F.I.G.C. – CORTE DI GIUSTIZIA FEDERALE – Sezioni Unite – 2012/2013 – Decisione pubblicata sul sito web: www.figc.it e sul Comunicato ufficiale n. 02/CGF del 2 – 3 -5 e 6 Luglio 2012 con motivazioni pubblicate sul Comunicato ufficiale n. 033/CGF del 27 agosto 2012 e su www.figc.it 38) RICORSO DEL CALC. EDOARDO CATINALI AVVERSO LA SANZIONE DELLA SQUALIFICA PER MESI 9, INFLITTA AI SENSI DEGLI ARTT. 6, E ART. 7 COMMA 7, C.G.S., IN RELAZIONE ALLA GARA ALBINOLEFFE – PIACENZA DEL 20.12.2010, SEGUITO DEFERIMENTO DEL PROCURATORE FEDERALE – NOTA N. 8011/33PF11- 12/SP/BLP DELL’8.5.2012 – (Delibera della Commissione Disciplinare Nazionale – Com. Uff. n. 101/CDN del 18.6.2012)

F.I.G.C. – CORTE DI GIUSTIZIA FEDERALE – Sezioni Unite - 2012/2013 – Decisione pubblicata sul sito web: www.figc.it e sul Comunicato ufficiale n. 02/CGF del 2 – 3 -5 e 6 Luglio 2012 con motivazioni pubblicate sul Comunicato ufficiale n. 033/CGF del 27 agosto 2012 e su www.figc.it 38) RICORSO DEL CALC. EDOARDO CATINALI AVVERSO LA SANZIONE DELLA SQUALIFICA PER MESI 9, INFLITTA AI SENSI DEGLI ARTT. 6, E ART. 7 COMMA 7, C.G.S., IN RELAZIONE ALLA GARA ALBINOLEFFE – PIACENZA DEL 20.12.2010, SEGUITO DEFERIMENTO DEL PROCURATORE FEDERALE - NOTA N. 8011/33PF11- 12/SP/BLP DELL’8.5.2012 – (Delibera della Commissione Disciplinare Nazionale – Com. Uff. n. 101/CDN del 18.6.2012) Con ricorso preannunciato e formalizzato nei termini abbreviati di cui al Com. Uff. n. 153/A/2012, il sig. Edoardo Catinali, calciatore – all’epoca dei fatti tesserato per la Piacenza Calcio F.C. S.p.A. -, ha proposto reclamo avverso quanto deciso, nei suoi confronti, dalla Commissione Disciplinare Nazionale, così come riportato in epigrafe, lamentando l’assoluta infondatezza della tesi accusatoria condivisa dal giudice di prime cure, non solo in relazione a fattispecie di illecito sportivo (non oggetto di devoluzione in questa sede) ma anche e soprattutto con riferimento all’ipotesi di aver omesso di denunciare il disegno illecito di alterare il regolare svolgimento della gara Albinoleffe/Piacenza del 20 dicembre 2010, di cui sarebbe stato a conoscenza nonché di aver effettuato, profittando di quanto a sua conoscenza, una scommessa in denaro sulla medesima partita. La difesa del calciatore, rappresentata dagli avv.ti Eduardo Chiacchio, Rosita Gervasio e Michele Cozzone ha chiesto l’integrale riforma della decisione del giudice di primo grado lamentandone l’incongrua e insufficiente costruzione motivazionale e probatoria, quest’ultima fondata sulle sole dichiarazioni accusatorie di Carlo Gervasoni, recepite integralmente dalla Commissione Disciplinare che, contestualmente, avrebbe negato rilievo alle favorevoli testimonianze rese da altri. Ci si duole, pertanto, del credito dato dalla Commissione Disciplinare Nazionale alle affermazioni autoeteroaccusatorie del Gervasoni, asseritamente prive di alcun riscontro oggettivo per quanto riguarda la condotta del Catinali, rilasciate peraltro tardivamente, in maniera laconica, non puntuale, connotate anche da talune contraddizioni, inquinate forse da un risentimento astioso verso il Catinali e senza che la stessa Commissione abbia dato, invece, il minimo rilievo alle dichiarazioni – di segno contrario – rilasciate da altri tesserati in relazione al medesimo contesto sportivo oggetto di indagine (partita Albinoleffe/Piacenza del 20 dicembre 2010) e alle asserzioni di talaltro circa la correttezza sportive dello stesso giocatore. La doglianza è rivolta, quindi, avverso una decisione asseritamente viziata da carenza probatoria a supporto della sanzione inflitta all’esito di un procedimento indiziario e si chiede che, in riforma, la squalifica inflitta al Catinali, in riferimento a due precise fattispecie, sia revocata con assoluzione del medesimo da ogni addebito. Per una migliore