F.I.G.C. – CORTE DI GIUSTIZIA FEDERALE – 2014/2015 – Decisione pubblicata sul sito web: www.figc.it e sul Comunicato ufficiale n. 005/CGF del 10 Luglio 2014 con motivazioni pubblicate sul Comunicato ufficiale n. 027/CGF del 13 Agosto 2014 e su www.figc.it 3. RICORSO DEL F.C. SUDTIROL S.R.L. AVVERSO LE SANZIONI: – INIBIZIONE DI MESI 1 (UNO) AL SIG. LUCA PIAZZI – AMMENDA DI € 2.000,00 (€ DUEMILA/00) ALLA SOCIETÀ FUSSBALL CLUB SUDTIROL SRL, A TITOLO DI RESPONSABILITÀ DIRETTA AI SENSI DEGLI ART. 4, COMMA 1 E 5, COMMA 2 DEL CGS PER LE VIOLAZIONI ASCRITTE AL PROPRIO LEGALE RAPPRESENTANTE PRO-TEMPORE SIG. LUCA PIAZZI, INFLITTE SEGUITO DEFERIMENTO DEL PROCURATORE FEDERALE PER VIOLAZIONE DEGLI ART. 1, COMMA 1 E 5, COMMA 1 CGS (Delibera C.D.N. Com. Uff. 92/CDN del 27/06/2014)

F.I.G.C. – CORTE DI GIUSTIZIA FEDERALE – 2014/2015 – Decisione pubblicata sul sito web: www.figc.it e sul Comunicato ufficiale n. 005/CGF del 10 Luglio 2014 con motivazioni pubblicate sul Comunicato ufficiale n. 027/CGF del 13 Agosto 2014 e su www.figc.it 3. RICORSO DEL F.C. SUDTIROL S.R.L. AVVERSO LE SANZIONI: - INIBIZIONE DI MESI 1 (UNO) AL SIG. LUCA PIAZZI - AMMENDA DI € 2.000,00 (€ DUEMILA/00) ALLA SOCIETÀ FUSSBALL CLUB SUDTIROL SRL, A TITOLO DI RESPONSABILITÀ DIRETTA AI SENSI DEGLI ART. 4, COMMA 1 E 5, COMMA 2 DEL CGS PER LE VIOLAZIONI ASCRITTE AL PROPRIO LEGALE RAPPRESENTANTE PRO-TEMPORE SIG. LUCA PIAZZI, INFLITTE SEGUITO DEFERIMENTO DEL PROCURATORE FEDERALE PER VIOLAZIONE DEGLI ART. 1, COMMA 1 E 5, COMMA 1 CGS (Delibera C.D.N. Com. Uff. 92/CDN del 27/06/2014) La società Fussbal Club Sudtirol S.r.l. di Bolzano, in proprio e nell’interesse del dirigente sig. Luca Piazzi, ha proposto ricorso contro la decisione adottata dalla Commissione Disciplinare Nazionale, di cui al Com. Uff. in epigrafe, in relazione alle dichiarazioni rese da quest’ultimo sul proprio profilo Facebook in data 7 giugno 2014, ritenute offensive e denigratorie nei confronti di soggetti individuati e/o chiaramente individuabili. Nel gravame parte ricorrente espone che la Procura Federale, con atto del 12 giugno 2014 ha deferito alla competente C.D.N. il sig. Luca Piazzi per aver, in violazione degli artt. 1, commi 1 e 5 C.G.S. “espresso pubblicamente, relativamente alla gara Pro Vercelli/Sudtirol del 7 giugno 2014 da parte del direttore di gara …, così come riportato nell’articolo pubblicato sul sito www.tuttolegapro.com in data 8.6.2014” considerazioni che, a valutazione del Requirente, integravano palese offesa e denigrazione sia verso lo stesso direttore di gara sia dell’AIA, nonché mettendo in dubbio la regolarità dello svolgimento del campionato di pertinenza. La società è stata, in pari tempo, deferita a titolo di responsabilità diretta ex artt. 4, comma 1 e 5, comma 2 C.G.S. per lo stesso fatto. Ricordato quanto precede, la reclamante ha lamentato che le dichiarazioni postate dal dirigente della società sul proprio account Facebook sarebbero state di contenuto diverso da quelle riportate dal sito a firma del giornalista Nicolò Schira e prive di ogni valenza lesiva. Il sig. Piazzi ne avrebbe, perciò, ottenuto la rettifica e smentita da parte del giornalista, peraltro anche querelato il 20 giugno successivo. Inoltre, ad avviso della reclamante, le dichiarazioni avevano come esclusivi destinatari gli “amici” del sig. Piazza, cosicché le stesse non potevano definirsi come pubblicamente rilasciate ma assolutamente personali e riservate. Nel merito, poi, le affermazioni non contenevano, ad avviso del reclamante, alcuna espressione offensiva nei confronti dell’arbitro e dell’AIA, né avevano voluto adombrare qualsiasi irregolarità nello svolgimento del campionato. Per tali motivi si è chiesto l’annullamento delle sanzioni irrogate dalla C.D.N.. Istruito il ricorso, la discussione è stata fissata per la seduta odierna, alla quale ha partecipato l’avv. Vitale in rappresentanza della società, il quale ha concluso per l’accoglimento del ricorso, con annullamento della sanzione, mentre l’avv. Giua, in rappresentanza della Procura Federale, ha insistito per la sua conferma. La Corte esaminato il ricorso proposto dalla società Fussbal Club Sudtirol S.r.l. di Bolzano ritiene che lo stesso non sia fondato e, come