita anche in dispregio di quanto previsto dall’art. 9 C.G.S., sia della fitta rete di contatti stabili tra i tesserati, tutti univocamente preordinati al conseguimento delle finalità illecite del sodalizio (ossia quello di alterare il normale contesto agonistico delle partite, anche attraverso un’intensa opera di reclutamento, affiliazione o anche solo episodica partecipazione di altri tesserati) sia, da ultimo, di appurare come il sistema godesse di un’interessata omertà da parte di coloro che, pur non direttamente partecipi al progetto criminoso, ne traevano profitto effettuando scommesse in violazione, anche qui, del divieto imposto dall’art. 6 C.G.S.. Su questo quadro di fondo va inserita la specifica vicenda oggetto della presente cognizione. La Procura Federale, nel suo atto di deferimento alla Commissione Disciplinare Nazionale, ha contestato al sig. Riccardo Fissore di aver, in concorso con altri calciatori (Carlo Gervasoni e Alessandro Pellicori) tutti tesserati, all’epoca dei fatti per la società A.C. Mantova S.r.l. nonché soggetti estranei all’ordinamento sportivo, posto in essere atti diretti ad alterare il regolare svolgimento della gara Empoli/Mantova del 23.3.2010, nonché omesso di denunciare alla Procura Federale – come suo preciso obbligo ex art. 7, comma 7 C.G.S. – l’esistenza di progetti finalizzati ad uguale alterazione delle gare Grosseto/Mantova del 15.3.2010, Brescia/Mantova del 2.4.2010 e Cittadella/Mantova del 24.4.2010. Nel provvedimento di accusa la contestazione è stata formulata con il conforto delle dichiarazioni autoeteroaccusatorie di Carlo Gervasoni, e di Filippo Carobbio (anche se quest’ultimo riferite ad altri progetti illeciti) e degli elementi di conferma indiretta forniti da Alessandro Pellicori. In particolare il Gervasoni, interrogato dal G.I.P. di Cremona in data 22.12.2011 aveva confermato di essere stato coinvolto in una serie di progetti di alterazione di partite e, in ordine alla partita Empoli/Mantova del 23.3.2010 aveva affermato”…la partita Empoli-Mantova l’abbiamo fatta con Pellicori e Fissore del Mantova. Quest’ultima l’abbiamo persa 4-0. Abbiamo avuto € 90.000,00”. Una settimana più tardi, lo stesso calciatore ribadiva al P.M. del Tribunale di Cremona “Ribadisco il mio coinvolgimento nella partita Empoli-Mantova “fatta” con Fissore e Pellicori. Non sono sicuro che quest’ultimo abbia giocato nonostante fosse al corrente della combine”. Nella stessa occasione aveva anche affermato “Ribadisco il mio coinvolgimento anche in Cittadella-Mantova, “fatta” con Pellicori e Fissore. Quest’ultimo, così come avvenuto in Brescia/Mantova, era a conoscenza dell’accordo ma non partecipò alla partita…” ed anche che !Quanto alla partita Grosseto-Mantova del 15 marzo 2010 devo dire che effettivamente ci fu un progetto di manipolazione. Io mi recai a Grosseto unitamente a Gegic … L’iniziativa non andò in porto. Io mi limitai a parlare al telefono con Carobbio che all’epoca militava nel Grosseto…” “Non sono a conoscenza di manipolazioni sulla partita Padova/Mantova. Non so come si spieghi la presenza degli slavi a Mantova, il giorno dopo la partita…” Affermazioni di conforme contenuto erano state rilasciate dal giocatore Carobbio al GIP di Cremona il 20.12.2011 in relazione alla partita Grosseto-Mantova e al Procuratore della Repubblica di quella città in data 17.4.2012, nelle quali confermava l’esito negativo della “combine” relativa alla partita Grosseto/Mantova, mentre di particolare interesse appaiono quelle fatte dal giocatore Pellicori (la cui posizione è stata stralciata) al Procuratore Federale in data 15.3.2012 nelle quali, pur negando ogni tentativo di alterazione, descrive in modo puntuale e sintomatico, una cena avvenuta tra lui, Fissore e Gervasoni. Insieme a non meglio indicati “stranieri” legati al mondo del calcio, forse mediatori, ma dei quali il Gervasoni, qualche giorno dopo, riportò offerte di “combine”. La Commissione Disciplinare Nazionale, con specifico riguardo alla partita Empoli/Mantova del 23.3.2010, ha disposto l’applicazione, su conforme richiesta delle parti, di sanzioni ai sensi degli artt. 23 e 24 C.G.S. nei confronti del giocatore Gervasoni, e sancito la responsabilità del calciatore Fissore per violazione dell’art. 7, commi 1,2 e 5, con l’aggravante