CONI – Collegio di Garanzia dello Sport – Decisione pubblicata sul sito web: www.coni.it – Decisione n. 8 del 30/03/2015 – Riccardo Zillio /Federazione Ginnastica d’Italia

CONI – Collegio di Garanzia dello Sport - Decisione pubblicata sul sito web: www.coni.it – Decisione n. 8 del 30/03/2015 – Riccardo Zillio /Federazione Ginnastica d’Italia IL COLLEGIO DI GARANZIA SECONDA SEZIONE Il Collegio composto dai sigg.ri: - Attilio Zimatore - Presidente - Maurizio Benincasa - Enrico Del Prato - Oreste Michele Fasano - Silvio Martuccelli - Relatore ha pronunciato la seguente DECISIONE nel giudizio iscritto al R.G. n. 10/2014 sul ricorso, datato 10 dicembre 2014, proposto da - Riccardo ZILLIO, nato a Mestre (VE) il 22 giugno 1994, residente in Oriago di Mira (VE), Via Alberoni 24, C.F. ZLIRCR94H22L736F, rappresentato e difeso come da mandato in calce al ricorso dall’avv. prof. Enrico Lubrano ed elettivamente domiciliato presso il suo studio (Studio Legale Lubrano & Associati) in Roma, via Flaminia 79, contro - la Federazione Ginnastica d’Italia - F.G.I., con sede in Roma, viale Tiziano 70, in persona del suo Presidente e legale rappresentante pro-tempore, rappresentata e difesa dall’avv. Alessandro Avagliano ed elettivamente domiciliata presso il suo studio in Roma, via Antonio Nibby 7, nonché nei confronti di la Commissione di Disciplina di Secondo Grado, la Commissione di Disciplina di Primo Grado e la Procura Federale F.G.I. avverso la decisione emanata dalla Commissione di Giustizia di Secondo Grado della F.G.I., al momento del deposito del ricorso nota nel solo dispositivo, comunicato in data 11 novembre 2014, con la quale la stessa – rigettando l’appello proposto dal sig. Zillio (contro la sanzione di sei mesi di squalifica) e accogliendo in parte l’appello proposto dalla Procura Federale avverso la medesima decisione di primo grado – ha irrogato al sig. Zillio la sanzione disciplinare di otto mesi di squalifica per violazione dell’art. 2, comma 3, del Regolamento di Giustizia e Disciplina della F.G.I. (cosiddetto “principio di lealtà sportiva”) e per violazione dell’art. 27 del medesimo Regolamento (inosservanza della clausola compromissoria), nonché per l’annullamento di tutti gli atti presupposti e conseguenti; - viste le difese scritte e la documentazione prodotta dalle parti costituite; - uditi, nell’udienza del 9 febbraio 2015, l’avv. prof. Enrico Lubrano per la ricorrente, nonché l’avv. Alessandro Avagliano per la resistente Federazione Ginnastica d’Italia (F.G.I.); - udito il Procuratore Nazionale dello Sport, avv. Marco Ieradi; - udito, nella successiva Camera di Consiglio dello stesso giorno, il relatore prof. Silvio Martuccelli. Ritenuto in fatto I. Con ricorso notificato il 10 dicembre 2014, il sig. Riccardo Zillio ha adìto il Collegio di Garanzia dello Sport del CONI per ottenere la riforma della decisione della Commissione di Giustizia di Secondo Grado della F.G.I. n. 12811/SG, datata 10 novembre 2014, le cui motivazioni sono state depositate lo stesso 10 dicembre 2014. Con tale decisione la Commissione ha rigettato l’appello proposto dal sig. Zillio (contro la sanzione di sei mesi di squalifica emanata dalla Commissione di Giustizia di Primo Grado della F.G.I.) e accolto in parte l’appello proposto dalla Procura Federale avverso la medesima decisione di primo grado, irrogando al ricorrente la sanzione disciplinare di otto mesi di squalifica, per violazione degli artt. 2, comma 3, e 27 del Regolamento di Giustizia e Disciplina della F.G.I. Si ripercorrono, in sintesi, gli eventi più rilevanti che hanno condotto all’adozione del provvedimento impugnato. In occasione della 95a Assemblea ordinaria della Federazione Ginnastica d’Italia (F.G.I.) del 15 dicembre 2012, si tenevano in Roma le elezioni dell’attuale organigramma della Federazione per il quadriennio olimpico. All’esito delle votazioni, il sig. Riccardo Zillio – tesserato della Federazione e “grande elettore” rappresentante la categoria atleti del Comitato Regionale del Veneto (e dunque deputato ad esprimere il voto per tale categoria) – proponeva ricorso al Consiglio Direttivo Federale, deducendo l’irregolarità dell’Assemblea e lamentando, in estrema sintesi, la sua avvenuta esclusione dalla seconda sessione di voto, che si era tenuta in ripetizione della precedente. Infatti, a causa del verificarsi di un problema informatico, si era reso necessario ripetere le operazioni di voto una seconda volta, quando tuttavia il sig. Zillio si era spontaneamente allontanato dai locali dell’Assemblea, dopo aver espresso la propria preferenza di voto nel corso della prima sessione. Investito dell’impugnazione, in data 19 gennaio 2013, il Consiglio Direttivo Federale dichiarava l’inammissibilità del ricorso, in quanto non preannunciato e, di conseguenza, non verbalizzato in Assemblea, come invece previsto dall’art. 15, 11° comma, del Regolamento Organico della F.G.I. Avverso tale decisione il sig. Zillio, con ricorso 28 febbraio 2013, ricorreva all’Alta Corte di Giustizia del CONI, per far accertare il preteso vizio della votazione dell’intera Assemblea o, in subordine, della sola votazione relativa alla categoria di appartenenza. L’Alta Corte di Giustizia del CONI, con sentenza n. 15 del 23 maggio 2013, in parziale accoglimento del ricorso, annullava le elezioni limitatamente ai risultati relativi ai rappresentanti della categoria degli atleti, in quanto unica categoria ad essere stata interessata dalla ripetizione delle votazioni, confermando per il resto l’efficacia dei risultati elettorali. Conseguentemente, il Consiglio Federale della F.G.I. indiceva una nuova Assemblea Straordinaria