tale, non possa essere accolto. Nel gravame, in via preliminare, si deduce che l’atto di deferimento sarebbe affetto da inammissibilità e, comunque, infondatezza, essendo stato redatto sulla base di dichiarazioni che non sarebbero state, in realtà, riconducibili al sig. Piazzi perché mai pronunciate nel testo riportato. Si deve dire, sul punto, che mentre l’atto di deferimento è del 12 giugno 2014 la precisazione del sig. Schira, la cui valutazione è, in ogni caso, rimessa a questa Corte per le finalità del presente giudizio, risalgono a circa 8 giorni dopo, cosicché il provvedimento del Procuratore Federale si dimostra ammissibile nonché fondato. Il contenuto di quelle asserzioni, riportato sul sito dallo Schira (“E’ stata una maialata clamorosa e premeditata. Questo arbitro ha già diretto la Pro Vercelli a Savona, sapevo da martedì che non saremmo passati…”), ancorché poi lo stesso dichiari, su sollecitazione del difensore del Piazzi, che “Alla luce di quanto da lei affermato e documentato…compiuti gli opportuni approfondimenti e verifiche presso la redazione, effettivamente, rivisto il contenuto dell’articolo da me firmato l’8.6.2014, la notizia dallo scrivente riportata non corrisponde a quanto effettivamente dichiarato dal sig. Piazzi sul suo profilo facebook…”, appare, in sostanza, dotato di ampiezza lesiva e volontà denigratoria perché – secondo anche quanto accertato dalla C.D.N., - quelle frasi, almeno nella parte non contestata dal Piazzi, non possono essere decontestualizzate e lette senza compiere un preciso riferimento alla gara appena disputatasi contro la Pro-Vercelli e avulsa dalla posta in palio, come, di fatto, riportato nel breve articolo. Il Piazzi, nella memoria prodotta alla C.D.N. e qui confermata, ammette di aver pubblicato sul sito la seguente dichiarazione “Oggi si è capito perché il Sudtirol non potrà mai vincere uno spareggio. Che maialata clamorosa e premeditata che ci hanno fatto!!! Che tristezza infinita…”, dichiarazione che ha riscosso, sul sito di Facebook, n. 110 “Mi piace” e n. 52 commenti. Ora, anche volendo omettere la parte relativa all’arbitro, la complessiva espressione (per chiara contiguità temporale legata alla gara appena disputata), formulata in termini che si possono ritenere gravemente lesivi dell’onore e del prestigio degli organi federali (ancorché indicati genericamente), non si sottrae ad una interpretazione che la fa apparire come pretestuosa e capziosa denuncia di un’azione (federale) asseritamente progettata e realizzata con metodologica programmazione; azione che, alla luce della sua subdola valenza, non può certamente essere reputata come legittimo esercizio di un diritto di critica e dissenso. A questo convincimento si aggiunge poi la considerazione, anche depurata della parte relativa all’arbitro – la quale, se confermata, avrebbe eventualmente giustificato una sanzione più grave – che l’espressione “postata” vìola, senza che possa aversi qualsiasi dubbio, sia la disposizione di cui all’art. 1, comma 1 – che sconta le sanzioni di cui al successivo comma 6 – sia quella di cui all’art. 5, comma 1 C.G.S.. Come detto, non v’è dubbio che definire una “maialata clamorosa e premeditata” l’esito di un incontro sportivo significa voler ingenerare, in coloro che leggono o ascoltano, il dubbio che si decida “a tavolino” e preventivamente, in maniera illecita e ancor più grave perché realizzata da organismi federali, in quale modo debba concludersi una gara e, in senso più ampio, un torneo. Significa, in buona sostanza, instillare nelle persone terze il convincimento che i principi di lealtà, correttezza e probità, tutelati dall’art. 1, comma 1, C.G.S. siano paradigmi privi di ogni concreto contenuto, valori vacui, solo declamati in teoria e non concretizzati nell’ordinaria pratica. E questo è lesivo della correttezza dovuta all’istituzione, in sé e verso coloro che dedicano le loro energie per assicurare competizioni leali. Detto quanto precede in ordine al contenuto delle espressioni, va affrontata l’altra censura proposta dalla reclamante, ossia che le dichiarazioni del sig. Piazzi, atteso che sono state postate su Facebook e non pronunciate in fisica presenza di uditori, non potrebbero essere