di cui al comma 6 C.G.S. e la responsabilità ex art. 7, comma 7 del Fissore in relazione agli incontri Grosseto/Mantova del 15.3.2010, Brescia/Mantova del 2.4.2010 e Cittadella/Mantova del 24.4.2010 con conseguente irrogazione della complessiva squalifica per anni 3 e mesi 9. Dinanzi a questa Corte, il giorno 2 luglio 2012, l’avv. Cozzone ha insistito nella tesi dell’inattendibilità della chiamata in correità del Gervasoni e della necessità che tali dichiarazioni trovino adeguato riscontro oggettivo, sottolineando come, a suo avviso, allorché il Gervasoni abbia riferito fatti suscettibili di riscontro questi non siano emersi e concludendo per l’assoluzione del suo assistito mentre il Procuratore Federale avv. Stefano Palazzi ha ribadito la propria richiesta di conferma della sanzione inflitta in primo quadro sulla base della credibilità delle dichiarazioni rese dal Gervasoni e dell’irrilevanza di quelle rilasciate da soggetti estranei all’ordinamento sportivo, della cui genuinità dubita. La Corte Esaminati gli atti e valutate appieno le argomentazioni addotte dalle rispettive parti a sostegno delle loro tesi, ritiene che il ricorso proposto dal calciatore Riccardo Fissore non possa essere accolto in ragione del fatto che, ad avviso di questo Collegio, la commissione dell’ illecito p. e p. dall’art. 7 commi 1, 2, e 5 C.G.S. sia più che sufficientemente provato, al pari delle contestate violazioni dell’art. 7, comma 7 C.G.S.. La difesa dell’appellante ha assunto che le dichiarazioni del Gervasoni si sarebbero limitare ad asserzioni “il più possibile generiche ed evanescenti”, senza dare alcun resoconto “in qualche modo plausibile”, che quelle del Carobbio sarebbero solo affermazioni de relato mentre altri tesserati non avrebbero confermato le “esternazioni” definite “improvvide” del Gervasoni sul Fissore e nessun esame critico sarebbe stato effettuato in ordine alle presunte contraddizioni emergenti dalle medesime dichiarazioni in ordine ad alcuni momenti attuativi degli accordi, come il pagamento delle somme illecitamente pattuite o alle testimonianze di soggetti terzi, asseritamente contraddicenti la costruzione accusatoria del menzionato Gervasoni. In sostanza, ci si duole che la Commissione Disciplinare Nazionale abbia irrogato la sanzione de qua sulla sola affermazione di quest’ultimo e con un abbassamento della soglia di colpevolezza a livello meramente probabilistico. La decisione che segue merita che, preliminarmente, la vicenda sia ascritta in un quadro descrittivo fenomenico e giuridico che ne consenta una migliore intelligibilità della vicenda. A seguito di notizie stampa circa attività istruttoria condotta dalla Procura della Repubblica di Cremona in merito all’esistenza di una associazione per delinquere finalizzata alla frode sportiva mediante alterazione del corretto svolgimento di partite di calcio dei vari campionati svolgentisi sotto l’egida federale (reato mezzo) ed effettuazione di scommesse in denaro sulle stesse gare, dall’esito scontato alla luce dell’attività presupposta (reato fine), scommesse in ogni caso vietate ai tesserati ai sensi dell’art. 6 C.G.S., il Procuratore Federale aveva richiesto agli inquirenti di poter acquisire copia degli atti di interesse per poter avviare l’azione di propria competenza. Acquisita, nel corso di proficua e prolungata collaborazione, la documentazione messa a disposizione dall’Autorità Giudiziaria ordinaria (Procura della Repubblica ed Ufficio del G.I.P. del Tribunale di Cremona) la Procura Federale ha provveduto ad effettuare attività istruttoria, nel corso della quale i tesserati, che nella precedente sede avevano fornito ampia ed illuminante collaborazione, hanno confermato le loro dichiarazioni autoeteroaccusatorie mentre altri hanno negato il loro coinvolgimento. Va detto, in primo luogo, che non può dubitarsi (e nessuno degli appellanti ne dubita) dell’esistenza di una vasta e radicata organizzazione delinquenziale transnazionale gestita, al vertice, da soggetti estranei all’ordinamento sportivo ma nella quale si collocavano, indubitabilmente in posizione di assoluto rilievo (vedi, da ultimo, ordinanza custodia cautelare in calce emessa dal G.I.P. del Tribunale di Cremona del 2 febbraio 2012), tesserati di questa Federazione, ai quali era stata affidata