Elettiva, limitata alla ripetizione delle votazioni relative alla componente rappresentativa degli atleti, per il giorno 7 settembre 2013; votazioni alle quali il sig. Zillio non partecipava. Ancor prima di tali nuove elezioni, nell’estate 2013, il sig. Zillio depositava (un primo) ricorso, con istanza di sospensiva, al TAR Lazio avverso la menzionata decisione dell’Alta Corte di Giustizia del CONI (n. 15/2013), affinché fossero annullate le intere votazioni degli organi F.G.I. In seguito, il ricorrente rinunciava all’istanza cautelare. In data 7 settembre 2013 si teneva quindi l’Assemblea Straordinaria Elettiva, che provvedeva ad eleggere i componenti della Federazione in quota atleti per il quadriennio olimpico. Nel frattempo, il sig. Zillio riceveva dal Procuratore Federale avviso di apertura di (un primo) procedimento disciplinare avviato a suo carico in data 31 luglio 2013 per violazione del principio di lealtà sportiva di cui all’art. 2 del Regolamento di Giustizia e Disciplina (R.D.) della F.G.I., nonché per violazione della clausola compromissoria prevista dall’art. 27 del medesimo Regolamento, per aver il sig. Zillio presentato ricorso al TAR Lazio avverso la decisione dell’Alta Corte di Giustizia Sportiva del CONI (n. 15/2013) per la tutela di interessi non tutelati in via esclusiva dall’ordinamento dello Stato. Il successivo 19 settembre 2013 si teneva la Camera di Consiglio dinanzi al TAR Lazio, con rinuncia della difesa del sig. Zillio alla richiesta di sospensiva del provvedimento impugnato e fissazione dell’udienza di discussione del merito al 21 gennaio 2015. Successivamente all’espletamento delle nuove elezioni riservate alla categoria atleti, l’odierno ricorrente notificava alla F.G.I. un ricorso per motivi aggiunti dinanzi all’Alta Corte di Giustizia Sportiva del CONI, inerente l’annullamento dell’Assemblea Straordinaria Elettiva del 7 settembre 2013, nonché un ulteriore ricorso inerente la declaratoria di nullità e/o annullamento del relativo verbale. L’Alta Corte di Giustizia Sportiva del CONI respingeva il primo ricorso con decisione n. 31/2013 (3 ottobre-11 novembre 2013) e dichiarava inammissibile il secondo con provvedimento del 20 dicembre 2013. Anche avverso quest’ultima decisione il sig. Zillio proponeva (un secondo) ricorso al TAR Lazio, depositato il 27 gennaio 2014, chiedendo l’annullamento e/o la riforma della decisione impugnata, previa sospensione della sua efficacia. In occasione della Camera di Consiglio dinanzi al TAR Lazio la difesa del sig. Zillio dichiarava di rinunciare alla richiesta di sospensiva del provvedimento impugnato, rinviando alla discussione nel merito fissata anch’essa per il 21 gennaio 2015. Parallelamente, si svolgeva il primo procedimento disciplinare a carico del sig. Zillio. In particolare, a conclusione del procedimento promosso dal Procuratore Federale, con dispositivo comunicato all’udienza tenutasi in data 16 gennaio 2014, il sig. Zillio veniva ritenuto responsabile ai sensi dell’art. 2, comma 3, R.D., e condannato dalla Commissione di Giustizia di Primo Grado alla sanzione della sospensione e, pertanto, all’inibizione a partecipare a qualunque attività ufficiale programmata dalla Federazione, per un periodo di 12 mesi decorrenti dalla comunicazione del dispositivo. In data 13 febbraio 2014 veniva depositata la sentenza integrale. In data 10 marzo 2014, il Procuratore Federale appellava la sentenza di primo grado, chiedendo che l’incolpato venisse condannato, oltre che per la violazione dell’art. 2 R.D., anche per la specifica violazione dell’art. 27 R.D., con conseguente irrogazione della sanzione della radiazione ed, in subordine, della condanna a 2 anni di sospensione. All’udienza del 20 maggio 2014 la Commissione di Giustizia di Secondo Grado pronunciava dispositivo, con il quale confermava la sanzione comminata in primo grado. Tale provvedimento veniva impugnato dal sig. Zillio, con ricorso al TNAS (Tribunale Nazionale di Arbitrato per lo Sport), dapprima con istanza di arbitrato n. 0834 del 18 giugno 2014, con la quale impugnava il solo dispositivo emanato all’udienza del 20 maggio 2014, successivamente con istanza n. 0879 del 27 giugno 2014, con cui impugnava la decisione depositata con motivazioni in data 19 giugno 2014. Con tali istanze, il sig. Zillio chiedeva l’annullamento e/o la riforma della decisione della Commissione di Giustizia di Secondo Grado, previa eventuale sospensione dell’esecuzione. Il TNAS, con lodo 18 settembre 2014, decideva la controversia e, in accoglimento delle domande di arbitrato, annullava la sanzione disciplinare applicata al sig. Zillio. Nel corso del giudizio di secondo grado, e precisamente in data 20 marzo 2014, veniva comunicato al sig. Zillio l’avviso di apertura di un ulteriore procedimento disciplinare nei suoi confronti, per la reiterata violazione degli articoli 2 e 27 R.D., in quanto questi aveva proposto (un secondo) ricorso al TAR Lazio avverso la decisione n. 31/2013 dell’Alta Corte di Giustizia. All’esito di tale secondo procedimento disciplinare la Commissione di Giustizia di Primo Grado, con sentenza del 26 giugno-9 luglio 2014, comminava al sig. Zillio la sanzione di 6 mesi di sospensione per violazione dell’art. 2, comma III, del Regolamento di Giustizia e Disciplina F.G.I., con inibizione a partecipare a qualunque attività ufficiale programmata dalla Federazione. Con ricorso del 22 luglio 2014, il sig. Zillio appellava tale sentenza di primo grado dinanzi alla Commissione di Giustizia di Secondo Grado, con istanza cautelare di sospensione del provvedimento impugnato, chiedendo l’annullamento della decisione e della sanzione