intelligenza delle questioni oggetto di cognizione, va detto, al riguardo, che il procedimento in esame trae origine dal deferimento operato dalla Procura Federale sulla base di risultanze investigative della Procura della Repubblica di Cremona in merito ad una vasta associazione delinquenziale finalizzata ad alterare, tramite il fattivo coinvolgimento di tesserati, i risultati di molte partite del campionato italiano di calcio delle diverse categorie e, per effetto delle scommesse effettuate sul loro esito, finale o parziale e sul numero delle reti realizzate, trarre ingenti profitti illeciti. L’autonoma attività della Procura Federale consentiva, secondo l’impianto accusatorio, di acquisire elementi di oggettivo conforto sulla sussistenza sia di un’associazione creata in dispregio di quanto previsto dall’art. 9 C.G.S., sia della fitta rete di contatti stabili tra i tesserati, assolutamente congruenti allo scopo del sodalizio (ossia quello di alterare il normale contesto agonistico delle partite, anche attraverso un’intensa opera di reclutamento, affiliazione o anche solo episodica partecipazione di altri tesserati) sia, da ultimo, di appurare come il sistema godesse di un’interessata omertà da parte di coloro che, pur non direttamente partecipi al progetto criminoso, ne traevano profitto effettuando scommesse in violazione, anche qui, del divieto imposto dall’art.6 C.G.S.. Su questo quadro di fondo va inserita la specifica vicenda oggetto della presente cognizione. La Procura Federale, nel suo atto di deferimento alla Commissione Disciplinare Nazionale ha assunto che Carlo Gervasoni, in dichiarazioni rese alla Autorità Giudiziaria ordinaria di Cremona, in contesti temporali ravvicinati e comunque nel periodo dicembre 2011-marzo 2012 e, subito dopo (aprile 2012), agli inquirenti della F.I.G.C., aveva riferito che per quanto riguardava la partita Albinoleffe/Piacenza del 20.12.2010, il suo collega Cassano, anche lui calciatore – all’epoca – del Piacenza, gli aveva riferito che la gara era stata oggetto di un accordo illecito tra le due società e, in epoca successiva, gli aveva anche confidato, nel confermargli la consumazione del factum sceleris, alcuni particolari sulle modalità e tempi dell’accordo. Personalmente, poi, lo stesso Gervasoni era stato testimone di episodi che ex post, indirettamente avrebbero confermato l’avvenuta “combine”. Invero, i tesserati autori delle “confidenze” hanno negato, agli inquirenti federali, di aver riferito allo Gervasoni quei fatti o quelle circostanze descritte dal medesimo all’A.G., oppure di essere stati presenti ad episodi che si presentavano, per modalità e luoghi, compatibili con la realizzazione dell’illecito ma la Procura Federale ha ritenuto superabili tali dichiarazioni negatorie sulla base dei riscontri indiretti che deponevano, per taluni di loro, per l’affiliazione all’associazione criminosa o per la loro diretta partecipazione al progetto di alterare singole gare, per cui ha provveduto ad emettere l’atto di deferimento. La Commissione Disciplinare Nazionale, con specifico riguardo alla partita Albinoleffe/Piacenza del 20.12.2010, ha sancito la responsabilità per violazione dell’art. 7, commi 1, 2 e 5, con l’aggravante di cui al comma 6 C.G.S., dei tesserati Cassano, Rickel e De Falco, per quella ex art. 7, comma 7 C.G.S. dei tesserati Catinali e Cossato e per violazione dell’art. 6 C.G.S. dei tesserati Cassano, Catinali, Cossato e Zamperini. Analoga e conseguente responsabilità è stata sancita per le società di appartenenza coinvolte. Il sig. Catinali è stato invece assolto dal deferimento ex art. 7, commi 1,2 e 5 C.G.S. non essendo “stata raggiunta la piena prova” di un suo ruolo attivo nell’illecito. Dinanzi a questa Corte il giorno 2 luglio 2012, l’avv. Eduardo Chiacchio e il Procuratore Federale