F.I.G.C. – CORTE DI GIUSTIZIA FEDERALE – Sezioni Unite – 2013/2014 – Decisione pubblicata sul sito web: www.figc.it e sul Comunicato ufficiale n. 124/CGF del 28 Novembre 2013 con motivazioni pubblicate sul Comunicato ufficiale n. 179/CGF del 20 Gennaio 2014 e su www.figc.it 4. RICORSO FROSINONE CALCIO AVVERSO LE SANZIONI: – CHIUSURA DEL SETTORE DELLO STADIO DISTINTI DENOMINATO “CURVA NORD” PER UNA GARA EFFETTIVA, SANZIONE SOSPESA AI SENSI DELL’ART. 16 N.2 BIS C.G.S; – AMMENDA DI € 1.000,00 , INFLITTE SEGUITO GARA FROSINONE/BENEVENTO DEL 3.11.2013 (Delibera del Giudice Sportivo presso la Lega Italiana Calcio Professionistico – Com. Uff. n. 53/DIV del 5.11.2013)
F.I.G.C. – CORTE DI GIUSTIZIA FEDERALE – Sezioni Unite - 2013/2014 – Decisione pubblicata sul sito web: www.figc.it e sul Comunicato ufficiale n. 124/CGF del 28 Novembre 2013 con motivazioni pubblicate sul Comunicato ufficiale n. 179/CGF del 20 Gennaio 2014 e su www.figc.it
4. RICORSO FROSINONE CALCIO AVVERSO LE SANZIONI: - CHIUSURA DEL SETTORE DELLO STADIO DISTINTI DENOMINATO “CURVA NORD” PER UNA GARA EFFETTIVA, SANZIONE SOSPESA AI SENSI DELL’ART. 16 N.2 BIS C.G.S; - AMMENDA DI € 1.000,00 , INFLITTE SEGUITO GARA FROSINONE/BENEVENTO DEL 3.11.2013 (Delibera del Giudice Sportivo presso la Lega Italiana Calcio Professionistico – Com. Uff. n. 53/DIV del 5.11.2013)
La Corte Federale a Sezioni Unite si è riunita, nell’adunanza del 28 novembre 2013, per decidere in merito al ricorso, proposto dalla Società Frosinone Calcio a r.l. rappresentata e difesa dall’Avv. Mattia Grassani, del Foro di Bologna, avverso la decisione del Giudice sportivo presso la lega Pro pubblicata nel Com. Uff. n. 53/DIV del 5 novembre 2013, relativa alla gara Frosinone/Benevento del 3 novembre 2013.
FATTO
Il Frosinone Calcio S.r.l. ha interposto reclamo avverso la decisione resa in primo grado dal Giudice sportivo, presso la Lega Pro, pubblicata nel Com. Uff. n. 53/DIV, del 5 novembre 2013, a seguito della quale è stata inflitta alla società ricorrente la sanzione della chiusura di una parte dello stadio comunale di Frosinone “Matusa”, settore denominato “Curva Nord”, per una gara effettiva, nonché l’ammenda di € 1.000,00 dovuta al comportamento dei propri tifosi, rei di aver fatto esplodere un petardo nel corso dell’incontro e di aver insultato l’arbitro. La sanzione della chiusura comminata al Frosinone Calcio veniva sospesa, a norma del dettato dell’articolo 16, comma secondo, del vigente Codice di Giustizia Sportiva, alla condizione che il comportamento discriminatorio non venga reiterato. Il Giudice dei prime cure era pervenuto all’irrogazione della predetta sanzione sul presupposto che nel corso della partita Frosinone-Benevento, giocatasi alle ore 14:30 del 3 novembre 2013, relativa al campionato di prima divisione della Lega-Pro, girone B, “i sostenitori della società Frosinone, più volte, durante la gara, intonavano cori inneggianti alla discriminazione territoriale verso la città di Benevento”. Detti “cori venivano chiaramente percepiti dal commissario di campo”. Inoltre, dalla decisione del Giudice Sportivo emerge “che risulta accertata la responsabilità della società (Frosinone) con conseguente applicazione delle sanzioni previste dall’art. 11 C.G.S., commi 1 e 3” sospendendo la sanzione comminata, in base al disposto dell’articolo 16, comma 2, C.G.S.. Avverso detta decisione, pubblicata – come detto – il 5 novembre 2013, nel Com. Uff. n. 53/DIV, la società laziale interponeva reclamo, il 14 novembre 2013, in base al quale sottoponeva – dopo avere ampiamente articolato le proprie doglianze – alla Corte di Giustizia Federale le seguenti conclusioni, chiedendo alla Corte adita di voler “annullare e/o