F.I.G.C. – CORTE FEDERALE D’APPELLO – Sezioni Unite – 2015/2016 – Decisione pubblicata sul sito web: www.figc.it e sul Comunicato ufficiale n. 049/CFA del 28 Aprile 2015 con motivazioni pubblicate sul Comunicato ufficiale n. 030/CFA del 29 Settembre 2015 e su www.figc.it 1. RICORSO REGGINA CALCIO S.P.A. AVVERSO LE SANZIONI: – PENALIZZAZIONE DI PUNTI 12 IN CLASSIFICA DA SCONTARSI NELLA STAGIONE SPORTIVA 2014/2015; – AMMENDA DI € 20.000,00 ALLA SOCIETÀ RECLAMANTE, A TITOLO DI RESPONSABILITÀ DIRETTA EX ART. 4 COMMA 1 C.G.S.; – INIBIZIONE DI MESI 13 AL SIG. FOTI PASQUALE, INFLITTE SEGUITO DEFERIMENTO DEL PROCURATORE FEDERALE PER VIOLAZIONE DELL’ART. 85 LETT. C), PARAGRAFO VI E VII DELLE N.O.I.F., IN RELAZIONE ALL’ART. 10 COMMA 3 C.G.S. (NOTA N. 8053/243 PF14-15 SP/GB DEL 26.3.2015) – (NOTA N. 8054/481 PF14-15 SP/GB DEL 26.3.2015) – (NOTA N. 8063/564 PF14- 15 SP/GB DEL 26.3.2015) – (NOTA N. 8064/565 PF14-15 SP/GB DEL 26.3.2015) – (Delibera del Tribunale Federale Nazionale – Sezione Disciplinare – Com. Uff. n. 49/TFN del 15.4.2015).

F.I.G.C. – CORTE FEDERALE D’APPELLO – Sezioni Unite - 2015/2016 – Decisione pubblicata sul sito web: www.figc.it e sul Comunicato ufficiale n. 049/CFA del 28 Aprile 2015 con motivazioni pubblicate sul Comunicato ufficiale n. 030/CFA del 29 Settembre 2015 e su www.figc.it 1. RICORSO REGGINA CALCIO S.P.A. AVVERSO LE SANZIONI: - PENALIZZAZIONE DI PUNTI 12 IN CLASSIFICA DA SCONTARSI NELLA STAGIONE SPORTIVA 2014/2015; - AMMENDA DI € 20.000,00 ALLA SOCIETÀ RECLAMANTE, A TITOLO DI RESPONSABILITÀ DIRETTA EX ART. 4 COMMA 1 C.G.S.; - INIBIZIONE DI MESI 13 AL SIG. FOTI PASQUALE, INFLITTE SEGUITO DEFERIMENTO DEL PROCURATORE FEDERALE PER VIOLAZIONE DELL’ART. 85 LETT. C), PARAGRAFO VI E VII DELLE N.O.I.F., IN RELAZIONE ALL’ART. 10 COMMA 3 C.G.S. (NOTA N. 8053/243 PF14-15 SP/GB DEL 26.3.2015) - (NOTA N. 8054/481 PF14-15 SP/GB DEL 26.3.2015) - (NOTA N. 8063/564 PF14- 15 SP/GB DEL 26.3.2015) - (NOTA N. 8064/565 PF14-15 SP/GB DEL 26.3.2015) - (Delibera del Tribunale Federale Nazionale – Sezione Disciplinare - Com. Uff. n. 49/TFN del 15.4.2015). Il Tribunale Federale Nazionale, Sezione Disciplinare, con decisione pubblicata sul C.U. 049/TFN del 15.4.2015, ha irrogato nei confronti della Società Reggina Calcio S.p.A. la sanzione della penalizzazione di 12 punti in classifica da scontarsi nella stagione sportiva in corso e l’ammenda di € 20.000,00, nonché a carico del Sig. Pasquale Foti, presidente del C.d.A. della medesima società, la sanzione dell’inibizione di mesi 13. Le sanzioni sono state disposte in accoglimento dei seguenti deferimenti: 1) provvedimento del 26.3.2015 con il quale la Procura federale ha deferito (prot. 8053/243 pf 14 – 15) dinanzi al Tribunale Federale Nazionale – Sezione Disciplinare: a) il Sig. Pasquale Foti, presidente del C.d.A. e legale rappresentante pro tempore della Reggina Calcio Spa per rispondere 1) della violazione di cui all’art. 85 delle NOIF, lettera C), paragrafo VI), in relazione all’art. 10, comma 3, del CGS, per non avere depositato presso la Co.Vi.So.C., entro il termine del 16 ottobre 2014, la dichiarazione attestante l’avvenuto pagamento degli emolumenti dovuti ai propri tesserati, lavoratori dipendenti e collaboratori addetti al settore sportivo per le mensilità di luglio e agosto 2014; 2) della violazione di cui all’art. 85 delle NOIF, lettera C), paragrafo VII), in relazione all’art. 10, comma 3, del CGS per non avere depositato presso la Co.Vi.So.C., entro il termine del 16 ottobre 2014, la dichiarazione attestante l’avvenuto pagamento delle ritenute Irpef relative agli emolumenti dovuti ai propri tesserati, lavoratori dipendenti e collaboratori addetti