CONI – Tribunale Nazionale di Arbitrato per lo Sport – Decisione pubblicata sul sito web: www.coni.it Lodo Arbitrale del 19 novembre 2012 promosso da: Sig. Alberto Fontana / Federazione Italiana Giuoco Calcio

CONI – Tribunale Nazionale di Arbitrato per lo Sport – Decisione pubblicata sul sito web: www.coni.it Lodo Arbitrale del 19 novembre 2012 promosso da: Sig. Alberto Fontana / Federazione Italiana Giuoco Calcio IL COLLEGIO ARBITRALE Pres. TAR Armando Pozzi (Presidente) Prof. Avv. Domenico La Medica (Arbitro) Cons. Silvestro Maria Russo (Arbitro) riunito in conferenza personale del 19 novembre 2012 in Roma, ha pronunciato all'unanimità il seguente L O D O nel procedimento d’arbitrato (prot. n. 1736 d.d. 11 luglio 2012 - 618) promosso da: Sig. Alberto FONTANA, rappresentato e difeso dall’Avv. Davide Gatti ed elettivamente domiciliato presso il suo studio in Milano, Via Fontana n. 25 parte istante Contro Federazione Italiana Giuoco Calcio in persona del Presidente dott. Giancarlo Abete, rappresentata e difesa dagli Avv. Luigi Medugno e Letizia Mazzarelli ed elettivamente domiciliata presso il loro studio in Roma, alla Via Panama n. 58 parte intimata Oggetto sanzione disciplinare della squalifica per 3 anni e 6 mesi per la violazione dell’art. 7, commi 1, 2, 5, e 6 del Codice di Giustizia Sportiva ( C.G.S. ) in relazione all’incontro di Coppa Italia Chievo-Novara tenutosi in data 30.11.2010 a seguito di deferimento del Procuratore Federale di cui alla nota n.8011/33PF11-12/SP/BLP in data 8.5.2012 e disposta con Delibera della Commissione Disciplinare Nazionale di cui al C. U. N.101/CDN del 18.6.2012, confermata dalle Sezioni Unite della Corte di Giustizia Federale con C. U. n.002/CGF (2012/2013) pubblicato in data 6.7.2012 (capo sub 16), con la quale ha respinto il ricorso dell’esponente. FATTO E SVOLGIMENTO DEL GIUDIZIO ARBITRALE Con atto depositato in data 11-7-2012 (prot. n. 1736 ), il Sig. Alberto Fontana (di seguito, per brevità, anche “istante”, “ricorrente” o “parte istante”), propose al Tribunale nazionale di arbitrato per lo sport presso il Comitato Olimpico Nazionale Italiano (di seguito, per brevità, “Tribunale” o “ TNAS “) istanza di arbitrato, ai sensi del Codice dei giudizi innanzi allo stesso Tribunale (di seguito, per brevità, Codice TNAS ) nei confronti della Federazione Italiana Giuoco Calcio (di seguito, per brevità, anche FIGC, ovvero la “parte intimata”) per sentire «… annullare, ovvero dichiarare nulla, la sanzione della squalifica per 3 anni e 6 mesi… e in via cautelare disporre la sospensione dell’esecutività della sanzione della squalifica per 3 anni e 6 mesi inflitta per la violazione dell’art. 7, commi 1, 2, 5 e 6 C.G.S. in relazione alla gara Chievo-Novara del 30.11.2010, a seguito deferimento del Procuratore Federale — nota n.8011/33PF11-12/SP/BLP dell’8.5.2012 (Delibera della Commissione Disciplinare Nazionale – Com. Uff. N.101/CDN del 18.6.2012) …». La predetta sanzione è stata confermata dalla Corte di Giustizia Federale con CU n. 002/CGF ( 2012/2013 ) pubblicato il 6 luglio 2013. La parte istante nominava come arbitro il Prof. Avv. Domenico La Medica. La FIGC a sua volta nominava quale proprio arbitro di parte il Cons. Silvestro Maria Russo. Il Prof. Avv. Domenico La Medica ed il Cons. Silvestro Maria Russo accettavano l’incarico e, ex art. 6, comma 3, del Codice individuavano nel Pres. Di TAR Armando Pozzi il terzo arbitro con funzioni di Presidente del Collegio arbitrale, il quale accettava l’incarico. Ciò precisato, vale evidenziare che l’istanza cautelare è stata motivata con riferimento alla circostanza che il sig. FONTANA è giocatore attivo, con contratto pluriennale la cui scadenza prossima è il 30.6.2015 ed alla circostanza notoria che il “ fermo” di un calciatore per il tempo che separa la decisione contenuta nel Comunicato della Corte di Giustizia Federale dalla presumibile data della decisione di merito demandata al TNAS comporta il verosimile rischio che lo stesso giocatore si veda rescindere il contratto da parte della società calcistica per “giusta causa”, costituita dal decisum della Corte Federale, con conseguente perdita dei cospicui emolumenti e premi connessi alle prestazioni calcistiche rese dall’istante. Con lo stesso atto introduttivo il sig. Fontana ha illustrato gli elementi del “fumus”, riportando integralmente l’articolato “ATTO D’APPELLO – RECLAMO “ proposto alla Corte di Giustizia Federale avverso la sanzione irrogata dalla Commissione di Disciplina Nazionale. A seguito della pubblicazione – in data 27 luglio 2012 - del CU n. 016/ CGF – Sez. Unite, recante le motivazioni del predetto CU n. 002 l’istante ha depositato “MOTIVI AGGIUNTI“ datati 30-7-2012, i quali ripropongono, avverso la decisione della CGF, sostanzialmente le stesse doglianze già esposte alla CGF avverso la sanzione della CDN, come meglio saranno riportate nella parte in “ diritto”. Si è costituita in giudizio la FIGC per contestare diffusamente le doglianze dell’istante con puntuale memoria e note illustrative, anch’esse riportate nel “ Diritto “. Il Collegio, nell’udienza d.d. 8 ottobre 2012, esperito inutilmente il tentativo di conciliazione, ha disatteso la richiesta istruttoria di audizione del teste Gervasoni, ha preso atto del deposito incontestato della dichiarazione dell’allenatore del Novara calcio, sig. Attilio Tesser, ha fissato l’udienza di discussione alla data del 12 novembre 2012, assegnando termine alle parti per deposito di memorie e repliche ed è stato concordemente autorizzato a rendere anticipatamente noto il dispositivo del lodo, anche al fine di soddisfare le esigenze cautelari prospettate dall’ istante. All’udienza del 12 novembre 2012 il Collegio, preliminarmente autorizzato dalle parti a prorogare il termine per il deposito delle motivazioni sino al 15-1- 2013, dopo ampia ed approfondita discussione dei