revocare il provvedimento, attualmente sospeso, di chiusura del settore dello Stadio distinti, denominato curva nord, per una gara effettiva, nonché annullare e/o revocare e, comunque, ridurre nella misura di giustizia la sanzione dell’ammenda”. La vertenza veniva portata all’attenzione della competente sezione, la seconda, della Corte di Giustizia della F.I.G.C. che – con provvedimento del Presidente - in ragione della particolare importanza, novità e delicatezza del tema, la trasmetteva al Presidente della Corte affinchè fosse esaminata e valutata dalle Sezioni Unite della medesima. All’adunanza del 28 novembre 2013, la questione veniva portata, in udienza pubblica, all’attenzione delle Sezioni Unite della Corte di Giustizia Federale ed in quella sede veniva, preliminarmente, ascoltata la relazione operata dal componente relatore della Corte e la difesa della società reclamante: il Frosinone Calcio a r.l., patrocinata dall’Avv. Mattia Grassani, del Foro di Bologna. Trattenuta la vertenza in decisione la Corte di Giustizia Federale, nella sua composizione a Sezioni Unite, con la assistenza del Segretario Dott. Antonello Metitieri, così statuiva in DIRITTO
1. Al fine di definire la questione oggetto del presente gravame ed individuare alcune linee guida di analisi di comportamenti deprecabili di pseudosostenitori nei campi di gara, occorre muovere dall’esegesi della normativa, introdotta dal Codice di Giustizia Sportiva nell’estate del 2013 e successivamente emendata e modificata, attraverso l’introduzione della sospensione condizionale delle sanzioni da infliggersi (modifica dell’ottobre 2013).
Il nuovo comma terzo, dell’articolo 11, del Codice di Giustizia Sportiva prescrive che “le società sono responsabili per l’introduzione o l’esibizione negli impianti sportivi, da parte dei propri sostenitori, di disegni, scritte, simboli emblemi o simili, recanti espressioni di discriminazione. Esse sono altresì responsabili per cori, grida e ogni altra manifestazione che siano per dimensione, percezione reale del fenomeno, espressione di discriminazione. In caso di prima violazione, si applica la sanzione minima di cui all’articolo 18, comma 1, lettera a). Qualora alla prima violazione, si verifichino fatti particolarmente gravi e rilevanti, possono essere inflitte anche, congiuntamente e disgiuntamente tra loro, la sanzione della perdita della gara e le sanzioni di cui all’articolo 18, comma 1, lettera d), f), g), i), m)”.
2. La normative sopra richiamata rappresenta anche il recepimento, nel nostro Codice di GiustiziaS portiva, del Regolamento di disciplina dell’U.E.F.A. che nel suo articolo 14 aveva affermato che “any person, under the scope of article 3, who insult the human dignity of a person of group of persons by whatever means, including on the grounds of skin colour, race, religion or ethic origin, incurs e suspension lasting at least ten matches or specified period of time, or any other appropriate sanction”. Dalla traduzione di questo articolo emerge che i comportamenti definibili quali discriminatori sono quelli che insultano (discriminandola e limitandola) la dignità e la libertà umana di soggetti o gruppi, comunque posti in essere, basati su affermazioni discriminatorie originate dal colore della pelle, dalla razza, dalla religione e dalle origini territoriali. E’, dunque, alla luce dei criteri dettati dall’U.E.F.A., i quali hanno dato forma alla normativa oggi contenuta nel Codice di Giustizia Sportiva, adottato dalla Federcalcio, che deve essere valutata l’esatta accezione del concetto di comportamenti discriminatori sotto il profilo: 1) del colore della pelle; 2) della razza; 3) della religione; 4) delle origini territoriali.