al settore sportivo 2 per le mensilità di luglio e agosto 2014; b) la Reggina Calcio Spa per rispondere a titolo di responsabilità diretta, ai sensi dell’art. 4, comma 1, del CGS, per il comportamento posto in essere dal Sig. Pasquale Foti, legale rappresentante pro tempore della Reggina Calcio Spa; 2) provvedimento del 26.3.2015 con il quale la Procura federale ha deferito (prot. 8054/481 pf 14 – 15) dinanzi al Tribunale Federale Nazionale – Sezione Disciplinare: a) il Sig. Pasquale Foti, presidente del C.d.A. e legale rappresentante pro tempore della Reggina Calcio Spa per rispondere 1) della violazione di cui all’art. 85 delle NOIF, lettera C), paragrafo VI), in relazione all’art. 10, comma 3, del CGS, per non avere depositato presso la Co.Vi.So.C., entro il termine del 16 dicembre 2014, la dichiarazione attestante l’avvenuto pagamento degli emolumenti dovuti ai propri tesserati, lavoratori dipendenti e collaboratori addetti al settore sportivo per le mensilità di luglio, agosto, settembre e ottobre 2014; 2) della violazione di cui all’art. 85 delle NOIF, lettera C), paragrafo VII), in relazione all’art. 10, comma 3, del CGS per non avere depositato presso la Co.Vi.So.C., entro il termine del 16 dicembre 2014, la dichiarazione attestante l’avvenuto pagamento delle ritenute Irpef relative agli emolumenti dovuti ai propri tesserati, lavoratori dipendenti e collaboratori addetti al settore sportivo per le mensilità di luglio, agosto, settembre e ottobre 2014; b) la Reggina Calcio Spa per rispondere a titolo di responsabilità diretta, ai sensi dell’art. 4, comma 1, del CGS, per il comportamento posto in essere dal Sig. Pasquale Foti, legale rappresentante pro tempore della Reggina Calcio Spa; 3) provvedimento del 26.3.2015 con il quale la Procura federale ha deferito (prot. 8063/564 pf 14 – 15) dinanzi al Tribunale Federale Nazionale – Sezione Disciplinare: a) il Sig. Pasquale Foti, presidente del C.d.A. e legale rappresentante pro tempore della Reggina Calcio Spa per rispondere 1) della violazione di cui all’art. 85 delle NOIF, lettera C), paragrafo VI), in relazione all’art. 10, comma 3, del CGS, per non avere depositato presso la Co.Vi.So.C., entro il termine del 16 febbraio 2015, la dichiarazione attestante l’avvenuto pagamento degli emolumenti dovuti ai propri tesserati, lavoratori dipendenti e collaboratori addetti al settore sportivo per le mensilità di luglio, agosto, settembre, ottobre, novembre e dicembre 2014; 2) della violazione di cui all’art. 85 delle NOIF, lettera C), paragrafo VII), in relazione all’art. 10, comma 3, del CGS per non avere depositato presso la Co.Vi.So.C., entro il termine del 16 febbraio 2015, la dichiarazione attestante l’avvenuto pagamento delle ritenute Irpef relative agli emolumenti dovuti ai propri tesserati, lavoratori dipendenti e collaboratori addetti al settore sportivo per le mensilità di luglio, agosto, settembre, ottobre, novembre e dicembre 2014; b) la Reggina Calcio Spa per rispondere a titolo di responsabilità diretta, ai sensi dell’art. 4, comma 1, del CGS, per il comportamento posto in essere dal Sig. Pasquale Foti, legale rappresentante pro tempore della Reggina; 4) provvedimento del 26.3.2015 con il quale la Procura federale ha deferito (prot. 8064/565 pf14/15) dinanzi al Tribunale Federale Nazionale – Sezione Disciplinare: a) il Sig. Pasquale Foti, presidente del C.d.A. e legale rappresentante pro tempore della Reggina Calcio Spa, per rispondere della violazione di cui all’art. 85, lettera C), paragrafo VII, delle NOIF, in relazione all’art. 10, comma 3, del CGS, per non avere depositato presso la Co.Vi.So.C., entro il termine del 16 febbraio 2015, la