avv. Stefano Palazzi hanno ribadito le proprie tesi e concluso per l’accoglimento delle rispettive domande. La Corte esaminati gli atti e valutate appieno le argomentazioni addotte dalle rispettive parti a sostegno delle loro tesi, ritiene che il ricorso proposto dal tesserato Edoardo Catinali non possa essere accolto. Le contestazioni, in punto di fatto e in sintesi, sono due: 1) l’aver omesso di denunciare l’illecito accordo finalizzato ad alterare lo svolgimento e l’esito della gara Albinoleffe/Piacenza del 20 dicembre 2010; 2) aver effettuato, sul medesimo incontro, una scommessa in denaro. L’appellante si duole del fatto che la Commissione Disciplinare Nazionale abbia irrogato la sanzione de qua condividendo appieno la tesi accusatoria, completamente fondata – a suo avviso – sulle dichiarazioni rese del calciatore Carlo Gervasoni dinanzi alla Autorità Giudiziaria ordinaria e alla Procura Federale ma senza sottoporre ad analisi critica le asserzioni – di segno opposto – rese da altri tesserati. La decisione che segue merita di essere ascritta in un quadro descrittivo fenomenico e giuridico che consente una migliore intelligibilità della vicenda. A seguito di notizie stampa circa attività istruttoria condotta dalla Procura della Repubblica di Cremona in merito all’esistenza di una associazione per delinquere finalizzata alla frode sportiva mediante alterazione del corretto svolgimento di partite di calcio dei vari campionati svolgentisi sotto l’egida federale (reato mezzo) ed effettuazione di scommesse in denaro sulle stesse gare, dall’esito scontato alla luce dell’attività presupposta (reato fine), scommesse in ogni caso vietate ai tesserati ai sensi dell’art. 6 C.G.S., il Procuratore Federale aveva richiesto agli inquirenti di poter acquisire copia degli atti di interesse per poter avviare l’azione di propria competenza. Acquisita, nel corso di proficua e prolungata collaborazione, la documentazione messa a disposizione dall’Autorità Giudiziaria ordinaria (Procura della Repubblica ed Ufficio del G.I.P. del Tribunale di Cremona) la Procura Federale ha provveduto ad effettuare attività istruttoria, nel corso della quale i tesserati, che nella precedente sede avevano fornito ampia ed illuminante collaborazione, hanno confermato le loro dichiarazioni autoeteroaccusatorie mentre altri hanno negato il loro coinvolgimento. Va detto, in primo luogo, che non può dubitarsi (e nessuno degli appellanti lo contesta) dell’esistenza di una vasta e radicata organizzazione delinquenziale transnazionale gestita, al vertice, da soggetti estranei all’ordinamento sportivo ma nella quale si collocavano indubitabilmente in posizione di assoluto rilievo (vedi, da ultimo, ordinanza custodia cautelare in calce emessa dal G.I.P. del Tribunale di Cremona del 2 febbraio 2012) tesserati di questa Federazione, ai quali era stata affidata la responsabilità di coinvolgere altri tesserati in tutte le fasi, preparatorie ed esecutive, del disegno criminoso nonché di “garantire” il buon esito degli accordi illeciti. Il raggiunto grado di certezza – anche se allo stato di indagini preliminari penali – della sua esistenza, delle sue dimensioni transazionali e della sua pericolosità, ancorché acclarata nell’ambito di un ordinamento giudiziario diverso e indipendente rispetto all’ordinamento sportivo (autonomia dell’ordinamento sportivo confermata dalla Corte Costituzionale in sent. n. 49/2011), non può non aver riflessi incidenti in quest’ultimo, anche se le risultanze cui si è pervenuti in quella sede debbano essere intese solo come risultato fattuale suscettivo di autonoma valutazione, senza elisione della possibilità di procedere sia ad autonome acquisizioni istruttorie circa fatti indicanti responsabilità personali od oggettive sia alla formazione di un convincimento