• Stagione sportiva: 2012/2013
F.I.G.C. – CORTE DI GIUSTIZIA FEDERALE – 2012/2013 – Decisione pubblicata sul sito web: www.figc.it e sul Comunicato ufficiale n. 151/CGF del 17 Gennaio 2013 con motivazioni pubblicate sul Comunicato ufficiale n. 171/CGF del 06 Febbraio 2013 e su www.figc.it
1. RICORSO DELLA S.S.C. NAPOLI S.P.A. AVVERSO LE SANZIONI DELLA PENALIZZAZIONE DI PUNTI 2 IN CLASSIFICA DA SCONTARSI NELLA STAGIONE SPORTIVA 2012/2013 E AMMENDA DI € 70.000,00, INFLITTE AI SENSI DELL’ART. 7, COMMI 2 E 4, C.G.S. E DELL’ART. 4, COMMA 2, C.G.S. IN ORDINE AGLI ADDEBITI CONTESTATI AI PROPRI TESSERATI GIANELLO MATTEO, CANNAVARO PAOLO E GRAVA GIANLUCA, IN RELAZIONE ALLA GARA SAMPDORIA/NAPOLI DEL 16.5.2010, SEGUITO DEFERIMENTO DEL PROCURATORE FEDERALE – NOTA N. 2387/1188PF11-12/SP/SEG DEL 25.10.2012 – (Delibera della Commissione Disciplinare Nazionale – Com. Uff. n. 55/CDN del 18.12.2012)
2. RICORSO DEL CALC. GRAVA GIANLUCA AVVERSO LA SANZIONE DELLA SQUALIFICA DI MESI 6 INFLITTA AI SENSI DELL’ART. 7, COMMA 7, C.G.S. IN RELAZIONE ALLA GARA SAMPDORIA/NAPOLI DEL 16.5.2010, SEGUITO DEFERIMENTO DEL PROCURATORE FEDERALE – NOTA N. 2387/1188PF11- 12/SP/SEG DEL 25.10.2012 (Delibera della Commissione Disciplinare Nazionale – Com. Uff. n. 55/CDN del 18.12.2012)
3. RICORSO DEL CALC. CANNAVARO PAOLO AVVERSO LA SANZIONE DELLA SQUALIFICA DI MESI 6 INFLITTA AI SENSI DELL’ART. 7, COMMA 7, C.G.S. IN RELAZIONE ALLA GARA SAMPDORIA/NAPOLI DEL 16.5.2010, SEGUITO DEFERIMENTO DEL PROCURATORE FEDERALE – NOTA N. 2387/1188PF11- 12/SP/SEG DEL 25.10.2012 (Delibera della Commissione Disciplinare Nazionale – Com. Uff. n. 55/CDN del 18.12.2012)
4. RICORSO DEL CALC. GIANELLO MATTEO AVVERSO LA SANZIONE DELLA SQUALIFICA DI ANNI 3 E MESI 3 INFLITTA AI SENSI DELL’ART. 7, COMMI 1, 2 E 5, C.G.S. IN RELAZIONE ALLA GARA SAMPDORIA/NAPOLI DEL 16.5.2010, SEGUITO DEFERIMENTO DEL PROCURATORE FEDERALE – NOTA N. 2387/1188PF11- 12/SP/SEG DEL 25.10.2012 (Delibera della Commissione Disciplinare Nazionale – Com. Uff. n. 55/CDN del 18.12.2012)
F.I.G.C. – CORTE DI GIUSTIZIA FEDERALE – 2012/2013 – Decisione pubblicata sul sito web: www.figc.it e sul Comunicato ufficiale n. 151/CGF del 17 Gennaio 2013 con motivazioni pubblicate sul Comunicato ufficiale n. 171/CGF del 06 Febbraio 2013 e su www.figc.it
1. RICORSO DELLA S.S.C. NAPOLI S.P.A. AVVERSO LE SANZIONI DELLA PENALIZZAZIONE DI PUNTI 2 IN CLASSIFICA DA SCONTARSI NELLA STAGIONE SPORTIVA 2012/2013 E AMMENDA DI € 70.000,00, INFLITTE AI SENSI DELL’ART. 7, COMMI 2 E 4, C.G.S. E DELL’ART. 4, COMMA 2, C.G.S. IN ORDINE AGLI ADDEBITI CONTESTATI AI PROPRI TESSERATI GIANELLO MATTEO, CANNAVARO PAOLO E GRAVA GIANLUCA, IN RELAZIONE ALLA GARA SAMPDORIA/NAPOLI DEL 16.5.2010, SEGUITO DEFERIMENTO DEL PROCURATORE FEDERALE – NOTA N. 2387/1188PF11-12/SP/SEG DEL 25.10.2012 - (Delibera della Commissione Disciplinare Nazionale - Com. Uff. n. 55/CDN del 18.12.2012)
2. RICORSO DEL CALC. GRAVA GIANLUCA AVVERSO LA SANZIONE DELLA SQUALIFICA DI MESI 6 INFLITTA AI SENSI DELL’ART. 7, COMMA 7, C.G.S. IN RELAZIONE ALLA GARA SAMPDORIA/NAPOLI DEL 16.5.2010, SEGUITO DEFERIMENTO DEL PROCURATORE FEDERALE – NOTA N. 2387/1188PF11- 12/SP/SEG DEL 25.10.2012 (Delibera della Commissione Disciplinare Nazionale - Com. Uff. n. 55/CDN del 18.12.2012)
3. RICORSO DEL CALC. CANNAVARO PAOLO AVVERSO LA SANZIONE DELLA SQUALIFICA DI MESI 6 INFLITTA AI SENSI DELL’ART. 7, COMMA 7, C.G.S. IN RELAZIONE ALLA GARA SAMPDORIA/NAPOLI DEL 16.5.2010, SEGUITO DEFERIMENTO DEL PROCURATORE FEDERALE – NOTA N. 2387/1188PF11- 12/SP/SEG DEL 25.10.2012 (Delibera della Commissione Disciplinare Nazionale - Com. Uff. n. 55/CDN del 18.12.2012)
4. RICORSO DEL CALC. GIANELLO MATTEO AVVERSO LA SANZIONE DELLA SQUALIFICA DI ANNI 3 E MESI 3 INFLITTA AI SENSI DELL’ART. 7, COMMI 1, 2 E 5, C.G.S. IN RELAZIONE ALLA GARA SAMPDORIA/NAPOLI DEL 16.5.2010, SEGUITO DEFERIMENTO DEL PROCURATORE FEDERALE – NOTA N. 2387/1188PF11- 12/SP/SEG DEL 25.10.2012 (Delibera della Commissione Disciplinare Nazionale - Com. Uff. n. 55/CDN del 18.12.2012)
1. Con atto del 25 ottobre 2012 il Procuratore Federale deferiva, tra gli altri, alla Commissione Disciplinare Nazionale Matteo Gianello per violazione dell’art 7 commi 1, 2 e 5 C.G.F. per avere, in concorso con Silvio Giusti, tesserato iscritto nell’albo dei tecnici, posto in essere atti diretti ad alterare lo svolgimento e il risultato della gara Sampdoria/Napoli del 16 maggio 2010 al fine di effettuare scommesse sulla sicura vittoria della prima Società, offrendo denaro a tal fine ai compagni di squadra Paolo Cannavaro e Gianluca Grava, che rifiutavano. Questi ultimi venivano, a propria volta, deferiti per violazione dell’art 7 c. 7 C.G.S. per avere omesso di denunciare la proposta alterativa di Gianello. La S.S.C. Napoli spa veniva deferita, a titolo di responsabilità oggettiva, per i fatti a diverso titolo contestati ai propri tre tesserati. Matteo Gianello veniva anche deferito per la violazione degli artt. 1 comma 1 e 6 C.G.S. per aver posto in essere un’illecita attività conoscitiva e/o informativa rivolta al fine delle scommesse su gare delle serie professionistiche. In relazione all’addebito mosso a Gianello la S.S.C. Napoli S.p.A. veniva deferita a titolo di responsabilità oggettiva. L’atto di deferimento, che recepiva la relazione d’indagine redatta in data 24 ottobre 2012, prendeva le mosse dal procedimento penale pendente presso la Procura della Repubblica di Napoli, la cui fase delle indagini preliminari si era conclusa con un avviso inviato ai sensi dell’art. 415 bis c.p.p. in data 28 maggio 2012 a Matteo Gianello e Silvio Giusti. Contro il primo si procedeva per il reato di cui agli artt. 110 c.p. comma 1, e 1 commi 1 e 3 della Legge 13 dicembre 1989 n. 401 per avere, in concorso con l’altra persona sottoposta ad indagini, promesso denaro, su richiesta di Giusti, ai calciatori Cannavaro e Grava perché contribuissero ad agevolare la vittoria della Sampdoria nella gara prima menzionata, ricevendone un rifiuto. Tale condotta veniva qualificata come rivolta ad ottenere un risultato diverso da quello conseguente al corretto e leale svolgimento della competizione. Contestualmente, la Procura della Repubblica napoletana formulava al competente G.i.p. richiesta di archiviazione nei confronti, tra gli altri, dello stesso Matteo Gianello in relazione all’andamento di altre gare del Campionato di Serie A svoltesi tra il 10 aprile 2010 ed il 22 maggio 2011.