dichiarazione attestante l’avvenuto pagamento delle ritenute Irpef e dei contributi Inps relativi agli emolumenti dovuti ai propri tesserati, lavoratori dipendenti e collaboratori addetti al settore sportivo, per le mensilità di settembre, ottobre, novembre e dicembre 2014; b) la Reggina Calcio Spa per rispondere a titolo di responsabilità diretta, ai sensi dell’art. 4, comma 1, del CGS, per il comportamento posto in essere dal Sig. Pasquale Foti, presidente del C.d.A. e legale rappresentante pro tempore della Società medesima. A giudizio del TFN, infatti, conformemente “alle statuizioni e ai principi enucleati dalla Corte (Corte Federale d’Appello a Sezioni Unite, C.U. 37/15), il Tribunale federale ha esaminato analiticamente gli accordi di risoluzione dei rapporti di lavoro oggetto dei deferimenti intercorsi tra la Società Reggina Calcio Spa e i tesserati Signori Fabrizio Melara, Angelo Antonazzo, Davide Dionigi, Antonio La Pera, Giampaolo Spagnulo, Lorenzo Sibilano, Paolo Redavid, Giuseppe Colucci, Gianluca Atzori, Alessandro Ruggeri, Manuel Angelilli, Andrea Bergamo, Carlo Simionato, Luigi Mondilla. A giudizio del Tribunale, dagli elementi di prova acquisiti, risulta incontrovertibilmente che gli importi indicati nei contratti esaminati siano da imputare, in via 3 esclusiva, a “incentivo all’esodo”, così come espressamente previsto in tali accordi, e pertanto riconducibili alla categoria degli emolumenti. Ne consegue che, il mancato versamento dei ratei previsti, come puntualmente accertato dalla Co.Vi.So.C, integri gli estremi delle violazioni ascritte ai deferiti. Ciò anche con riferimento agli accordi di incentivo all’esodo, e rinuncia di mensilità maturate e non corrisposte, sottoscritti tra la Regina Calcio Spa e i tesserati Signori Davor Jozic, Rodney Strasser, Antonino Barillà, Kristian Ipsa, Sainz Maza Lopez Miguel Angel, Sergio Contessa, Valerio Foglio, Federico Gerardi, Andrea Luca Picone, Giovanni Zandrin, Daniel Adejo, Filippo Falco, Francesco Gagliardi, Simone Giacchetta, Carlo Pescosolido, Emilio Belmonte, Stefano Grilli, Gabriele Geretto, Salvatore Violante. Tali accordi, infatti, contemplano, solo nelle premesse, la rinuncia a emolumenti maturati dai tesserati in pendenza del rapporto di lavoro, mentre nell’oggetto è determinato unicamente il versamento in favore del tesserato di un importo a titolo di incentivo all’esodo. Di talché, la controprestazione economica deve ritenersi imputabile, in via esclusiva, alla anticipata interruzione del rapporto di lavoro. Anche relativamente alle posizioni di Emiliano Bonazzoli e Francesco Zizzari, rileva il Tribunale che gli accordi sottoscritti dai predetti con la Reggina Calcio, ed aventi ad oggetto “lo stralcio e la rateizzazione” di incentivi all’esodo già concordati, siano riconducibili alla medesima fattispecie disciplinarmente rilevante. Deve pertanto ritenersi accertata la responsabilità del deferito Pasquale Foti per le violazioni ascrittegli, alla quale consegue, ex art. 4 comma 1 CGS, quella diretta della Società. Quanto all’omesso deposito della dichiarazione attestante l’avvenuto pagamento delle ritenute Irpef e contributi Inps … risulta provato dalla segnalazione Co.Vi.So.C. acquisita che, contrariamente alle prescrizioni di cui all’art. 85, lett. C), par. VII, NOIF, la Reggina Calcio Spa non ha provveduto al deposito, entro il termine del 16 febbraio 2015, presso la Co.Vi.So.C. della dichiarazione attestante l’avvenuto pagamento delle ritenute Irpef e dei contributi Inps relativi agli emolumenti dovuti ai propri tesserati, lavoratori dipendenti e collaboratori addetti al settore sportivo per le mensilità di settembre, ottobre, novembre e