la responsabilità di coinvolgere altri soggetti, in organico a società calcistiche, in tutte le fasi, preparatorie ed esecutive, del disegno criminoso, nonché di “garantire” il buon esito degli accordi illeciti. Il raggiunto grado di certezza – anche se allo stato di indagini preliminari penali – della sua esistenza, delle sue dimensioni transazionali e della sua pericolosità, ancorché acclarata nell’ambito di un ordinamento giudiziario diverso e indipendente rispetto all’ordinamento sportivo (autonomia dell’ordinamento sportivo confermata dalla Corte Costituzionale in sent. n. 49/2011), non può non essere assunto come dato acquisito nel presente procedimento, anche se le risultanze cui si è pervenuti in quella sede debbano essere intese solo come risultato fattuale e senza che questo privi l’autorità sportiva del potere di procedere ad autonome verifiche e acquisizioni istruttorie sui fatti illeciti addebitati a soggetti giuridici sottoposti a questo ordinamento. Né, del pari, viene meno la possibilità di pervenire, sugli stessi fatti materiali, ad un convincimento proprio, fondato appunto su una distinta valutazione circa la sussistenza o meno di comportamenti costituenti violazione di norme federali. Questo non esclude, ovviamente, che si possa giungere a coerenti e collimanti affermazioni di responsabilità, atteso che norme penali e regole federali hanno, pur con genesi diversa e procedimentalizzazioni perspicue, finalità omogenee quanto al ripristino dell’ordine violato e all’affermazione di principi superindividuali ed essenziali per l’organizzazione sociale.. Principi e regolae iuris che pur esplicando la loro diretta ed immediata incidenza nell’ordinamento che li prevedono, non escludono che la loro essenza possa essere – per la loro forza persuasiva e intrinseca condivisione - trasfusa in ordinamenti diversi nella generale esigenza, propria di ogni società civile, di salvaguardare – sempre e comunque – i valori etici fondanti ogni communitas, antica o moderna che sia. La valenza generale di principi di diritto comune (nel rispetto dell’autonomia degli ordinamenti) fa sì che anche nell’ordinamento sportivo – e federale in questo caso – ogni responsabilità sia affermata in base ad oggettivi riscontri e non mere illazioni, dicerie, congetture che non hanno dignità di prova o di argomento di prova. Nell’implicito richiamo a questo principio cardine di ogni sistema processuale la difesa del calciatore Fissore ci si lamenta che sia stata irrogata una sanzione gravemente afflittiva in base alle sole dichiarazioni di soggetto sodale ad un sistema criminoso, rimaste prive di adeguato riscontro ma anzi, a detta della difesa, clamorosamente smentite dai testi. Sul punto deve affermarsi che se è vero che l’ordinamento giustiziale federale è improntato a dare celere risposta alle condotte poste in essere in violazione dei suoi canoni, è altresì vero che una celere risposta possa essere considerata come mera concretizzazione di una sorta di giustizia sommaria e meramente indiziaria: celerità e giustizia effettiva non sono termini antitetici di un sistema ma assolutamente complementari in un contesto processuale che ha quale suo essenziale scopo quello di ripristinare l’ordine giuridico vulnerato. E, allora, se l’esigenza era ed è quella di valutare l’efficacia probatoria delle dichiarazioni autoeteroaccusatorie rese, non può dirsi che ciò non sia stato fatto dal giudice di primo grado solo per la mancanza di improbabili riscontri oggettivi esterni. Il parametro cui fare rinvio per valutare le dichiarazioni di Gervasoni è quello posto dall’art. 192, commi 3 e 4 c.p.p. e la giurisprudenza della Suprema Corte di Cassazione ha avuto costantemente modo di affermare che “In tema di valutazione della prova, allorché il chiamante in correità rende dichiarazioni che concernono una pluralità di fatti-reato commessi dallo stesso soggetto e ripetuti nel tempo, l’elemento esterno di riscontri in ordine ad alcuni di essi fornisce sul piano logico la necessaria integrazione probatoria a conforto della chiamata anche in relazione agli altri purché sussistano ragioni idonee a suffragare un tale giudizio e ad imporre una valutazione unitaria delle dichiarazioni accusatorie, quali l’identica natura dei fatti in questione, l’identità