3. Va, preliminarmente, chiarito, anche rispetto ai criteri dettati dall’U.E.F.A., che non esistono diverse razze di uomini, una sola è la razza umana composta da individui di sesso differente tutti portatori di identici diritti e chiamati ad attuare gli stessi doveri, anche se sono differenti, negli individui che la compongono, il colore della pelle, la religione e la provenienza e conseguentemente le abitudini di vita. Inoltre, rispetto al concetto di discriminazione è necessario distinguere, in seno ai diversi comportamenti, ciò che costituisce un effettivo atteggiamento discriminatorio limitativo della dignità e della libertà personale ed atto ad offrire al destinatario ridotti diritti ed a porre in essere, nei suoi confronti, atteggiamenti ghettizzanti dal mero insulto becero ed ineducato, che deve essere ugualmente sanzionato, anche in maniera ferma, ma che non comporta per il destinatario dell’insulto (o i destinatari) alcuna specifica limitazione (discrimine) della sua libertà e/o dignità. Tali comportamenti, che pure debbono essere impediti dalle società ai quali i tifosi (o presunti tali) sono ascrivibili (sia in casa, che in trasferta) non sono, però, qualificabili some discriminatori e non sono sanzionabili a norma del novellato terzo comma, dell’articolo 11, del Codice di Giustizia Sportiva.
4. Operati tali chiarimenti ed individuata la chiave di lettura alla quale ispirare l’analisi della nuova normativa della F.I.G.C., in tema di discriminazione è ora possibile indagare sulle altre peculiarità contenute nel terzo comma dell’articolo 11. Vanno dunque, correttamente inquadrati i concetti di dimensione e di percezionedel fenomeno discriminatorio. Quando si riferisce alla dimensioneil legislatore federale ferma la sua attenzione su episodi che si debbono caratterizzare per la loro odiosa ripetitività, il che impone da una parte, di non dover considerare i casi singoli, in quanto non rientranti nelle fattispecie in essere (per essi vanno valutate altre ipotesi sanzionatorie previste del C.G.S.); dall’altra, al momento del referto, di dover dare una corretta analisi e definizione della dimensione di tali fenomeni discriminatori e degli effetti da essi prodotti. Anche per quanto riguarda la percezioneè evidente che il legislatore federale, con l’emendamento dell’ottobre 2013, abbia voluto fare riferimento alle conseguenze dei comportamenti discriminatori e non solo al mero fatto che l’atteggiamento in parola (striscioni, o cori) sia stato letto o ascoltato da qualcuno. E’ evidente che ci si deve trovare in presenza di fattispecie che abbiano avuto una effettiva incidenza, di segno negativo, sulle funzioni dell’evento sportivo e quindi dello “spettacolo” ed abbiano potuto turbare non solo il destinatario (o destinatari) dello striscione o del coro, ma anche gli altri spettatori che hanno pagato il biglietto per assistere allo spettacolo e non certamente per essere, direttamente o indirettamente, colpiti da atteggiamenti discriminatori e provocatori e comunque lesivi nel loro spirito democratico (art. 3 della Costituzione della Repubblica Italiana). La norma è, dunque, dettata anche nell’interesse di tutti quei fruitori dello spettacolo sportivo che con il sano atteggiamento che deve essere proprio dei veri tifosi (sostenere la propria squadra non offendere e/o discriminare gli avversari, siano essi gli atleti o i tifosi), si recano allo stadio per vedere la partita, i quali non debbono sentirsi offesi da atteggiamenti discriminatori a chiunque diretti. Conseguentemente, a seguito della modifica interpretativa dell’art. 11, intervenuta nell’ottobre del 2013, viene richiesto al Commissario di campo, e comunque agli organi federali preposti, un maggiore grado di valutazione e approfondimento, in tema di attività discriminante, il quale deve contenere la esatta indicazione della provenienza del coro o del luogo in cui è stato affisso lo striscione e la analisi, acquisita anche (se necessario) attraverso una propria attività istruttoria, della reale percezione o della dimensione (ripetitività ed offensività, idonea alla discriminazione e non mera volgarità) del fenomeno.