dicembre 2014. La Società sportiva non ha dimostrato di aver ottenuto dal competente organo, in epoca antecedente alla scadenza del termine di cui all’art. 85, lett. C, par. VII delle NOIF, la rateizzazione dei versamenti. Il mancato perfezionamento dell’accordo prima del termine di scadenza comporta la applicazione della sanzioni previste dalla normativa federale. Non può trovare, altresì, accoglimento il richiamo della difesa dei deferiti alla crisi economica della Società sportiva e al menzionato accordo di ristrutturazione, il quale non prevede una dilazione - ovvero una differente (e accettata) modalità di pagamento – relativa al mancato versamento delle ritenute e dei contributi oggi contestati”. Avverso tale decisione hanno ritualmente proposto appello, con unico atto, la Reggina Calcio ed il Sig. Pasquale Foti chiedendo, in via principale, l’annullamento e la integrale riforma della pronuncia del TFN e, in via subordinata, la congrua riduzione delle sanzioni. A sostegno dell’impugnazione gli appellanti sostengono che, per i deferimenti di cui ai numeri 1), 2) e 3) sopra indicati, tutti relativi alla tematica dei c.d. “incentivi all’esodo”, la decisione avrebbe omesso di correttamente applicare i principi espressi dalle Sezioni Unite della Corte federale d’appello la quale, con decisione pubblicata in C.U. 37/2015, avrebbe stabilito che, nella verifica da compiere circa la sussistenza dei presupposti oggettivi e soggettivi della disposizione dell’art. 85 NOIF, la qualità di tesserato destinatario di emolumenti e corrispettivi andrebbe individuata con riferimento al momento in cui viene a scadenza il termine per l’adempimento del pagamento da parte della società; ciò significherebbe che, per i pagamenti da effettuarsi in esecuzione di accordi che abbiano stabilito la risoluzione del rapporto di lavoro con la società, e quindi in un momento differito rispetto alla sottoscrizione dell’accordo stesso, essendo venuta meno la qualità di tesserato per effetto dell’accordo risolutivo con la società, difetterebbe il requisito soggettivo di tesserato che giustificherebbe l’applicazione della disposizione; né rileverebbe l’eventuale nuovo tesseramento concluso dal soggetto con altre società affiliate alla Federazione. La decisione impugnata avrebbe poi erroneamente equiparato, nell’applicare le previsioni dell’art. 85 NOIF, l’incentivo all’esodo ad un emolumento; tale equiparazione, nel senso presupposto dal Tribunale, sarebbe in verità esclusa dalla stessa giurisprudenza della Corte di Cassazione in materia tributaria che sarebbe stata 4 erroneamente invocata dai primi giudici a sostegno della motivazione. L’incentivo all’esodo, non essendo erogato quale corrispettivo di una prestazione bensì quale controprestazione del consenso alla risoluzione anticipata del rapporto, seppure assoggettabile ad imposta sotto il profilo fiscale, non avrebbe natura retributiva in quanto estraneo al perimetro della prestazione lavorativa dalla quale discende appunto il diritto alla retribuzione. La decisione impugnata avrebbe quindi errato nel presupporre tale assimilazione in merito alla quale anche la giurisprudenza federale, discorrendo di “astratta equiparabilità”, avrebbe omesso di prendere posizione confermando quel carattere incerto che non sarebbe compatibile con la sanzionabilità del fatto. Il TFN, peraltro, avrebbe omesso di indicare gli elementi di prova dai quali trarre “caso per caso” non solo il giudizio circa il mancato pagamento alle scadenze degli importi stabiliti nei contratti di risoluzione anticipata del rapporto, ma anche circa l’effettiva natura e gli effetti dell’incentivo e cioè se l’incentivo “abbia