CONI – Tribunale Nazionale di Arbitrato per lo Sport – Decisione pubblicata sul sito web: www.coni.it Lodo Arbitrale del 06 febbraio 2013 promosso da: Sig. Claudio Terzi / Federazione Italiana Giuoco Calcio

CONI – Tribunale Nazionale di Arbitrato per lo Sport – Decisione pubblicata sul sito web: www.coni.it Lodo Arbitrale del 06 febbraio 2013 promosso da: Sig. Claudio Terzi / Federazione Italiana Giuoco Calcio IL COLLEGIO ARBITRALE Cons. Silvestro Maria Russo (Presidente) Prof. Avv. Tommaso Edoardo Frosini (Arbitro) Avv. Aurelio Vessichelli (Arbitro) in data 6 febbraio 2013, presso la sede del Tribunale nazionale di arbitrato per lo sport in Roma, ha deliberato all’unanimità il seguente L O D O nel procedimento di arbitrato (prot. n. 2602 del 2 ottobre 2012 - 666) promosso da: Sig. Claudio Terzi, con gli Avv.ti Paolo Rodella e Vincenzo Rispoli parte istante contro Federazione Italiana Giuoco Calcio, con gli Avv.ti Luigi Medugno e Letizia Mazzarelli parte intimata FATTO 1. – Il sig. Claudio TERZI, giocatore di calcio tesserato con la A.C. Siena, dichiara di esser stato deferito, il 25 luglio 2012, dalla Procura federale della FIGC presso gli organi di giustizia sportiva federale, a causa dell’illecito sportivo commesso relativamente alla gara Albinoleffe / Siena del 29 maggio 2011. In particolare, al sig. TERZI detta Procura addebitò la violazione dell’art. 7, commi 1, 2 e 5 del CGS federale, con l’aggravante di cui al successivo c. 6 (conseguimento del risultato). Invero, per la Procura, già in occasione della gara d’andata tra dette due squadre in data 8 gennaio 2011, i sigg. TERZI e CAROBBIO avrebbero posto le basi, su indicazione del tecnico senese (allenatore in seconda) sig. STELLINI, per accomodare insieme ai giocatori della Albinoleffe sigg. GARLINI e BOMBARDINI l’incontro di ritorno. Tale accordo sarebbe poi stato definito, nell’imminenza di quest’ultima gara, nel corso d’una riunione avvenuta presso il Park Hotel di Stezzano (BG), sede del ritiro senese. A questa riunione, ad avviso della Procura, avrebbe partecipato, tra gli altri, pure il sig. TERZI, secondo la dichiarazione resa in istruttoria federale dal sig. Mirko POLONI, giocatore dell'Albinoleffe. Tanto ancorché, come assume il sig. TERZI in base alle dichiarazioni rese da cinque dei sei partecipanti all’incontro, per il Siena fu colà presente non egli, bensì il sig. Roberto VITIELLO, altro giocatore tesserato con detta squadra. Nondimeno, il sig. TERZI rende noto d’esser stato condannato, in esito al giudizio di primo grado presso la Commissione disciplinare nazionale – CDN della FIGC, alla squalifica per tre anni e tre mesi, essendo stato riconosciuto appunto colpevole dell’illecito per cui fu deferito, giusta decisione assunta il 2 agosto 2012, poi pubblicata nel C.U. n. 11/ CDN del successivo giorno 10). 2. – Dal che il tempestivo appello proposto dal sig. TERZI innanzi alla Corte di giustizia federale – CGF il 17 agosto 2012 ed affidato a due articolati mezzi di gravame. Per un verso, l’appellante si duole del difetto di prova dell’avvenuto illecito e della contraddittorietà della decisione assunta dalla CDN. Al riguardo l’appellante deduce che la dichiarazione del sig. CAROBBIO, altrimenti assai dettagliata, fu sul punto assai laconica, indicando solo la disponibilità dell’appellante stesso e del sig. BOMBARDINI (Albinoleffe), nella riunione dell’8 gennaio 2011, a prendere accordi per la partita di ritorno. Peraltro, l’indicazione del sig. CAROBBIO sarebbe rimasta priva di riscontri, per esser stato questi smentito dall’appellante e dal sig. BOMBARDINI da loro dichiarazioni rese innanzi alla Procura federale, nonché dal tecnico STELLINI. Questi, con assunto più sicuro e dettagliato e di forza probante maggiore (perché mandante della combine in esame) rispetto a quella del sig. CAROBBIO (mero esecutore), affermò, tra l'altro, d’aver egli inviato quest' ultimo presso i giocatori dell'Albinoleffe, impartendogli varie istruzioni. Per altro verso, l’appellante lamenta la contraddittorietà con cui il Giudice di prime cure trattò i comportamenti di altri tesserati, ancorché per loro stessa ammissione o organizzatori di fatto della combine stessa (p. es., il sig. CONTI, che non poté certo essere all'oscuro dell’attività del sig. STELLINI o non condividerne le intenzioni) o presenti alla riunione di perfezionamento dell’accordo illecito (p.es., i sigg. VITIELLO e LARRONDO). La CGF, nella seduta a sezioni unite del 20 agosto 2012, ha respinto l’appello del sig. TERZI, giusta decisione pubblicata nel C.U. 029/CGF del 4 settembre 2012. 