irrogata, e in subordine la parziale riforma della decisione, con riduzione della sanzione inflitta. Anche il Procuratore Federale, con atto del 6 agosto 2014, interponeva autonomo gravame, chiedendo che l’incolpato venisse condannato, oltre che per la violazione dell’art. 2 R.D., anche per la violazione dell’art. 27 R.D., con inasprimento della pena a 2 anni di sospensione, in considerazione della gravità del fatto e dell’intensità del dolo e della valutazione delle circostanze aggravanti previste dall’art. 23, lett. d), g) e h), R.D. In data 10 novembre 2014, la Commissione di Giustizia di Secondo Grado, con decisione n. 12811/SG, rigettava l’appello proposto dal sig. Zillio, accoglieva in parte, e per quanto di ragione, l’appello proposto dal Procuratore Federale e, in parziale riforma della sentenza di primo grado, irrogava al sig. Zillio la sanzione disciplinare di otto mesi di squalifica; decisione poi impugnata dal ricorrente dinanzi a questo Collegio, e dunque oggetto del presente giudizio. II. La Commissione di Giustizia di Secondo Grado rigettava innanzitutto «l’eccezione concernente il violato principio del ne bis in idem, ovverosia la duplice sanzione, ai danni dell’incolpato, basata su identità del fatto», rilevando che al sig. Zillio erano state irrogate sanzioni legate ad episodi che «appaiono riconducibili a duplici vicende […]: la prima, concernente l’assemblea federale plenaria del 15 dicembre 2012; la seconda, a distanza di quasi nove mesi, inerente la votazione del solo comparto atleti del 7 settembre 2013». Quanto al secondo motivo di impugnazione, con il quale il tesserato invocava il proprio diritto di non partecipare alle udienze del procedimento disciplinare e di formulare atto di diffida previsto dal codice TNAS, il giudice del secondo grado endo-federale rilevava, tra l’altro: non essere controverso «che il tesserato abbia sistematicamente omesso di comparire personalmente innanzi ai numerosi organi di giustizia sportiva aditi benché, in particolare, la Commissione di prima istanza abbia addirittura spostato la naturale sedes capitolina per le udienze, avvicinandola alla residenza dello Zillio, pur di incentivarlo a presenziare al fine di ascoltare direttamente le sue ragioni, nell’ottica di uno spirito sportivo di confronto che deve permeare anche gli atti di giustizia»; che «l’atteggiamento, legittimo, ma ostruzionistico non è stato valutato [dalla Commissione di prima istanza] come fonte di responsabilità ex se da parte del primo Collegio, che si è limitato a rappresentare il comportamento dell’atleta come semplice corollario dei più gravi fatti addebitatigli e confinato a mero commento ad colorandum»; che «l’incolpato - come correttamente rappresentato dalla Difesa - aveva la facoltà, e non l’obbligo, di partecipare alle udienze e alla convocazione personale per l’audizione, così come aveva l’onere di inoltrare la diffida per affrontare il contenzioso in via arbitrale», e che tuttavia «deve valutarsi il modo con cui facoltà e oneri sono stati esercitati, perché il fair play è, secondo i Principi di Giustizia Sportiva del CONI, una costante comportamentale del tesserato non relegata alle palestre e ai campi di gara, ma allargata a tutte le forme di interrelazione connesse all’attività sportiva, ivi inclusi gli organi di giustizia e federali». La Commissione di Giustizia di Secondo Grado riteneva dunque «fin troppo evidente il fine dello Zillio […]: non già ricerca del diritto e della verità, ma l’integrale riforma – a tutti i costi – delle votazioni plenarie dell’assemblea generale dell’ultimo quadriennio per il rinnovo delle cariche federali, non limitato perciò alla sua categoria di appartenenza (atleti), per la quale ha raggiunto lo scopo prefissatosi con la prima decisione dell’Alta Corte, bensì allargato a tutti i settori di voto ai quali non ha […] partecipato [né poteva farlo]. Pertanto sono lecite le facoltà operate dal ricorrente; illeciti i modi in cui sono state adottate e commentate, con conseguente valutazione processuale accessoria alle ragioni principali del procedimento disciplinare, correttamente espletata dalla prima Commissione». Quanto al terzo e al quinto motivo, con i quali il ricorrente contestava la violazione della clausola compromissoria, il giudice federale di secondo grado riteneva l’impugnativa «non […] delibabile, in quanto la Commissione di Primo Grado, pur richiamando le argomentazioni delle altre pronunce, non ha sanzionato il comportamento dell’atleta ai sensi dell’art. 27 R.D., limitandosi ad irrogare la sanzione ex art. 2, comma III, del medesimo Regolamento». Quanto infine al quarto motivo addotto dal ricorrente, ossia la legittimità del ricorso alla giustizia amministrativa statale, la Commissione di Giustizia di Secondo Grado rilevava che «non costituisce oggetto di contestazione la possibilità dello Zillio di adire il TAR o, in generale gli organi di giustizia ordinaria, ma la rilevanza che tale comportamento ha in relazione alle regole della F.G.I., alle quali l’incolpato ha deciso volontariamente di aderire […] Lo Zillio, pur avendo adito l’Alta Corte di Giustizia presso il CONI, che con la prima pronuncia ha parzialmente accolto le sue doglianze, non ha deliberatamente esercitato il diritto di voto che, fino a poco tempo prima, aveva rivendicato e riteneva calpestato, tradendo la fiducia dei suoi elettori […] entrando in conflitto di interessi con costoro, in violazione dell’art. 10 del CCS del CONI». Con riguardo invece al ricorso proposto dalla Procura Federale, la Commissione di Giustizia di Secondo Grado, accogliendo parzialmente l’appello, rilevava «l’esistenza nell’ordinamento