natura elusiva, mascheri una retribuzione o rappresenti, effettivamente, un accordo a contenuto novativo e come tale non collocabile nella previsione di cui all’art. 85 NOIF”. Quale corollario di tali ragioni, non risulterebbe sanzionabile neanche il mancato pagamento delle ritenute IRPEF relative a tali pagamenti né potrebbe discorrersi di recidiva qualora difetti la punibilità dei comportamenti presupposti. Quanto al deferimento n. 4) di cui sopra, gli appellanti deducono di avere richiesto di potere accedere al ravvedimento stabilito dalla normativa statale che ammette il contribuente al pagamento differito di quanto dovuto; solo per tale motivo, quindi, non si configurerebbe l’omesso versamento e difetterebbero i presupposti per l’applicazione invocata dalla Procura federale; in altri termini, la norma federale non potrebbe sanzionare un omesso pagamento di somme dovute in adempimento di obblighi imposti dall’ordinamento generale qualora la norma statale consenta ancora di assolvere e regolarizzare il medesimo pagamento anche tramite rateizzazione del dovuto. La Reggina Calcio, nei cui confronti il Tribunale civile di Reggio Calabria avrebbe approvato un piano di ristrutturazione ai sensi dell’art. 182 bis L.F., avrebbe quindi stabilito un ordine di priorità nella predisposizione di un piano di ristrutturazione privilegiando, in questo contesto, il pagamento degli emolumenti ai tesserati piuttosto che l’IRPEF ed i contributi previdenziali; e ciò proprio confidando nella possibilità di differirne l’esecuzione in ragione dell’accesso all’istituto del ravvedimento; tutto ciò sarebbe in grado di escludere la rilevanza per l’ordinamento federale dell’omesso pagamento di IRPEF e contributi previdenziali. Alla riunione del 28.4.2015 sono comparse davanti alle Sezioni Unite della Corte Federale d’Appello il rappresentante della Procura Federale e gli appellanti assistiti dal proprio difensore; le parti hanno quindi illustrato le ragioni dell’accoglimento delle rispettive conclusioni. La Corte ritiene che il ricorso possa trovare accoglimento nei limiti di seguito indicati. Esaminati gli atti e le ragioni che il TFN ha posto a fondamento della propria decisione, la Corte, nei limiti dei punti della decisione specificamente impugnati, ritiene di poterli condividere solo parzialmente e, conseguentemente, procedere ad una parziale riforma delle decisione impugnata. Con particolare riferimento ai deferimenti sub 1), 2) e 3), la Corte ritiene che il TFN sia giunto a conclusioni che non possono essere condivise; esse infatti muovono da una lettura non pienamente corretta della decisione delle Sezioni Unite della Corte Federale d’appello di cui al C.U. n. 37/2015 a più riprese richiamata dagli stessi giudici del primo grado. In effetti, tutti e tre i deferimenti in questione riguardano il tema del mancato tempestivo pagamento, per gli effetti dell’art. 85 NOIF, delle somme dovute dalla società Regina nei confronti di propri tesserati nell’ambito di accordi risolutivi del rapporto di lavoro. Si tratta di quelle somme che vengono comunemente definite “incentivi all’esodo” in relazione alle quali diverse sono le opinioni circa la loro natura e la loro assimilabilità, per le finalità disciplinari in questione, alla nozione di “emolumento”. Ebbene, nella necessaria opera di individuazione dei presupposti soggettivi ed oggettivi dell’ipotesi sanzionatoria imputata ai deferiti, il TFN - pur dando prova di avere tenuto conto di quanto espresso dalla giurisprudenza di questa Corte affinché si proceda caso per caso alla 5 indispensabile verifica della tipologia dei pagamenti ritenuti non tempestivamente disposti, del mancato versamento