COMITATO REGIONALE LAZIO — STAGIONE SPORTIVA 2015/2016 – Decisione pubblicata sul sito Web: www.crlazio.it e sul Comunicato Ufficiale N°203 del 15/01/2016 Delibera del Tribunale Federale Territoriale DEFERIMENTO DELLA PROCURA FEDERALE DELLA F.I.G.C. A CARICO DEL SIG. PERRI MARIO, ARBITRO EFFETTIVO DELLA SEZIONE AIA DI ROMA I PER VIOLAZIONE DELL’ART. I BIS COMMA I DEL C.G.S.

COMITATO REGIONALE LAZIO -- STAGIONE SPORTIVA 2015/2016 – Decisione pubblicata sul sito Web: www.crlazio.it e sul Comunicato Ufficiale N°203 del 15/01/2016 Delibera del Tribunale Federale Territoriale DEFERIMENTO DELLA PROCURA FEDERALE DELLA F.I.G.C. A CARICO DEL SIG. PERRI MARIO, ARBITRO EFFETTIVO DELLA SEZIONE AIA DI ROMA I PER VIOLAZIONE DELL’ART. I BIS COMMA I DEL C.G.S. In data 12/03/2015 il presidente dei Comitato Regionale Lazio trasmetteva alla Procura Federale una dichiarazione rilasciata dalla sig.ra ALBA LEONELLI responsabile regionale del calcio femminile, con la quale le calciatrici CLAUDIA SILVI e ILARIA FILIPPI riferivano che l'arbitro PERRI MARIO, nella gara di calcio femminile" Rappresentativa C R Lazio / EKONOMIST del 10.03.2015, nell' ambito del primo torneo Internazionale Femminile, avrebbe usato nei loro confronti espressioni particolarmente volgari alla presenza di calciatrici minorenni. Le calciatrici di cui sopra, in sede di audizione, confermavano il contenuto dei pesanti apprezzamenti rivolti a loro, dopo aver contestato all'arbitro una decisione tecnica a loro sfavorevole. Aggiungevano infine di aver segnalato I'episodio alla dirigente sig.ra ALBA LEONELLI, la quale ascoltata in Procura, riferiva di essere stata presente, nella sua qualità di Responsabile del calcio femminile regionale, e di aver notato un comportamento strano delle due calciatrici, dopo che avevano avuto un diverbio verbale con I'arbitro. Precisava la dirigente di non aver ascoltato direttamente il contenuto di quanto detto dal direttore di gara alle due ragazze in quanto si trovava in panchina , distante dal luogo dell' accaduto. - CRL 203/2 - L'arbitro, in sede di audizione, negava quanto affermato dalle due calciatrici, escludendo di aver potuto proferire frasi di quel genere, e precisando che, con molta probabilità, potrebbe aver detto al capitano "stia zitta" considerate le continue proteste della stessa sin dall' inizio della gara. L'attività istruttoria, svolta in sede inquirente e la relativa relazione, comprensiva di allegati, evidenziano per la Procura la validità delle dichiarazioni rese dagli interessati, particolarmente delle calciatrici, le quali nell' immediatezza hanno informato la dirigente, che a sua volta ha presentato immediatamente una informativa sulla vicenda. Ritiene la Procura che i fatti sopra riportati evidenziano comportamenti in violazione della normativa federale, di cui all'oggetto, da parte dell'arbitro sig. PERRI MARIO della sezione di ROMA I e che nonostante le deduzioni contenute nell'atto difensivo, trasmesso in data 29.9.2015, non sussistano i presupposti per I' archiviazione del procedimento, e che pertanto lo stesso debba essere deferito al TRIBUNALE FEDERALE TERRITORIALE del LAZIO. Fissata la riunione per la discussione del deferimento e concesso termine alla parte deferita per l’invio di memorie difensive, veniva rinviata la discussione per acquisire la testimonianza sui fatti dei due assistenti arbitrali ed in sede di richieste la Procura Federale concludeva per l’affermazione di responsabilità del deferito con l’irrogazione della sanzione di mesi sei di sospensione mentre la difesa del deferito concludeva per il proscioglimento. Ritiene il Tribunale che la prova dei fatti oggetto del deferimento non sia stata pienamente raggiunta. Invero dall’esposto presentato dalle calciatrici e dall’audizione delle stesse innanzi all’Organo inquirente è emerso che le due frasi incriminate che sarebbero state pronunciate dal direttore di gara sono state percepite esclusivamente dalla destinataria, prima la Filippi e poi la Silvi ma l’una non ha percepito direttamente quanto detto all’altra. La dirigente federale che svolgeva la funzione di accompagnatrice ufficiale, trattandosi di gara tra rappresentative, a sua volta ha potuto solo raccogliere le dichiarazioni delle calciatrici a fine gara, confermando solo di aver visto che le due calciatrici si erano avvicinate intorno al 20’ del secondo tempo al direttore di gara parlando con lo stesso ma di non aver potuto sentire, vista la distanza, cosa si fossero detti. Vi è da aggiungere che gli inquirenti non hanno acquisito altre dichiarazioni, se non quella del deferito che ha negato recisamente ogni addebito, né da parte degli altri