dei protagonisti o di alcuni di loro, l’inserirsi dei fatti in un rapporto intersoggettivo unico e continuativo. Infatti, gli elementi integratori della prova costituita da dichiarazioni rese da un imputato dello stesso reato o di un reato connesso, ex art. 192 c.p.p., comma 3, possono essere della più varia natura, e quindi anche di carattere logico, purché riconducibili a fatti esterni a quelle dichiarazioni” (Cass. pen. VI sez., n. 41352/2010 e giurisprud. ivi richiamata). Nello stesso senso Cass. pen. Sez. Vi n. 42705/2010 “In tema di valutazione della chiamata in correità proveniente da un soggetto che abbia reso dichiarazioni complesse, oggetto della valutazione è la dichiarazione globale del chiamante, relativamente ad un determinato episodio criminoso nelle sue componenti oggettive e soggettive, e non ciascuno dei punti dallo stesso riferiti. Ne consegue che per stabilire l'attendibilità di una dichiarazione concernente più chiamate fra loro strettamente collegate, si può tener conto anche solo di alcuni aspetti significativi di essa, in modo che, una volta effettuata l'operazione con esito positivo, il giudice di merito possa legittimamente riconoscere valore probatorio a tutta la dichiarazione e non solo a quella specificamente riscontrata.” La conseguenza, sul piano ermeneutico, è che le dichiarazioni di un correo che descrive un complesso fenomenico che, nella sua generalità, si è dimostrato attendibile, non possono essere messe in discussione se, nel riferire una quantità significativa di episodi, incorra in qualche errore di dettaglio o non emerga quel riscontro oggettivo principe quale la c.d. smoking gun o il documento formale di natura negoziale che impegni i sodali allo svolgimento dell’attività criminosa. Il riscontro, sul piano logico, di un singolo fatto può essere ragionevolmente rinvenuto allorché esso si inserisca – senza palesi contraddizioni – in un contesto più generale che ha trovato oggettive e positive verifiche esterne. Nella fattispecie in esame va detto che le dichiarazioni del giocatore Gervasoni non possono, ad avviso del Collegio, essere liquidate come “indecentemente contraddittorie ed apodittiche… e prive del benché minimo riscontro” poiché non solo esse, in generale, trovano ampio e consolidato riscontro nelle convergenti e non contraddittorie dichiarazioni di altri tesserati, ma anche dalle risultanze investigative dell’Autorità Giudiziaria ordinaria, acquisite dalla Procura Federale. Ne è prova la dichiarazione di Carobbio (alla Procura Federale il 29.2.2012) che se è vero che riporta una affermazione a lui fatta dal Gervasoni, tale asserzione, per il tono ed il contenuto, si atteggia a mera comunicazione di modalità progettuali di alterazione delle gare assolutamente collaudate - tanto da potersi definire come “normali”- , nonché di rassicurazione che il progetto avrebbe avuto la sua concretizzazione malgrado il fatto che lo stesso Gervasoni non avrebbe giocato la partita Grosseto/Mantova (del 15 marzo 2010). Lo stesso è a dirsi per la partita con l’Empoli del 23.3.2010 nei confronti della quale il Gervasoni ammette il suo ruolo e menziona i soggetti che, necessariamente, aveva dovuto coinvolgere per la positiva soluzione del disegno illecito. E uguale affermazione riguarda la “combine” progettata per Brescia-Mantova del 2.4.2010 e Cittadella-Mantova del 24.4.2010. Ne emerge un quadro di stabili rapporti che, allocato in un arco temporale estremamente ristretto, dimostrano come il legame tra Gervasoni, Fissore e Pellicori sia stato assolutamente collaudato e funzionale al più generale progetto associativo, del quale garantivano, con la loro disponibilità, il raggiungimento della finalità lucrativa. Lo stesso Pellicori, pur mantenendo una posizione formalmente negatoria non ha potuto esimersi dal riferire una circostanza che è assolutamente sintomatica della stabilità dei rapporti e dell’intima e leale collaborazione: la cena con Gervasoni e Fissore, nei pressi di Verona (località distante dalle residenze), insieme a soggetti stranieri che altri non erano che i vertici dell’organizzazione criminosa. Pellicori ammette la riunione conviviale, anche se ha cercato di avvalorare una sorta di illibatezza e di candore, sua e del Fissore, asseritamente dimostrata dall’esser stati