delle relative ritenute Irpef, e della rilevanza del permanere di tali inadempienze - ha tuttavia non correttamente utilizzato i risultati ottenuti all’esito della propria attività di verifica. Errore che più ricadere sugli elementi materiali emergenti dagli atti di indagine sembra riguardare piuttosto i presupposti logico-giuridici dell’ipotesi sanzionatoria per come sono stati recentemente interpretati dalle Sezioni Unite della Corte Federale d’Appello (C.U. 37/2015) mediante la decisione a più riprese hinc et inde richiamata. Infatti, il TFN ha condotto il proprio esame muovendo dalla convinzione che – in ragione dell’orientamento delle Sezioni Unite di questa Corte – “pare doversi ritenere l’irrilevanza, quantomeno sul piano disciplinare, della condotta della Società che non provveda al versamento di incentivi all’esodo riferibili, in via esclusiva, a rinunce espresse di emolumenti non percepiti da suoi tesserati”; con la conseguenza che, ragionando a contrario, debba ritenersi sempre e comunque la rilevanza disciplinare della società che non provveda al versamento di incentivi all’esodo non riferibili in via esclusiva a rinunce espresse di emolumenti non percepiti da tesserati. Ed infatti, proprio conducendo a conseguenza tale impostazione argomentativa, il TFN ha ritenuto di dovere costruire il proprio giudizio di punibilità muovendo dalla suddivisione delle posizioni dei diversi tesserati (qui prese in considerazione) in ipotesi differenti tra le quali avrebbero rilievo disciplinare sole le seguenti: a) gli accordi di risoluzione del rapporto di lavoro dai quali risulti incontrovertibilmente che gli importi convenuti siano da imputare in via esclusiva ad incentivo all’esodo e, in quanto riconducibili alla categoria degli emolumenti, suscettibili di integrare, nel caso di mancato pagamento, l’ipotesi sanzionatoria contestata; b) gli accordi di incentivo all’esodo che, pur contemplando nelle premesse anche la rinuncia di mensilità maturate nel corso del rapporto di lavoro e non corrisposte, stabiliscano tuttavia il versamento in favore del tesserato di un importo a titolo di incentivo all’esodo e quindi a titolo di corrispettivo della risoluzione anticipata del rapporto di lavoro (senza alcun riferimento alla rinuncia alla retribuzione). Ebbene la Corte ritiene di non potere condividere tale modus operandi e, soprattutto, il percorso argomentativo – in verità in parte anche perplesso ed inespresso – che lo sostiene. Ed, infatti, la Corte, nel suo precedente arresto a Sezioni Unite, non ha affatto voluto stabilire il principio secondo il quale non assume rilevanza disciplinare, sempre e comunque, “la condotta della Società che non provveda al versamento di incentivi all’esodo riferibili, in via esclusiva, a rinunce espresse di emolumenti non percepiti da suoi tesserati”. Tale affermazione, oltre che illogica ed ultronea, rappresenta un giudizio che potrebbe in linea prospettica vulnerare pesantemente l’efficienza dell’ordinamento federale in tema di controlli sulla gestione economico e finanziaria delle società e di rispetto dei principi di corretta gestione dei rapporti economici tra società, tesserati e dipendenti. Infatti, la necessaria verifica della situazione di ciascun tesserato, in relazione al quale viene ritenuto che non sia stato provveduto al versamento di somme di denaro da parte della società, è indispensabile non già, come erroneamente ritenuto dal TFN, per escludere dall’ipotesi sanzionatoria il caso del mancato versamento degli importi convenuti col tesserato contestualmente alla rinuncia da parte del medesimo di somme dovute a titolo di corrispettivo (evidentemente di importo