sportivo federale – e la conseguente violazione da parte dell’incolpato – della clausola compromissoria, sicché la decisione adottata in primo grado va riformata». III. Il sig. Zillio, con ricorso del 7 gennaio 2015, contenente motivi aggiunti, che riprende e integra le conclusioni di cui al ricorso in data 10 dicembre 2014, presentato sulla base del solo dispositivo, ha concluso domandando: «1. in via principale: l’annullamento in toto delle decisioni impugnate e delle sanzioni irrogate; 2. in via subordinata: la riforma in parte della decisione e della sanzione irrogata, con riduzione della sanzione stessa: 2.A per erronea applicazione dell’istituto della recidiva (cfr. par. 5), che ha comportato l’aumento di un terzo della sanzione-base presa in considerazione, pari a quella irrogata nel primo procedimento disciplinare (12 mesi elevati di un terzo a 16 mesi, poi ridotti alla metà per presenza del vincolo di “continuazione” tra la condotta del primo e quella del secondo procedimento disciplinare) e, quindi, anche della sanzione irrogata; 2.B per manifesta violazione dei principi di ragionevolezza, proporzionalità, adeguatezza e giustificazione (cfr. par. 6); 3. in via ulteriormente subordinata, l’annullamento con rinvio, per manifesta violazione dei principi di ragionevolezza, proporzionalità, adeguatezza e giustificazione, alla Commissione di Giustizia di Secondo Grado presso la F.G.I.». A sostegno del proprio ricorso, il sig. Riccardo Zillio ha dedotto, in estrema sintesi, l’insussistenza della violazione dell’art. 2, comma 3, del Regolamento di Giustizia e Disciplina della F.G.I. (c.d. principio di lealtà sportiva) in quanto – a suo dire – i comportamenti osservati dal ricorrente erano legittimi, incontestabili e comunque non in violazione del principio del fair play sportivo, come già riconosciuto dal TNAS con decisione in data 24 settembre 2014. Ha poi opposto anche l’insussistenza della violazione dell’art. 27 del Regolamento di Giustizia e Disciplina della F.G.I., ossia l’insussistenza dell’inosservanza della clausola compromissoria, nonché il mancato rispetto della funzione nomofilattica della Giustizia Sportiva presso il CONI da parte della Giustizia Sportiva della F.G.I. e la violazione del principio del ne bis in idem sostanziale, perché per i medesimi comportamenti era stata irrogata al tesserato una precedente sanzione disciplinare di dodici mesi di sospensione dall’attività, poi annullata dal TNAS, con decisione in data 24 settembre 2014. Infine, proprio in virtù di tale provvedimento, il ricorrente ha invocato l’illegittima applicazione dell’aggravante della recidiva, di cui all’art. 26 del Regolamento di Giustizia e Disciplina della F.G.I. e, comunque, l’eccessività della sanzione stessa, in violazione dei superiori principi di ragionevolezza, proporzionalità, adeguatezza e giustificazione. IV. La Federazione Ginnastica d’Italia - F.G.I. si è costituita con memoria ex art. 60, 1° comma, del Codice della Giustizia Sportiva del C.O.N.I., depositata in data 19 dicembre 2014. Chiesta preliminarmente la sospensione del procedimento – in ragione della pendenza dinanzi al T.A.R. Lazio del ricorso avanzato dal Sig. Zillio, rubricato al n.r.g. 962/2014 e con udienza di merito fissata per il 21 gennaio 2015 – la F.G.I. ha dedotto nel merito la correttezza della decisione impugnata, per aver essa correttamente inquadrato la fattispecie oggetto del procedimento disciplinare, accertando la violazione dei principi di lealtà, correttezza e probità sportiva da parte del Sig. Riccardo Zillio e condannandolo ad una congrua sanzione. Circa il quantum della sanzione irrogata, la F.G.I. precisava che esso era stato correttamente e proporzionalmente stabilito dalla Commissione di Giustizia di Secondo Grado, specialmente in considerazione del fatto che, altrimenti, la condanna avrebbe perso qualsiasi carattere afflittivo, posto che il ricorrente nel corso di un intero anno solare / sportivo non avrebbe svolto più di 7-8 gare. Tutto ciò premesso, la F.G.I. così concludeva: «Voglia codesto Ecc.mo Collegio di Garanzia dello Sport adito, respinta ogni avversaria domanda, istanza, deduzione, eccezione e produzione: in via preliminare: sospendere la celebrazione del presente procedimento disciplinare in attesa della definizione dei giudizi pendenti al T.A.R. Lazio n.r.g. 7721/2013 e 962/2014 la cui udienza di discussione del merito è fissata per il 21.01.2015; nel merito: respingere l’avversa domanda perché infondata in fatto ed in diritto; in via subordinata: ridurre la sanzione di 8 mesi di squalifica comminata al Sig. Zillio in quella minore che verrà ritenuta di giustizia». V. Ai sensi dell’art. 62, comma 1, del Codice della Giustizia Sportiva del CONI, entrambe le parti, in sede di udienza, hanno fatto concorde richiesta affinché la presente controversia sia decisa dal Collegio di Garanzia dello Sport senza rinvio. Considerato in diritto 1. – Con il primo motivo di ricorso il sig. Riccardo Zillio ha censurato l’impugnata decisione della Commissione di Giustizia di Secondo Grado lamentando l’insussistenza della violazione del principio di lealtà sportiva di cui all’art. 2, comma 3, del Regolamento di Giustizia e Disciplina della F.G.I. Secondo la difesa del ricorrente, infatti, il comportamento assunto dall’atleta, consistente nel non partecipare alle udienze, nel formulare atto di diffida ai sensi dell’art. 5, comma 2, del Codice TNAS, nonché nel proporre ricorsi dinanzi al giudice amministrativo statale, non sarebbe rilevante e sanzionabile sotto il profilo disciplinare e, tantomeno, si porrebbe in violazione del principio del c.d. fair play