confinati da un lato del tavolo mente dall’altro i sodali dell’organizzazione tessevano accordi illeciti. La spiegazione è, a tutto voler concedere, incredibile perché essa dimostra non solo l’assenza di ogni acredine tra Fissore e Gervasoni (come addotto dalla difesa) ma anche che i due erano calciatori dei quali era provata la leale partecipazione ai progetti illeciti poiché, in caso contrario e volendo aderire alla tesi difensiva, sarebbe stato enormemente pericoloso avere al proprio tavolo soggetti inaffidabili. L’organicità di una siffatta procedura la si ricava, peraltro, anche dalla “naturalezza” dei contatti che si instaurano alla vigilia degli incontri e che dimostrano, ancor più, come il coinvolgimento del Fissore sia il portato di una struttura collaudata che, proprio per la correntezza dei rapporti non richiedeva che alla vigilia di ogni incontro vi dovessero essere formali riunioni collegiali per la definizione di modalità attuative di accordi già conclusi a monte. Alcun valore contrario portano, poi, le testimonianze cui la difesa annette un significativa importanza per smentire le dichiarazioni accusatorie. Ritenuto da questa Corte che le affermazioni di Gervasoni circa le modalità di pagamento del pretium sceleris, dopo la partita Empoli/Mantova, non mostrano tutta la loro infondatezza (come assunto dalla difesa) per il fatto che, invece, il modus operandi degli “zingari” era quello di pagare prima della partita e non dopo (come se una modalità non possa soffrire eccezioni), allo stesso esito ininfluente portano le dichiarazioni del giocatore Feltre che, dopo la stessa partita, assume di aver preso a bordo della propria auto il Fissore e di averlo condotto a Padova, dove l’aspettava la fidanzata. Al di là di ogni disquisizione sulla genuinità di una simile dichiarazione, non supportata da alcun riscontro esterno circa i tempi di svolgimento, vi è da dire che non vi è prova che durante il tragitto tra Empoli e Padova non possa esservi stata una deviazione (peraltro non gravosa) per Mantova, in modo che tutti i partecipi dell’illecito potessero incassare dal Gervasoni la loro parte. Quanto acquisito su di un piano comunque “probatorio”- per le ragioni che seguono – ad avviso di questa Corte - appare allora assolutamente idoneo a concretizzare la responsabilità del calciatore Riccardo Fissore in ordine alla contestazione mossa dalla Procura Federale e condivisa dal giudice di prime cure il quale, a differenza di quanto assunto dalla difesa, nel valutare la richiesta del requirente, ha analizzato le dichiarazioni di Gervasoni, Carobbio e Pellicori inserendole in un contesto organico e perfettamente credibile. Appare, pertanto, a questo Collegio che gli elementi che precedono, tra loro assolutamente congruenti e non assistiti da diversa rappresentazione dei fatti o evidenti contraddizioni, siano idonei a confermare l’affermata responsabilità del calciatore Riccardo Fissore. Infatti, quanto all’intensità e valenza del livello probante delle acquisizioni deve ricordarsi come il TNAS, più volte invocato nel corso del giudizio innanzi questa Corte, abbia affermato, in procedimenti similari a quello odierno che “per ritenere la responsabilità da parte del soggetto incolpato di una violazione disciplinare sportiva non è necessaria la certezza assoluta della commistione dell’illecito – certezza che, peraltro, nella maggior parte dei casi sarebbe una mera astrazione – né il superamento del ragionevole dubbio, come nel diritto penale. Tale definizione dello standard probatorio ha ricevuto, nell’ordinamento sportivo, una codificazione espressa in materia di violazione delle norme antidoping, laddove si prevede che il grado di prova richiesto, per poter ritenere sussistente una violazione, deve essere comunque superiore alla semplice valutazione delle probabilità , ma inferiore all’esclusione di ogni ragionevole dubbio. A tale principio deve assegnarsi una portata generale, sicché deve ritenersi sufficiente un grado inferiore di certezza, ottenuta sulla base di indizi gravi, precisi e concordanti, in modo tale da acquisire una ragionevole certezza in ordine alla commissione dell’illecito” (TNAS Amodio/FIGC del 10.2.2012, principio confermato in TNAS Signori/FIGC del 26.4.2012 “per irrogare la condanna di un