proprio, fondato appunto su una distinta valutazione circa la sussistenza o meno di comportamenti costituenti violazione di norme federali. Autonomia di giudizio che non esclude, ovviamente, che si possa giungere a coerenti e sovrapponibili affermazioni di responsabilità, atteso che norme penali e regole federali hanno, pur con genesi diversa e procedimentalizzazioni perspicue, finalità omogenee quanto all’affermazione di comportamenti rispettosi di principi superindividuali ed essenziali per l’organizzazione sociale che costituisce il sostrato applicativo di entrambi gli ordinamenti . Principi e regole che pur, esplicando la loro diretta ed immediata incidenza nell’ordinamento che li prevedono, non escludono che la loro essenza possa essere – per la loro forza persuasiva e intrinseca condivisione e anche nell’impossibilità di un loro puntuale richiamo e rinvio - trasfusa in ordinamenti diversi nella generale esigenza, propria di ogni società civile, di salvaguardare – sempre e comunque – i valori etici fondanti ogni communitas, antica o moderna che sia. La vigenza di principi fondamentali, comuni in tutti gli ordinamenti fa sì che anche nell’ordinamento sportivo – e federale in questo caso – ogni responsabilità sia affermata in base ad oggettivi riscontri e non mere illazioni, dicerie, congerie che non hanno dignità di prova o argomento di prova. Nell’implicito richiamo a questo principio cardine di ogni sistema processuale la difesa del sig. Catinali si duole che il suo assistito sia stato punito, con sanzione gravemente afflittiva, in base alle sole dichiarazioni di soggetto sodale ad un sistema criminoso che avrebbe coinvolto il Catinali solo in un momento successivo rispetto alle sue prime dichiarazioni accusatorie e rimaste asseritamente prive di oggettivi riscontri. Sul punto deve affermarsi che se è vero che l’ordinamento giustiziale federale improntato a dare celere risposta ai comportamenti che vengono portati alla sua cognizione per il rispetto di un’esigenza di ordine pubblico delle manifestazioni sportive, è altresì vero che la risposta non può concretizzarsi in una sorta di giustizia sommaria e meramente indiziaria: celerità e giustizia effettiva non sono termini antitetici di un sistema ma assolutamente complementari in un contesto processuale che ha quale suo essenziale scopo quello di ripristinare l’ordine giuridico violato. E, allora, se l’esigenza era ed è quella di valutare l’efficacia probatoria delle dichiarazioni rese dal Gervasoni non può dirsi che ciò non sia stato fatto dal giudice di primo grado solo per la mancanza di improbabili riscontri oggettivi esterni o perché non si sia dato credito a dichiarazioni che appaiono, prima facie, prive di essenziali connotazioni di disinteresse e genuinità oppure non manifestamente rilevanti. Il naturale termine di paragone cui fare rinvio per valutare le dichiarazioni di Gervasoni è quello posto dall’art. 192, commi 3 e 4 c.p.p. e la giurisprudenza della Suprema Corte di Cassazione ha avuto costantemente modo di affermare che “In tema di valutazione della prova, allorché il chiamante in correità rende dichiarazioni che concernono una pluralità di fatti-reato commessi dallo stesso soggetto e ripetuti nel tempo, l’elemento esterno di riscontri in ordine ad alcuni di essi fornisce sul piano logico la necessaria integrazione probatoria a conforto della chiamata anche in relazione agli altri purché sussistano ragioni idonee a suffragare un tale giudizio e ad imporre una valutazione unitaria delle dichiarazioni accusatorie, quali l’identica natura dei fatti in questione, l’identità dei protagonisti o di alcuni di loro, l’inserirsi dei fatti in un rapporto intersoggettivo unico e continuativo. Infatti, gli elementi integratori della prova costituita da dichiarazioni rese da un imputato dello