difensori delle parti ed udite le brevi dichiarazioni spontanee rese dal sig. Fontana, ha trattenuto la causa in decisione. In data 19 novembre 2012 il Collegio arbitrale ha deliberato il dispositivo della decisione, con la quale la domanda del sig. Fontana è stata accolta. DIRITTO 1 – Vale preliminarmente rilevare come l’attuale vicenda prenda le mosse – al pari di numerosi altri casi analoghi portati alla cognizione di questo Tribunale – dal coinvolgimento di alcuni soggetti tesserati o comunque operanti nell’ambito dell’ordinamento della FIGC, a seguito dell’avvio di un’indagine penale da parte della Procura della Repubblica presso il Tribunale di Cremona, i cui atti sono stati utilizzati dalla Procura Federale e dalla CDN nell’ambito del procedimento disciplinare sportivo a carico dell’istante sig. Fontana, all’epoca dei fatti portiere della squadra di calcio Novara. In particolare, l’addebito contestato e la conseguente sanzione disciplinare irrogata al calciatore riguarderebbero un accordo per alterare il risultato della partita di Coppa Italia svolta il 30-11-2010 tra le squadre del Chievo e del Novara, conclusasi a favore della prima con il risultato di 3-0. 1.1 - Sempre con riferimento alla fattispecie concreta, al sig. Fontana è stata contestata la alterazione del regolare svolgimento e del risultato finale della gara nell’ambito dell’attività fraudolenta posta in essere dall’ormai tristemente noto gruppo degli “ zingari ”, i quali, secondo l’accusa e l’ Organo disciplinare, avrebbero “ messo a disposizione di Ventola, Bertani e Fontana, all’epoca calciatori del Novara, la somma di 150.000,00 euro, consegnandola materialmente agli stessi “ nell’albergo dove alloggiava lo stesso Novara in vista della partita con il Chievo. Allo stesso accordo avrebbe «contribuito anche il calciatore Gervasoni, all’epoca dei fatti giocatore del Piacenza» tramite il suo amico Bertani, calciatore del Novara. 1.2 - Le predette circostanze, secondo la decisione della Commissione Disciplinare Nazionale, “ trovano riscontro nelle dichiarazioni rese in varie occasioni da Gervasoni “ ai giudici penali, dichiarazioni qualificate “ credibili e attendibili anche perché autoaccusatorie… e perché caratterizzate per la dovizia di particolari descrittivi e per il riferimento preciso ad una serie, nominativamente individuata, di calciatori del Novara”. Tale credibilità sarebbe confermata, a sua volta e a detta della stessa Commissione Disciplinare, dal fatto che il Gervasoni non aveva motivi di risentimento verso il giocatore Fontana. Sempre a detta dell’ Organo disciplinare “ la narrazione di Gervasoni trova riscontro in ulteriori elementi, quale l’effettivo raggiungimento del risultato concordato e la circostanza che i calciatori del Novara deferiti sono risultati accomunati da rapporti di particolare confidenza, stando alle dichiarazioni rese sul punto dal calciatore del Novara Davide Drascek…”. 1.3 - La qui censurata decisione della CGF, dopo un’ampia (oltre due fitte pagine), interessante ma qui inconferente esposizione del quadro internazionale in cui si colloca la vicenda italiana del calcio scommesse, a sua volta ha ritenuto sussistente la responsabilità dell’istante in dodici righe di motivazione, nelle quali si afferma che: - “ la posizione del … Fontana emerge .. in modo inequivoco dalla dichiarazione del..Gervasoni rese in sede di interrogatorio del PM di Cremona in data 27.12.2011”; - “ è acquisita agli atti, con sufficiente grado di attendibilità la circostanza che il Fontana abbia partecipato alla spartizione delle somme di denaro a corrispettivo del losco affare “; - “ l’articolazione della complessa vicenda …. fornisce ..indici.. di una finalità illecita alla quale non appare difficoltoso immaginare il coinvolgimento di tutti i soggetti che appaiono menzionati nel corso degli interrogatori…”; - il quadro complessivo sarebbe “ reso ancor più credibile … dal ruolo decisivo rivestito dall’odierno reclamante “, in quanto portiere che ha subito tre reti, “ in puntuale adempimento dell’accordo illecito che prevedeva appunto l’over con sconfitta del Novara”. 1.4 - Avverso il riportato impianto argomentativo insorge con unico, articolato motivo l’istante, lamentando il difetto di motivazione, nonché l’illogicità e la contraddittorietà della stessa, anche con riferimento ai principi della medesima giurisprudenza sportiva in tema di valutazione delle prove. 2- Le censure mosse dal sig. Fontana al percorso logico giuridico seguito prima dall’Organo disciplinare e poi dalla CGF sono fondate, anche se meritevoli di una preliminare precisazione in punto di diritto. Sia nell’atto introduttivo che nei motivi aggiunti l’istante insiste molto sulla mancata osservanza, nel caso di specie, dei principi processual – penalistici in tema di prove testimoniali indirette, di dichiarazione dei “pentiti”, di favor rei, richiamando ed invocando, in particolare, le disposizioni di cui agli artt. 192, 193, 194, 195 e 533 c.p.p. Siffatta prospettazione non appare al Collegio condivisibile, in quanto urta, con la sua assolutezza ed automaticità applicativa, contro il consolidato principio di autonomia dell’ordinamento sportivo rispetto a quelli statali. 2.1 - Al riguardo, occorre rilevare, sul piano delle fonti primarie, che il D.L. 19-8-2003, n. 220, recante disposizioni urgenti in materia di giustizia sportiva per la “ necessità di provvedere all'adozione di misure idonee a razionalizzare i rapporti tra l'ordinamento sportivo e l'ordinamento giuridico dello Stato “ (preambolo), convertito nella legge 17 ottobre 2003, n. 280, ha fissato il generale principio, in base al quale “ I rapporti tra l'ordinamento sportivo e l'ordinamento della Repubblica sono regolati in base al principio di autonomia, salvi i casi di rilevanza per l'ordinamento giuridico della Repubblica di situazioni giuridiche soggettive connesse con l'ordinamento sportivo “ (art. 1, comma 2). 