sportivo. Preliminarmente, il Collegio di Garanzia ritiene opportuno ribadire che il problema della qualificazione di un fatto o di una condotta alla stregua di una determinata disciplina normativa è certamente deducibile come motivo di ricorso al Collegio di Garanzia dello Sport ai sensi dell’art. 54, comma 1, del Codice della Giustizia Sportiva. Infatti, nel momento in cui si afferma o si nega che una determinata condotta corrisponda o meno ad una certa, astratta fattispecie normativa, si richiede necessariamente una attività di interpretazione della legge; con la conseguenza che, ove si contesti tale interpretazione resa in un provvedimento impugnato, si prospetta un vizio di violazione di legge rientrante nella competenza del Collegio di Garanzia dello Sport ai sensi dell’art. 54, comma 1, del Codice della Giustizia Sportiva (negli stessi termini, si v. Collegio di Garanzia dello Sport, Sez. Unite, decisione n. 4/2015). Come è noto, il Giudice di legittimità può sindacare le qualificazioni giuridiche adottate nel provvedimento impugnato; e, nell’esercizio del suo potere di qualificazione in diritto dei fatti, può pervenire ad una qualificazione giuridica diversa da quella accolta dal giudice di merito, con il solo limite che tale qualificazione deve avvenire sulla base dei fatti per come accertati nelle fasi di merito e nella stessa sentenza impugnata, senza cioè che sia necessario procedere all’esperimento di ulteriori indagini di fatto (cfr. Cass., Sez. I, 17.4.2007, n. 9143). Ciò premesso, il primo motivo di ricorso è infondato. Nel caso in esame non vi è contrasto in relazione alla ricostruzione dei fatti, così come accertati nelle fasi di merito, bensì unicamente sulla circostanza che questi integrino una violazione dell’art. 2, comma 3, del Regolamento di Giustizia e Disciplina della F.G.I. Sul punto, ritiene questo Collegio che, correttamente, la Commissione di Giustizia di Secondo Grado, richiamato l’obbligo per i tesserati di osservare una condotta, oltre che legittima, anche conformata ai principi della lealtà, della probità, della rettitudine ed osservante il Codice di Comportamento Sportivo, ha ravvisato una violazione di tale obbligo nel comportamento assunto dal sig. Zillio. È vero, a riguardo, che con decisione in data 24 settembre 2014 il TNAS aveva ritenuto che i comportamenti e le iniziative giudiziarie poste in essere dal Sig. Zillio e contestate nei provvedimenti della Federazione non configuravano in concreto alcuna violazione dei citati principi di lealtà, probità e correttezza. Tuttavia, anche prescindendo dal fatto che i comportamenti oggetto di valutazione disciplinare da parte della decisione qui impugnata sono ulteriori e diversi – come si dirà in seguito, in relazione al motivo di censura proposto dal ricorrente in relazione al ne bis in idem sostanziale –, va rimarcato che la stessa pronuncia del TNAS citata da parte ricorrente aveva enunciato la possibilità che «l’esercizio di una pluralità di azioni, in sé lecite e finanche espressive di diritti personali, possa venir riguardato e apprezzato in una complessiva logica di censurabilità associativa». In altri termini, è possibile che, pur in assenza di una violazione in senso formale, il comportamento complessivo del tesserato possa essere censurato sul piano disciplinare. Sulla base di tali premesse, è innanzitutto evidente la profonda differenza che deve separare la qualificazione dei comportamenti assunti dal sig. Zillio nel primo procedimento disciplinare, conclusosi con l’annullamento da parte del TNAS delle sanzioni disciplinari, da quella dei contegni dello stesso sig. Zillio qui in esame. In particolare, nel primo caso l’impugnazione dell’esito delle prime votazioni, oltre ad essere stata parzialmente accolta dalla decisione dell’Alta Corte di Giustizia n. 15 del 2013, costituiva una iniziativa intrapresa dal tesserato avverso le determinazioni federali che in sé non travalicava i canoni di lealtà, probità e rettitudine. Ben diversa, invece, come correttamente statuito nella decisione emanata dalla Commissione di Giustizia di Secondo Grado della F.G.I., è la qualificazione da attribuire alle successive iniziative intraprese dal sig. Zillio. Queste ultime, infatti, se considerate complessivamente e non in modo isolato, e soprattutto alla luce del comportamento precedente e successivo del tesserato, nonché delle sue stesse dichiarazioni, appaiono contrarie alle regole associative di buona condotta, riassumibili nella formula del fair play sportivo, alle quali il tesserato ha volontariamente aderito. In altri termini, altro è ricorrere alla impugnazione per invalidare un risultato elettorale rispetto al quale si ritiene, fondatamente o meno, che la propria manifestazione di voto non sia stata correttamente conteggiata, altro è, una volta raggiunto tale risultato, continuare a coltivare ulteriori iniziative e, senza alcuna apparente giustificazione, non partecipare alle elezioni reindette proprio a seguito della impugnativa precedentemente promossa – così disattendendo, in seno alla compagine associativa, la propria funzione istituzionale di “grande elettore” rappresentante la categoria atleti del Comitato Regionale del Veneto (e dunque deputato ad esprimere il voto non solo per se stesso, ma anche per l’intera categoria rappresentativa) – e ad assumere anche in altri contesti atteggiamenti ostativi e contrastanti con la sussistenza di un vincolo associativo. Tale comportamento, infatti, pur estrinsecandosi in singoli atti di per sé legittimi, se collocato nel quadro complessivo della vicenda denota una mancanza di rispetto delle istituzioni federali e