F.I.G.C. – CORTE DI GIUSTIZIA FEDERALE – Sezioni Unite – 2012/2013 – Decisione pubblicata sul sito web: www.figc.it e sul Comunicato ufficiale n. 291/CGF del 08 Giugno 2012 con motivazioni pubblicate sul Comunicato ufficiale n. 081/CGF del 05 Novembre 2012 e su www.figc.it 6) RICORSO DEL SIGNOR COSCIA MATTEO (AGENTE DI CALCIATORI) AVVERSO SANZIONE DELL’AMMENDA DI € 5.000,00 INFLITTA SEGUITO DEFERIMENTO DEL PROCURATORE FEDERALE PER VIOLAZIONE DELL’ART. 1, COMMA 1, C.G.S., IN RELAZIONE A QUANTO PREVISTO DALL’ART. 3, COMMA 1, E 19, COMMI 3 E 5, DEL REGOLAMENTO AGENTI DI CALCIATORI – NOTA N. 6941/856 PF11-12/AM/MA DEL 3.4.2012 (Delibera della Commissione Disciplinare Nazionale – Com. Uff. 98/CDN del 21.5.2012)
F.I.G.C. – CORTE DI GIUSTIZIA FEDERALE – Sezioni Unite - 2012/2013 – Decisione pubblicata sul sito web: www.figc.it e sul Comunicato ufficiale n. 291/CGF del 08 Giugno 2012 con motivazioni pubblicate sul Comunicato ufficiale n. 081/CGF del 05 Novembre 2012 e su www.figc.it
6) RICORSO DEL SIGNOR COSCIA MATTEO (AGENTE DI CALCIATORI) AVVERSO SANZIONE DELL’AMMENDA DI € 5.000,00 INFLITTA SEGUITO DEFERIMENTO DEL PROCURATORE FEDERALE PER VIOLAZIONE DELL’ART. 1, COMMA 1, C.G.S., IN RELAZIONE A QUANTO PREVISTO DALL’ART. 3, COMMA 1, E 19, COMMI 3 E 5, DEL REGOLAMENTO AGENTI DI CALCIATORI - NOTA N. 6941/856 PF11-12/AM/MA DEL 3.4.2012 (Delibera della Commissione Disciplinare Nazionale – Com. Uff. 98/CDN del 21.5.2012)
Il sig. Matteo Coscia ha proposto, come rappresentato e difeso, reclamo ex art. 37 C.G.S. avverso la sanzione dell’ammenda di € 5.000,00 inflitta dalla C.D.N. con delibera di cui al Com. Uff. n. 98/CDN del 21.5.2012. Con nota in data 20.2.2012 la Commissione Agenti di Calciatori comunicava all’agente Matteo Coscia ed al calciatore Giuseppe Perrino che il mandato n. 0829 Coscia/Perrino sottoscritto in data 31.12.2011 era nullo «in quanto all’atto del conferimento il calciatore non aveva lo status da “professionista”, in violazione a quanto previsto dall’art. 3 comma 1 del vigente Regolamento Agenti». Per quanto di competenza, nota e correlata documentazione venivano inviate alla Procura Federale. Con atto del 3.4.2012 la Procura Federale deferiva alla Commissione Disciplinare Nazionale: - il sig. Coscia Matteo per la violazione di cui all’art. 1, comma 1, C.G.S., in relazione a quanto previsto dall’art. 3, comma 1, e 19, commi 3 e 5, del Regolamento Agenti, per avere omesso, in qualità di agente, di accertare l’effettivo status di professionista del tesserato che gli ha conferito il mandato; - il calciatore Perrino Giuseppe per la violazione di cui all’art. 1, comma 1, C.G.S., in relazione a quanto previsto dall’art. 29, commi 1 e 2, N.O.I.F., per essersi qualificato calciatore professionista al momento del conferimento del mandato all’agente di calciatori Coscia Matteo senza rivestire tale qualifica essendo ancora calciatore dilettante; - la S.S. Ebolitana S.r.l. a titolo di responsabilità oggettiva, ai sensi dell’art. 4, comma 2, C.G.S. con riferimento alla condotta ascritta al proprio tesserato. Nei termini assegnati, Matteo Coscia presentava memoria difensiva deducendo l’insussistenza della violazione contestata. Infatti, a dire dell’agente, al momento della sottoscrizione del mandato il calciatore aveva già acquisito lo status di professionista, avendo già disputato, quale “giovane di serie”, un numero di gare che comporta l’immediata e automatica acquisizione dello status di professionista. Contestava, inoltre, il predetto deferito, violazione ed erronea applicazione dell’art. 3, comma 1, del vigente Regolamento Agenti e di ogni altra richiamata disposizione, in quanto le stesse qualificano l’attività di agente solo quale opera di