stesso reato o di un reato connesso, ex art. 192 c.p.p., comma 3, possono essere della più varia natura, e quindi anche di carattere logico, purché riconducibili a fatti esterni a quelle dichiarazioni” (Cass. pen. VI sez., n. 41352/2010 e giurisprud. ivi richiamata). La conseguenza, sul piano ermeneutico, è che le dichiarazioni di un correo che descrive un complesso fenomenico che, nella sua generalità, si è dimostrato attendibile, non possono essere messe in discussione se, nel riferire una quantità significativa di episodi, incorra in qualche errore di dettaglio o non emerga quel riscontro oggettivo principe quale la c.d. smoking gun o il documento formale di natura negoziale che impegni i sodali allo svolgimento dell’attività criminosa. Il riscontro, sul piano logico, di un singolo fatto può essere ragionevolmente rinvenuto allorché esso si inserisce – senza palesi contraddizioni – in un contesto più generale che ha trovato oggettive e positive verifiche esterne. Nel caso di specie, l’alterazione della partita Albinoleffe/Piacenza ha assunto, nelle stesse risultanze dell’A.G. ordinaria, ruolo di assoluto emblema dell’attività associativa illecita, apprezzabile dall’anomalo ammontare delle scommesse e dalla particolare caratteristica rappresentata dal singolare risultato over delle segnature. Di questo singolo episodio il Gervasoni riferisce, in un primo momento, al GIP di Cremona, in data 22.12.2012, “so solo per sentito dire relativamente alla partita Albinoleffe-Piacenza. Io giocavo a Cremona” e cinque giorno dopo, al P.M. della stessa città dichiara “Quanto alla partita Piacenza –Albinoleffe del 20 dicembre 2010 (correttamente Albinoleffe-Piacenza n.d.r.) disputatasi in un periodo in cui ero a Cremonese, ricordo che Cassano, portiere del Piacenza, quando fui trasferito a quest’ultima squadra, mi disse che l’incontro era stato combinato dalle due dirigenze. Secondo il predetto erano d’accordo sia i giocatori che le società tant’è che lo stesso scommise una certa cifra tramite Zamperini mentre anche i fratelli Cossatto mi riferivano di avere a loro volta scommesso una somma di denaro dopo aver ricevuto conferma dell’avvenuta manipolazione della partita grazie a Rickler e Passoni…” Ancora, alla stessa A.G. in data 12.3.2012 lo stesso Gervasoni riferisce, ad ulteriore precisazione, di aver saputo, sempre da Cassano, che alcuni giocatori si erano recati dal Direttore sportivo De Falco per ottenere una sorta di placet alla “combine” e che “anche Catinali del Piacenza sapeva di questa combine tant’è vero che sia lui che Cassano scommisero una somma per mezzo di Zamperini”. Ora, se è vera, sul piano prettamente materiale, la circostanza addotta dalla difesa che la posizione del Catinali trova descrizione solo in poche righe di tutta la deposizione complessiva del Gervasoni, è pur vero che questo non è elemento idoneo a rendere meno attendibile o rilevante la notizia di un coinvolgimento del Catinali - peraltro riportata da soggetto sicuramente inserito nell’organizzazione e la cui responsabilità e ruolo sono stati accertati senza il minimo dubbio – al pari dell’argomentazione difensiva che tra i due vi sarebbero stati motivi di antipatia o rancore per passati episodi. Infatti, se la marginalità della riferita circostanza potrebbe trovare una sua ipotetica giustificazione nel mancato inserimento stabile del Catinali nell’organizzazione criminosa (così da farlo partecipare, attivamente, alla fase progettuale dell’alterazione delle gare), priva di effettivo rilievo è anche l’argomentazione che il Gervasoni avrebbe coinvolto il Catinali solo per astio, atteso che il Gervasoni ha riferito episodi illeciti anche su persone con i quali non aveva, per tabulas, motivi di risentimento (come ammesso dallo stesso Rickel ed anche da Cassano). Il Gervasoni, per