COMITATO REGIONALE FRIULI VENEZIA GIULIA – STAGIONE SPORTIVA 2012/2013 – Decisione pubblicata sul sito Web: www.figclnd-fvg.org e sul COMUNICATO UFFICIALE N. 89 del 05.02.2013 Delibere della Commissione Disciplinare RECLAMO della ASD COM. FIUME VENETO BANNIA (campionato promozione) avverso la decisione assunta dal G.S.T. di una ammenda di euro 700 a suo carico (in c.u. n° 78 del 17.01.2013).

COMITATO REGIONALE FRIULI VENEZIA GIULIA – STAGIONE SPORTIVA 2012/2013 – Decisione pubblicata sul sito Web: www.figclnd-fvg.org e sul COMUNICATO UFFICIALE N. 89 del 05.02.2013 Delibere della Commissione Disciplinare RECLAMO della ASD COM. FIUME VENETO BANNIA (campionato promozione) avverso la decisione assunta dal G.S.T. di una ammenda di euro 700 a suo carico (in c.u. n° 78 del 17.01.2013). Con tempestivo reclamo la ASD COM. FIUME VENETO BANNIA impugnava la decisione assunta dal G.S.T. di una ammenda di euro 700 a suo carico “Ai sensi dell’art. 18, punto 1, lett. b), dell’art. 11, punti 1 e 3 e dell’art. 4, punto 3 C.G.S. Per comportamento discriminatorio di alcuni dei propri sostenitori nei confronti dell’arbitro e nei confronti delle assistenti dell’arbitro (responsabilità oggettiva).” La reclamante parte nella sua esposizione da un assoluto rispetto dell’Ordinamento federale e delle Istituzioni. Rileva che le frasi verbalizzate, riferite sia al direttore di gara, per la sua etnia, che alle due assistenti, per la loro appartenenza al genere femminile, costituiscono “un caso singolo, sporadico e non reiterato nel tempo, espresso da parte di qualche spettatore dal quale la società non solo non condivide l’opinione, ma lo condanna nella maniera più assoluta”. Continua la reclamante affermando: “La società, non solo non si sente coinvolta in questa dimostrazione di stupidità civile, morale e sportiva, ma è impossibilitata nell’impedire questo fenomeno a priori, non potendo zittire nessuno preventivamente e conseguentemente non ha i mezzi tecnici e legali per garantire che questi fenomeni non possano ripetersi in futuro”. Inoltre, pur accettandola all’interno dell’Ordinamento sportivo, rileva come la regola della “responsabilità oggettiva” sia discutibile, e ne contesta la applicazione al caso concreto. Infine descrive come sia eccessivamente afflittiva la quantificazione dell’ammenda, lamentando non solo la gravosità della sanzione, ma anche il danno all’immagine che le deriva da questa vicenda, e chiude affermando di condividere “in maniera assoluta lo spirito della sentenza, ma la riteniamo assolutamente eccessiva nella sostanza in relazione alle nostre responsabilità soggettive negli avvenimenti riportati nel referto arbitrale”. Il reclamo è infondato. I fatti non sono contestati e constano di ripetute espressioni chiaramente discriminatorie, rivolte: (i) al direttore di gara, mirando ad escluderlo dall’ambito degli autori della violazione, in ragione della sua origine etnica e straniera, e (ii) alle due assistenti, italiane, che si sono sentite rivolgere espressioni gratuitamente volgari, non solo, ma in particolare indirizzate ad elevare il genere maschile verso una supremazia assoluta sul genere femminile. È intuitivo che le due ipotesi di violazione sono completamente diverse tra loro, tali da costituire due autonomi distinti capi di incolpazione, per i quali il CGS dispone come sanzione “minima” l’ammenda di 500 euro ciascuno. Infatti, per l’art. 11 GCS, “costituisce comportamento discriminatorio, sanzionabile quale illecito disciplinare, ogni condotta che, direttamente o indirettamente, comporti offesa, denigrazione o insulto per motivi di razza, colore, religione, lingua, sesso, nazionalità, origine territoriale o etnica, ovvero configuri propaganda ideologica vietata dalla legge o comunque inneggiante a comportamenti discriminatori”, mentre le società sono “responsabili per cori, grida e ogni altra manifestazione espressiva di discriminazione”. Sbaglia la reclamante laddove ritiene di non avere la possibilità materiale di fermare questo fenomeno. Infatti, le modeste