illecito sportivo è sufficiente un grado di prova superiore al generico livello probabilistico, non essendo necessaria, al contrario, né la certezza assoluta dell’ascrivibilità della condotta illecita, né il superamento del ragionevole dubbio. Ciò in relazione alla finalità dell’ordinamento federale di garantire, attraverso una rapida e certa repressione delle condotte antisportive, la regolarità delle gare e, per essa, i fondamentali valori giuridici settoriali della correttezza e lealtà delle competizioni (art. 1 legge n. 401/1998); fine da perseguire peraltro con assai più limitati strumenti di indagine rispetto a quelli a disposizione dell’A.G.O.”) Ora, anche a voler trascendere da ogni disquisizione circa l’esatto limite tra probabilità rafforzata e raggiungimento di un convincimento oltre ogni possibile dubbio, si deve affermare che la responsabilità nella commissione dell’illecito sportivo è fattispecie che non può non scontare la difficoltà dell’acquisizione probatoria in senso pieno, essendo essa ontologicamente e funzionalmente legata a comportamenti per loro natura sfuggevoli, che trovano quasi sempre il solo riscontro nelle affermazioni dei partecipi al progetto illecito. Ma la ricordata difficoltà può essere superata ove si acquisisca una serie organica di elementi aventi una loro congruità oggettiva e generale che fanno raggiungere, al giudicante, il sereno convincimento, sulla base delle dichiarazioni e dei riscontri effettuati sulla loro genuinità, sull’ assoluta verosimiglianza di quanto riferito. Nel caso in esame non può mettersi in dubbio che il Gervasoni sia stato soggetto a pieno titolo inserito nell’organizzazione, al pari di Carobbio, e che altri tesserati abbiano dato adesione al progetto nel momento in cui la squadra di appartenenza disputava determinati incontri suscettibili di alterazione; che le partite in esame siano state oggetto di progetti di “combine” poi realizzatisi o meno per circostanze non sempre derivanti da resipiscenze dei partecipi; che i plurimi contatti tra i giocatori coinvolti anche nel presente caso non possano dirsi fortuiti ma certificativi del vincolo solidale tra di essi raggiunto. Si tratta, quindi, di circostanze che, sebbene esterne ad ogni singolo episodio riguardante il Fissore, depongono per la genuinità del quadro associativo descritto dai soggetti collaboranti e delle singoli posizioni dei tesserati all’interno di esso, sia in veste di organizzatori che di semplici aderenti. Nel corso del dibattimento non si è, al contrario, raggiunta alcuna prova, alcun serio indizio, che le dichiarazioni del Gervasoni siano state – soprattutto nel caso di specie – vulnerate da gravi contraddizioni oppure costruite ad arte per risentimento personale nei confronti di soggetto che ha confessato avere col dichiarante un rapporto amicale. D’altronde, il Gervasoni riferisce fatti e circostanze che trovano pieno riscontro nelle dichiarazioni altrui. Come dimostrato dal complessivo giudizio di prime cure e a riprova della compiuta, serena valutazione degli elementi accusatori formulati dalla Procura Federale nelle fattispecie oggetto di appello, il riferito coinvolgimento del Fissore nel progetto (realizzatosi) dell’alterazione della gara Empoli/Mantova ed in quello non realizzatosi delle partite Grosseto/Mantova, Brescia/Mantova e Cittadella/Mantova ha trovato indiretta ma sicura conferma nelle dichiarazioni del Pellicori e in quelle del Carobbio che attestano incontrovertibilmente la cosciente partecipazione del Fissore al disegno criminoso. Tutte fattispecie perfettamente compatibili con il quadro emergente dalla generale summa dei riscontri raggiunti sull’esistenza dell’organizzazione, sui soggetti partecipi e sulla fitta rete di rapporti intessuti con i vari tesserati, conferma non revocata – in generale e nel particolare episodio oggetto di valutazione - nella presente fase. Alla luce della complessiva motivazione sopra riportata, il reclamo del tesserato Riccardo Fissore deve essere respinto con conferma integrale, sul punto, della decisione della Commissione Disciplinare Nazionale. Per questi motivi la C.G.F. respinge il ricorso come sopra proposto dal calciatore Riccardo Fissore e dispone incamerarsi la tassa reclamo.
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