maggiore). Ragionare in questi termini equivarrebbe a definire la rilevanza disciplinare del mancato pagamento degli emolumenti in virtù dell’esclusivo fatto che il corrispondente importo debba essere versato in costanza di rapporto di lavoro, o anche in un momento successivo alla cessazione del rapporto (a prescindere dalle ragioni dell’interruzione del medesimo) quale corrispettivo integrale di prestazioni rese; oppure, anche successivamente alla risoluzione del rapporto, quale somma risultante da una rideterminazione convenzionale in ribasso delle somme dovute a titolo di corrispettivo per le prestazioni rese in costanza di rapporto, ma solo parzialmente rinunciate. Non avrebbe, al contrario, rilevanza disciplinare il mancato pagamento da parte della società di quanto dovuto esclusivamente a titolo di corrispettivo per la rinuncia espressa ed integrale di emolumenti non percepiti dai suoi tesserati. Il ragionamento non può essere condiviso. Anche in questo ultimo caso, infatti, al di là delle espressioni terminologiche impiegate, è proprio l’elemento della rinuncia al pagamento di somme dovute dalla società a titolo di corrispettivo delle prestazioni rese ad escludere che le somme stabilite a fronte di tale rinuncia 6 possano avere una natura che rinneghi ogni rilevanza per l’ordinamento federale. L’interpretazione della norma federale, infatti, non può giungere ad escludere astrattamente e sistematicamente ogni rilevanza disciplinare a tutte quelle ipotesi in cui le somme non corrisposte dalla società ai propri tesserati abbiano diretta derivazione dal rapporto di lavoro col tesserato stesso; che esso sia in vita, sia cessato naturalmente o sia stato negozialmente risolto. Questa considerazione, che ha condotto la giurisprudenza di questa Corte a discettare incidentalmente di “astratta equiparabilità” ai fini disciplinari tra incentivi all’esodo ed emolumenti, in primo luogo rende priva di fondamento l’argomentazione principale in punto di merito sostenuta dagli appellanti – vale a dire la non punibilità ex art. 10, comma 3, C.G.S., del mancato pagamento da parte della società di somme non rientranti nella nozione di emolumento quali si ritiene debbano essere considerati proprio gli incentivi all’esodo. Tuttavia, la medesima considerazione mente in luce anche l’erroneità del costrutto argomentativo della motivazione dei giudici di primo grado; quello che non pare essere stato correttamente colto dal TFN, infatti, è che, nel caso in cui si rinvengano negli accordi risolutivi atti di rinuncia che abbiano ad oggetto mensilità di retribuzione, si impone la verifica della eventuale sovrapponibilità, ai fini sanzionatori, delle mensilità retributive di cui sia stato omesso il versamento ed oggetto di attenzione da parte dell’inquirente con le mensilità retributive eventualmente rinunciate in occasione della sottoscrizione dell’accordo risolutivo (per periodi anche se solo parzialmente coincidenti con quelli oggetto di esame da parte della Co.Vi.Soc. e della Procura federale). Non già, dunque, la non punibilità in astratto del mancato pagamento da parte della società di somme di denaro convenute con i propri tesserati quale corrispettivo della rinuncia di prestazioni già maturate. Anche in tal caso, infatti, ogni automatismo che conduca ad escluderne la rilevanza ai fini disciplinari confliggerebbe con l’interesse qualificato della Federazione all’equilibrio economico-finanziario delle società di calcio professionistiche ed al rispetto dei principi di corretta gestione e, quindi, dei rapporti economici tra società, tesserati e dipendenti. Pertanto, la Corte ritiene che il TFN, con riguardo agli atti di deferimento