2. Le indagini penali relative alla gara Sampdoria/Napoli avevano tratto origine da una relazione di servizio del 24 maggio 2010 inviata dall’ispettore di PS Gaetano Vittoria al dirigente della Squadra Mobile di Napoli in cui segnalava di avere appreso da Matteo Gianello che questi aveva ricevuto un contatto da una persona della Società Sampdoria che gli proponeva di rivolgersi a suoi compagni di squadra del Napoli “al fine di falsare la partita per favorire la qualificazione” della Sampdoria in Champion’s League. Nella relazione si aggiungeva che Gianello aveva detto di essersi posto in contatto con i compagni Quagliarella, Cannavaro e Grava, che rifiutavano la proposta. Quagliarella sarebbe stato poi deriso da Gianello per aver al tempo stesso rinunciato al premio corruttivo, senza segnare il goal che gli avrebbe consentito di reclamare l’applicazione della clausola contrattuale di corresponsione di un beneficio per la segnatura dell’undicesimo goal. A questa relazione di servizio l’ispettore Vittoria faceva seguire quelle del 14 e del 27 settembre successivi in cui riferiva di avere appreso da Gianello della sua abituale partecipazione a scommesse sportive, agevolate anche da contatti con altre persone. L’ispettore Vittoria rendeva dichiarazioni in qualità di persona informata sui fatti in data 6 ottobre 2010 alla Procura di Napoli, premettendo di essere addetto da quattro anni al gruppo Tifosi, giochi e scommesse della squadra mobile di Napoli e di curare i rapporti con la locale Società calcistica, di cui seguiva le attività agonistiche. Nel confermare le relazioni di servizio, Vittoria ricostruì più analiticamente l’incontro avuto con Gianello nei giorni precedenti la partita Sampdoria/Napoli. In sintesi, il calciatore gli aveva detto che molte delle gare dei campionati minori di calcio erano alterate nonché di far ricorso abitualmente alle scommesse che gli avevano procurato un notevole agio. Sulla partita in questione Gianello disse a Vittoria che “gente del nord” lo aveva pressato per alterare il risultato chiedendogli di parlare con i difensori del Napoli e con l’attaccante Quagliarella: questo egli avrebbe fatto, ottenendo il diniego da parte degli interessati. Gianello avrebbe aggiunto che dati i suoi ottimi rapporti con Grava e Cannavaro, egli non temeva conseguenze negative in caso di rifiuto dell’offerta. L’ispettore di PS chiariva che Gianello non gli fece i nomi dei mandanti dell’operazione, semplicemente definendolo “amici”. In data 15 giugno 2011 Gianello rendeva interrogatorio, in qualità di persona sottoposta ad indagini, alla presenza del proprio difensore di fiducia, alla Procura di Napoli. Preliminarmente la persona sottoposta ad indagini riferiva in forma spontanea circostanze che riteneva potessero spiegare le ragioni del suo “coinvolgimento in indagini del Pool di Magistrati della Procura di Napoli che si occupano di reati collegati a manifestazioni sportive”. In particolare, Gianello riferiva di rapporti con una persona di Afragola cui in ripetute occasioni aveva fornito, su richiesta, biglietti omaggio per partite del Napoli. La parte successiva dell’interrogatorio verteva sulla contestazione, su base documentale e di intercettazioni telefoniche ed ambientali, della appartenenza di Gianello ad una struttura criminosa stabilmente organizzata per la commissione di frodi sportive mediante accordi con tesserati F.I.G.C. interessati ai vantaggi da conseguire mediante scommesse su gare di cui si conosceva preventivamente il risultato. Gianello negava l’addebito e diceva di conoscere Silvio Giusti, suo compagno di squadra nel Chievo Verona nel 1996 ed escludeva di avere mai partecipato a scommesse sportive. Nel corso dell’interrogatorio, ed esattamente dopo poco meno di tre ore dal suo inizio, l’Ufficio procedente chiedeva alla persona sottoposta ad indagini se in relazione alla partita Sampdoria/Napoli egli avesse avuto informazioni concernenti eventuali scommesse. Gianello negava, ammettendo di conoscere l’ispettore di Polizia Gaetano Vittoria e di averlo frequentato in un rapporto amichevole. Rispondendo a precise contestazioni dei Magistrati Gianello dichiarava di non ricordare di aver parlato dopo la gara in questione con Quagliarella e diceva che qualche giorno prima dello stesso incontro Giusti gli chiese di verificare se fosse possibile entrare in contatto con suoi compagni di squadra proponendo loro di rendere maggiormente sicuro il risultato della partita a favore della Sampdoria, in modo di “consentirgli di effettuare scommesse sicure”. Gianello aggiungeva che, pur avendo detto al Giusti che si sarebbe adoperato nel senso detto, non volle né poté farlo, essendosi probabilmente limitato a chiedere a qualcuno dei suoi compagni (di cui non ricordava il nome) con quale animo andasse a giocare. Dichiarando che stava “riflettendo con maggiore precisione”, Gianello disse di ricordare che Giusti gli aveva prospettato la possibilità di ricompensare i compagni di squadra che avessero aderito alla richiesta con somme di denaro, pur non ricordando con certezza tale circostanza né l’ammontare delle somme: egli disse al Giusti che lo avrebbe tenuto informato. Sempre a seguito di una riflessione più attenta Gianello diceva di ricordare che nello spogliatoio parlò con alcuni compagni di squadra (probabilmente quattro o cinque) ai quali ingenuamente disse che “c’era una persona disponibile a dare del denaro qualora avessimo lasciato vincere la Sampdoria”. Da tutti i presenti ricevette risposta negativa. Ancora sollecitato a maggiore accuratezza nel ricordo, Gianello disse, dopo aver ulteriormente riflettuto, che decise di fare la sua proposta per aggiustare la partita a suoi compagni della difesa, scegliendo per l’occasione un allenamento svoltosi alcuni giorni prima. Egli si rivolse a Cannavaro ed a Grava e a nessun’altro. Escludeva di aver parlato con Quagliarella della richiesta di Giusti. Diceva che Cannavaro e Grava diedero immediatamente, e risentiti, risposta negativa alla proposta; diceva di non ricordare quale fosse la somma messa a disposizione da Giusti, pur dovendosi trattare di decine di migliaia di euro per ogni giocatore disponibile. Giusti gli aveva chiesto di parlare con quattro – cinque compagni di squadra, ma dopo la risposta negativa di Cannavaro e Grava Gianello decise di non andare oltre nel tentativo, ritenendo che si trattasse di una cosa più grande di lui, per il cui compimento era privo del coraggio sufficiente. Gianello riferiva di aver detto a Giusti di non poter far nulla, anche perché l’allenatore Mazzarri voleva far bella figura contro la Sampdoria, verso cui aveva motivi di risentimento per l’esonero da allenatore. Gianello dichiarava, inoltre, di non ricordare se avesse o meno detto a Giusti che “non se ne sarebbe fatto niente perché i miei compagni non erano stati disponibili”: a questo punto la persona sottoposta ad indagini prendeva atto che quanto appena riferito contribuiva a rendere ancor più inverosimili le dichiarazioni già rese in ordine alle