assistenza a calciatori professionisti, per cui ogni altra e diversa attività non sarebbe rilevante ai fini federali. Per tali ragioni, Matteo Coscia ha chiesto il proscioglimento per assoluta insussistenza delle contestazioni formulate a suo carico. Alla riunione del 17.5.2012 innanzi alla C.D.N. è comparso il rappresentante della Procura Federale che ha concluso per l’accoglimento del deferimento e l’irrogazione della sanzione dell’ammenda di € 1.000,00 per la S.S. Ebolitana S.r.l., l’ammenda di € 5.000,00 per Matteo Coscia e la squalifica per 2 giornate per il calciatore Giuseppe Perrino. La C.D.N., esaminati gli atti e sentite le parti comparse, osservava, anzitutto, come «gli agenti di calciatori, pur non avendo ai sensi dell’art. 1, comma 3, del Regolamento Agenti, alcun vincolo associativo nei confronti della F.I.G.C. o di società di calcio affiliate alla F.I.G.C., non potendo essere considerati ad alcun titolo tesserati della F.I.G.C., sono comunque tenuti, ex art. 19, commi 3 e 5, del vigente Regolamento, all'osservanza delle norme federali, statutarie e regolamentari della F.I.G.C.». Ciò premesso, riteneva sussistenti «evidenti responsabilità a carico di entrambi i contraenti, in quanto il calciatore si è qualificato professionista mentre rivestiva lo status di dilettante e l'agente ha omesso di accertare l'effettivo status del tesserato al momento della sottoscrizione del mandato;
nonché della Società Ebolitana S.r.l. ai sensi dell'art. 4, comma 2, C.G.S. per quanto addebitato al suo tesserato». Infatti, l'art. 39 N.O.I.F., qualifica come professionisti «i calciatori che esercitano l'attività sportiva a titolo oneroso con carattere di continuità, tesserati per società di Lega Nazionale Professionisti e di Lega Nazionale di Serie C (ora Lega Italiana Calcio Professionistico)», mentre «all'epoca della sottoscrizione del mandato», osserva la C.D.N., «il calciatore Perrino Giuseppe aveva lo status di "dilettante" come risulta, altresì, dal certificato storico in atti». In tal ottica, la C.D.N. precisava che «a nulla rileva la partecipazione del calciatore a un numero di gare sufficiente a fargli acquisire lo status di professionista, in quanto rilevante, ai fini in questione, è l’avvenuta stipula nonché deposito formale di un contratto da professionista per legittimare l’operato dell’agente». Secondo la C.D.N., dunque, «i fatti come sopra rappresentati, integrano, a carico dei contraenti sig.ri Perrino Giuseppe, calciatore dilettante, e Coscia Matteo, Agente di calciatori iscritto nel Registro istituito presso la F.I.G.C., gli estremi delta violazione dei doveri di lealtà, correttezza e probità sportiva, di cui all'art. 1, comma 1, C.G.S., in relazione a quanto previsto dagli artt. 29, n. 2, N.O.I.F. e 3, comma 1, e 19, comma 3 e 5, del vigente Regolamento Agenti. La società risponde a titolo di responsabilità oggettiva, ai sensi dell’art. 4, comma 2, C.G.S. con riferimento alla condotta ascritta al proprio tesserato». Quanto al profilo sanzionatorio, la C.D.N. stimava eque le seguenti sanzioni: € 1.000,00 di ammenda nei confronti della soc. Ebolitana 1925 S.r.l.; € 5.000,00 di ammenda nei confronti di Coscia Matteo; squalifica di 2 giornate nei confronti di Perrino Giuseppe, da scontarsi in gare ufficiali. Avverso la suddetta decisione, per quanto in questa sede rileva, ha proposto reclamo il sig. Matteo Coscia. Nel proprio gravame, l’agente ritiene non sussistere il fatto per cui è sanzione, poiché «al momento della sottoscrizione del mandato di cui al deferimento, ovvero in data 31.12.2011, il calciatore Perrino Giuseppe aveva già acquisito lo status e la qualifica di professionista, per avere il medesimo disputato oltre 17 gare