3. – Il sig. TERZI ha allora presentato istanza d’arbitrato innanzi a questo TNAS, con il ricorso in epigrafe, con cui egli deduce in punto di diritto: A) – l’erroneità, se non la superficialità e, comunque la sommarietà della delibazione della causa svolta dalla CGF, laddove rigetta l’appello senza tener conto degli argomenti proposti e, in pratica, aderendo sic et simpliciter alla tesi della Procura federale ed al dictum di primo grado; B) – l’impossibilità di dar credito, sempre e comunque, alle dichiarazioni del sig. CAROBBIO anche a prescindere dalla presente controversia —dichiarazioni essenzialmente volte ad alleggerire, con la chiamata di correità, le proprie posizioni penale e sportiva—, ferma restando la necessità di seri riscontri in questa sede i quali, però, sono mancati; C) – la necessità d’escutere il sig. CAROBBIO in contraddittorio, che è e resta mezzo di prova in applicazione del principio costituzionale del giusto processo il quale, per quanto irrinunciabile anche per la Giustizia sportiva, è stato invece disatteso dagli organi giudicanti endofederali; D) – l'erroneità dell’impugnata decisione della CGF, perché il ricorrente non ha fornito alcun contributo attivo per la realizzazione della predetta combine, come ben evincesi non solo dagli atti dei due giudizi endofederali, ma anche dalla dichiarazione scritta resa spontaneamente dal sig. STELLINI il 4 luglio 2012 sul coinvolgimento del solo sig. CAROBBIO (per cui egli afferma: «… in verità, non ricordo di aver fatto analoga richiesta al giocatore Terzi…»), limi tandosi solo ad un saluto al suo amico ed ex-collega sig. BOMBARDINI; E) – a tutto concedere, l’irrilevanza dell’incontro tra il ricorrente ed il sig. BOMBARDINI, i quali, dopo tale evento, sono del tutto scomparsi dall’ulteriore prosieguo della combine; F) – la genericità e l’assenza d’ogni dimostrazione della chiamata di correità del ricorrente da parte del sig. CAROBBIO che, come in altri casi giudicati in sede endofederale, avrebbe dovuto determinare il proscioglimento dell’appellante, non già la sua condanna, Resiste in giudizio la FIGC, che conclude articolatamente per l’infondatezza del ricorso in epigrafe. Entrambe le parti hanno depositato memorie e documenti e svolto difese orali innanzi al Collegio. All’udienza collegiale del 30 novembre 2012, il patrono del ricorrente produce agli atti di causa la dichiarazione autografa del sig. CAROBBIO (non autenticata, ma avente la data certa del 28 novembre 2012, evincibile dal timbro postale) ed il comunicato stampa del sig. STELLINI del precedente giorno 20, entrambi tesi a scagionare il ricorrente medesimo. Su tali documenti e, in particolare, sulla loro ammissione ai fini probatori, le parti, dietro apposita autorizzazione del Collegio, hanno dedotto con le memorie depositate agli atti di causa. In data 6 febbraio 2013 il Collegio arbitrale ha deliberato il dispositivo della decisione, con la quale la domanda del sig. Terzi è stata parzialmente accolta. DIRITTO 1. – Con il ricorso in epigrafe, il sig. Claudio TERZI, giocatore di calcio tesserato con la A.C. Siena, ha proposto istanza d’arbitrato innanzi a questo TNAS a seguito della sanzione della squalifica per tre anni e tre mesi, irrogatagli in via definitiva dalla qui impugnata decisione della Corte di giustizia federale – CGF della FIGC per esser stato ritenuto colpevole dell’illecito sportivo commesso relativamente alla gara Albinoleffe / Siena del 29 maggio 2011. 2.1. – In via preliminare ed a fronte delle contestazioni circa l’assunzione di mezzi di prova nella presente causa, reputa opportuno il Collegio formulare alcune osservazioni di metodo. In particolare, il Collegio intende soffermarsi sulla produzione attorea delle dichiarazioni rese dai sigg. CAROBBIO e STELLINI e versate agli atti di causa, che l’intimata FIGC contesta come prove assumibili, anche al di là del loro specifico contenuto. Ora, pare al Collegio che per l’esatta definizione dei due documenti come tali, da cui discende la loro efficacia probatoria nel presente giudizio, la “specialità” (recte, l’autonomia concorrente ratione materiae: cfr. l’art. 1, c. 2 del DL 19 agosto 2003 n. 220, convertito, con modificazioni, dalla l. 17 ottobre 2003, n. 280) del diritto sportivo non s’invera qui con regole sue proprie. È allora compito del Collegio rinvenire nell’ordinamento generale della Repubblica quelle regole definitorie più acconce ed utili all’esatta valutazione di tal efficacia. 