di cui ai nn. 1), 2) e 3) della premessa, muovendo da un percorso argomentativo non corretto, abbia sostanzialmente omesso di compiere consapevolmente la necessaria verifica “caso per caso” non solo degli elementi di prova dai quali dedurre la rilevanza disciplinare del mancato pagamento di somme di denaro dovute ai tesserati in ragione delle determinazioni stabilite nei contratti di risoluzione anticipata del rapporto, ma anche e soprattutto circa l’effettiva natura e gli effetti di queste transazioni. Risultano pertanto irrimediabilmente alterate le considerazioni, anche inespresse, svolte dal TFN circa la sussistenza delle condizioni di punibilità e la correttezza della quantificazione delle sanzioni (nella fattispecie, per quanto riguarda la società, ben dieci punti di penalizzazione in classifica attribuiti evidentemente per inadempimenti distinti). In altri termini, la motivazione della decisione impugnata non consente sul punto la condivisa intelligibilità della decisione e la comprensione delle ragioni poste a suo fondamento. Tale mancanza impedisce la doverosa verifica circa la indispensabile corrispondenza tra elementi di fatto, condotta imputata ed ipotesi sanzionatoria invocata dalla Procura federale e presupposto della decisione impugnata. Per questi motivi la Corte, nei sensi sopra esposti e per quanto di ragione, accoglie il ricorso della Società Reggina Calcio e del suo dirigente Dr. Pasquale Foti. Diverso discorso deve essere fatto circa la parte della decisione che accoglie il deferimento di cui al n. 4) della premessa (deferimento prot. 8064/565 pf14/15 del 26.3.2015 relativo alla violazione di cui all’art. 85, lettera C), paragrafo VII, delle NOIF, in relazione all’art. 10, comma 3, del CGS, per omesso deposito della dichiarazione attestante l’avvenuto pagamento delle ritenute Irpef e dei contributi Inps relativi agli emolumenti dovuti ai propri tesserati, lavoratori dipendenti e collaboratori addetti al settore sportivo, per le mensilità di settembre, ottobre, novembre e dicembre 2014). La Corte, infatti, ritiene di dovere radicalmente disattendere le censure svolte nell’atto d’appello dai ricorrenti avverso tale decisione, condividendo in pieno la motivazione del TFN. In effetti, in mancanza di specifici elementi di prova volti a dimostrare l’accesso della società Reggina ad un piano di differimento dei pagamenti di quanto dovuto in ragione delle proprie obbligazioni di carattere previdenziale, assistenziale e contributivo, sussistono tutte le condizioni perché si consideri 7 applicabile la norma federale invocata dalla Procura federale. Né, come correttamente ha rilevato il TFN, può ricevere considerazione in questa sede il richiamo della difesa dei deferiti alla crisi economica della Società sportiva e al menzionato accordo di ristrutturazione che si dice essere stato presentato davanti al Tribunale ordinario; circostanza questa che, in mancanza di riscontro, non solo non ammette di per sé una dilazione o una differente (e accettata) modalità di pagamento, ma addirittura conferma come la società abbia scientemente omesso di far fronte ai pagamenti di siffatta natura privilegiando, a suo dire, altre posizioni d’obbligo. La decisione del TFN, pertanto, su questo punto deve essere confermata. Per questi motivi ,la C.F.A., Sezioni Unite, in parziale accoglimento del ricorso come sopra proposto dalla società Reggina Calcio S.p.A. di Reggio Calabria ridetermina le sanzioni inflitte nei termini che seguono: 2 punti di penalizzazione a carico della società; 2 mesi di inibizione al sig. Pasquale Foti. Dispone restituirsi la tassa reclamo.
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