2.2 - In applicazione del predetto principio di autonomia è stata “riservata all'ordinamento sportivo la disciplina delle questioni aventi ad oggetto: ……..b) i comportamenti rilevanti sul piano disciplinare e l'irrogazione ed applicazione delle relative sanzioni disciplinari sportive “ (art. 2, comma 1). Il principio di reciproca autonomia degli ordinamenti statale e sportivo già era stata affermata, seppure con specifico riferimento al reato speciale di frode in competizione sportiva, dalla legge 13.12.1989, n. 401, la quale, applicando quel principio ai rapporti tra processo penale e procedimento disciplinare sportivo, aveva stabilito che “ l'inizio del procedimento per i delitti previsti dall'articolo 1 non preclude il normale svolgimento secondo gli specifici regolamenti del procedimento disciplinare sportivo “ e, con puntuale riguardo a quest’ultimo, che “ Gli organi della disciplina sportiva, ai fini esclusivi della propria competenza funzionale, possono chiedere copia degli atti del procedimento penale ai sensi dell'articolo 116 del codice di procedura penale fermo restando il divieto di pubblicazione di cui all'articolo 114 dello stesso codice “ (art. 2, commi 2 e 3). 2.3 – D’altra parte, non va dimenticato, su un piano più generale, che anche nell’ambito statale – quello del lavoro pubblico - si è andato recentemente affermando l’analogo principio di specificità fra ordinamento penale e disciplinare. Ciò è giustificato dall’esigenza che la lentezza del processo penale italiano non vada a detrimento del principio costituzionale di buon andamento e dei connessi corollari della celerità, economicità ed efficienza dei procedimenti disciplinari: cfr. art. 55 ter del d. lgs. n. 165/2001, aggiunto dal comma 1 dell’art. 69, D.Lgs. 27 ottobre 2009, n. 150. La norma citata, infatti, ha abrogato il principio della pregiudizialità penale nel procedimento disciplinare del pubblico impiego, il quale, pertanto, oggi può svilupparsi e concludersi indipendentemente dalle sorti della vicenda penale, salvi strumenti di raccordo a posteriori. 2.4 - In base ai riportati principi di autonomia degli ordinamenti statuale e sportivo, di cui quello fra ordinamento penale e disciplinare sportivo costituisce solo una specificazione anticipatoria del principio generale introdotto nel 2003, deve ritenersi la non applicabilità, ad esempio, della prescrizione di cui all’art. 533 c.p.p., a tenore del quale “Il giudice pronuncia sentenza di condanna se l'imputato risulta colpevole del reato contestatogli al di là di ogni ragionevole dubbio“. Se nel processo penale vige, dunque la regola codicistica per cui la condanna è possibile soltanto quando vi sia la certezza processuale della responsabilità dell'imputato o, al più, l’ipotesi di innocenza sia correlata ad eventi astrattamente possibili ma privi del benché minimo riscontro nelle emergenze processuali, ponendosi al di fuori dell'ordine naturale delle cose e della normale razionalità umana ( Cass., Sez. I, 11-05-2006 n. 20371 ; Sez. II, 2-04-2008, n. 16357; Sez. I, 3-03-2010, n. 17921 ), lo stesso non si può dire per il procedimento disciplinare sportivo. Quest’ultimo, infatti, come pure ricordato nelle articolate memorie della Federazione resistente ( v. soprattutto pag. 4 delle “Note autorizzate” depositate il 23-10-2012), è ispirato a principi di immediatezza, speditezza, semplicità, concentrazione, limitazioni del diritto di difesa come configurato nel processo penale, volti a fornire una risposta pronta ed efficace alla domanda di prevenzione e repressione della violazione delle regole di lealtà, correttezza, probità, merito oggettivo proprie dell’ ordinamento sportivo ( cfr., per tutti, artt. 1 e 7 CGS ). 2.5 - E’ in virtù di tali esigenze – connesse ad un susseguirsi incalzante e ormai quasi parossistico delle competizioni agonistiche e alla conseguente necessità d’immediata certezza e stabilità dei risultati – che la giurisprudenza del TNAS (da tenere tendenzialmente ferma per un ovvio criterio di certezza e coerenza del sistema ) è ancorata all’affermazione di diritto, ormai tralaticia, per la quale, al fine di stabilire la colpevolezza disciplinare di un soggetto “non è necessaria la certezza assoluta della commissione dell’illecito – certezza che , peraltro, nella maggior parte dei casi sarebbe una mera astrazione – né il superamento del ragionevole dubbio, come nel diritto penale. Tale definizione dello standard probatorio ha ricevuto , nell’ordinamento sportivo, una codificazione espressa in materia di violazione delle norme anti-doping, laddove si prevede che il grado di prova richiesto, per poter ritenere sussistente una violazione, deve essere comunque superiore alla semplice valutazione della probabilità, ma inferiore all’esclusione di ogni ragionevole dubbio ( cfr. ad es. l’art.4 delle Norme Sportive Antidoping del CONI, in vigore dal ! gennaio 2009). A tale principio vigente nell’ordinamento deve assegnarsi una portata generale sicché deve ritenersi sufficiente un grado inferiore di certezza, ottenuta sulla base di indizi gravi, precisi e concordanti, in modo tale da acquisire una ragionevole certezza in ordine alla commissione dell’illecito “ ( così, testualmente il lodo Spadavecchia c FIGC; ma v. anche, tra gli altri, i lodi Saverino/FIGC, Amodio e SS Juve Stabia c/FIGC, Ambrosino c/ FIGC; Fabiani c/ FIGC; Donato c/ FIGC; Conte c/ FIGC ). 