2.2. – Ciò posto, quanto alla dichiarazione del sig. CAROBBIO, già primo accusatore del ricorrente, essa si manifesta sì, il Collegio non dura fatica ad ammetterne tal stato di fatto, come dichiarazione autografa, ma pure priva di sottoscrizione autenticata. È vero pure che il sig. CAROBBIO ha, a suo modo, tentato d’apporre alla dichiarazione una data certa attraverso il timbro postale il quale, tuttavia, è stato impresso su un foglio separato. Ebbene, nella specie, non par dubbio anzitutto che la dichiarazione del sig. CAROBBIO non è che una scrittura privata non autenticata. L’efficacia probatoria della data nei confronti di terzi (cioè le parti di questo giudizio) si ha, com’è noto, solo se la dichiarazione formi un corpo unico con il foglio sul quale è impresso il timbro. E sotto questo precipuo profilò, tal efficacia sussiste, perché la timbratura eseguita in un pubblico ufficio deve considerarsi equivalente a un'attestazione autentica che il documento è stato inviato nel me desimo giorno in cui essa è stata eseguita (arg. ex Cass., VI, 4 settembre 2012 n. 14838). Ma in questa sede la questione s’incentra non già sulla certezza della data di tal dichiarazione ai sensi dell’art. 2704, I c., c.c., bensì sull’efficacia in sé di essa, secondo le regole, peraltro non revocate in dubbio né contestate dalle parti, indicate nei precedenti artt. 2702 e 2703. Ritiene allora ragionevole il Collegio affrontare tal problema, alla luce dei principi più volte affermati in giurisprudenza (cfr., p.es., Cass., III, 23 giugno 2010 n. 15169; id., 30 novembre 2010 n. 24208) per l’assunzione delle prove documentali nel processo civile. E ciò perché nella specie si controverte non di questioni di diritto penale, ma assai più semplicemente di illeciti sì autonomamente definiti dal diritto sportivo nella loro rilevanza in tale ambito (cfr. l’art. 2, c. 1, lett. h del DL 220/2003), ma della stessa morfologia dei torti civili tra soggetti tra loro legati da rapporti negoziali di natura organizzativa, come evincibili dalle regole di diritto derivato in ambito associativo. Sicché occorre trattare la dichiarazione del sig. CAROBBIO come scrittura privata proveniente da un terzo estraneo alla presente lite, ché la situazione soggettiva di questi, per quanto egli a suo tempo affermò una sua corresponsabilità parziale con il ricorrente, non soffre limitazioni né guadagna facoltà dalla presente controversia, onde egli non è litisconsorte necessario in questa sede. S’avrà dunque che una tal dichiarazione costituisce un mero indizio, liberamente valutabile dal Collegio e parimenti contestabile dalle parti senza necessità di ricorrere ad altri rimedi, mentre grava a chi la invoca dimostrarne la genuinità, in applicazione del generale principio di cui all'art. 2697 c.c. Insomma, le scritture private provenienti da terzi estranei alla lite possono essere liberamente contestate dalle parti, non applicandosi alle stesse né la disciplina sostanziale di cui all'art. 2702 c.c., né quella processuale di cui all'art. 214 c.p.c. Esse quindi costituiscono prove atipiche, il cui valore probatorio è meramente indiziario e che possono contribuire, come tali, a fondare il convincimento del Giudice, ma unitamente agli altri dati probatori acquisiti nel corso di causa e non con un’efficacia superiore o dirimente. Da ciò discende, ad avviso del Collegio, la sostanziale inutilità della dichiarazione de qua, non tanto per il suo contenuto peraltro liberamente aggredito da argomenti a confutazione dall’intimata FIGC, ma soprattutto perché l’indizio che essa reca non è risolutivo d’ alcunché. Invero, non è provata, da parte del ricorrente, la piena genuinità né della sottoscrizione, né del contenuto in sé, né spetta certo al Collegio fare quegli esami calligrafici sulla scrittura del sig. CAROBBIO che il ricorrerne stesso richiede. In secondo luogo, si può certo ammettere un mutamento d’avviso nel sig. CAROBBIO ed anche al di fuori del contesto in cui le sue primitive