risultanze delle intercettazioni relative al Campionato 2010/2011 nonché in ordine al fatto di non aver preteso nulla in cambio del proprio ruolo di mediazione della proposta illecita in questione. Gianello prendeva, altresì, atto che le dichiarazioni di estraneità alle scommesse apparivano smentite dalle sue stesse parole sulla gara Sampdoria/Napoli. Sentiti dalla stessa Autorità Giudiziaria, rispettivamente il 16 giugno ed il 7 luglio 2011, in qualità di persone informate sui fatti, Grava e Cannavaro negavano di aver subito pressioni circa l’esito della gara Sampdoria/Napoli ed in particolare, di aver ricevuto proposte alterative da Gianello. Anche Quagliarella, sentito il 16 giugno 2011, escludeva di aver parlato della gara con Gianello. Come prima menzionato, la conclusione delle indagini avveniva il 28 maggio 2012 con l’avviso a Gianello e Giusti della contestazione relativa al concorso in frode sportiva per l’incontro Sampdoria/Napoli. Quanto alla contestuale richiesta di archiviazione, di cui si è prima detto, si deve osservare che in essa si definiva Gianello – alla stregua delle dichiarazioni dei tesserati Giusti e Cossato – capace di fornire indicazioni sulle partite giocate dal Napoli, in un susseguirsi frenetico di contatti, in cui “è risultato assai difficile distinguere reali operazioni fraudolente da millanterie e dialoghi tra scommettitori orientati dalla ricerca, anche spregiudicata, di informazioni e valutazioni privilegiate”. Relativamente alla gara che qui interessa, dalla diffusa, articolata e motivata richiesta di archiviazione si ricavano le tappe ricostruttive dell’intera fattispecie, con particolare riguardo alla posizione di Gianello. L’Ufficio procedente rileva che solo nei confronti di quest’ultimo sono stati acquisiti elementi idonei a sostenere l’accusa, derivanti innanzitutto dalle sue dichiarazioni; nessun elemento è stato acquisito nei confronti di altri soggetti, nemmeno iscritti ne registro degli indagati, in considerazione delle convergenti dichiarazioni degli altri tesserati del Napoli. La richiesta dà atto del contrasto tra le dichiarazioni di Gianello e quelle di Cannavaro e Grava, rilevando che esso non appare risolvibile né assumere rilevanza, essendo maturata la convinzione che il risultato della partita non fu in concreto alterato. L’ufficio procedente formula, a scopo di completezza, l’ipotesi che Cannavaro e Grava non ricordassero effettivamente di aver parlato con Gianello di argomenti interpretabili come proposte alterative. Viene anche formulata l’opposta ipotesi che Cannavaro e Grava avessero negato dei contatti con Gianello per sottrarsi alla responsabilità sportiva per omessa denuncia. Veniva, in ogni caso, riaffermata la conclusione della irrisolvibilità del dilemma.
3. A seguito dell’invio degli atti dell’indagine penale, prontamente trasmessi in spirito di leale collaborazione dalla Procura di Napoli, la Procura Federale avviava i propri accertamenti, incentratisi anche nella audizione di Gianello, Grava e Cannavaro. Questi ultimi due hanno reiterato, nelle audizioni del 6 luglio 2012, le proprie dichiarazioni di estraneità ai fatti e negatorie della ricezione di proposte alterative del risultato della gara Sampdoria – Napoli da parte di
Gianello: entrambi non escludevano che il portiere avesse potuto nel corso della settimana anteriore alla gara rivolgere a lui e ad altri compagni di squadra battute scherzose circa il fatto che “ormai fossimo già in vacanza”, battute percepite come tali e non in termini implicanti proposte illecite. Analoghe dichiarazioni rendeva alla Procura Federale Fabio Quagliarella nel corso della deposizione del 9 luglio 2012, in cui si negavano contatti con Gianello tanto prima quanto dopo la gara. Gianello veniva sentito dalla Procura Federale il 16 luglio 2012 e confermava le dichiarazioni rese al P.M. di Napoli il 15 giugno 2011. In particolare, il tesserato dichiarava che la richiesta alterativa gli era pervenuta soltanto da Silvio Giusti e non da dirigenti o calciatori della Sampdoria. Secondo Gianello, Giusti gli avrebbe chiesto di attivarsi dicendo che avrebbe pagato del denaro, senza specificare mai l’importo, Gianello diceva anche di aver proceduto ai contatti di cui aveva “riferito al P.M. e a nessun altro”. I contatti sarebbero stati unicamente con Grava e Cannavaro e non con Quagliarella, che non sarebbe stato destinatario né di richieste alterative né di derisione per il mancato conseguimento dei vantaggi della stessa alterazione o di quelli legati al premio, in effetti non ottenuto, per la segnatura del numero di goal contrattualmente previsto. Al termine delle proprie indagini la Procura Federale osservava che il ruolo di Gianello era di particolare importanza nel contesto oggetto delle stesse, tenuto conto anche delle dichiarazioni rese all’Autorità Giudiziaria, sebbene apertamente contrastanti con quanto si ricava dalle numerose intercettazioni telefoniche. Il Gianello veniva definito scommettitore attivo, aggiungendosi che egli aveva voluto limitare la propria responsabilità, per quanto possibile, relativamente alla gara Sampdoria/Napoli. Quanto a Cannavaro e Grava, la Procura Federale riteneva sussistente nei loro confronti l’addebito di omessa denuncia alla stregua delle dichiarazioni di Gianello, che venivano giudicate munite di riscontri oggettivi e logici. Tra le fonti d’accusa venivano citate le reiterate intercettazioni di conversazioni tra tesserati, tutti interessati alle scommesse calcistiche, che svolgevano conversazioni genuine essendo ignari dei controlli telefonici in atto. Relativamente alla gara in questione si parlava di confessione di Gianello che troverebbe un preciso riscontro esterno nelle dichiarazioni giudiziali dell’ispettore Vittoria in merito alle confidenze ricevute dal tesserato con cui aveva instaurato un rapporto amichevole. Veniva giudicato credibile che Gianello avesse recepito la richiesta alterativa di Giusti, così come la dichiarazione del portiere circa i contatti con Cannavaro e Grava, ritenuti in grado di poter autonomamente determinare la sconfitta della propria squadra: né appariva plausibile che Gianello avesse denunciato i compagni di squadra con i quali non aveva motivi di risentimento o rancore. Ed infine, la Procura Federale escludeva che la posizione di Quagliarella potesse dirsi equiparabile a quella di Grava e Cannavaro, in quanto dalle dichiarazioni dell’ispettore Vittoria sembrerebbe arguirsi che il contatto con Gianello sarebbe stato solo successivo alla gara. Ancora, ad escludere la responsabilità di Quagliarella, starebbe la ritrattazione delle accuse di Gianello in sede di interrogatorio al P.M., poi confermata davanti alla Procura Federale. Del resto, non essendo stato Gianello nemmeno convocato per la partita, egli non sarebbe stato in grado di parlare derisoriamente, per le ragioni prima viste, con Quagliarella. Come detto, la responsabilità del Napoli veniva individuata a titolo oggettivo in relazione a tutti gli addebiti mossi ai tre propri tesserati.