dell’ordinato svolgimento del rapporto associativo, che è stata correttamente ritenuta rilevante e censurabile sul piano disciplinare, come in violazione dei principi di lealtà, probità e rettitudine sportiva. Anche sul piano più strettamente giuridico, a ben vedere, il contegno del sig. Zillio appare in contrasto con il divieto del venire contra factum proprium, che si fonda, da un lato, sul principio di correttezza e buona fede, e, dall’altro, su quello logico di non contraddizione; divieto, che sanziona chi, pur invocando un diritto, si ponga tuttavia in palese contraddizione con un comportamento da lui stesso precedentemente assunto. Non si tratta, dunque, di indagare il “fine” del tesserato, abbandonandosi ad un indebito processo alle intenzioni, ma di registrare, e censurare sul piano disciplinare, l’oggettiva incongruenza di comportamenti e dichiarazioni; incongruenza ancor più grave se ad incorrere in essa è un tesserato che agisce (anche) nella veste istituzionale di rappresentante di un’intera categoria di tesserati. Occorre a tal riguardo rilevare che i principi richiamati dall’art. 2, comma 3, del Regolamento di Giustizia e Disciplina della F.G.I. (lealtà, probità, rettitudine) costituiscono clausole generali, criteri di valutazione enunciati in astratto, che come tali lasciano all’interprete un certo margine di discrezionalità. Sono, in altri termini, canoni valutativi del contegno dei tesserati, che non sono suscettibili di essere individuati e specificati una volte per tutte, ma devono essere di volta in volta rielaborati in base alle complessive circostanze del caso concreto, così fissando e specificando il precetto, formulato nella norma in modo volutamente ampio e indicativo. Legittimamente, quindi, la Commissione di Giustizia di Secondo Grado ha qualificato come rilevante e censurabile sul piano disciplinare il comportamento complessivo tenuto dal sig. Zillio. Per le ragioni esposte, il primo motivo di ricorso proposto dal sig. Zillio deve essere rigettato. 2. – Con il secondo motivo di ricorso il sig. Zillio ha dedotto l’insussistenza della violazione dell’art. 27 del Regolamento di Giustizia e Disciplina della F.G.I., relativo all’inosservanza della clausola compromissoria. La censura è fondata. Come rilevato da parte ricorrente, la Commissione di Giustizia di Secondo Grado ha accolto l’impugnazione promossa dalla Procura in ordine alla violazione dell’art. 27 del Regolamento di Giustizia e Disciplina della F.G.I., rilevando l’esistenza, all’interno dell’ordinamento sportivo federale, di una clausola compromissoria in virtù della quale i tesserati o le società affiliate sono obbligati ad adìre gli organi di giustizia sportiva. Nella motivazione della decisione impugnata, infatti, si afferma che «l’art. 27 […] richiama esplicitamente la prevalenza del giudizio in sede sportiva, rispetto a quello in via ordinaria: infatti, se i diritti o gli interessi legittimi che si assumono violati non sono tutelati in via esclusiva dall’ordinamento dello Stato, i tesserati o le società affiliate sono obbligati ad adire gli organi di giustizia sportiva. L’ordinamento federale, perciò, mette a disposizione dei suoi tesserati tutti gli strumenti necessari per ottenere tutela e, nel caso in cui tale precetto non venga rispettato, irroga la sanzione inibitoria, fino alla radiazione per i casi più gravi, senza che questo possa precludere l’accesso, in concreto, alla tutela giurisdizionale statale di diritti o interessi legittimi. Legittimamente, dunque, va richiamata l’esistenza nell’ordinamento sportivo federale – e la conseguente violazione da parte dell’incolpato – della clausola compromissoria, sicché la decisione adottata in primo grado va riformata, in accoglimento dell’appello proposto dalla Procura». Ai sensi dell’art. 2, comma 1, della L. 17 ottobre 2003, n. 280 (di conversione del D.L. 19 agosto 2003, n. 220) – articolo rubricato “Autonomia dell’ordinamento sportivo” – «è riservata all’ordinamento sportivo la disciplina delle questioni aventi ad oggetto: a) l’osservanza e l’applicazione delle norme regolamentari, organizzative e statutarie dell’ordinamento sportivo nazionale e delle sue articolazioni al fine di garantire il corretto svolgimento delle attività sportive ed agonistiche»; b) i comportamenti rilevanti sul piano disciplinare e l’irrogazione ed applicazione delle relative sanzioni disciplinari sportive». Come rilevato dal Consiglio di Stato (v. Cons. Stato Sez. VI, 09/07/2004, n. 5025), alla luce della L. n. 280/2003, nell’ambito della giustizia sportiva possono essere individuate le seguenti tipologie di controversie: «i) le questioni che hanno per oggetto l’osservanza e l’applicazione di norme regolamentari, organizzative e statutarie dell’ordinamento sportivo e delle sue articolazioni, al fine di garantire il corretto svolgimento delle attività sportive e le questioni che nascono da comportamenti rilevanti sul piano disciplinare, derivanti dalla violazione da parte degli associati di norme anch’esse interne all’ordinamento sportivo: le regole che sono emanate in questo ambito sono espressione dell’autonomia normativa interna delle federazioni, non hanno rilevanza nell’ordinamento giuridico generale e le decisioni adottate in base ad esse sono collocate in un’area di non rilevanza (o d’indifferenza) per l’ordinamento statale, senza che possano essere considerate come espressione di potestà pubbliche ed essere considerate alla stregua di decisioni amministrative. La generale irrilevanza per l’ordinamento statale di tali norme e della loro violazione conduce all’assenza di una tutela giurisdizionale statale; ciò non significa