dichiarazioni furono rese, ma ciò non cambia la natura dell’uno e delle altre, l’uno mero indizio acquisito come prova atipica in questo giudizio arbitrale, le altre, invece, già definite in altri giudizi, anche con forza di giudicato: spetta allora al Collegio, nei limiti della domanda attorea e per rispondere alla questione sulla credibilità in senso non assoluto delle affermazioni del sig. CAROBBIO, dare a ciascuno di tali dati storici il peso giuridico che spetta loro. Infine, l'indizio stesso è una mera ribadizione di quanto già il ricorrente afferma dal gravame introduttivo, ossia la di lui estraneità in sé ai fatti addebitatigli e, al contempo, il difetto di motivazione dell’impugnata decisione, argomenti, tutti questi, già ben chiari e noti al Collegio. 2.3. – L’approccio al comunicato stampa del sig. STELLINI, per quanto più semplice circa la sua definizione, non conduce il Collegio ad una diversa conclusione della rilevanza di questo nel presente giudizio arbitrale. Già all’udienza conclusionale, il Collegio ha reputato opportuno tagliar corto sulle questioni d’ammissibilità di tal comunicato a guisa di prova nel presente giudizio e ciò per un duplice ordine di ragioni, ancorché sia materialmente vero (ma in sé non significativo) che il testo presentato dal patrono del ricorrente sia la copia a stampa della videata provenien te dal sito web Calciatori.com. Per un verso, infatti, il dato materiale del comunicato e della sua riconducibilità al sig. STELLINI può esser senz’altro ritenuto un fatto notorio, grazie anche alla sua diffusione, oltre che via Internet, a mezzo stampa. Non sfugge certo al Collegio che il fatto notorio, nella misura in cui deroga al principio dispositivo delle prove e al principio del contraddittorio, va inteso in senso rigoroso, ossia come dato acquisito alle conoscenze della collettività con un congruo grado di certezza, da apparire non revocabile in dubbio (cfr., per tutti, Cass., II, 31 maggio 2010 n. 13234). Nondimeno, il dato in parola costituisce ormai un fatto che, pur non d’esperienza dell’intera collettività o, se del caso, della comune esperienza dell’uomo medio in un certo tempo ed in un dato luogo, in realtà è acquisito nell’ambiente sportivo in cui operano il sig. STELLINI ed i giornalisti che adoperano le dichiarazioni di questi quale notizia da divulgare ulteriormente e da commentare. Né basta: il dato è ormai di comune esperienza pure nello specifico contesto in cui si muove la presente controversia, ossia quello delle liti, endofederali ed innanzi a questo TNAS, scaturenti dagli accomodamenti illeciti di incontri di calcio, indipendentemente dalla circostanza che ciò ridondi anche nel campo delle scommesse illecite. Tanto, ad avviso del Collegio, perché tra le nozioni di comune esperienza non possono rientrare le acquisizioni specifiche di natura tecnica, gli elementi valutativi che richiedono il preventivo accertamento o giudizio tecnicoscientifico e, più, in generale, i dati afferenti a saperi settoriali acquisiti con studi nello specifico campo, mentre nella specie si tratta di dati ormai comuni a quella frazione di collettività che si occupa delle vicende per cui è causa. Per altro verso, ossia per ciò che concerne il contenuto del comunicato de quo, non nega il Collegio il suo valore confessorio. Si tratta, però, d’una confessione stragiudiziale resa a terzi, in un’occasione distinta e separata dal presente giudizio, di cui il ricorrente intende ora avvalersi in questa sede, onde essa ha un’efficacia probatoria assai limitata, come ben evincesi dall’art. 2735 c.c. È al riguardo jus receptum (cfr., per tutti, Cass., III, 14 dicembre 2001 n. 15849; id., 5 febbraio 2002 n. 1513; id., sez. lav., 15 dicembre 2008 n. 29316), la confessione stragiudiziale, fatta ad un terzo, non ha valore di prova legale, come la confessione giudiziale o stragiudiziale fatta alla parte e può, quindi, esser liberamente apprezzata dal giudice. Pertanto, il Collegio, nel valutare liberamente il comunicato stesso, non può reputarlo né più innovativo, né tampoco più dirimente di quanto già il sig. STELLINI ebbe a dire il 4 luglio 2012 quando ha detto che, fermo il coinvolgimento del sig. CAROBBIO: «… in verità, non ricordo di aver fatto analoga richiesta al giocatore Terzi…». 