4. Con decisione pubblicata nel comunicato ufficiale n. 55 del 18 dicembre 2012 la Commissione Disciplinare Nazionale, dopo aver passato in rassegna le fonti di prova confluite nel procedimento disciplinare, osservava, con riferimento alla gara in esame, che essa fu oggetto di un tentativo di alterazione del risultato a fini di scommesse per opera di Giusti, all’epoca dei fatti iscritto nell’albo dei tecnici e di Gianello, sempre a quel tempo tesserato per la Società Napoli. La Commissione dirigeva la propria attenzione alle relazioni di servizio e alle dichiarazioni giudiziali dell’ispettore Vittoria, dicendo che Gianello non ne conosceva la funzione. I primi Giudici concludevano per la sussistenza degli addebiti contestati al riguardo a Gianello, assumendo come elementi fondanti, oltre le dichiarazioni dell’ispettore Vittoria, le ammissioni dell’incolpato, la sua appartenenza alla rosa di prima squadra del Napoli, i rapporti amichevoli con Cannavaro e Grava, le intercettazioni telefoniche dimostrative del costante rapporto tra Gianello e Giusti per ragioni di comune partecipazione a scommesse, l’interesse della Sampdoria a vincere la partita in vista della sua qualificazione alla Champions’ League, i negativi precedenti dell’incolpato desunti dalla sua dichiarata disponibilità economica investita in acquisti immobiliari. Egualmente, i primi Giudici ritenevano responsabili Cannavaro e Grava per l’omessa denuncia tenendo conto delle dichiarazioni, qualificate veridiche, di Gianello, confermate dalle indagini penali nonché dal fatto che Grava non avesse escluso davanti al P.M. che Gianello potesse aver fatto battute scherzose circa il fatto che la squadra si sentisse già in vacanza. Ciò non escludeva, appunto, l’intervenuto tentativo di illecito, che nemmeno Cannavaro si sarebbe sentito di reputare insussistente. Le dichiarazioni dei due incolpati venivano considerate gravi perché tendenti a togliere rilevanza ed importanza al tentativo di illecito, degradandolo a scherzo, pur senza escludere che Gianello potesse averne parlato. La Commissione definiva attendibili le dichiarazioni di Gianello, che, tra l’altro, non avrebbe avuto alcun interesse a mettere in cattiva luce i compagni di squadra, cui era legato da rapporti di amicizia. La decisione respingeva, inoltre, la tesi difensiva secondo cui le dichiarazioni di Gianello sarebbero state altalenanti, in quanto, dopo un iniziale diniego davanti al P.M. per utilità difensiva, esse si sarebbero consolidate nel tempo. Né a smentirle poteva valere la denuncia – querela di Cannavaro e Grava, perché solo tardivamente e strumentalmente proposta. Veniva, pertanto, giudicata come consumata l’omissione di denuncia, con conseguente affermazione di responsabilità degli incolpati. Di tutti gli addebiti mossi ai propri tre tesserati il Napoli veniva giudicato responsabile oggettivamente. La decisione si occupava, inoltre, del tema dei rapporti tra i deferiti rivolti all’effettuazione delle scommesse. Quanto alla affermata responsabilità di Gianello in ordine alla contestazione di cui agli artt. 1 comma 1 e 6 C.G.S., la Commissione Disciplinare Nazionale traeva elementi probatori dalle dichiarazioni dell’ispettore Vittoria e dalle intercettazioni delle utenze telefoniche dell’incolpato, dimostrative della effettuazione in forma consuetudinaria di scommesse calcistiche di significativo importo, anche grazie alla collaborazione di Giusti e Michele Cossato. A questa stregua Gianello veniva qualificato come complice di questi ultimi, dei quali era anche prezioso informatore: ma Gianello scommetteva anche in prima persona, malgrado le contrarie dichiarazioni giudiziali.
Alla affermazione della responsabilità di Gianello seguiva quella della Società di appartenenza Napoli a titolo oggettivo. La Commissione Disciplinare Nazionale infliggeva le seguenti pene in relazione alle violazioni di cui si è detto: a Matteo Gianello la squalifica di tre anni e tre mesi, a Gianluca Grava e Paolo Cannavaro la squalifica di sei mesi, alla Società S.S.C. Napoli S.p.A. la penalizzazione di due punti da scontarsi nella Stagione Sportiva 2012/2013 e l’ammenda di € 70.000,00.
5. Contro la decisione illustrata veniva proposto appello a questa Corte da parte dei tretesserati Gianello, Grava e Cannavaro e della Società Napoli. Gianello sviluppava un articolato motivo di impugnazione rivolto, in sintesi, alla dimostrazione che, contrariamente alla statuizione di primo grado, la sua condotta avrebbe potuto unicamente acquistare rilievo ai sensi dell’art. 1 comma 1 C.G.S., con conseguente sensibile riduzione della severa squalifica, tenuto conto che l’appellante si era limitato ad esprimere ai coincolpati Giusti e Cossato personali impressioni, senza, in alcun modo, aver mai assecondato presso i compagni di squadra del Napoli le illecite richieste di Giusti. L’appellante respingeva, altresì, l’accusa di aver partecipato a scommesse illecite. I tesserati Grava e Cannavaro contestavano la sussistenza di qualsiasi responsabilità a loro carico, riportandosi alle dichiarazioni rese nella fase delle indagini penali e sportive, erroneamente valutate dai primi Giudici, e sottolineavano come elemento asseverativo della propria assoluta buona fede la irretrattabile denuncia per calunnia proposta nei confronti di Gianello. Entrambi chiedevano, pertanto, il completo proscioglimento. La S.S.C. Napoli S.p.A. proponeva un complesso atto di impugnazione, articolato in due motivi rispettivamente afferenti al mancato raggiungimento della prova del compimento, da parte di Gianello, di atti idonei al conseguimento del risultato della colpa ed alla insussistenza della responsabilità di Gianello in relazione alla violazione dell’art 7, commi 1, 2 e 5. Entrambi i motivi si fondavano, da un canto, sulla assoluta carenza di prove circa il fatto che la condotta di Gianello si sarebbe risolta nel compimento di atti idonei a configurare perfino il tentativo di alterazione nei termini individuati dalla giurisprudenza disciplinare endo ed esofederale. D’altro canto, la Società appellante sottolineava un decisivo lato della personalità di Gianello, definendolo abituale scommettitore, senza per questo acquistare la qualità di soggetto interferente con il regolare svolgimento della specifica gara Sampdoria – Napoli. Con ulteriore mezzo di censura l’appellante criticava la decisione impugnata nella parte in cui aveva affermato la responsabilità di Grava e Cannavaro, senza considerare l’insussistenza nei loro confronti di qualsivoglia obbligo di denuncia, posto che gli stessi, anche nella prospettazione dell’Accusa, non furono incolpevolmente in grado di percepire elementi certi di ricorrenza dell’illecito. Sulla base delle osservazioni ricavabili dai motivi precedentemente illustrati e sulla scorta delle considerazioni sviluppate in una lunga premessa dedicata al tratteggiamento degli elementi costituitivi dell’illecito sportivo, l’appellante concludeva per l’insussistenza di qualsivoglia forma di responsabilità oggettiva per fatto dei propri tesserati, lamentando, in ogni caso, l’eccessività della sanzione, anche tenendo conto delle peculiari circostanze del caso, ossia di una condotta illecita che sarebbe stata posta in essere da un tesserato all’insaputa e contro gli interessi della Società di appartenenza, solo danneggiata.