ufficiali con la S.S. Ebolitana 1925 S.r.l., all’epoca partecipante al campionato della Lega Pro di seconda divisione, così come risulta dai documenti depositati presso la C.D.N.». In tal ottica, prosegue il ricorrente, in «obbligata esecuzione» dell’art. 33 N.O.I.F., il calciatore di cui trattasi, «nel periodo immediatamente successivo all’accertamento che ci occupa», ha sottoscritto «con la medesima società il contratto professionistico». Deduce, inoltre, il ricorrente violazione ed erronea applicazione dell’art. 3, comma 1, del Regolamento Agenti, che qualifica «l’attività dell’agente solo quale opera di assistenza a calciatori professionisti (oltre che a società)». Di conseguenza, l’attività diversa da quella tipica regolamentata, «se non espressamente vietata, è semplicemente estranea alla regolamentazione con assoluta irrilevanza della stessa in ambito federale». Insta, quindi, il reclamante, perché sia disposto il suo totale proscioglimento «per assoluta insussistenza delle contestazioni a suo carico formulate», chiedendo, in via subordinata, tramutarsi «la sanzione pecuniaria irrogata, con quella della sospensione per il periodo minimo consentito». Alla seduta innanzi a questa C.G.F., tenutasi il giorno 8.6.2012, sono comparsi il rappresentante della Procura Federale, nonché il procuratore del reclamante, che hanno ribadito e precisato le rispettive deduzioni e conclusioni. Il reclamo merita parziale accoglimento, nei termini di seguito indicati. Occorre, anzitutto, premettere che se gli Agenti di calciatori sono liberi professionisti senza alcun vincolo associativo nei confronti della F.I.G.C. o di società di calcio affiliate alla medesima Federazione, e non possono essere considerati ad alcun titolo tesserati della F.I.G.C., gli stessi, ai sensi della norma di cui all’art. 19, comma 3, del Regolamento Agenti di calciatori, sono tenuti «all’osservanza delle norme federali, statutarie e regolamentari della F.I.G.C., delle confederazioni e della FIFA». Inoltre, la disposizione di cui all’art. 1, comma 3, del vigente predetto Regolamento, prevede espressamente che «gli Agenti, con la domanda e la successiva accettazione del rilascio della Licenza a loro nome, si obbligano in via negoziale a rispettare il presente regolamento, le altre norme federali e le norme emanate dalla FIFA. In particolare, gli Agenti si obbligano a sottostare al controllo, alle procedure ed al giudizio disciplinare degli organismi federali indicati nel presente regolamento, accettando la piena e definitiva efficacia di qualsiasi provvedimento adottato nei loro confronti». A nulla, pertanto, rileva, ai fini del presente giudizio, la norma di cui all’art. 3, comma 1, del Regolamento prima ricordato, secondo cui «l’Agente, in forza di un incarico a titolo oneroso conferitogli in conformità al presente regolamento, cura e promuove i rapporti tra un calciatore professionista ed una società di calcio professionistica, fatto salvo quanto previsto dall’art. 23, in vista della stipula di un contratto di prestazione sportiva, ovvero tra due società per la conclusione del trasferimento o la cessione di contratto di un calciatore nell’ambito di una Federazione o da una Federazione a un’altra». Infatti, ciò che viene contestato al ricorrente è proprio di aver agito, quale Agente, in violazione delle previsioni del Regolamento Agenti e della normativa federale. Nel merito, acclarata è la responsabilità del ricorrente. Al momento della sottoscrizione del mandato da parte del sig. Giuseppe Perrino, questi non aveva la qualifica di calciatore professionista. Come, infatti, provato dalla documentazione in atti, alla data del 31.12.2011 il predetto calciatore rivestiva lo status di