2.4. – Per chiudere poi ogni ulteriore questione sulla necessità della testimonianza del sig. CAROBBIO, affinché vi sia pieno contraddittorio con il ricorrente, reputa opportuno il Collegio precisare che, tralasciando ogni disputa sulla natura del presente giudizio (se di gravame, oppure judicium novum che implica il rifacimento ab imis di tutto l’apparato istruttorio), tal richiesta istruttoria si coniuga con la (sostanziale infondatezza della) censura circa il preteso illimitato credito che il ricorrente stesso crede di veder riconosciuto più volte a favore del medesimo CAROBBIO. 2.5. – Giova qui rammentare che, in linea di massima (ma ciò serve anche per ricostruire la natura dell’illecito ed i modi per dimostrarne la responsabilità), s’è consolidato presso questo TNAS un orientamento da cui il Collegio non ha motivo di discostarsi, sia pur con le precisazioni di cui appresso. In particolare, il principio d’autonomia, che informa i rapporti tra l’ordinamento sportivo e quello generale della Repubblica in base ai principi ex artt. 2 e 18 Cost., si realizza certo con l’autonoma scelta degli obiettivi da perseguire in ambito sportivo e, più specificamente, nell’individuazione delle condotte incompatibili con l’appartenenza a quest’ultimo. Ma s’invera altresì nell’idoneità di tal ordinamento di dotarsi dei mezzi e delle forme di tutela per l’accertamento e la repressione delle devianze dal perseguimento degli obiettivi stessi, essendo appunto tutto ciò consustanziale all’autonomia e, soprattutto, implicita condizione del riconoscimento e della salvaguardia provenienti dall’ordinamento generale. Dal che la non stretta necessità dell'ingresso, nelle modalità di tutela dagli illeciti sportivi, di tutti gli istituti del processo penale e, quindi ed al fine di stabilire la colpevolezza disciplinare di un tesserato sportivo, per la violazione delle norme dell’ordinamento sportivo, non sono necessari né la certezza assoluta della commissione dell’illecito (d’altronde più un assunto enfatico che un concetto realmente definito), né il superamento del ragionevole dubbio (come nel diritto penale). La definizione del criterio di sufficienza probatoria pare trovare una sistemazione positiva, nell’ordinamento sportivo, in materia di violazione delle norme anti-doping, ove si chiede che il grado di prova occorrente sia comunque superiore alla semplice valutazione della probabilità, ma inferiore all’esclusione d’ogni ragionevole dubbio (cfr. l’art. 4 delle Norme sportive antidoping del CONI, in vigore dal 1° gennaio 2009). Dal dato testuale si può evincere un criterio generale, almeno interpretativo, per valutare la fondatezza della responsabilità per illecito sportivo, sì da giungere ad una ragionevole certezza in ordine alla commissione di quest’ultimo. Considera corretto il Collegio il richiamo che la giurisprudenza di questo TNAS opera pure ai principi della Giustizia Amministrativa, ove è fermo l’arresto per cui le decisioni degli organi di giustizia sportiva sono l'epilogo di procedimenti amministrativi (seppure in forma giustiziale) e non già giurisdizionali, sì che esse non possono ritenersi presidiate dalle medesime, rigide garanzie del processo. In particolare, alla giustizia sportiva, oltre che quelle sue proprie come stabilite dalla normativa endofederale, trovano applicazione, per evidente analogia, anche le norme dell'istruttoria procedimentale amministrativa, ove vengono acquisiti fatti semplici e complessi, che possono anche investire la sfera giuridica di terzi, con conseguente inapplicabilità delle regole processuali di formazione della prova, esclusive e tipiche specialmente del processo penale. Non sembra al Collegio che tal arresto si ponga in contrasto con i valori di “civiltà giuridica” o del giusto processo attinenti al diritto di difesa (anzitutto, quello del contraddittorio), ché la giurisprudenza del Consiglio di Stato valorizza sempre più, sul piano teleologico ed applicativo, i principi di garanzia posti dalla l. 7 agosto 1990 n. 241 a favore del singolo verso i pubblici poteri. Ma la giurisprudenza è altresì ferma nel ribadire che contraddittorio e partecipazione sono soddisfatti allorché la parte interessata sia adeguatamente informata della natura e dell'effettivo avvio del procedimento, nonché del contenuto degli atti dello stesso e sia posta in condizione di fornire gli apporti ritenuti utili in chiave istruttoria