6. All’udienza di discussione del 17 gennaio 2013, interveniva personalmente il presidente del Napoli che leggeva un documento orientato a sottolineare l’impeccabile ed integra storia sportiva della propria Società, del tutto estranea alle accuse. Il difensore di Gianello ribadiva che la condotta del tesserato non ha costituito illecito sportivo, non avendo superato la sfera personale e sottolineando la mancanza di riscontri esterni all’accusa. Il difensore di Cannavaro metteva in luce che le dichiarazioni dell’ispettore di PS Vittoria non costituivano riscontro esterno, ma circolare, e come tale inefficiente a fini probatori, dell’accusa di illecito. Il difensore di Grava sottolineava che tra il tesserato e Gianello esistevano rapporti buoni ma non confidenziali e concentrava la propria attenzione sulla rilevanza della denuncia per calunnia contro Gianello. Il difensore del Napoli si soffermava sulla posizione e sulla figura di Gianello definendolo un millantatore nei confronti di Giusti e di Cossato di risultati delle gare del Napoli, nella maggior parte dei casi diversi da quelli pronosticati. Gianello sarebbe stato un emissario di malfattori che aveva tentato di infiltrarsi in una Società sana, in coerenza con i propri fini di scommettitore abituale. La carenza di credibilità delle sue dichiarazioni avrebbe trovato conferma nella reiezione da parte della C.D.N. dei benefici chiesti ai sensi dell’art. 24 C.G.S. sotto il profilo del difetto di contributo all’accertamento della verità: contraddittoriamente i primi Giudici pervennero alla condanna del Napoli attribuendo credito alle parole di Gianello. Il Procuratore Federale insisteva sulla sussistenza di adeguati riscontri alle dichiarazioni di Gianello, inizialmente rese all’ispettore Vittoria, che riguardavano persone nei cui confronti l’incolpato non aveva motivi di rancore. Veniva indicata la sussistenza di idonei riscontri logici all’accusa, che non rendevano necessaria una prova autonoma. La ritrattazione dello stesso Gianello davanti al P.M. in merito alla posizione di Quagliarella dimostra la sua attendibilità in quanto ne rende evidente la naturale disposizione a ristabilire il vero pur dopo un iniziale diniego. L’incolpato sarebbe sempre stato mosso dalla preoccupazione di respingere l’accusa di scommesse illecite e la sua condotta deve essere definita come illecito di pericolo a consumazione anticipata, essendo stati gli atti a lui contestati posti in essere nei confronti di calciatori che avrebbero partecipato alla gara e, pertanto, idonei al risultato alterativo. In conclusione, gli appellanti insistevano nelle proprie impugnazioni ed il Procuratore Federale formulava richiesta di conferma della decisione, rimettendosi alle determinazioni della Corte circa le sanzioni applicabili alle contestate ipotesi di responsabilità oggettiva, anche alla stregua dei precedenti giurisprudenziali nei recenti casi delle Società Albinoleffe e Novara.
7. Con comunicato pubblicato al termine dell’udienza le Sezioni Unite rendevano noto il dispositivo della propria pronuncia. Motivi della decisione
1. Gli appelli vanno riuniti per ragioni di connessione oggettiva ed in quanto rivolti contro la medesima decisione.
2. Le impugnazioni vanno accolte nei limiti e per le parti che di seguito verranno indicati. La riunione degli appelli logicamente implica una trattazione unitaria della vicenda, il cui punto di partenza non può che individuarsi nella posizione dell’appellante Gianello e nell’esame delle sue dichiarazioni rese in forma diretta o indiretta. Con riferimento a tali dichiarazioni la Corte osserva che esse si sono stratificate nel tempo dopo un’iniziale posizione negatoria per effetto delle precise contestazioni mosse dal P.M. in sede di interrogatorio. Le dichiarazioni in questione vanno intuitivamente poste a raffronto con le relazioni di servizio che in modo zelante e puntuale l’Ispettore Vittoria redasse dopo i colloqui con il tesserato. La convinzione della Corte, maturata a seguito della scrupolosa lettura delle dichiarazioni dell’appellante, è che esse non possano costituire in alcun modo prova della commissione dell’illecito alterativo, a propria volta presupposto delle incolpazioni a Grava e Cannavaro ed alla Società Napoli, rispettivamente per omessa denuncia dell’illecito contestato ed a titolo di responsabilità oggettiva. Le dichiarazioni di Gianello costituiscono, a propria volta, una adeguata rappresentazione di fatti rilevanti sotto altro profilo, sempre meritevole di approfondimento in sede disciplinare-sportiva per ciò che attiene alla effettuazione di scommesse vietate ai tesserati della F.I.G.C. ed alla tenuta di condotte in spregio dei generali doveri di correttezza sportiva. Ed invero, ponendo a raffronto le relazioni di servizio dell’Ispettore Vittoria, ed in particolare, quella del 24 maggio 2010, nonché la deposizioni davanti al P.M. il successivo 6 ottobre con gli interrogatori di Gianello resi all’Autorità Giudiziaria e alla Procura Federale risalta una serie fitta e numerosa di incongruenze, contraddizioni, omissioni, incompletezze, esitazioni. Sembra, poi, alla Corte che questi caratteri che circondano le dichiarazioni di un alone di complessiva inidoneità allo scopo probatorio possano trovare anche una ragionevole spiegazione sul terreno degli interessi perseguiti dall’appellante in termini di precostituzione di elementi giovevoli per la propria difesa in sede penale e, di riflesso, in sede disciplinare. Appare preliminare delineare lo sfondo nel quale trovano posto le prime dichiarazioni ufficiali di Gianello, che fanno seguito alla relazione di servizio dell’Ispettore Vittoria di cui il primo non era, almeno nelle fasi iniziali dell’interrogatorio davanti al P.M., a conoscenza. E’ significativo al riguardo notare che la prima preoccupazione che mosse l’incolpato all’esordio dell’interrogatorio giudiziale fu quella di esplorare, prima che gli venissero rivolte domande o contestazioni, la pista dell’accusa seguita dai magistrati napoletani. Egli, infatti, spontaneamente riferisce di contatti con persona la cui frequentazione temeva potesse pregiudicarlo: fu questa l’unica preoccupazione che determinò il tesserato a narrare dei suoi rapporti con la persona in questione, ritenendola come probabile origine del suo coinvolgimento in indagini penali legate alla manipolazione di competizioni sportive (l’unico dato del quale egli sembrava disporre in merito alle indagini prima dell’inizio dell’interrogatorio). Il fatto non sembra a questa Corte privo di rilevanza per ciò che attiene alla qualificazione dell’elemento soggettivo albergante nella condotta di Gianello: evidentemente egli mostrava di non nutrire altro timore in sede penale che quello legato a frequentazioni pericolose ed al connesso mondo delle scommesse. Nella mente dell’incolpato certamente non si agitò pensiero o timore per la gara Sampdoria-Napoli o per i contatti con i suoi compagni di squadra rivolti ad uno scopo illecito. La questione fu, al contrario, affrontata solo in seguito quando, nel corso dell’interrogatorio, con accuratezza ed acume i magistrati procedenti spostarono l’asse delle domande verso il tema della possibile alterazione del risultato della gara Sampdoria-Napoli, fino ad allora rimasto assente dalla scena. Appaiono ancora meritevoli di particolare attenzione le reazioni progressive tenute da Gianello di fronte alle crescenti ed incalzanti contestazioni giudiziali che prendevano le mosse dalle relazioni di servizio dell’Ispettore Vittoria le