2.6 Anche nell’ambito della Giustizia Amministrativa è ricorrente l’affermazione secondo cui le decisioni degli organi di giustizia sportiva sono l'epilogo di procedimenti amministrativi (seppure in forma giustiziale), e non già giurisdizionali, sì che esse non possono ritenersi presidiate dalle medesime, rigide garanzie del processo (T.A.R. Lazio Roma Sez. III ter, 19- marzo 2008, n. 2472; id. sez. III, 21 giugno 2007 , n. 5645; id., 8 giugno 2007, n. 5280). In particolare, alla "giustizia sportiva", oltre che le regole sue proprie, previste dalla normativa federale, si applicano, per analogia, quelle dell' istruttoria procedimentale amministrativa, ove vengono acquisiti fatti semplici e complessi, che possono anche investire la sfera giuridica di terzi, con conseguente inapplicabilità delle regole processuali di formazione della prova, esclusive e tipiche specialmente del processo penale. Né, con ciò, possono ritenersi violati principi di “civiltà giuridica” attinenti al diritto di difesa, tra cui, anzitutto, quello del contraddittorio per come configurato dall’ordinamento processuale. Al riguardo, vale ricordare che la giurisprudenza valorizza sempre più, sul piano teleologico ed applicativo, i principi di garanzia, posti dalla l. 7 agosto 1990 n. 241 (legge generale sul procedimento amministrativo) a favore del singolo verso i pubblici poteri. Al contempo, però, essa afferma costantemente che contraddittorio e partecipazione sono soddisfatti allorché la parte interessata sia adeguatamente informata della natura e dell'effettivo avvio del procedimento, nonché del contenuto degli atti dello stesso e sia posta in condizione di fornire gli apporti ritenuti utili in chiave istruttoria e logico – argomentativi. E ciò senza necessità di assicurare, per ogni singola fase o passaggio, quel contraddittorio continuo ed integrale tipico del processo penale (tra le tante, cfr. Consiglio di Stato, sez. VI, 26 gennaio 2006 , n. 220; id., 30/6/2003, n. 3925). Nella specie si deve, quindi, condividere quell’orientamento autorevole (seppur espresso in contesto diverso da quello qui in esame) secondo il quale i principi e le regole di formazione della prova penale sono volti a soddisfare finalità tutte interne all'attività di indagine penale; finalità non comparabili con interessi esterni che possano in qualsiasi modo essere avvantaggiati o pregiudicati dalla inapplicabilità di quelle regole specifiche che non si prestino ad essere estese ad ipotesi del tutto estranee alla loro "ratio" (Corte cost., 29 maggio 2002 , n. 223, con riguardo alla inapplicabilità dell’art. 117 c.p.p. al processo amministrativo). 2.7 – In base alle esposte considerazioni debbono altresì respingersi le censure, rivolte dalla parte istante, di mancata applicazione delle regole processuali contenute negli articoli del c.p.p. invocati nell’atto introduttivo e riportati nei motivi aggiunti, qui di seguito indicati: - art. 192 co.3, per cui “Le dichiarazioni rese dal coimputato del medesimo reato ….. sono valutate unitamente agli altri elementi di prova che ne confermano l'attendibilità”; - art. 195, il quale stabilisce la non utilizzabilità della testimonianza indiretta riferita, per la conoscenza dei fatti, ad altre persone, se il giudice, a richiesta di parte ( nella specie formulata con riguardo alle dichiarazioni di Gervasoni ) , non disponga che queste siano chiamate a deporre ovvero quando il teste non sia in grado di indicare la persona o la fonte da cui ha appreso la notizia dei fatti; - l’art. 533, di cui si è già detto ampiamente. 3 - Ricordati i principi in tema di autonomia ordinamentale, è subito da aggiungere, tuttavia, che essi vanno interpretati ed applicati secondo una lettura costituzionalmente orientata verso i valori fondamentali di dignità ed effettività dell’esercizio dei diritti della persona, imparzialità, trasparenza e buon andamento dei pubblici poteri, unitarietà ed indivisibilità dell’ordinamento democratico della Repubblica fondato sul lavoro, lealtà collaborativa, sussidiarietà e coordinamento, in un quadro di armonizzazione con tutti gli altri ordinamenti settoriali che la compongono, ivi compresi quelli forniti di più rilevante autonomia: artt. 2, 3, 5, 35 co.1, 97, 118, 119 Cost.. Autonomia, dunque, non significa separatezza, indifferenza, ermeticità reciproca fra ordinamenti; al contrario, quel termine individua una posizione di differenziazione armonica tra gli stessi, secondo un criterio di interconnessione che vale a mantenere saldi i legami di civiltà che tengono unita una Nazione. 3.1 – Concetti analoghi, sempre con riferimento all’ordinamento sportivo, sono rinvenibili nella stessa Giurisprudenza Amministrativa. Si afferma, per vero e seppure ai diversi fini della giurisdizione in materia di sanzioni disciplinari sportive, che l’autonomia significa inibizione per un ordinamento giuridico di interferire indebitamente con le proprie regole e i propri strumenti attuativi in un ambito normativamente riservato ad altro ordinamento coesistente (nella specie, appunto, quello sportivo). Tuttavia, tale non interferenza si arresta quando gli atti e le pronunce in detto ambito intervenuti, in esso non esauriscano i propri effetti ma vadano ad incidere su posizioni rilevanti anche per l’ordinamento generale. Questo “esaurimento” non ricorre, dunque, allorché la materia del contendere sia costituita – come appunto nel caso di cui si occupa questo Collegio arbitrale – anzitutto da valutazioni e apprezzamenti personali, che, a prescindere dalla qualifica professionale rivestita dal soggetto destinatario degli stessi e del settore nel quale egli ha svolto la sua attività, investono con immediatezza diritti fondamentali dello stesso in quanto uomo, cittadino e lavoratore, con conseguenze lesive della sua onorabilità e riflessi negativi nei rapporti sociali e lavorativi. Verificandosi questa ipotesi, che è poi quella che ricorre nel caso in esame –atteso che il danno sofferto dal sig. Fontana scaturisce dalla misura interdittiva che praticamente lo priva definitivamente (stante la sua età non giovanissima) della sua fonte di sostentamento –,non si può negare non solo l'accesso al Giudice Nazionale (cfr. T.A.R. Lazio - Roma Sez. III ter, 19 marzo 2008, n. 2472), ma neppure l’applicazione di regole di garanzia di diritto comune, ispirate ai ricordati principi costituzionali di dignità ed effettività di esercizio dei diritti (compresi quelli di difesa ) della persona. 