e logico–argomentativa, senz’uopo di reiterare le relative formalità ad ogni singolo passaggio procedimentale. Se ciò è vero, enfatiche sono le pretese della meccanica trasposizione, nel presente giudizio, del contraddittorio assoluto e pieno in ogni momento di formazione della prova. Basta pensare a tutte le facoltà che l'incolpato ha per confutare, con ogni ragionevole strumento logico-argomentativo e documentale, non solo ciascun singolo dato su cui si vuol fondare la sua responsabilità, ma anche l’apparato motivazionale d’ogni statuizione che ne disattenda le censure. In base a ciò, il Collegio non può condividere, neppure in questa sede, l’assunto per cui ogni affermazione resa dal sig. CAROBBIO costituisca dato incontrovertibile, a guisa, quasi, di presunzione assoluta. Non è qui in discussione la credibilità, o no, del CAROBBIO, né tampoco se egli agisca solo per proprio tornaconto personale, giacché l'attendibilità di questi è variabile dipendente non certo dalla sua condizione morale o di quanto egli speri d’ottenere a proprio discarico, bensì dalla concreta responsabilità in sé di chi egli accusa d’illecito sportivo. Non si può sottacere, a tal riguardo, che le dichiarazioni del sig. CAROBBIO non spuntano ex abrupto nella sola presente controversia e solo per colpire a casaccio il ricorrente —tant’è che, coeteris paribus, taluni giocatori dell’A.C. Siena son stati coinvolti ed altri no—, ma sono confermate dalle risultanze complessive, più che dei gradi di giudizio endofederali, dalle parallele vicende che, su casi simili o sulla stessa questione, hanno riguardato e lo stesso CAROBBIO ed il sig. STELLINI. Né si può negare che il ricorrente, si vedrà tra un attimo con qual peso e con quali intenti, si sia effettivamente recato, insieme al sig. CAROBBIO, nello spogliatoio avversario, dopo la partita Tra l’AC Siena e l’Albinoleffe dell’8 gennaio 2011, per discutere con il sig. BOMBARDINI. 3. – Nel merito, il ricorso in epigrafe è sì meritevole d’accoglimento, ma nei soli limiti e per le considerazioni qui di seguito indicati. 4.1. – È materialmente vero che la delibazione della causa da parte della CGF s’incentra essenzialmente nella piena condivisione della tesi della Procura federale ed al dictum di primo grado. In particolare, il complesso delle dichiarazioni rese da vari soggetti sia dell’AC Siena, sia dell’Albinoleffe hanno portato a concludere, incrociando i vari dati, della partecipazione pure del ricorrente alla combine dell’incontro di ritorno fra dette due squadre, iniziata subito dopo la gara d’andata e poi perfezionata nel corso del tempo e poco prima della partita “riaggiustata”. Il ricorrente ha preso parte a tal complessa fattispecie a formazione progressiva, che ebbe bisogno di trattative e di aggiustamenti in corso di definizione, perlomeno nella parte iniziale di siffatta progressione, ad onta dei suoi dubbi circa l'assenza di seri riscontri in questa sede. 4.2. – A tal ultimo riguardo, ritiene il Collegio di dover meglio precisare la metodica più congrua ai fini dell’esatta rilevazione della responsabilità per illecito sportivo, devolute alla cognizione degli organismi interni all'ordinamento sportivo e secondo le norme da esso poste, secondo uno schema proprio della c.d. "giustizia associativa" (su tal aspetto, cfr., da ultimo, Cons. St., VI, 27 novembre 2012 n. 5998). Invero, le federazioni sportive nazionali, già dotate di duplice veste, pubblicistica per le attività svolte quali organi del CONI e privatistica per le attività loro proprie, hanno acquisito la natura di associazioni con personalità giuridica di diritto privato ai sensi dell'art. 15 del Dlg 23 luglio 1999 n. 242. Sicché, ferma l’autonomia organizzativa e disciplinare del diritto sportivo, i cui valori trascendono anche l’ordinamento nazionale e sono comuni allo sport mondiale, la regolazione essenziale dei rapporti interni, anche ai fini sanzionatori ed al di là d’una certa qual enfasi retorica, non solo non è strettamente legata al diritto penale nazionale, ma segue la morfologia della repressione dei torti civili endoassociativi senza, ad avviso del Collegio, apporti concettuali di particolare originalità. A tal riguardo, tal repressione, pur incidendo su fatti o comportamenti che si sostanziano in veri e propri inadempimenti di obblighi generali liberamente accettati