quali, come è di piana evidenza, non possono che dar vita alla puntuale ed esauriente rappresentazione di ciò che il denunciante aveva appreso da Gianello, senza ovviamente assumere la veste di autonomo riscontro ad esse. E’ sorprendente notare che a ciascuno di questi doverosi richiami alla lealtà processuale Gianello non abbia opposto alcuna resistenza, gradualmente accedendo ad una ricostruzione dei fatti relativi alla gara che sembrava rispecchiare il suo desiderio di conformarsi alle dichiarazioni dell’Ispettore Vittoria, di cui, tra l’altro, mostrava di conoscere il ruolo, o, comunque, non mostrava di ignorarlo. L’unica ferma, costante ed invalicabile linea di resistenza fu dal Gianello opposta esclusivamente in relazione alle contestazioni che più appariva temere, quelle relative al coinvolgimento nel mondo delle scommesse: lo stesso che appena due settimane prima, nel corso delle indagini svolte dagli uffici giudiziari cremonesi, aveva portato a gravi provvedimenti nei confronti anche di tesserati della F.I.G.C.. Questa breve introspezione sui moventi della posizione assunta in sede giudiziale da Gianello può valere a leggerne in filigrana le intenzioni ed a marcare secondo un giudizio di complessiva inaffidabilità o incompletezza il suo comportamento e le sue dichiarazioni, soprattutto nella parte concernente il contestato illecito sportivo. Qui di seguito, si svolge un elenco delle discrepanze e delle incoerenze nel racconto di Gianello per ciò che attiene alle altrui responsabilità che egli è sembrato utilizzare come possibile usbergo per sminuire o escludere le proprie. La più grave delle fratture presenti nel discorso di Gianello è costituita dall’ingiusto coinvolgimento del calciatore Quagliarella nella trama illecita. L’attaccante viene impudentemente citato come terminale della presunta proposta corruttiva, salvo poi essere con non minore spregiudicatezza del tutto scagionato. I discorsi si accavallano e Quagliarella viene inizialmente descritto da Gianello come partecipe, sia pur a livello solo cognitivo, della combine, per poi essere compianto per il rifiuto della stessa ed il mancato raggiungimento del premio societario per il numero di reti segnate. Come possa prestarsi fede all’idea di un illecito sportivo di cui Gianello sarebbe stato l’intermediario quando, della sequenza di persone interessate, viene dallo stesso accusatore eliminato uno dei perni è questione destinata ad essere risolta con il più netto dei rifiuti ad accedere alle parole di Gianello. Ma è la genesi stessa della esposizione accusatoria di Gianello che si rivela figlia dell’indeterminatezza assoluta, foriera di irrisolti dubbi sulla buona fede del dichiarante. Gianello sostenne nelle prime versioni, fedelmente rappresentate dall’Ispettore Vittoria che la scocca che avrebbe acceso il motore dell’illecito sarebbe stata data dall’interesse della Sampdoria alla qualificazione in Champions League. Per questo l’appellante parlò di “gente del nord”, riferibile alla società genovese. In quella versione Gianello tace del ruolo e della persona di Giusti e delle finalità di scommessa che si sarebbero potute perseguire attraverso l’alterazione. A questa rappresentazione vaga e generica Gianello ne fa seguire un’altra del tutto incompatibile e dimostrativa del cinismo col quale egli si muoveva lanciando accuse che si sarebbero potute rivelare fatali per altri tesserati (come Quagliarella) o per società in effetti incolpevoli (come la Sampdoria). Gianello, infatti, sostiene, quando la Procura napoletana lo inchioda alle sue reticenti contraddizioni, che, in effetti, il risultato alterativo avrebbe trovato origine ed interesse a fini di effettuazioni di scommesse ed avrebbe visto come mente organizzatrice Giusti. Nessun accenno viene più fatto agli emissari della Sampdoria o all’interesse di questa. L’ago dell’attenzione si sposta verso una persona che egli, come è dimostrato dalle intercettazioni telefoniche ed ammesso dallo stesso incolpato, frequentava abitualmente. Ma la dichiarazione di Gianello è tutt’altro che priva di conseguenze negative per ogni altra persona o ente, essendo positiva per se stesso; ancora una volta, il capovolgimento della versione si risolve nell’additare l’altrui responsabilità, quella di Giusti, con ridimensionamento del proprio ruolo a quello di semplice vettore della proposta illecita di questo e non di scommettitore, funzione sempre negata. Ma proprio qui scricchiolano per altro verso la credibilità e l’integrità morale di Gianello, che nei numerosi colloqui con l’ispettore Vittoria, apprezzabile esempio di pubblico ufficiale fedele e attivo, si faceva vanto della conoscenza dei meandri del mondo delle scommesse sportive, anche internazionali, accreditando ad esso le proprie fortune sul piano degli acquisti immobiliari della propria famiglia allargata. Ancora una volta Gianello rivela il volto di chi teme penalmente l’accusa di coinvolgimento nel mondo delle scommesse e per questo inizialmente indica un movente alterativo e poi lo corregge, sempre badando a tenersi, almeno putativamente, indenne da conseguenze giudiziarie negative. La gamma di manipolazioni della realtà ascrivibili a Gianello si arricchisce di altre due essenziali parti. La prima riguarda il numero dei compagni di squadra con cui egli avrebbe avuto contatti esplorativi in vista dell’illecito: in un primo momento il numero è indeterminato parlandosi, di quattro – cinque persone, di cui non viene fornito il nome. Il numero poi si riduce a tre: Grava, Cannavaro e Quagliarella. Poi quest’ultimo viene improvvisamente depennato dall’elenco, sebbene rivestisse un ruolo d’attacco che in alcune dichiarazioni Gianello riteneva essenziale addomesticare per alterare il risultato della partita. In secondo luogo, Gianello, dopo queste insanabili tergiversazioni sul numero dei compagni di squadra, brancola nel buio del luogo in cui i contatti, poi ridottisi a tre, avrebbero avuto luogo: si parla indifferentemente e non affidabilmente tanto di spogliatoi quanto di campi di allenamento. Ed ancora, quando l’incolpato viene bruscamente risvegliato dagli inquirenti nel deserto delle contraddizioni, egli appronta una giustificazione sempre all’insegna del mendacio dicendo che la sua proposta illecita non poté trovare accoglimento, oltre che per il rifiuto di Grava e Cannavaro, per l’ostilità dell’allenatore Mazzarri, che sarebbe stato portatore di risentimento nei confronti della Sampdoria per un precedente esonero. Gianello, pur non avendo mai riferito di colloqui con Mazzarri, non esita a tirarlo in ballo attribuendogli dichiarazioni sulla cui fonte di apprendimento tace: dichiarazioni, per di più, radicalmente inconsistenti in quanto non risulta in alcun modo che il tecnico fosse mai stato esonerato dalla Sampdoria. Ma anche quando l’appellante finalmente, e come visto non disinteressatamente, evoca il ruolo di Giusti egli espone una descrizione degli eventi povera di logica e verosimiglianza. Ed infatti, nella seconda parte dell’interrogatorio reso al P.M., e nel corpo di una medesima frase, al tempo stesso afferma e nega (o almeno esprime il dubbio) di aver detto a Giusti del rifiuto oppostogli dai compagni di squadra del Napoli alla proposta corruttiva. Ora, il fatto che Gianello non si sia affatto espresso con certezza circa la rivelazione del diniego a Giusti indebolisce ancora una volta e decisivamente la sua credibilità: se, infatti, egli avesse veramente, dettagliatamente, efficacemente comunicato ai compagni di squadra la proposta