4 - Per quanto concerne – secondo quel che qui interessa – il regime di formazione, acquisizione e valutazione della prova esso deve comunque e sempre essere ispirato a criteri ( se non di certezza oltre ragionevole dubbio o di rigoroso rispetto di precise fasi e modalità di formazione ed acquisizione) almeno di ragionevolezza, plausibilità e verisimiglianza, oggettività, specificità, non apoditticità e riscontrabilità. Sono, tutti questi, i criteri che sono connaturali alla nozione stessa di prova e che valgono ad evitare l’incertezza del risultato, che in qualsiasi ordinamento giuridico la prova deve assicurare: cioè la dimostrazione, almeno su un piano generale di requisiti concorrenti ( ragionevolezza, logicità e puntuale verisimiglianza ), del fatto su cui si fonda la pretesa ( nella specie, punitiva ) per soddisfare la quale si è avviato il processo o il procedimento. Ogni mezzo di prova ha le sue regole di formazione specifiche per ogni segmento processuale (p. es., indicazione ed individuazione dei testi ed articolazione per capitoli dei quesiti da rivolgere loro, deposito preventivo dei documenti, ecc. ), ma tutte le prove, in qualsiasi ambito siano destinate ad essere formate ed utilizzate, devono essere sorrette da validi elementi di idoneità dimostrativa, a prescindere da forme e contenuti tipici imposti da normative settoriali. 5 - Ciò chiarito in virtù della teoria generale della prova, il Collegio non ravvisa, nel caso di specie, una siffatta capacità di dimostrazione da parte dell’impianto istruttorio posto in essere nei confronti del sig. Fontana. Gli addebiti addossati all’istante, infatti, si riferiscono – come già sopra ricordato – all’accordo illecito cui questi avrebbe partecipato per alterare il risultato dell’incontro Chievo-Novara, meglio specificato in premessa; accordo la cui dimostrazione starebbe nelle dichiarazioni del giocatore Gervasoni, corroborate dal dato storico del risultato finale della partita, conclusasi per 3 a 0 a favore del Chievo, così come stabilito nell’accordo fraudolento, che prevedeva un “ Over” a favore del Chievo. 6 - Ad avviso del Collegio si tratta di “ prova “ del tutto insufficiente a radicare un pur qualche serio e ragionevole dubbio, anche se questo non debba superare la soglia di cui all’art. 533 c.p0.p. sopra citato. Quanto alle dichiarazioni di Gervasoni, è da rilevare che esse sono state rese, in due successive ma ravvicinate occasioni, innanzi all’Autorità Giudiziaria, rispettivamente in data 23 dicembre al GIP di Cremona ed il successivo 27 dicembre al PM dello stesso Tribunale, nell’ambito del procedimento penale a carico del medesimo dichiarante. Nella prima, l’indagato Carlo Gervasoni, in prosecuzione di precedenti dichiarazioni sulla complessiva vicenda delle scommesse illecite e fraudolente ( nelle quali lo stesso aveva già ampiamente ammesso il proprio coinvolgimento ed il ruolo concretamente e ripetutamente partecipativo ) dice di essersi ricordato anche di un episodio di manipolazione di risultato per la partita di Coppa Italia tra Chievo e Novara, nel quale lui non era presente, avendo agito “ tramite come referente Bertani”, giocatore del Novara ed amico di Gervasoni. Questo Bersani riferisce, a sua volta, a Gervasoni che vi sarebbe stato un tale Gegic disposto a pagare i giocatori del Novara, tra cui Gervasoni “ presume “ essere “ coinvolto “ il calciatore Ventola “ e forse qualcun altro “: cfr. pagg. 48 e 49 del verbale di udienza, delle cui confuse e sincopate trascrizioni il Collegio ha cercato di riportare una sintesi più comprensibile. In questa prima dichiarazione l’unico teste di accusa non fornisce alcuna dimostrazione oggettiva e riscontrabile dell’esistenza di uno specifico accordo fraudolento, cui abbia seppure indirettamente partecipato o nel quale sia stato in qualche modo coinvolto il sig. Fontana, il cui nome neppure viene adombrato. Gervasoni, infatti, si limita ed enunciare fatti riportatigli da altri e per di più in forma di mere congetture ed illazioni ( “ presumo”, “ forse”), che, come noto, non valgono né come prova né come indizi. 7 - Nel secondo interrogatorio, reso al PM il successivo 27 dicembre, l’indagato riferisce testualmente : “ Quanto alla partita Chievo – Novara….ho appreso da GEGIC che gli slavi offrirono 150.000 € ai giocatori del Novara perché perdessero con il Chievo con un Over, risultato che venne effettivamente conseguito. Ricordo di avere appreso [ ma da chi? n.d.r. ) che gli slavi si incontrarono [quando ? n.d.r. ] con Ventola nell’albergo [ quale? n.d.r. ] e consegnarono ad un albanese che giocava nel Novara “, tale Shala, “ la somma di circa 150.000 € che gli stessi divisero anche con altri giocatori, tra i quali il portiere Fontana”. Il nome di quest’ultimo appare, quindi, soltanto ed isolatamente, quasi tangenzialmente ed incidentalmente, in un’unica, confusa e generica dichiarazione testimoniale de relato (“… ho appreso da Gegic… “ ), presa a supporto delle proprie determinazioni sia dall’Organo disciplinare sia dall’impugnata decisione della CGF, i quali neppure hanno dato coerente e concreto seguito alle stesse dichiarazioni di coinvolgimento di “ altri giocatori “ del Novara, in base alle quali si sarebbe dovuto ampliare l’ambito soggettivo dell’istruttoria e dell’indagine. 