dal tesserato, in realtà segue la struttura logica dell’illecito aquiliano, appunto perché tali obblighi sono presidiati da norme poste nell’esclusivo interesse meta individuale, che trascende, quindi, l’interesse particolare del solo associato. Ebbene, stante questa premessa, la valutazione della responsabilità del tesserato per l'illecito endoassociativo, che neppure in questa sede può prescindere da un giudizio di proporzionalità tra l’effettiva entità della lesione e la sanzione da irrogare, deve partire da un accertamento del nesso di causalità secondo la regola della preponderanza dell'evidenza o del «più probabile che non», a differenza, appunto di ciò che accade nel processo penale (cfr., da ultimo, Cass., III, 21 luglio 2011 n. 15991; id., 18 giugno 2012 n. 9927). In particolare, proprio la disomogenea morfologia e la disarmonica funzione del torto civile rispetto al reato impone, nell'analisi della causalità materiale, l'adozione del predetto criterio della probabilità relativa, che per vero non implica alcuna “semplificazione” del dato probatorio, ma si delinea in un’analisi specifica e puntuale di tutte le risultanze probatorie del singolo processo. Sicché la concomitanza di cause di diversa incidenza probabilistica va attentamente valutata e valorizzata in ragione della specificità del caso concreto e, in particolare, nel caso in cui vi siano più ipotesi, tra loro incompatibili o contraddittorie, la scelta dell’interprete deve cadere nell’applicazione del criterio della probabilità prevalente (cfr. Cass., III, 5 maggio 2009 n. 10285). Pertanto, sussiste il nesso causale non solo quando l’evento illecito sia conseguenza non solo inevitabile, ma anche altamente proba bile e verosimile della condotta, non già una mera possibilità astratta (cfr. Cass., III, 30 ottobre 2009 n. 23059). D’altra parte, anche di recente questo TNAS (cfr. arbitrato Fontana c. FIGC, deliberato il 19 novembre 2012) conviene sulla necessità che il regime di formazione, acquisizione e valutazione della prova nella giustizia sportiva dev’essere comunque ispirato a criteri di ragionevolezza, plausibilità e verisimiglianza, oggettività, specificità e verificabilità, al fine d’evitare ogni incertezza del risultato che in qualsiasi ordinamento giuridico la prova deve assicurare. 4.3. – Applicando tali regole al caso del ricorrente s’avrà allora che v’è la concreta probabilità, assai ragionevole e documentata, che egli si recò, essendo amico del sig. BOMBARDINI dell’Albinoleffe, con il sig. CAROBBIO nello spogliatoio di detta squadra, su incarico del sig. STELLINI, al fine d’iniziare la complessa procedura di combine e, grazie a tale amicizia, per sondare la disponibilità eventuale alla prosecuzione dell’accordo illecito. Tale alta ed evidentemente non irrazionale probabilità discende proprio dall’amicizia tra il ricorrente ed il sig. BOMBARDINI, del tutto implausibile appalesandosi ogni altra ipotesi e, in particolare, non essendo comprensibile la ragione per il sig. CAROBBIO di portarsi appresso il medesimo sig. TERZI nell’effettuazione della parte più delicata della combine, ossia la fese iniziale. Appunto in questo momento, ove più forte era l’incertezza non solo della riuscita, ma addirittura dello stesso avvio della combine, la presenza del ricorrente, se fosse realistico l’assunto della sua totale estraneità a quest’ultima —e, dunque, della sua parimenti completa inconsapevolezza del progetto illecito—, sarebbe stato di totale intralcio perché inutile nello svolgimento della condotta, mentre egli era un testimone non necessariamente compiacente. Viceversa, la presenza del ricorrente, consapevole e compartecipe pur se con più basso profilo rispetto al sig. CAROBBIO, s’atteggia assai più congruente e proporzionata all’ inizio delle trattative con lo spogliatoio dell'Albinoleffe. Infatti, l’amicizia del ricorrente con il sig. BOMBARDINI era se non strategica a tal fine, certo di buon ausilio, mentre irragionevole e non verosimile era la di lui presenza in uno spogliatoio alquanto ostile e, come evincesi dagli atti di causa, già arrabbiato con l’AC Siena e tutto ciò solo per un breve saluto al medesimo BOMBARDINI. L’amicizia tra i due atleti, che a quanto pare si manifesta anche al di fuori dello stretto ambito sportivo, ben avrebbe potuto più ragionevolmente trovare occasione d’incontro e di saluto in altre e meno problematiche sedi, che non un dopo – partita che certamente non ebbe sereno svolgimento. 