assenza totale di tutela, ma garanzia di una giustizia di tipo associativo che funziona secondo gli schemi del diritto privato; ii) le questioni concernenti i rapporti patrimoniali tra società, associazioni ed atleti, per le quali, esaurito l’obbligo del rispetto di eventuali clausole compromissorie, le relative controversie sono devolute alla giurisdizione del giudice ordinario; iii) ogni altra controversia avente ad oggetto atti del CONI o delle federazioni sportive nazionali, esauriti i gradi della giustizia sportiva, è sottoposta alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo». Rispetto a tale classificazione, la controversia che l’odierno ricorrente ha sottoposto al giudizio del TAR Lazio deve essere fatta rientrare sub iii). Occorre, a tal proposito, distinguere tra c.d. “vincolo di pregiudizialità sportiva” e c.d. “vincolo di giustizia sportiva”. Il “vincolo di pregiudizialità sportiva” sussiste – a prescindere dalla materia oggetto di lite – ogniqualvolta lo statuto federale lo preveda ed è derivante dal patto tra associati, di natura privatistica. Il tesserato non rinuncia alla giustizia statale, ma si impegna ad adire prima il giudice sportivo e a rivolgersi al giudice statale soltanto dopo che i vari gradi di giustizia sportiva si siano esauriti. In tal senso, il sistema continua ad essere imperniato sul vincolo (di natura associativa) di adire gli organi di giustizia dell’ordinamento sportivo e, dunque, sulla osservanza delle clausole compromissorie previste dagli statuti e dai regolamenti del CONI, delle Federazioni sportive e di quelle inserite nei contratti di cui alla legge istitutiva del CONI. Se il tesserato non rispetta la “pregiudiziale sportiva”, ossia non osserva la clausola compromissoria, si rende inadempiente al patto e dunque può essere sanzionato sul piano disciplinare dalla federazione di appartenenza. Ecco il significato precipuo dell’impegno di pregiudizialità sportiva: vincolo negoziale, cui il tesserato si sottopone volontariamente nel momento in cui aderisce alla compagine associativa. Ciò non toglie che la controversia – se non rientrante nell’elenco di cui all’art. 2, L. n. 280/2003 – possa essere conosciuta e decisa dal giudice statale, ordinario o amministrativo, secondo la ripartizione di competenze di cui all’art. 3 L. n. 280/2003: giudice ordinario per le questioni relative a rapporti patrimoniali tra le Federazioni sportive e le società, le associazioni e gli atleti; giudice amministrativo per le altre questioni. A questo riguardo, le decisioni assunte nei vari gradi di giustizia sportiva (federale e nazionale) aventi ad oggetto la sanzione disciplinare irrogata (per inosservanza della clausola compromissoria, ossia violazione del “vincolo di pregiudizialità sportiva”), se per un verso risultano intangibili dal giudice statale, per altro verso non lo limitano, né lo devono influenzare, rispetto alla decisione del merito della controversia, rimanendo confinati in una sfera di esclusiva rilevanza interna all’ordinamento sportivo. Tale esclusiva rilevanza interna (delle decisioni assunte nei vari gradi di giustizia sportiva) non può essere invece predicata per quelle decisioni che abbiano ad oggetto le materie e questioni che lo stesso ordinamento statale riserva agli organi di giustizia dell’ordinamento sportivo, ai sensi dell’articolo 2, comma 1, L. n. 280/2003. Con tale norma, infatti, il legislatore statale ha ritenuto che la disciplina di alcune questioni debba essere “riservata all’ordinamento sportivo”, e dunque la decisione delle relative controversie debba ritenersi riservata agli organi di giustizia sportiva; così facendo, con riguardo a quelle determinate controversie, l’ordinamento statale fa coincidere la tutela giurisdizionale con la giustizia di tipo associativo, che in tal modo finisce per costituire, nei limitati casi di cui all’art. 2, comma 1, L. n. 280/2003, l’unica tutela riconosciuta al singolo (tesserato, affiliato, società o associazione), il quale, se vuole ottenere giustizia «nelle materie di cui al comma 1», ha «l’onere di adire […] gli organi di giustizia dell’ordinamento sportivo» (art. 2, comma 2, L. n. 280/2003). Si può dunque dire che, in quei limitati casi, sussista un “vincolo di giustizia sportiva”, ma inteso non già come vincolo negoziale – che scaturisce dal patto tra associati, i quali, nell’esercizio della propria autonomia, si impegnano al rispetto di una regola di natura privatistica (come avviene nel caso della “pregiudiziale sportiva”) –, bensì come vincolo legale, ossia come necessità giuridica stabilita da una norma dell’ordinamento statale, che riserva la disciplina di alcune determinate questioni all’ordinamento sportivo e la decisione delle relative controversie agli organi associativi di giustizia sportiva (federale e nazionale). Si potrà discutere se tale riserva equivalga ad indifferenza da parte dell’ordinamento statale rispetto a determinate questioni e controversie (considerate non degne di rilevanza esterna) – come pare opinare il Consiglio di Stato nella decisione sopra menzionata – ovvero, al contrario, voglia proprio significare riconoscimento di specifica rilevanza esterna a quanto accade internamente all’ordinamento sportivo (come pare potersi evincere dalla rubrica dell’art. 2, L. n. 280/2003: “Autonomia dell’ordinamento sportivo”): il legislatore statale – mercé l’art. 2, comma 1, L. n. 280/2003, con riguardo a controversie aventi ad oggetto determinate materie – avrebbe assegnato alle decisioni degli organi di giustizia sportiva una rilevanza che travalica l’ambito meramente interno dell’ordinamento sportivo, così riconoscendo a quelle