dimensioni degli spalti dei campi di calcio regionali (salvo caso isolato) permettono facilmente di individuare il responsabile e, quindi, di isolarlo contestandogli sul momento la gravità delle espressioni usate. Esiste in proposito l’art. 13 CGS, rubricato “Esimente e attenuanti per comportamenti dei propri sostenitori”, che esclude la responsabilità delle società “per i comportamenti tenuti dai propri sostenitori in violazione degli articoli 11 e 12 se ricorrono congiuntamente tre delle seguenti circostanze: a) la società ha adottato ed efficacemente attuato, prima del fatto, modelli di organizzazione e di gestione della società idonei a prevenire comportamenti della specie di quelli verificatisi, avendo impiegato risorse finanziarie ed umane adeguate allo scopo; b) la società ha concretamente cooperato con le forze dell’ordine e le altre autorità competenti per l’adozione di misure atte a prevenire i fatti violenti o discriminatori e per identificare i propri sostenitori responsabili delle violazioni; c) al momento del fatto, la società ha immediatamente agito per rimuovere disegni, scritte, simboli, emblemi o simili, o per far cessare i cori e le altre manifestazioni di violenza o di discriminazione; d) altri sostenitori hanno chiaramente manifestato nel corso della gara stessa, con condotte espressive di correttezza sportiva, la propria dissociazione da tali comportamenti; e) non vi è stata omessa o insufficiente prevenzione e vigilanza da parte della società. 2. La responsabilità della società per i comportamenti tenuti dai propri sostenitori in violazione degli articoli 11 e 12 è attenuata se la società prova la sussistenza di alcune delle circostanze elencate nel precedente comma 1.” Ebbene, se la società avesse (per esempio) potuto documentare che (a) la propria organizzazione impiega regolarmente risorse finanziarie ed umane per prevenire queste situazioni; che (c) al momento del fatto i suoi dirigenti avessero immediatamente agito per far cessare le espressioni discriminatorie; e (d) altri sostenitori avessero chiaramente manifestato nell’immediatezza la propria dissociazione da tali comportamenti, questa CDT sarebbe stata veramente ben lieta di revocare il provvedimento che, senz’altro, è decisamente afflittivo. Quindi erra la società quando afferma la propria impossibilità in termini oggettivi: la possibilità c’è stata (e ci sarà in futuro): quanto vuole il Legislatore Federale è che le società si attivino in tale senso. Il GST ha senz’altro tenuto in ferma considerazione che, se avesse applicato la sanzione per le due distinte violazioni (euro 500 + 500 come ammenda “minima”), avrebbe inferto una punizione elevatissima alla società rispetto alle sue esigenze di vita e di operatività, e senz’altro per questo motivo ha voluto intendere la seconda distinta violazione come fosse la continuazione della prima, originaria manifestazione di discriminazione. Dato il tenore del reclamo, di ferma riprovazione di quanto accaduto e di pieno, solidale accoglimento dello “spirito della sentenza”, la CDT reputa maturata la dimostrazione (anche se essendo tardiva sarebbe irrilevante) che “la società sta adottando modelli di organizzazione e di gestione della società idonei a prevenire comportamenti della specie di quelli verificatisi, avendo impiegato risorse finanziarie ed umane adeguate allo scopo”. Per tale motivo la CDT ritiene di non aggravare la ammenda, come sarebbe tenuta a fare ex art. 36/3 CGS. Non può, però, la CDT nascondersi la recidività della ASD COM. FIUME VENETO BANNIA, già in passato sanzionata (cfr C.U. n° 18 del 29.09.2009) per espressioni discriminatorie dei propri sostenitori. Pertanto, invita fermamente la società ad adottare un efficace sistema organizzativo preventivo, giacché non potranno farsi altri sconti. PQM La C.D.T. – FVG così dispone: respinge il reclamo perché infondato e, per l’effetto, conferma i provvedimenti assunti dal GST. Dispone addebitarsi alla società reclamante la relativa tassa.
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