4.4. – Né a diversa conclusione si deve pervenire con riguardo alla posizione del sig. STELLINI, in quanto egli afferma di non ricordarsi d’aver chiesto al ricorrenti un’analoga richiesta a quella effettuata al sig. CAROBBIO, affinché andasse anch’egli allo spogliatoio dell’Albinoleffe. Oggidì, il sig. STELLINI esclude del tutto l’invio del ricorrente, ad integrazione ed interpretazione autentica della primitiva dichiarazione di non chiaro ricordo sul punto, ma tutto ciò si deve leggere al più come un tentativo di scagionare il ricorrente da ogni addebito disciplinare. Viceversa, è dotata dei requisiti concorrenti di ragionevolezza, di logicità e di puntuale verisimiglianza la ricostruzione dimostrativa, in ciò concordandosi in parte qua con l’impugnata decisione della CGF, che tenta d’addossare tutta la responsabilità al sig. CAROBBIO, perché questi già l’aveva ammessa aliunde. E, quand’anche si volesse ritenere improbabile tal dimostrazione, non sarebbe in grado di revocare in dubbio non solo la presenza fisica del ricorrente insieme al sig. CAROBBIO nello spogliatoio dell'Albinoleffe, ma neppure la necessità di tal presenza in quanto funzionale e non estranea alla fase introduttiva della predetta combine. 4.5. – Ma, se non si può escludere la condotta ed il nesso di causalità, ha errato la decisione impugnata a non tener conto della tenue responsabilità del ricorrente. Non è chi non ne veda, infatti, come la partecipazione attiva e consapevole del ricor rente vada commisurata all’effettivo suo apporto alla combine. Non consta che, al di là del primo incontro dopo la gara d’andata tra le due squadre, il ricorrente abbia ulteriormente trattato e contribuito nella causazione dell’evento dell’illecito sportivo. Sicché la relativa responsabilità non può prescindere dalla valutazione della particolare tenuità sia del vantaggio personale conseguito, sia dell’impatto sull’evento stesso, senza con ciò elidere né la colpa, né tampoco il concorso con gli altri incolpati nella provocazione di quest’ultimo. Tuttavia, anche nel concorso, la responsabilità del ricorrente resta personale o, per meglio dire, d’intensità e di qualità ben differente ed inferiore rispetto agli altri incolpati, donde la necessità che gli organi di giustizia endofederali avrebbero dovuto tenerne conto. In questi assai semplici e limitati termini, l’impugnata decisione della CGF, che va confermata per la parte della statuizione sulla responsabilità e la colpa del ricorrente con le integrazioni testé accennate, sulla misura della sanzione va invece riformata, secondo quanto indicato in dispositivo. 5. – La parziale soccombenza suggerisce la compensazione a metà delle spese del presente giudizio, che sono nel complesso liquidate, a favore della Figc resistente e costituita, in € 3.000,00 (Euro tremila/00), oltre IVA e CPA come per legge. Suggerisce altresì di porre a carico delle parti, nella misura del 50% ciascuna e con vincolo di solidarietà, le spese e gli onorari degli Arbitri liquidati in complessivi € 6.000,00 (Euro seimila/00), oltre le spese effettivamente sostenute per lo svolgimento dell’incarico arbitrale. P.Q.M. Il Collegio, all’unanimità, disattesa ogni diversa domanda, istanza e/o eccezione, definitivamente pronunziando, così provvede: 1) in parziale riforma del provvedimento impugnato dal Sig. Claudio Terzi, applica a quest’ultimo la sanzione della squalifica di mesi sette; 2) pone a carico del Sig. Terzi la metà delle spese di giudizio, che liquida come in motivazione, compensandole per la restante parte; 3) fermo il vincolo di solidarietà, pone a carico di entrambe le parti, in egual misura, le spese di funzionamento del Collegio Arbitrale così come liquidate nella parte motiva; 4) fermo il vincolo di solidarietà pone a carico di entrambe le parti, in eguale misura, il pagamento dei diritti amministrativi; 5) dichiara incamerati dal Tribunale Nazionale di Arbitrato per lo Sport i diritti amministrativi versati dalle parti. Così deliberato all’unanimità in data 6 febbraio 2013 e sottoscritto in tre originali nel luogo e nella data indicate. F.to Silvestro Maria Russo F.to Tommaso Edoardo Frosini F.to Aurelio Vessichelli
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