quanto attiene al Catinali, ha solo affermato di aver saputo da Cassano che questi avrebbe “profittato” della notizia della ideata combine per lucrarci attraverso il correlato giro di scommesse affidandosi, alla pari del Cassano, ad un personaggio di livello dell’organizzazione, ovverosia Zamperini. Su questo, se è vero che Rickel mantiene una posizione assolutamente negatoria, anche su fatti che invece trovano riscontro nelle attività investigative e che Zamperini ha ammesso dinanzi al GIP di Cremona un suo coinvolgimento nelle pratiche illecite con Gervasoni, è anche vero che il tesserato Carobbio parla di un “coinvolgimento” del Catinali con il Cassano per alterare la partita Siena-Piacenza del 19.2.2011 (dichiarazione al Procuratore Federale del 29.2.1012), confermando analoga dichiarazione del Gervasoni al P.M. di Cremona del 27.12.2011 dimostrando con ciò, quanto meno, lo stabile collegamento del Catinali con tutti i soggetti che, a vario titolo, hanno assunto un ruolo fattivo e costante nell’organizzazione criminale nonché suoi collegamenti con giocatori, delle varie squadre coinvolti nei tentativi di “combine”. Non appare così inverosimile, allora, che il Catinali abbia appreso del progetto di accordo per alterare la partita Albinoleffe–Piacenza sopra descritta e, pur non partecipandovi, non solo abbia omesso di denunciare il disegno criminoso, come suo preciso dovere ai sensi dell’art. 7, comma 7 C.G.S. ma addirittura, contravvenendo alla norma di cui all’art. 6 C.G.S., effettuato una scommessa in denaro sulla stessa gara. Né a diversa conclusione può far giungere il descritto carattere ombroso del Catinali perché questo dimostrerebbe, semmai, la sua inaffidabilità a renderlo partecipe di un disegno criminoso non privo di rischi ma non ad impedirgli né di avere stabili contatti con i suoi colleghi coinvolti a pieno titolo nell’organizzazione né, ancor più, di tacere sulla notitia criminis appresa né, da ultimo, di effettuare una scommessa. Né a diversa conclusione può condurre la dichiarazione di stima di De Falco, persona comunque coinvolta nell’inchiesta. Quanto acquisito su di un piano comunque “probatorio”- per le ragioni che seguono – ad avviso di questa Corte appare sufficiente a concretizzare la responsabilità del Catinali in ordine ad entrambe le fattispecie sanzionate dal giudice di prime cure. Il TNAS, più volte invocato nel corso del giudizio innanzi questa Corte, ha affermato, in procedimenti similari a quello odierno “per ritenere la responsabilità da parte del soggetto incolpato di una violazione disciplinare sportiva non è necessaria la certezza assoluta della commistione dell’illecito – certezza che, peraltro, nella maggior parte dei casi sarebbe una mera astrazione – né il superamento del ragionevole dubbio, come nel diritto penale. Tale definizione dello standard probatorio ha ricevuto, nell’ordinamento sportivo, una codificazione espressa in materia di violazione delle norme antidoping, laddove si prevede che il grado di prova richiesto, per poter ritenere sussistente una violazione, deve essere comunque superiore alla semplice valutazione delle probabilità , ma inferiore all’esclusione di ogni ragionevole dubbio. A tale principio deve assegnarsi una portata generale, sicché deve ritenersi sufficiente un grado inferiore di certezza, ottenuta sulla base di indizi gravi, precisi e concordanti, in modo tale da acquisire una ragionevole certezza in ordine alla commissione dell’illecito” (TNAS Amodio/FIGC del 10.2.2012, principio confermato in TNAS Signori/FIGC del 26.4.2012 “per irrogare la condanna di un illecito sportivo è sufficiente un grado di prova superiore al generico livello probabilistico, non essendo necessaria, al contrario, né la certezza assoluta dell’ascrivibilità della condotta illecita, né il superamento