decisioni specifica rilevanza anche nell’ambito dell’ordinamento statale. Ciò che è certo è che, rispetto a determinate questioni e controversie, il tesserato che invochi giustizia trova dinanzi a sé, solo ed esclusivamente, la giustizia sportiva. Per quanto sopra rilevato, si rende necessario riformare sul punto la decisione della Commissione di Giustizia di Secondo Grado. Nel caso di specie, il sig. Zillio ha promosso ricorso al TAR solamente dopo aver esaurito tutti i gradi della giustizia sportiva: entrambi i ricorsi al TAR proposti dal sig. Zillio avevano infatti ad oggetto le decisioni assunte dall’Alta Corte di Giustizia Sportiva del CONI, quale organo di ultima istanza. Il che dimostra la piena legittimità – sotto il profilo dell’asserita violazione dell’art. 27 del Regolamento di Giustizia e Disciplina della F.G.I. – della condotta assunta dal ricorrente. 3. – Con distinti motivi di ricorso il sig. Zillio ha altresì censurato la decisione impugnata per «mancato rispetto della funzione nomofilattica della Giustizia Sportiva presso il CONI da parte della Giustizia Sportiva della F.G.I. e, in particolare, di quanto già riconosciuto dal TNAS con decisione in data 24 settembre 2014» e per «violazione del principio di ne bis in idem sostanziale», poiché per i medesimi comportamenti il sig. Zillio era già stato sottoposto a procedimento disciplinare, conclusosi con il lodo TNAS del 24 settembre 2014. Entrambi i motivi sono infondati, e possono essere trattati congiuntamente. Quanto al primo aspetto, è noto che la funzione nomofilattica, quale compito di «garantire l’esatta osservanza e l’uniforme interpretazione della legge, l’unità del diritto oggettivo nazionale» (cfr. art. 65 del R.D. 30 gennaio 1941, n. 12, che ne attribuisce la funzione alla Corte di Cassazione) non determina alcun vincolo per l’organo giudicante di grado inferiore, che resta libero di decidere i fatti di causa sulla base della propria interpretazione della legge, senza neppure l’obbligo di motivare le ragioni che l’hanno indotto a discostarsi dall’orientamento di legittimità. La formulazione di un motivo di ricorso in simili termini appare dunque, prima ancora che infondata, inammissibile, traducendosi in una censura generica, atta a sottrarsi all’onere di formulazione di motivi di censura specifici e circostanziati. È altresì evidente che gli specifici comportamenti oggetto di valutazione disciplinare da parte della decisione qui impugnata, pur relativi alla medesima complessiva vicenda già oggetto di valutazione disciplinare, sono ulteriori e diversi rispetto a quelli che il TNAS, nel precedente procedimento, aveva ritenuto che non configurassero in concreto violazione dei principi di lealtà, probità e correttezza. Quel giudizio, infatti, era stato avviato a seguito della proposizione da parte del sig. Zillio del primo ricorso al TAR Lazio avverso la decisione dell’Alta Corte di Giustizia Sportiva del CONI n. 15/2013. Ne consegue che nessuna violazione del principio del ne bis in idem sostanziale può essere ravvisata nel caso di specie. 4. – Occorre poi esaminare la censura svolta da parte ricorrente relativa all’applicazione dell’istituto della recidiva (cfr. art. 26 del Regolamento di Giustizia e Disciplina della F.G.I.), che ha determinato l’aumento di un terzo della sanzione-base presa in considerazione dalla Commissione di Giustizia di Secondo Grado presso la F.G.I., portandola da 12 a 16 mesi, prima del suo dimezzamento a 8 mesi complessivi, in applicazione dell’art. 18, comma 1, del Regolamento di Giustizia e Disciplina della F.G.I. La censura è fondata, come peraltro riconosciuto dalla stessa Procura Federale in sede di discussione orale. Risulta, infatti, che con decisione in data 24 settembre 2014, il TNAS ha annullato la precedente sanzione disciplinare con cui la Corte di Giustizia di Secondo Grado della F.G.I. aveva condannato il sig. Zillio a dodici mesi di sospensione dall’attività. Pertanto, essendo venuto meno il presupposto di fatto perché l’istituto in esame possa trovare applicazione, ovvero l’irrogazione della prima sanzione, dal computo della pena andrà escluso l’aumento disposto ai sensi dell’art. 26 del Regolamento di Giustizia e Disciplina della F.G.I. 5. – In sede di udienza per la discussione orale le parti hanno rimesso a questo Collegio anche la definizione nel merito della presente controversia, ai sensi dell’art. 62, comma 1, del Codice della Giustizia Sportiva del CONI. Il Collegio, pertanto, preso atto del parziale accoglimento del ricorso dell’atleta, ritiene congruo ridurre di un terzo la pena base precedentemente inflitta dalla Commissione di Giustizia di Secondo Grado ai sensi dell’art. 12 del Regolamento di Giustizia e Disciplina della F.G.I., portandola da dodici a otto mesi di sospensione. Sulla stessa pena base non dovrà applicarsi l’aumento relativo all’istituto della recidiva, per le ragioni sopra esposte, mentre continuano a sussistere giusti motivi per il riconoscimento della riduzione alla metà ai sensi dell’art. 18 del Regolamento di Giustizia e Disciplina della F.G.I. 6. – Il parziale accoglimento dei motivi del ricorso giustifica la compensazione delle spese tra le parti. P.Q.M. Accoglie parzialmente il ricorso e, decidendo nel merito, secondo la concorde richiesta delle parti formulata in udienza, riduce la sanzione irrogata a mesi quattro. Spese compensate. Così deciso in Roma, nella sede del Coni, in data 9 febbraio 2015. Il Presidente F.to Attilio Zimatore Il Relatore F.to Silvio Martuccelli Depositato in Roma in data 30 marzo 2015 Il Segretario F.to Alvio La Face
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