alterativa, sarebbe sorto in lui l’indiscutibile interesse a rivelare al complice Giusti l’esito negativo del sondaggio. Avrebbe, infatti, dovuto essere quella la prima ansia a muovere Gianello: comunicare a Giusti che il piano era fallito per circostanze indipendenti dalla propria volontà. Ma il punto è, ad avviso della Corte, che nulla prova che il piano sia stato effettivamente ordito o che lo sia stato con mezzi e modalità almeno astrattamente idonei allo scopo. Va poi posto in essenziale rilievo che nel corpo delle fumose e sfuggenti dichiarazioni Gianello non ha mai indicato il prezzo del delitto, ossia il profitto dell’illecito che sarebbe stato conseguito dai calciatori del Napoli. Si parla genericamente di offerta di denaro che in un’avanzata fase dichiaratoria Gianello determina in alcune decine di migliaia di euro. Il punto più grottesco della posizione di Gianello è che l’unico riferimento meno etereo al tema del compenso per illecito viene compiuto con riguardo alla persona poi scagionata, cioè Quagliarella. Di lui, infatti, l’appellante dice che lo derise sia per aver mancato il legittimo premio contrattuale sia per non aver conseguito il prodotto dell’illecito ancora una volta determinabile in una somma dell’ordine di decine di migliaia di euro. Urta davvero contro i criteri della logica e della verosimiglianza concepire un illecito senza la previa determinazione del vantaggio promesso a chi ne sia parte o destinatario. È maturo il tempo per tirare le somme da questa vertigine dichiarativa riferibile all’elemento
centrale dell’accusa. Ciò che la Corte senza esitazioni rileva non è solo l’oscillante, fragile impianto delle molteplici parole di Gianello ed il loro procedere in forma ondulatoria e, per ciò solo, non degna della solida, necessaria credibilità. Vi è, infatti, da osservare che nemmeno le più pungenti ed aspre dichiarazioni accusatorie raggiungono l’adeguato livello probatorio della posizione in essere, da parte dello stesso Gianello e degli ipotetici (dal numero e dall’identità incerti, come prima visto) interlocutori, di atti idonei allo scopo alterativo, anche tentato. Ed invero, la già sottolineata genericità dei discorsi di Gianello (ove mai effettivamente pronunciati: ciò di cui, per le ragioni prima indicate, non si è ottenuta alcuna appena sufficiente prova) su genesi, obiettivi, vantaggi della proposta illecita era di per sé sintomo certo della mancanza di attitudine a generare negli eventuali destinatari qualsiasi forma di consapevole adesione o di reale assunzione di impegno illecito. Non v’è alcuna prova – nemmeno a prestar fede alle più pesanti e compromettenti delle tante parole dell’appellante – che la sua condotta fosse tale da stimolare un’adesione perfezionativa dell’illecito o da rendere chiaro agli interlocutori il suo intendimento corruttivo. In particolare, è rimasta in una zona di assoluta indeterminatezza probatoria la tesi che, quali che fossero i discorsi rivolti da Gianello a Grava e Cannavaro – e sempre che tali discorsi concernenti il risultato della gara e le prestazioni dei suoi compagni di squadra fossero intervenuti –, questi abbiano potuto – o avrebbero dovuto, usando l’ordinaria diligenza – percepirli come animati da, ed orientati ad, un fine illecito. Manca, in particolare, la prova persuasiva che ai due difensori si fosse esplicitamente e chiaramente proposto di giocare a perdere, e per di più in vista di un lucro illecito. Certamente, esula da
quest’ambito l’eventuale riferimento scherzoso – se realmente posto in essere: ciò che costituisce insoluto “thema probandum” – all’aria di vacanza che sarebbe spirata alla vigilia della gara. L’ipotetico riferimento sarebbe stato del tutto avulso, se svolto in questi termini, da ogni contesto illecito se non fosse stato collegato (del che non vi è prova) alla prospettazione di eventi o motivi specifici ed illeciti giustificativi del possibile disimpegno, altrimenti spiegabile con l’atmosfera di smobilitazione propria della fine di una stagione che al Napoli non avrebbe più potuto riservare traguardi appetibili. Condizione psicologica, questa, che seppur fosse ricorsa, non avrebbe potuto reputarsi equivalente a quella dell’atleta che si disimpegna in ubbidienza ad un accordo illecito. Ed allora, la logica conseguenza di questa generale crisi di credibilità, serietà, uniformità, armonia delle dichiarazioni di Gianello non può che essere l’esclusione della prova persuasiva e resistente al dubbio della plausibilità di una ricostruzione alternativa dei fatti (della quale si è prima data contezza) del compimento, da parte dell’appellante, di atti concretamente alterativi o, comunque, capaci di indurre o determinare altri all’accettazione di una proposta corruttiva. E, mancando l’illecito – anche nella forma del tentativo punibile -, corrispondentemente mancava l’oggetto della sua, altrimenti dovuta, denuncia. E se può convenirsi, in linea di principio, che anche il sospetto di vedersi rivolta una proposta illecita radica nel destinatario l’obbligo, quanto meno per ragioni prudenziali, di denuncia, non può non porsi in risalto che, nella fattispecie, per i motivi prima enunciati, manca la prova adeguata che sussistessero elementi o condizioni idonei a far sorgere in Grava e Cannavaro l’obbligo di denuncia di fatti disciplinarmente rilevanti. Né, d’altra parte, è stata dedotta dall’accusa alcuna chiara ragione per la quale i due incolpati avrebbero dovuto coprire il loro compagno di squadra – se lo avessero sospettato colpevole –, a proprio rischio. In questo senso, va riformata la decisione impugnata, con conseguente esclusione della responsabilità di Gianello in relazione all’ipotesi di illecito per alterazione di Sampdoria – Napoli, di quella di Grava e Cannavaro per omessa denuncia e dell’altra, a titolo oggettivo, del Napoli per i fatti addebitati a tutti e tre i suoi tesserati del tempo. 3. Da quanto statuito nel paragrafo precedente emerge un mosaico di elementi che consente di qualificare come disciplinarmente rilevante la condotta di Gianello in relazione alla partita Sampdoria – Napoli sotto lo specifico profilo dell’inosservanza dei doveri di probità e lealtà sanciti dall’art. 1 comma 1 C.G.S.: alla medesima conclusione perviene, peraltro, lo stesso appellante nel proprio atto d’impugnazione. Ed invero, gli elementi che si desumono dalla complessa ed approfondita attività istruttoria svolta in sede penale descrivono una rete fitta e costante di impropri contatti che l’appellante tenne in vista della gara in questione, in particolare con Giusti, come ammesso. Tra i due vi furono scambi di informazioni, notizie e proponimenti che, come prima visto, seppur non trasferiti all’esterno in forme oggettivamente percettibili e congrue rispetto all’ipotesi di illecito alterativo, erano circondati da un alone di ambiguità che tradiva lo spirito di lealtà sportiva. Eloquente è, al riguardo, l’ammissione contra se di Gianello circa le interlocuzioni con Giusti antecedenti la disputa della gara. Come si vedrà nel paragrafo seguente, i rapporti tra i due incolpati proseguirono nel tempo, con maggiore caratterizzazione nell’ambito dell’effettuazione delle scommesse. Concludendo sul punto, va riqualificata la posizione di Gianello con riferimento alla partita più volte menzionata, da sussumere nel paradigma della violazione generica dei doveri primari di condotta. Complementare alla relativa affermazione di responsabilità è quella, a titolo oggettivo, della Società Napoli cui il tesserato apparteneva al tempo dei fatti.