8 - Alla luce del riportato quadro probatorio non è chi non ne veda l’inconsistenza. In effetti, Gervasoni pronuncia una sola volta il nome dell’istante, senza tuttavia mai ricollegarlo – come giustamente lamentato dall’istante nei propri scritti difensivi e nella domanda di lodo – a dati oggettivi, di immediata riscontrabilità e verificabilità, quali ( come già sopra evidenziato tra parentesi, a chiosa delle frasi virgolettate pronunciate dallo stesso indagato ): - il luogo e la data ( almeno indicativa ) della spartizione della cifra globale offerta da Gegic; - gli altri partecipanti all’incontro spartitorio; - la quantità di denaro concretamente percepita dal Fontana; - le modalità tecnico-sportive di alterazione dolosa del risultato; - la fonte di conoscenza ( “ ricordo di avere appreso “ ma da chi ?) dell’incontro tra Gegic ed il calciatore Ventola. La mancanza di tali indicazioni specificative ed integrative rende già di per sé inattendibile la dichiarazione di Gervasoni, la quale, anzi, appare smentita da ulteriori circostanze puntualmente indicate e ben documentate dalla difesa della parte istante già in sede di procedimento disciplinare, quali: - l’inesistenza di un albergo di asserita abituale dimora della squadra del Novara, che infatti mai viene individuato o indicato; - l’inesistenza di ragioni soggettive ( movente ) che avrebbero potuto indurre il Fontana ad accordi illeciti, peraltro di portata lucrativa non quantificata, essendo anzi suo interesse morale e patrimoniale di non rischiare, per i pochi anni di residua carriera agonistica e per cifre imprecisate, di compromettere i rapporti di fiducia e di concreto apprezzamento con la società calcistica, tra l’altro indicati nella dichiarazione del giocatore del Novara Drascek; - l’inesistenza di asseriti ma indimostrati rapporti di “ particolare confidenza“ tra Fontana, Ventola e Bertani, smentiti dalle stesse dichiarazioni di Drascek. Le riportate carenze appaiono ancor più marcate nell’assenza di qualsiasi altro riscontro esterno, quale l’esietnza di versamenti anomali su conti correnti o depositi bancari, colloqui telefonici tra Ventola e gli altri giocatori, apparecchi cellulari registranti chiamate da o verso soggetti coinvolti, acquisti di beni di lusso ed altro. 8.1 – Il tutto, poi, accompagnato da una domanda che sorgerebbe spontanea in qualsiasi normale lettore dei fatti: perché Gervasoni ha pronunciato – peraltro, ripetesi, di sfuggita – il nome di Fontana solo a distanza di pochissimi giorni dal precedente interrogatorio del 23 dicembre reso innanzi al GIP, nel corso del quale, come già sopra riportato, si riferisce che Gegic andò ad alloggiare in un non meglio specificato albergo dove c’era il Novara e che “ di questa squadra fu coinvolto anche Ventola e forse qualcun altro “ (pag. 49 verbale in atti )? Perché Gervasoni non fece subito il nome di Fontana, limitandosi a formulare, per di più in via ipotetica, un generico riferimento a “ qualcun altro “, senza però neppure adombrare il nome di Fontana ? L’abile difesa della FIGC tenta di dare una risposta a tali domande, richiamando i “ normali “ percorsi di acquisizione necessariamente graduale e progressiva dei dati della memoria in casi, come quello in esame, in cui gli elementi storici siano ingentissimi e lontani nel tempo. In relazione a tale processo mnemonico assertivamente notorio, sarebbe normale che Gervasoni abbia “ dapprima individuato i protagonisti principali della combine” e solo successivamente – nel corso dell’interrogatorio di appena quattro giorni successivo – abbia richiamato alla memoria i contorni e i protagonisti accessori della vicenda, tra cui appunto il Fontana “ ( pagg. 7 ed 8 della memoria FIGC d.d. 20-8-2012 ). Le esposte argomentazioni non persuadono. Anzitutto, è da osservare che Ventola, Bertani e Fontana, sia nell’atto di deferimento che nella decisione della CDN, sono posti tutti sullo stesso piano partecipativo e determinativo dell’asserito accordo spartitorio dei 150.000 € messi complessivamente a disposizione dei giocatori del Novara dal gruppo degli “ zingari “: ciò che smentirebbe la natura “accessoria” e perciò sbiadita nei ricordi, del ruolo ricoperto dal Fontana invocata dalla FIGC. Peraltro, la tesi della marginalità ed accessorietà sostenuta dalla parte resistente-intimata appare smentita dal dato oggettivo che sia Ventola ( subito ricordato da Gervasoni nell’interrogatorio del 23 dicembre ) sia Fontana sono stati colpiti dall’identica sanzione della squalifica per 3 anni e 6 mesi. Se, quindi, Ventola e Fontana avevano rivestito lo stesso, principale ruolo partecipativo, non si riesce a comprendere perché Gervasoni abbia subito ricordato il primo e non pure il secondo. 8.2 - Neppure convince il richiamo ai meccanismi della memoria, il quale, oltre a non apparire supportato da alcun concreto dato scientifico o di comune esperienza, è in concreto smentito dal succedersi degli eventi. Nell’interrogatorio del 23 dicembre Gervasoni ha già focalizzato, nella congerie delle partite truccate e dei loro protagonisti, l’episodio dell’ incontro Chievo – Novara, non solo nella sua verificazione agonistica (peraltro risalente ad appena un anno prima e non a tempi biblici) ma anche nei suoi protagonisti, calciatori del Novara: Bertani e Ventola. Non si vede perché, allora, una volta individuati con precisione i contorni oggettivi e soggettivi della vicenda, il Gervasoni non abbia ricordato anche il terzo nominativo, spuntato improvvisamente dalla pur vasta e ferrea memoria del “pentito“ a distanza di appena quattro giorni, quando l’invocato meccanismo di approccio graduale e progressivo ai dati del ricorso doveva ritenersi abbondantemente completato. 