5. Alla luce di questi preliminari chiarimenti è ora possibile occuparsi del tema specifico, dedotto nel procedimento, quello della discriminazione territoriale. Anche per questo è necessario far riferimento alle considerazioni in precedenza operate; dunque alla luce di esse è necessario comprendere cosa implichi una discriminazione territoriale con le dimensioni e la percezione richiesta dalla normativa; cosa, invece, integri un insulto becero e di pessimo gusto, ma non idoneo a porre in essere un comportamento discriminante. Come detto, in precedenza, ciò che va valutato come discriminatorio è ciò che limita la libertà personale, crea delle barriere, ridicolizza le abitudini dei destinatari, individuati con la loro provenienza territoriale, quale caratteristica discriminante che non solo viene messa in berlina, ma segnala, dal punto di vista limitativo e discriminatorio, gli abitanti di luoghi aggettivati come portatori di minori diritti. In tal senso la matrice territoriale spesso costituisce solo il criterio individuativo della parte avversa da offendere con l’espressione becera ed insultante e non tanto, dunque, l’aspetto delimitativo oggetto dell’atteggiamento discriminatorio e dunque lesivo della più intima libertà e dignità delle persone che hanno ragione di sentirsi offese in quanto appartenenti, per nascita o dimora, ad una data collettività territoriale. Nel caso di specie, i cori posti in essere dai tifosi del Frosinone, desumibili dal rapporto del Commissario di campo, il signor Roberto Acquaviva, sono stati così riferiti: “i sostenitori del Frosinone, più volte durante la gara intonavano cori contro il Benevento con le seguenti frasi: “Benevento va a fanculo, Chi non salta è un sannino di merda”. Non è, però, descritto da quale settore questi cori fossero stati intonati, circostanza questa che ha posto nel dubbio lo stesso Giudice sportivo (come è facile dedurre dalle stesse annotazioni del Giudice sportivo sul rapporto ufficiale), né vi è una aggettivazione di tali cori che sono stati qualificati come discriminatori solo dal Giudice sportivo (“cori inneggianti alla discriminazione territoriale”), ma non, invero, dal Commissario di campo. In più, in base a quanto, in precedenza, chiarito non ci si può trovare, nel caso di specie, in presenza di cori di discriminazione territoriale, ma solo di cori beceri, ai quali peraltro non sono stati secondi i cori (alcuni di evidente maggiore gravità) riferiti dal Commissario di gara ai sostenitori (o pretesi tali), dal Benevento, che hanno dato vita a slogan del seguente tenore: “C’è chi la chiama mignotta, c’è chi la chiama puttana, noi la chiamiamo ciociara”; “La ciociaria ci sta sul cazzo. Frosinone merda”; dove nella prima ipotesi si è in presenza di un episodio discriminatorio volendo assegnare alle donne ciociare una potente limitazione dei loro diritti personali, e della loro onorabilità, mentre il secondo coro rientra nella tipologia di quelli beceri in altro modo sanzionabili. La sanzione da infliggersi per gli offensivi e beceri comportamenti dei tifosi (o pretesi tali) del Frosinone, trattandosi – come detto - di comportamenti volgari ed offensivi, ma non discriminatori (peraltro non descritti, come si sarebbe dovuto, secondo i dettami della dimensione e della effettiva, percezione, dettati dal terzo comma dell’art. 11 C.G.S.) è quella della ammenda in base a quanto previsto dall’art. 18 C.G.S.. Perciò in virtù di quanto, sin qui, dedotto, in riforma della sanzione comminata dalla decisione impugnata, appare equo assegnare ai comportamenti, integranti i cori offensivi e volgari, dei tifosi del Frosinone l’ammenda di € 1.000,00 in base al dettato dell’art. 18 C.G.S..