del ragionevole dubbio. Ciò in relazione alla finalità dell’ordinamento federale di garantire, attraverso una rapida e certa repressione delle condotte antisportive, la regolarità delle gare e, per essa, i fondamentali valori giuridici settoriali della correttezza e lealtà delle competizioni (art. 1 legge n. 401/1998); fine da perseguire peraltro con assai più limitati strumenti di indagine rispetto a quelli a disposizione dell’A.G.O.”) Ora, anche a voler trascendere da ogni disquisizione circa l’esatto limite tra probabilità rafforzata e ragionevolezza del convincimento oltre ogni possibile dubbio, si deve affermare che la responsabilità nella commissione dell’illecito sportivo è fattispecie che non può non scontare la difficoltà dell’acquisizione probatoria in senso pieno, essendo essa ontologicamente e funzionalmente legata a comportamenti per loro natura sfuggevoli, che trovano quasi sempre il solo riscontro nelle affermazioni dei partecipi al progetto illecito. Ma la ricordata difficoltà può trovare il suo superamento in un fattore corroborante rappresentato da un complesso seriale di elementi di congruità oggettiva e generale che fanno raggiungere, al giudicante, il sereno convincimento, sulla base delle dichiarazioni e dei riscontri effettuati sulla loro genuinità, della assoluta verosimiglianza di quanto riferito. Nel caso in esame non può mettersi in dubbio che il Gervasoni sia stato soggetto a pieno titolo inserito nell’organizzazione, al pari di Carobbio, Zamperini ed altri; che la partita in esame sia stata oggetto di un progetto di “combine” poi realizzatosi (perché altrimenti non si spiegherebbe l’anomalo flusso di scommesse vincenti); che i plurimi contatti tra i giocatori coinvolti anche nel presente caso non possano dirsi fortuiti ma certificativi del vincolo solidale tra di essi raggiunto. Si tratta, quindi, di circostanze che, sebbene esterne al singolo episodio riguardante il Catinali, depongono per la genuinità del quadro associativo descritto dai soggetti collaboranti e delle singoli posizioni dei tesserati all’interno di esso, sia in veste di organizzatori che di semplici operatori o, di volta in volta, di profittatori omertosi. Nel corso del dibattimento non si è, al contrario, raggiunta alcuna prova, alcun serio indizio, che le dichiarazioni del Gervasoni siano state – soprattutto nel caso di specie – vulnerate da gravi contraddizioni oppure costruite ad arte per risentimento personale nei confronti di soggetti completamente estranei. D’altronde, il Gervasoni riferisce le confidenze di un soggetto, il Cassano, sicuramente partecipe al sodalizio e coinvolto in plurimi progetti criminosi. Come dimostrato dal giudizio di prime cure e a riprova della compiuta, serena valutazione degli elementi accusatori formulati dalla Procura Federale, qualora le stesse dichiarazioni non abbiano trovato il benché minimo riscontro il soggetto interessato (Catinali) è stato mandato assolto dallo specifico addebito. Nelle fattispecie oggetto di appello, relative all’omessa denuncia del progetto criminoso a conoscenza e all’effettuazione della scommessa in denaro questa Corte ritiene, invece, che esse abbiano trovato ragionevole conferma dalla generale summa dei riscontri raggiunti sull’esistenza dell’organizzazione, sui soggetti partecipi e sulla fitta rete di rapporti intessuti con i vari tesserati, conferma non revocata nella presente fase. Alla luce della complessiva motivazione sopra riportata, il reclamo del tesserato Edoardo Catinali deve essere respinto con conferma integrale, sul punto, della decisione della Commissione Disciplinare Nazionale. Per questi motivi la C.G.F. respinge il ricorso come sopra proposto dal calciatore Edoardo Catinali e dispone incamerarsi la tassa reclamo.
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