8.3 - Certo, resta l’interrogativo del perché Gervasoni abbia fatto, seppur tardivamente ed incidentalmente, il nome di Fontana: ma a tale domanda è agevole rispondere sulla base di un elementare criterio presuntivo, basato sul fatto noto del risultato pesantemente a sfavore del Chievo e del ruolo di portiere rivestito dal Fontana in seno alla compagine calcistica. Sicché è agevole ritenere (“non appare difficoltoso immaginare “, come ha detto la CG ) che per il Gervasoni, verosimilmente pervaso da ansia di acquisire meriti di collaborazione e credibilità presso gli inquirenti, fosse facile prospettare agli stessi una relazione tra i due fatti, indicando senza remore o scrupoli di sorta il portiere, quale ( assertivamente ovvia ) causa dolosa della sconfitta della propria squadra. La cosa grave è che nessuno ha pensato di verificare tale sedicente collegamento con un minimo di ulteriori riscontri oggettivi, di cui si dirà tra poco. 9 - A tutto ciò si aggiunga un ulteriore elemento di inattendibilità intrinseca della dichiarazione di Gervasoni, personaggio di spicco della vicenda del calcio scommesse e per questo ( a differenza di Fontana ) perseguito dalla Giustizia penale, come tale privo di qualsiasi spessore morale e non meritevole di credito in quanto tale. Insomma, un personaggio per il quale non doveva costituire un grave problema di coscienza “ mettere in mezzo “ un innocente pur di conseguire un utile personale. Né può rinvenirsi tale credibilità nella natura autoaccusatoria delle dichiarazioni dello stesso Gervasoni o nell’assenza di motivi di risentimento personale verso il Fontana: elementi su cui pure insiste la difesa della FIGC. Quanto al primo aspetto, non è dato capire ( né è stato fatto capire al Collegio ) come una dichiarazione di un soggetto già imputato per una serie corposa di altri e diversi accordi fraudolenti per alterare l’andamento di un numero considerevole di partite, già ampiamente ammessi con altre ripetute precedenti dichiarazioni ( perciò già ampiamente autoaccusatorie ) possa considerarsi, per tale solo fatto, credibile ed attendibile, addirittura più di un semplice testimone terzo. Risponde invece a fatto notorio che proprio perché già colpito da una serie significativa di addebiti lo stesso soggetto tendesse ad alleggerire la propria posizione, mostrandosi collaborativo con le autorità inquirenti e decidenti, come segno di un ravvedimento tangibile per rendere credibile il quale non ci si fa scrupolo di coinvolgere anche soggetti estranei, ignari ed innocenti. Ciò avrebbe imposto un serio riscontro alle dichiarazioni del Gervasoni, nella specie, come detto, inspiegabilmente mancante ma, anzi, doveroso. Infatti, v’è un certo indirizzo giurisprudenziale per cui il generico interesse a fruire di benefici premiali non intacca, di per sé, la credibilità delle dichiarazioni rese dai collaboratori di giustizia ( quale può considerarsi latamente ed impropriamente il Gervasoni). Sicché la cd. valutazione frazionata delle dichiarazioni accusatorie provenienti da chiamante in correità comporta che l'attendibilità del dichiarante, anche se denegata per una parte del suo racconto, non viene necessariamente meno con riguardo alle altre parti; ciò, tuttavia, purché queste, a loro volta, reggano alla verifica giudiziale del riscontro. Insomma, come la collaborazione confessoria non inficia automaticamente, per la sua natura, le dichiarazioni di chi abbia chiamato in causa terzi, parimenti la stessa non può ritenersi per ciò stessa autoreferenziale ed autosufficiente, necessitando anch’essa di criteri di valutazione ulteriori ed oggettivi, che valgano a rendere le dichiarazioni di chi si sia autoaccusato intrinsecamente attendibili e adeguatamente riscontrabili e riscontrate ( cfr. Cass. Pen. 5 novembre 2010, n. 39241 ). 9.1 - D’altra parte, nel corso del giudizio disciplinare alla Commissione Nazionale erano stati ben evidenziati, dalla difesa dell’altro giocatore del Novara coinvolto assieme a Fontana, cioè Ventola, i vantaggi ottenibili dal Gervasoni attraverso una serie di chiamate in correità; ma su tale, delicatissimo punto la stessa Commissione non ha speso una sola parola di argomentazione contraria, quasi ritenendo quello dell’autoaccusa un marchio di certificazione della credibilità del Gervasoni, soggetto, per quanto sopra già detto, da “ prendere con le molle” ( cfr. pag. 45 del CU n. 101/CDN ) . 10 - Resta da esaminare l’ultimo elemento di asserito riscontro alle parole del Gervasoni: il risultato negativo per il Verona, che, ripetesi, nell’incontro con il Chievo, ha subito tre gol, conformemente al contenuto dell’accordo fraudolento tra Gervasoni, i calciatori del Novara ed il gruppo degli zingari. Già si è detto di come nella mente del Gervasoni fosse facile e naturale ricollegare e prospettare l’evento sconfitta alle prestazioni negative del portiere. Tuttavia, non occorre certo essere grandi esperti di calcio per capire che le cause di un risultato negativo possono essere molteplici: uno o più giocatori della difesa inidonei, un attacco inesistente che consenta alla squadra avversaria di riversarsi massicciamente nell’opposta metà campo, decisioni errate dell’arbitro, una casualità avversa e, naturalmente, anche una prestazione mediocre del portiere. Nella varietà delle possibili e tutte verisimili cause della sconfitta del Novara ci si è tutti concentrati sull’ultima, senza analizzare le altre, ma, soprattutto, senza neppure analizzare la prestazione fornita dal Fontana, il cui difensore ha, invece, documentato con indizi ed appunti precisi ( rassegna stampa, DVD dell’incontro e relativa telecronaca ) come la “ pagella “ del calciatore sia stata ampiamente positiva”. 11 – Alla luce delle esposte argomentazioni, il Collegio ritiene, dunque, di poter far tesoro dello stesso principio testè affermato, come espresso , in riferimento alla partita Novara-Siena dell’1 maggio 2011, nel recente lodo MAVILLO GHELLER c FIGC del 22 ottobre 2012, avente ad oggetto una analoga ipotesi di sanzione disciplinare irrogata sulla base di una sola dichiarazione di chiamata di correo formulata da un altro protagonista del calcio – scommesse, il giocatore Carobbio. Il predetto lodo, richiamando la consolidata giurisprudenza della stessa Corte federale – per la quale, quando non emerge un quadro definito sufficientemente di riscontro in ordine alle dichiarazioni di incolpazione, il prevenuto va prosciolto – e pur ribadendo il già ricordato arresto della giurisprudenza sportiva, secondo cui per ritenere la responsabilità del soggetto incolpato non sia necessaria la certezza assoluta della commissione dell’illecito, “ è comunque necessario acquisire, sulla base di indizi gravi, precisi e concordanti, una ragionevole certezza in ordine alla commissione dell’illecito (cfr. i lodi del 23 giugno 2009, Ambrosino c. FIGC; 26 agosto 2009, Fabiani c. FIGC; 3 marzo 2011, Donato c. FIGC; 31 gennaio 2012, Saverino c. FIGC; 2 aprile 2012, Juve Stabia e Amodio c. FIGC; 24 aprile 2012, Spadavecchia c. FIGC; 26 aprile 2012, Signori c. FIGC) “. 