6. Con il reclamo introduttivo del presente procedimento la società Frosinone Calcio a r.l. lamenta anche la eccessiva onerosità della sanzione di € 1.000,00 ad essa irrogata in quanto “i propri sostenitori introducevano e facevano esplodere, nel proprio settore, un petardo senza conseguenze” inoltre, gli stessi tifosi del Frosinone “durante la gara intonavano cori offensivi verso l’arbitro”. Lamenta la società ciociara che non sarebbe avventa alcuna esplosione nel settore occupato dai tifosi del Frosinone, tale affermazione non può essere condivisa. Al riguardo appare chiara ed inconfutabile la refertazione del Commissario di campo che non solo ha perfettamente individuato il settore degli spalti da cui proveniva il petardo, ma né ha chiaramente indicato anche il momento della esplosione: “il quinto minuto del secondo tempo”. Lamenta, inoltre, il Frosinone che nell’applicare la sanzione il Giudice sportivo non abbia tenuto conto, a titolo di attenuante, di quanto previsto dall’art. 13 C.G.S., non valutando i comportamenti virtuosi attuati dalla società reclamante. La doglianza non può trovare accoglimento per due diversi ordini di ragioni. La prima discende dall’analisi del testo dell’art. 13 C.G.S. che prescrive che: “la società non risponde per i comportamenti tenuti dai propri sostenitori in violazione degli artt. 11 e 12 se ricorrono congiuntamente 3 delle seguenti circostanze a) la società ha adottato ed efficacemente attuato, prima del fatto, modelli di organizzazione e di gestione della società idonei a prevenire comportamenti della specie di quelli verificatisi, avendo impiegato risorse finanziarie ed umane adeguate allo scopo; b) la società ha concretamente cooperato con le forse dell’ordine e le altre autorità competenti per l’adozione di misure atte a prevenire i fatti violenti o discriminatori e per identificare i propri sostenitori responsabili delle violazioni; c) al momento del fatto, la società ha immediatamente agito per rimuovere disegni, scritte, simboli, emblemi o simili, o per far cessare i cori e le altre manifestazioni di violenza o di discriminazione; d) altri sostenitori hanno chiaramente manifestato nel corso della gara stessa, con condotte espressive di correttezza sportiva, la propria dissociazione da tali comportamenti; e) non si è stata omessa o insufficiente prevenzione e vigilanza da parte della società”. Invero, dalla descrizione relativa allo svolgimento dei fatti emerge, chiaramente, che nel caso di specie non sia possibile individuare l’esistenza di dette circostanze attenuanti ed in particolare si riscontra come si sia in presenza di una insufficiente prevenzione ad opera della società Frosinone, società ospitante, che ha consentito l’ingresso nello stadio di materiale pirotecnico posseduto sia dai sostenitori della stessa società di casa, che dai tifosi della squadra ospitata: il Benevento. Alla luce di quanto sopra appare evidente che non possono trovare applicazione nel caso di specie le attenuanti previste dall’art. 13 C.G.S..La seconda ragione deriva dal fatto che la sanzione inflitta al Frosinone costituisce il prodotto di una sommatoria di violazioni comportamentali, poste in essere dai tifosi della squadra laziale, i quali si sono resi responsabili sia dell’introduzione nello stadio di materiale pirotecnico, successivamente fatto esplodere, che di cori offensivi nei confronti dell’arbitro e dei tifosi avversari; alla luce di quanto sopra appare equa la sanzione irrogata in primo grado, nella misura di euro 1000,00 (mille) di ammenda. Per questi motivi la C.G.F., nella sua composizione a Sezioni Unite, accoglie, in parte, il ricorso del Frosinone, qualificando i cori posti in essere, nel corso della partita Frosinone-Benevento, dai suoi “pretesi tifosi”, quali beceri e conseguentemente annulla la sanzione della chiusura di una parte dello stadio comunale di Frosinone: “Matusa”, relativa al settore denominato Curva Nord, per una gara effettiva, sostituendola, con la sanzione dell’ammenda di euro 1000,00 (mille); in virtù di quanto precede, viene meno anche la sospensione di detta sanzione condizionata alla circostanza che il comportamento discriminatorio non venga ripetuto. Rigetta il reclamo proposto dalla società Frosinone Calcio a r.l. in relazione alla sanzione di euro 1000,00 (mille) irrogata alla società Frosinone Calcio, in quanto i suoi tifosi hanno fatto esplodere, nel corso della gara, un petardo ed hanno indirizzato cori offensivi nei confronti dell’arbitro. Avendo, in parte, accolto il reclamo formulato in data 14 novembre 2013 dalla società Frosinone Calcio a r.l. dispone la restituzione della tassa reclamo.
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