dilettante e, per la precisione, di “giovane di serie”, come anche risulta dal certificato storico del C.R. Campania, acquisito al giudizio. Prive di pregio appaiono, sotto tale profilo, le censure del ricorrente, a dire del quale, avendo – il calciatore di cui trattasi – già partecipato ad almeno 17 gare ufficiali di Lega Pro, II div., lo stesso aveva già automaticamente acquisito la qualifica di professionista. In particolare, il ricorrente richiama la norma di cui all’art. 33, comma 3, N.O.I.F., che così recita: «I calciatori con la qualifica di “giovani di serie”, al compimento anagrafico del 16° anno d’età e purché non tesserati a titolo temporaneo, possono stipulare contratto professionistico. II calciatore “giovane di serie” ha comunque diritto ad ottenere la qualifica di “professionista” e la stipulazione del relativo contratto da parte della società per la quale è tesserato, quando: […] d) abbia preso parte ad almeno diciassette gare di campionato o di Coppa Italia, se in Serie C/2». La disposizione appena citata, infatti, si limita ad affermare che i “giovani di serie”, al compimento della prescritta età ed al verificarsi delle altre previste condizioni, «possono» stipulare contratto professionistico, non già, invece, che acquisiscono sic et simpliciter la qualifica di professionista. E lo stesso vale per il successivo periodo, nel senso che se la norma prevede che il “giovane di serie” ha «diritto ad ottenere la qualifica di “professionista”», subito dopo precisa che lo stesso ha, di conseguenza, diritto ad ottenere la stipulazione del relativo contratto: ed è, appunto, solo a quest’ultimo ed al successivo tesseramento che l’ordinamento riconnette, in presenza dei requisiti dettati dalla normativa federale, l’attribuzione della qualifica di calciatore professionista. Del resto, l’art. 28 N.O.I.F. qualifica “professionisti” «i calciatori che esercitano l’attività sportiva a titolo oneroso con carattere di continuità, tesserati per società associate nella Lega Nazionale Professionisti o nella Lega Professionisti Serie C». La norma prosegue, al comma 2, precisando che «il rapporto di prestazione da “professionista”, con il conseguente tesseramento, si costituisce mediante assunzione diretta e con la stipulazione di un contratto tra il calciatore e la società, di durata non superiore alle cinque stagioni sportive per i calciatori maggiorenni, e non superiore alle tre stagioni sportive per i calciatori minorenni, con le forme e modalità previste dalle presenti norme e dagli accordi collettivi stipulati dalle Associazioni di categoria, nel rispetto delle disposizioni legislative in materia». Se ne ricava, dunque, con ogni evidenza, che lo status di professionista non si acquisisce certo automaticamente per il solo fatto di aver disputato un certo numero di gare in Lega Pro, essendo, al contrario, necessaria la stipulazione «di un contratto tra il calciatore e la società» ed il conseguente tesseramento. Contratto e tesseramento quale professionista che, invece, nel caso di specie, al momento della sottoscrizione del mandato di cui trattasi non era ancora stato stipulato, tanto è vero che è lo stesso ricorrente ad affermare che «il predetto calciatore, nel periodo immediatamente successivo all’accertamento che ci occupa, infatti, sottoscriveva con la medesima società il contratto professionistico». Affermata la sussistenza della violazione contestata occorre passare all’esame del profilo sanzionatorio. A tal riguardo, il complesso degli elementi che connotano la vicenda dedotta in giudizio induce questa C.G.F. a ritenere possibile, nei termini di seguito meglio precisati, una riduzione della sanzione inflitta in prime cure. La formulazione della