F.I.G.C. – CORTE SPORTIVA D’APPELLO – 2015/2016 – Decisione pubblicata sul sito web: www.figc.it e sul Comunicato ufficiale n. 026/CSA del 16 Ottobre 2015 con motivazioni pubblicate sul Comunicato ufficiale n. 119/CSA del 27 Aprile 2016 e su www.figc.it 7. RICORSO DELL’A.C. MILAN SPA AVVERSO LA SANZIONE DELL’AMMENDA DI € 15.000 INFLITTA ALLA SOCIETÀ RECLAMANTE SEGUITO GARA MILAN/NAPOLI DEL 4.10.2015 (Delibera del Giudice Sportivo presso la Lega Nazionale Professionisti Serie A – Com. Uff. n. 55 del 6.10.2015)

F.I.G.C. – CORTE SPORTIVA D’APPELLO – 2015/2016 – Decisione pubblicata sul sito web: www.figc.it e sul Comunicato ufficiale n. 026/CSA del 16 Ottobre 2015 con motivazioni pubblicate sul Comunicato ufficiale n. 119/CSA del 27 Aprile 2016 e su www.figc.it 7. RICORSO DELL’A.C. MILAN SPA AVVERSO LA SANZIONE DELL’AMMENDA DI € 15.000 INFLITTA ALLA SOCIETÀ RECLAMANTE SEGUITO GARA MILAN/NAPOLI DEL 4.10.2015 (Delibera del Giudice Sportivo presso la Lega Nazionale Professionisti Serie A – Com. Uff. n. 55 del 6.10.2015) La Corte Sportiva d’Appello Nazionale, - Vista l’impugnata delibera del Giudice Sportivo presso la Lega Nazionale Professionisti Serie A in data 6.10.2015, con quale è stata inflitta alla Società A.C. Milan S.p.A., società reclamante, in relazione ad eventi di cui alla gara Milan/Napoli del 4.10.2015, settima giornata di andata del Campionato di Serie A Tim 2015/2016, la sanzione dell’ammenda di € 15.000,00 “per avere suoi sostenitori, al 14° e al 35° del primo tempo, intonato un coro insultante espressivo di discriminazione per origine territoriale, sanzione attenuata ex art. 13 comma 1 lett. a) e b) C.G.S. per avere la Società concretamente operato con le Forze dell’Ordine ai fini preventivi e di vigilanza”. - Esaminato il reclamo presentato in data 9.10.2015, proposto dalla predetta società, e le relative contestazioni, in fatto e diritto; - Appurato che il rapporto dei collaboratori della Procura Federale, nella specifica sezione “Cori”, registra testualmente (attraverso l’apposizione di segno “X” sulla corrispondente casella): che detti cori vanno ricondotti alla categoria di quelli relativi a “denigrazione e/o insulto territoriale”; che la frase in questione è stata, testualmente, “Napoli merda Napoli colera siete la vergogna dell’Italia intera” ripetuta per due volte al 14° ed al 35° del primo tempo; che il settore di provenienza, per quanto riguarda il comportamento che viene attribuito alla responsabilità oggettiva della società reclamante, è quello che ospitava i sostenitori del Milan cioè “il secondo anello blu (denominato curva sud Milan)”; che, quanto alla percezione dei cori per come sopra riprodotti, dei collaboratori Signori Onesti (posto in corrispondenza della curva nord), Salerno (posto in corrispondenza del centro) e Lipira (posto in corrispondenza della curva sud) hanno tutti percepito il suddetto coro; che, quanto alla percentuale di sostenitori che avrebbero partecipato al coro, posto che il numero di coloro che occupavano il settore suindicato constava di circa 3.300 spettatori, essa si aggirava attorno al 60-70% di quelli ospitati nei settori dello stadio dai quali si è levato il coro medesimo; - Tenuto conto che nel reclamo la Società sanzionata contesta dapprima l’assenza della caratterizzazione della discriminazione territoriale nella frase pronunciata nel coro dai tifosi del 11 Milan dovendosi più propriamente collocare la stessa nell’alveo della, pur sempre stigmatizzabile, categoria degli “insulti”, per poi affermare che comunque, per come si legge è anche dimostrato dalla documentazione allegata, la società reclamante aveva messo in campo ogni strumento di prevenzione utile a scongiurare che fossero posti in essere da parte dei tifosi, tra le altre attività vietate, comportamenti di discriminazione territoriale, di talché la sanzione non avrebbe dovuto essere inflitta o, al più, avrebbe dovuto assumere carattere e consistenza di speciale tenuità; - Considerato che sebbene il comportamento registrato dai collaboratori della Procura Federale con riferimento ai sostenitori della Società reclamante determina la violazione dell’art. 11, comma 3, C.G.S., a mente del quale “Le società sono responsabili per l’introduzione o l’esibizione negli