4. Va confermata la statuizione di condanna di Gianello in relazione all’accusa di partecipazione, anche attraverso attività informative e conoscitive, a scommesse presso soggetti non autorizzati a riceverle, in violazione dei precetti, generici e specifici, posti dagli artt. 1 comma 1 e 6 C.G.S.; analogamente va confermata la responsabilità, a titolo oggettivo, della Società Napoli presso cui l’appellante era tesserato all’epoca dei fatti. Ed invero, merita pieno credito l’accuratamente motivata sul punto decisione di primo grado, contro cui, d’altronde, lo stesso Gianello non ha avanzato specifiche censure: è da notare, poi, che la Società Napoli ha più volte insistito, nelle proprie difese, in particolare orali, sul ruolo di abituale scommettitore incarnato dal proprio tesserato. Esattamente la Commissione Disciplinare Nazionale mette in rilievo gli stretti contatti tra tesserati al fine delle scommesse nei campionati professionistici. Le numerose conversazioni telefoniche, spesso effettuate con la copertura assicurata dal linguaggio convenzionale, confermano la direzione degli scopi comuni dei due parlanti verso lo scambio di informazioni circa le gare su cui poi scommettere. In quest’area di complicità si inserisce con pienezza di decisiva azione Michele Cossato – fratello dell’incolpato Federico, che, come Giusti, ripetutamente si rivolge a Gianello per ottenere notizie sul previsto (sulla base di concordati esiti) risultato di gare in modo da puntare denaro con la certezza della remunerazione della scommessa: esemplare è l’episodio verificatosi in occasione della partita Napoli/Inter del 15 maggio 2011, allorché l’appellante rassicurò Giusti e Michele Cossato circa il risultato. A tale episodio seguirono telefonate a parti invertite, come si apprende dalle risultanze delle indagini penali, poi transitate nella relazione d’indagine della Procura Federale. Si tratta di prove storiche, dirette e logiche non controvertibili che depongono per la completa partecipazione di Gianello a quel mondo di scommesse illecite di cui, come visto, aveva sempre negato di essere parte, consapevole della serietà delle possibili sanzioni penali e sportive. E proprio per dissimulare tale partecipazione l’appellante aveva ripiegato sulla qui non creduta versione inerente allo scenario in cui ebbe luogo la partita Sampdoria/Napoli. Appare così nitido lo sfondo in cui campeggia la figura opaca, scaltra e dannosa per lo sport di Gianello: persona dedita alle scommesse, donde ritrasse vantaggi cospicui, inserita, con rilevanti funzioni di informazione, in un gruppo organizzato, di cui erano sodali altri tesserati. Proprio costoro egli volle tenere al riparo delle indagini penali, sempre negando il tipo di responsabilità riconducibile alle scommesse vietate.
5. Tenuto conto delle circostanze soggettive ed oggettive, la pena che va complessivamente inflitta a Gianello va determinata in 21 mesi di squalifica (di cui tre per la violazione dell’art. 1 comma 1 C.G.S. in relazione alla Gara Sampdoria/Napoli); la sanzione da infliggere al Napoli per le due fattispecie di responsabilità oggettiva accertate e connotate da speciale tenuità, in considerazione anche della circostanza che i fatti del tesserato erano mirati al pregiudizio e non al beneficio della Società di appartenenza, va determinata in € 50.000,00 di ammenda;
6. L’accoglimento (totale o parziale) degli appelli riuniti comporta la restituzione delle tasse versate per i relativi reclami. Per questi motivi la C.G.F. pronunciando sugli appelli riuniti proposti da Matteo Gianello, Paolo Cannavaro, Gianluca Grava e S.S.C. Napoli S.p.A. nei confronti della decisione della Commissione Disciplinare Nazionale di cui al Com. uff. n. 55 del 18 dicembre 2012, così provvede:
a) Conferma il capo della decisione impugnata nella parte relativa all’affermazione di responsabilità di Matteo Gianello in relazione alla violazione di cui agli artt. 1 e 6 CGS; dichiara altresì la responsabilità di Matteo Gianello ai sensi dell’art. 1, comma 1, CGS così diversamente qualificata la sua condotta in relazione alla gara Sampdoria/Napoli del 16.5.2010.
b) Afferma la responsabilità oggettiva della società SSC Napoli Sp,A. in relazione a tutte le violazioni di cui alla lettera a) ascritte al proprio tesserato Matteo Gianello;
c) Condanna, per l’effetto, Matteo Gianello per le violazioni di cui alla precedente lettera a) alla squalifica di mesi 21;
d) Condanna la società SSC Napoli S.p.A. per responsabilità oggettiva in relazione alle violazioni sopra indicate, all’ammenda di € 50.000,00;
e) Assolve i calciatori Paolo Cannavaro e Gianluca Grava dall’accusa della violazione dell’art. 7, comma 7, CGS in relazione alla gara Sampdoria/Napoli perché il fatto non sussiste e conseguentemente esclude la responsabilità oggettiva della SSC Napoli S.p.A. a tale titolo contestata;
f) Dispone la restituzione delle tasse reclamo versate;
Fissa il termine di 30 giorni per il deposito della motivazione.
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1. RICORSO DELLA S.S.C. NAPOLI S.P.A. AVVERSO LE SANZIONI DELLA PENALIZZAZIONE DI PUNTI 2 IN CLASSIFICA DA SCONTARSI NELLA STAGIONE SPORTIVA 2012/2013 E AMMENDA DI € 70.000,00, INFLITTE AI SENSI DELL’ART. 7, COMMI 2 E 4, C.G.S. E DELL’ART. 4, COMMA 2, C.G.S. IN ORDINE AGLI ADDEBITI CONTESTATI AI PROPRI TESSERATI GIANELLO MATTEO, CANNAVARO PAOLO E GRAVA GIANLUCA, IN RELAZIONE ALLA GARA SAMPDORIA/NAPOLI DEL 16.5.2010, SEGUITO DEFERIMENTO DEL PROCURATORE FEDERALE – NOTA N. 2387/1188PF11-12/SP/SEG DEL 25.10.2012 – (Delibera della Commissione Disciplinare Nazionale – Com. Uff. n. 55/CDN del 18.12.2012)
2. RICORSO DEL CALC. GRAVA GIANLUCA AVVERSO LA SANZIONE DELLA SQUALIFICA DI MESI 6 INFLITTA AI SENSI DELL’ART. 7, COMMA 7, C.G.S. IN RELAZIONE ALLA GARA SAMPDORIA/NAPOLI DEL 16.5.2010, SEGUITO DEFERIMENTO DEL PROCURATORE FEDERALE – NOTA N. 2387/1188PF11- 12/SP/SEG DEL 25.10.2012 (Delibera della Commissione Disciplinare Nazionale – Com. Uff. n. 55/CDN del 18.12.2012)
3. RICORSO DEL CALC. CANNAVARO PAOLO AVVERSO LA SANZIONE DELLA SQUALIFICA DI MESI 6 INFLITTA AI SENSI DELL’ART. 7, COMMA 7, C.G.S. IN RELAZIONE ALLA GARA SAMPDORIA/NAPOLI DEL 16.5.2010, SEGUITO DEFERIMENTO DEL PROCURATORE FEDERALE – NOTA N. 2387/1188PF11- 12/SP/SEG DEL 25.10.2012 (Delibera della Commissione Disciplinare Nazionale – Com. Uff. n. 55/CDN del 18.12.2012)
4. RICORSO DEL CALC. GIANELLO MATTEO AVVERSO LA SANZIONE DELLA SQUALIFICA DI ANNI 3 E MESI 3 INFLITTA AI SENSI DELL’ART. 7, COMMI 1, 2 E 5, C.G.S. IN RELAZIONE ALLA GARA SAMPDORIA/NAPOLI DEL 16.5.2010, SEGUITO DEFERIMENTO DEL PROCURATORE FEDERALE – NOTA N. 2387/1188PF11- 12/SP/SEG DEL 25.10.2012 (Delibera della Commissione Disciplinare Nazionale – Com. Uff. n. 55/CDN del 18.12.2012)"