considerate pubbliche ma solo “mere confidenze personali”. L’assunto non ha pregio sia in punto di fatto che di diritto. In disparte il fatto che l’invocata restrizione dei destinatari della “confidenza” del sig. Piazzi non risulta adeguatamente dimostrata perché è stata prodotta solo una stampa del messaggio postato senza che possa esserne certificata l’effettiva data e, comunque, la decorrenza della restrizione richiesta a Facebook, va detto che il numero accertato dei “lettori” è di almeno 110 persone ( e non circa 50), perché tale è il numero dei “mi piace” (che indica che quanto meno 110 persone hanno approvato il contenuto del messaggio dopo averlo letto, mentre 52 soggetti hanno commentato le dichiarazioni). Ma sempre in fatto rileva la considerazione che non può trattarsi di “mere confidenze” perché queste, ove alle stesse non avesse voluto darsi ampio risalto, avrebbero dovuto essere contenute nei messaggi personali: solo questi sicuramente assimilabili alla corrispondenza privata. Postare o taggare un messaggio o una foto su Facebook reca in sé, abbastanza scontata, la volontà di rendere partecipe una comunità di persone, sempre piuttosto ampia, circa un proprio pensiero, una propria convinzione, una indicazione o, al limite, una propria insoddisfazione. E’ evidente la diversità di ratio che sottende la comunicazione “privata” dalla pubblicazione di un testo sui social. Ma a tutto voler concedere alla tesi difensiva, si deve dire che la piana lettura delle disposizioni ex art. 5, commi 1 e 4 C.G.S., depone per la legittimità della sanzione irrogata nel pieno rispetto della normativa federale. Infatti, se l’art. 5, comma 1, impone il divieto di esprimere “pubblicamente” giudizi o rilievi lesivi, il successivo comma 4 si dà carico di fornire contenuto all’avverbio precisando che “La dichiarazione è considerata pubblica quando è resa in pubblico ovvero quando i destinatari, il mezzo o per le modalità della comunicazione è destinata ad essere conosciuta o può essere conosciuta da più persone”. Da un lato, quindi, si fa riferimento alla contestuale presenza di una platea di persone che recepisce immediatamente l’affermazione offensiva, ma dall’altro si assume la perfetta equivalenza di una dichiarazione che è destinata ad essere conosciuta da più persone, anche in tempi diversi (e quindi ha in sé un’intrinseca, efficace e perdurante lesività). E che la “confidenza” del sig. Piazzi fosse destinata a più persone (100 o 50 non rileva) lo ammette la stessa reclamante e, quindi, può dirsi dato pacificamente assunto. In conclusione, la Corte, ritiene che la frase postata su Facebook abbia un contenuto chiaramente offensivo, desumibile dai termini usati e dalla subdola finalità di generare sospetto, diffidenza e sfiducia nei suoi destinatari verso un’istituzione e i suoi rappresentanti. La stessa, poi, per le modalità di comunicazione, non può essere assunta come “mera comunicazione privata” perché, oltre a quanto precede, la stessa giurisprudenza della Suprema Corte di Cassazione, proprio in materia di comunicazioni sui social network (ex multis Cass. Pen. sez. I n. 16712/14) reputa integrato il reato di diffamazione allorché, sotto il profilo soggettivo, vi sia la consapevolezza di pronunciare una frase lesiva dell’altrui reputazione e la volontà che la frase venga a conoscenza di più persone. La qual cosa è perfettamente rispondente a quanto accaduto nella fattispecie. Ne discende che, per i motivi anzidetti, la condotta del sig. Piazzi, esaminata dalla Commissione Disciplinare Nazionale, appare correttamente inquadrata sul piano giuridico e la sanzione irrogata sicuramente adeguata al potenziale lesivo della esaminata dichiarazione. All’affermazione di responsabilità del dirigente consegue quella, diretta, della società di appartenenza, ai sensi dell’art. 4, comma 1 e 5 comma 2 C.G.S.. ricorrendone i presupposti. In conclusione il ricorso proposto dalla Fussbal Club Sudtirol S.r.l. di Bolzano, nel suo complesso, dev’essere respinto. Per questi motivi la C.G.F. respinge il ricorso come sopra proposto dalla società F.C. Sudtirol S.r.l. di Bolzano e dispone addebitarsi la tassa reclamo.
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