dirigenti eventualmente presenti, né dagli assistenti arbitrali né dalle altre calciatrici. Il Tribunale, tentando di sopperire a tale evidente carenza istruttoria, ha convocato i due assistenti arbitrali che, però, hanno riferito di non aver notato nulla di anormale né durante la gara né al termine della stessa e di non aver nemmeno osservato l’episodio. A fronte di tale quadro probatorio che si basa esclusivamente sulle dichiarazioni delle parti offese, diametralmente divergenti con quelle del deferito ed in assenza di qualsiasi riscontro oggettivo e soggettivo, il Tribunale non può fare riferimento che agli ordinari canoni in termini di valutazione della prova sia nel procedimento sportivo che, in via residuale, in quello ordinario. Ebbene, sia che la si guardi dal punto di vista ordinario che da quello sportivo, la conclusione non può che essere quella della carenza probatoria per giungere ad una affermazione di colpevolezza. È ben vero che la dichiarazione della vittima di una violazione è, astrattamente, sufficiente a fondare il giudizio di colpevolezza quando però, per condizioni obiettive di tempo e luogo, non vi sono altri testimoni dell’accaduto o, comunque, non possono essere reperiti altri astanti. In tali emergenze la dichiarazione della vittima del fatto deve essere ovviamente riscontrata con assoluta criticità e ponderatezza ed, in tal senso, assume rilievo determinante l’assenza di rapporti pregressi tra le parti e l’assoluta neutralità anteriore del denunciante rispetto al denunciato. In buona sostanza la denuncia può sostenere anche da sola l’accusa quando il denunciante non conosceva prima del fatto il denunciato e non vi siano stati né prima né dopo i fatti motivi, sia consci che inconsci, che possano influenzare la genuinità della narrazione dei fatti. Nel caso che ci occupa questa neutralità non può essere affermata; è regola di comune esperienza che, nell’immediatezza della gara, peraltro conclusasi con esito negativo sul campo per le denuncianti, possano svilupparsi tra calciatori e direttore di gara rapporti non idilliaci, giustificati da decisioni tecniche ritenute sfavorevoli o da comportamenti ritenuti non consoni, che portino ad una visione non serena degli avvenimenti ed alla presenza, anche inconscia, di uno spirito di rivalsa che non milita a favore della visione obiettiva dei fatti. A caldo possono svilupparsi delle dinamiche relazionali che portano ad una alterazione del vissuto che, nella mente del narratore, si cristallizza in modo diverso da quello che è stato nella realtà, portando ad un auto convincimento che ne altera i contorni e che, con il passare del tempo si solidifica in modo alterato. Nel caso quindi non è sufficiente la denuncia della vittima, in quanto potenzialmente viziata da rapporti non sereni con il denunciato, e sono necessari riscontri esterni che, nella specie, non sono stati trovati, e nemmeno ricercati dagli inquirenti che non hanno sentito altri se non gli attori attivi e passivi della vicenda. Né il Tribunale, pur con lo sforzo di integrazione istruttorio compiuto, ha potuto reperire “aliunde” ulteriori elementi. Dal punto di vista dell’ordinamento sportivo, poi, la questione è ancora più sbilanciata a favore della tesi difensiva. Infatti dagli atti ufficiali, che costituiscono fonte di prova privilegiata, non emerge alcunché, né è emerso dalle integrazioni ricercate negli ufficiali di gara e, quindi, le dichiarazioni delle calciatrici soccombono, in termine di gerarchia degli elementi di prova, rispetto alle dichiarazioni degli ufficiali di gara. Né potrebbe tollerare il sistema sportivo una diversa impostazione procedurale che ritenesse sufficiente la mera dichiarazione di un tesserato per mettere in non cale quanto affermato dall’arbitro di una gara, poiché, diversamente opinando si determinerebbe il blocco dell’attività sportiva, sommersa di denunce e ricorsi su comportamenti veri o presunti degli ufficiali di gara. Ciò non vuol certo dire che gli ufficiali di gara siano “legibus soluti” e possano dire o fare quello che vogliono, ma impone che le denunce a loro carico siano sostenute da fatti e circostanze obiettive e da riscontri interni ed esterni solidi che,nella specie sono totalmente mancati. Per questo il Tribunale conclude per il proscioglimento del deferito per carenza di prove sul fatto addebitato. Tutto ciò premesso il Tribunale Sportivo Federale Territoriale DELIBERA Di prosciogliere l’Arbitro Effettivo PERRI Mario dalle violazioni ascritte. Si trasmette agli interessati. Le sanzioni decorrono dal giorno successivo dalla ricezione della notifica.
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