COMITATO REGIONALE ABRUZZO – STAGIONE SPORTIVA 2015/2016 – Decisione pubblicata sul sito web: www.figcabruzzo.it e sul Comunicato Ufficiale N°43 del 17/3/2016 Delibera della Corte Sportiva di Appello Territoriale APPELLO DELLA SOCIETA’ A.S.D. PENNE 1920 AVVERSO LA SANZIONE DELL’AMMENDA DI € 800,00, ADOTTATA DAL G.S. IN RELAZIONE ALLA GARA PENNE 1920 / IL DELFINO FLACCO PORTO, DISPUTATA IL 7.2.16 PER IL CAMPIONATO DI PROMOZIONE GIRONE “B” (C.U. N°38, DELL’11.2.16 – COMITATO REGIONALE ABRUZZO).

COMITATO REGIONALE ABRUZZO – STAGIONE SPORTIVA 2015/2016 – Decisione pubblicata sul sito web: www.figcabruzzo.it e sul Comunicato Ufficiale N°43 del 17/3/2016 Delibera della Corte Sportiva di Appello Territoriale APPELLO DELLA SOCIETA’ A.S.D. PENNE 1920 AVVERSO LA SANZIONE DELL’AMMENDA DI € 800,00, ADOTTATA DAL G.S. IN RELAZIONE ALLA GARA PENNE 1920 / IL DELFINO FLACCO PORTO, DISPUTATA IL 7.2.16 PER IL CAMPIONATO DI PROMOZIONE GIRONE “B” (C.U. N°38, DELL’11.2.16 – COMITATO REGIONALE ABRUZZO). Con appello ritualmente proposto, la società A.S.D. Penne 1920 ha impugnato e chiesto l’annullamento del provvedimento sopra specificato, adottato dal G.S. perché propri sostenitori, durante il corso della gara, colpivano con sputi un A.A. nel mentre gli rivolgevano ingiurie e minacce; analoghe offese venivano indirizzate agli Organi Federali. Gli stessi sostenitori rivolgevano frasi contenenti espressioni di discriminazione per motivi di razza nei confronti di un calciatore della squadra avversaria. A fine gara nel mentre il direttore di gara faceva rientro negli spogliatoi persona non in distinta gli rivolgeva offese – artt. 11 e seguenti CGS – (Rapporti A., A.A. e C. di C.). Ha dedotto l’appellante e ribadito in sede di audizione l’insussistenza dei fatti, in quanto i pretesi comportamenti non regolamentari non sarebbero stati rilevati né dall’arbitro, che non aveva sospeso la gara ed in ogni caso il fenomeno non sarebbe stato tale da integrare la fattispecie di cui all’art. 11, C.G.S., visto che le frasi sarebbero state pronunciate da un solo tifoso. Ha altresì, evidenziato che non si sarebbe dato atto, ai fini delle attenuanti, che la società aveva messo in atto tutti i mezzi idonei per evitare che accadessero episodi del genere. Ha, infine, concluso che, in ogni caso, la stessa, al momento del fatto, è immediatamente intervenuta per far cessare le condotte censurate. L’assistente arbitrale, in sede di supplemento, ha confermato gli originari riferimenti precisando, con dovizia di particolari, anche il contenuto delle frasi con le quali si sono concretizzati i comportamenti discriminatori contestati, messi in atto dai tifosi della società Penne. Osserva la Corte che l’appello deve essere respinto, in quanto risulta con evidente chiarezza dagli atti ufficiali in possesso del Comitato la sussistenza dei fatti addebitati ai tifosi della società reclamante, situati nel settore distinti dietro l’assistente arbitrale che ha riferito degli stessi. Tali riferimenti hanno permesso di accertare che il calciatore di colore n° 3 della Delfino Flacco Pescara veniva fatto oggetto di frasi razziste e volgari da circa un cinquantina di tifosi, mentre venivano indirizzati copiosi sputi all’indirizzo dello stesso assistente, che veniva raggiunto in ogni parte del corpo, mentre numerose erano le frasi irriguardose rivolte al suo indirizzo ed agli organi della F.I.G.C. e dell’A.I.A. Appare evidente che il direttore di gara non ha proceduto all’immediata sospensione dell’incontro in quanto, evidentemente, l’assistente non ha immediatamente riferito di avere subito gli sputi e di avere udito le frasi razziste. Tale circostanza assume rilievo ai fini della previsione del terzo comma dell’art. 11, C.G.S., che chiaramente prevede che, laddove il fenomeno sia di dimensioni tali da farlo percepire a chiunque, il direttore di gara deve ovviamente provvedere al’immediata sospensione della gara stessa. A fronte di tali documentate circostanze, l’interessata versione dei fatti fornita dalla società reclamante, non può assurgere a dignità di prova, anche in forza del noto principio della valenza privilegiata degli atti ufficiali, dai quali non si evince la prova di quanto avrebbe permesso al giudice di primo grado di applicare le esimenti o le attenuanti di cui all’art. 13, C.G.S. Per questi motivi, la Corte, DELIBERA di respingere l’appello, disponendo incamerarsi la tassa versata.
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