norma sopra richiamata, nel momento in cui fa riferimento al diritto all’acquisizione dello status di professionista in capo al calciatore dilettante in possesso di determinati requisiti ed al ricorrere dei menzionati presupposti può, effettivamente aver tratto in errore il ricorrente. Questi, in altri termini, al momento della sottoscrizione del contratto, può aver (seppur, per quanto detto, erroneamente ) ritenuto che il calciatore di cui trattasi rivestisse ormai la qualifica di professionista e si è, quindi, in buona fede, determinato alla sottoscrizione dello stesso. Sotto tale profilo occorre, anzitutto, evidenziare che, ai sensi dell’art. 2, comma 2, C.G.S., l’ignoranza, così come la cattiva interpretazione dello Statuto e delle norme federali, «non può essere invocata ad alcun effetto». La fattispecie, dunque, non può essere qualificata in termini di errore scusabile. L’errore sul precetto, infatti, non incide in alcun modo sull’an e sul tipo di responsabilità, essendo scusabile soltanto se inevitabile ed incolpevole, mentre, nel caso di specie, l’ignoranza invocata dal deferito non deriva da un’impossibilità oggettiva o soggettiva, non rimproverabile, di conoscere o comprendere pienamente il significato della norma. Va, pertanto, ribadita l’affermazione di responsabilità del ricorrente che deve, quindi, essere chiamato a rispondere per aver realizzato, con piena coscienza e volontà dei suoi elementi costitutivi, il fatto tipico previsto dalla disposizione violata, pur nell’ignoranza, evitabile, del divieto. Del resto, come questa C.G.F. ha avuto modo già in passato di osservare, «la colpevolezza è un rimprovero rivolto all’agente che dimostri, con la propria scelta d’azione (scelta che si poteva concretamente pretendere fosse diversa), indifferenza verso i valori tutelati dall’ordinamento federale o, quantomeno, un’insufficiente considerazione del bene tutelato dalla norma incriminatrice violata» (cfr. Com. Uff. n. 319/CGF del 22.6.2011). Anche nella situazione qui considerata, dunque, l’asserita ignoranza dell’illiceità della condotta non è, comunque, utile ai fini della esclusione della rimproverabilità, atteso che quell’illiceità nulla aggiunge al disvalore della fattispecie, ma, anzi, lo presuppone. Tuttavia, se la suddetta asserita erronea interpretazione del dato normativo non può essere configurata in termini di scriminante, può essere certamente valorizzata quale circostanza attenuante ai fini della graduazione della sanzione. La sanzione, infatti, deve essere commisurata al caso concreto, alla luce del complesso degli elementi che caratterizzano lo stesso, nel tentativo di rapportare la medesima alla specifica gravità del fatto ed al suo effettivo disvalore. In tale quadro di riferimento, alla luce dei criteri-guida forniti dai principi di stretta proporzionalità, adeguatezza retributiva ed efficacia in termini di prevenzione, si deve preliminarmente osservare che se la sanzione non può essere inefficace e priva di carattere afflittivo, del pari, la stessa si rivelerebbe strutturalmente inidonea qualora eccessiva rispetto alla gravità ed all’intensità lesiva del fatto e dell’elemento psicologico. Ciò premesso, alla luce del contesto complessivo in cui si inserisce la condotta, tenuto conto delle ragioni alla stessa sottese, questa C.G.F. reputa possa e debba procedersi ad una riduzione della sanzione, ritenendo congruo rideterminare la stessa nell’ammenda di € 2.000,00. Per questi motivi la C.G.F. in parziale accoglimento del ricorso come sopra proposto dal signor Coscia Matteo riduce la sanzione inflitta dell’ammenda a € 2.000,00. Dispone restituirsi la tassa reclamo.
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