11.1 - Si tratta di principi del tutto conferenti alla fattispecie in esame, nella quale non emerge alcuna ( non assoluta ma almeno ) ragionevole certezza, essendo mancato ogni significativo quadro di riscontro circa la univocità delle dichiarazioni di incolpazione rese dal Gervasoni, le quali, per quanto sin qui detto, non trovano alcuna correlazione di carattere oggettivo ( tale non essendo il risultato dell’incontro ) né elementi di attendibilità intrinseca o estrinseca ( tali non essendo la asserita natura autoaccusatoria delle dichiarazioni né l’assenza di motivi di risentimento personale con Fontana ). 12 - A conclusione dell’esposto percorso motivazionale, il Collegio, pur ben consapevole della natura non meramente impugnatoria ma complessivamente devolutiva del lodo, non può non rilevare come le motivazioni addotte prima dalla CDN e poi dalla CGF costituiscano un classico esempio di motivazione assente e travisata. In un quadro ( non ) probatorio come sopra ampiamente riportato non possono, infatti, che suscitare perplessità affermazioni del tipo “ dichiarazioni rese in varie occasioni ( in realtà, per Fontana, una sola innanzi al PM, n.d.r. ) “, “ dovizia di particolari descrittivi” ( nessun particolare per Fontana, n.d.r. ), “ dichiarazioni ( del Gervasoni, n.d.r. ) che risultano ( tutt’altro che, n.d.r. ) credibili ed attendibili” [v. pag. 44 del CU n. 101/CDN]. 12.1 - Ugualmente a dirsi per il CU n. 16/CGF, ove si dice che “ la posizione del…Fontana emerge in modo inequivoco dalla dichiarazione ( non quindi “ le dichiarazioni rese in varie occasioni” come detto dalla CDN, n.d.r. ) del…Gervasoni; in buona sostanza è acquisita al giudizio, con sufficiente grado di attendibilità, la circostanza che il Fontana abbia partecipato alla spartizione delle somme di danaro…”; ma, ripetesi, il predetto evento spartitorio non si sa quando, dove, come e tra chi avvenne e quanto avrebbe ricavato il Fontana dalla asserita spartizione. Dal predetto “ grado di attendibilità “ la CGF, invece di dimostrare, fornire ed indicare il nesso di consequenzialità logica da cui ricavare in positivo la colpevolezza del Fontana, dice che “ non appare difficoltoso immaginare il coinvolgimento di tutti i soggetti che appaiono menzionati nel corso degli interrogatori…”. Ciò vuol dire che la valutazione di (inesistenti ) “ prove” non è avvenuta nell’ambito di un rigoroso processo logico – deduttivo, ma sulla base di una non difficoltà di immaginazione. In altri termini, se una squadra perde non è difficile immaginare che la causa dolosa o colposa sia del portiere; ma non è altrettanto difficile ipotizzare che altre, variabili e concorrenti possano essere le cause, come già sopra si è detto. Non è chi non veda, dunque, la flebilità di una motivazione resa ancor più claudicante dalla dichiarata consapevolezza, espressa proprio dalla CGF, che l’intero impianto accusatorio poggia unicamente sulla dichiarazione di Gervasoni “ il quale avrebbe appreso “ ( ma, ripetesi, da chi ?) che il Fontana “ sarebbe stato partecipe alla divisione con altri giocatori “, oltre Ventola e Bertani. La riconosciuta unicità della fonte di prova e la sua natura di testimonianza semplicemente indiretta avrebbe dovuto suggerire alla stessa Corte di procedere ad un vaglio delle asserite circostanze accusatorie ben più affidabile e pregnante che non la semplice “facilità di immaginazione”. 13 - Il Collegio, pertanto, accoglie la domanda formulata nell’istanza di arbitrato del sig. Fontana come meglio specificata in premessa e, per l’effetto, annulla la sanzione disciplinare irrogata dalla CDN e confermata dalla Corte Federale. Attesa la complessità delle questioni trattate e del quadro complessivo in cui le stesse si collocano e tenuto conto della parziale non condivisibilità delle tesi in diritto prospettate dalla parte istante , il Collegio ritiene di poter compensare le spese di giudizio e di porre a carico delle parti, nella misura del 50% ciascuna e con vincolo di solidarietà , le spese e gli onorari degli Arbitri liquidati in complessivi € 6.000, oltre le spese effettivamente sostenute per lo svolgimento dell’incarico arbitrale. P.Q.M. Il Collegio arbitrale, definitivamente pronunciando, nel contraddittorio delle parti, disattesa ogni altra istanza, deduzione ed eccezione, così provvede: 1. Accoglie la domanda formulata con istanza di arbitrato prot. n. 1736 d.d. 11-7- 2012-618, con assorbimento di ogni altra istanza; 2. Dichiara integralmente compensate tra le parti le spese di giudizio; 3. Pone a carico di ciascuna delle parti, nella misura del 50%, gli onorari e le spese per il Collegio arbitrale, liquidati nella misura esposta in parte motiva, con vincolo di solidarietà; 4. Pone a carico delle parti, nella misura del 50% ciascuna, il pagamento dei diritti amministrativi; 5. Dichiara incamerati dal Tribunale nazionale di arbitrato per lo sport i diritti amministrativi già versati dalle parti. Così deliberato all’unanimità il 19 novembre 2012 e sottoscritto in numero di tre originali nei luoghi e nelle date di seguito indicati. F.to Armando Pozzi F.to Domenico La Medica F.to Silvestro Maria Russo
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