impianti sportivi da parte dei propri sostenitori di disegni, scritte, simboli, emblemi o simili, recanti espressioni di discriminazione. Esse sono altresì responsabili per cori, grida e ogni altra manifestazione che siano, per dimensione e percezione reale del fenomeno, espressione di discriminazione” e che indubbiamente il coro in questione, per i suoi contenuti, manifesta una evidente capacità discriminatoria, nondimeno va rammentato che il sistema sanzionatorio stabilito dal C.G.S. nei casi di responsabilità per comportamenti discriminatori (art. 11), pur se per un verso imputa il comportamento tenuto dai sostenitori – e le connesse conseguenze punitive - alla responsabilità della società in modo sostanzialmente oggettivo, presuppone tuttavia un limite di punibilità rappresentato dalla effettiva dimensione e la percezione reale del fenomeno. Infatti l’elemento della provenienza da un settore dello stadio rispetto ad un altro del comportamento discriminatorio costituisce un fattore rilevante quale criterio di accertamento di tali caratteri (dimensione e percezione) che, solo una volta individuati e dimostrati, possono condurre all’imputazione alla società del titolo di responsabilità per i fatti commessi dai sostenitori; - Rammentato in via generale che, in epoca precedente rispetto all’intervento interpretativo operato e dal Consiglio federale il 16.10.2013, l’art. 11, n. 1 C.G.S stabiliva che “costituisce comportamento discriminatorio, sanzionabile quale illecito disciplinare, ogni condotta che, direttamente o indirettamente, comporti offesa, denigrazione o insulto per motivi di razza, colore, religione, luogo, sesso, nazionalità, origine territoriale o etnica, ovvero configuri propaganda ideologica vietata dalla legge o comunque inneggiante a comportamenti discriminatori”. Successivamente, con la citata deliberazione del 16.10.2013 il Consiglio federale è intervenuto modificando l’art. 11, n. 3 C.G.S. nel senso che, allorché riferita a cori, grida e ogni altra manifestazione, la discriminazione deve essere valutata alla luce della “dimensione e percezione reale del fenomeno”; - Soggiunto che, la modifica apportata all’art. 11 C.G.S. costituisce il recepimento, nel nostro Codice di Giustizia Sportiva, del Regolamento di disciplina dell’U.E.F.A., che all’art. 14 afferma: “any person, under the scope of article 3, who insult the human dignity of a person of group of persons by whatever means, including on the grounds of skin colour, race, religion or ethic origin, incurs e suspension lasting at least ten matches or specified period of time, or any other appropriate sanction”. Dalla traduzione di questo articolo emerge che i comportamenti definibili quali discriminatori sono quelli che insultano (discriminandola e limitandola) la dignità e la libertà umana di soggetti o gruppi, comunque posti in essere, basati su affermazioni discriminatorie originate dal colore della pelle, dalla razza, dalla religione e dalle origini territoriali. In questo contesto punitivo vanno correttamente inquadrati i concetti di dimensione e di percezione del fenomeno discriminatorio che il Consiglio ha voluto individuare per decretare la soglia di effettività della portata discriminatoria del comportamento effettivamente posto in essere, al di sotto della quale la idoneità del comportamento a porsi come realmente pregiudizievole per la vittima (e per la tutela della sua sfera personale) non raggiunge il livello di gravità tale da indurre l’ordinamento ad intervenire con la sanzione. In particolare, per quanto riguarda la percezione, è evidente che il legislatore federale, con l’emendamento dell’ottobre 2013, abbia voluto fare riferimento alle conseguenze dei comportamenti discriminatori e non solo al mero fatto che l’atteggiamento in parola (striscioni, o cori) sia stato letto o ascoltato da qualcuno; - Ribadito ancora una volta che, sempre con riferimento al requisito della percezione del contenuto discriminatorio espresso nel coro (ovvero dalla frase riportata in uno striscione esposto all’interno dello stadio) e facendo richiamo alla decisione delle Sezioni unite della Corte di giustizia federale assunta nella riunione del 28.11.2013 (dalla quale il Collegio non ritiene di discostarsi), per 12 raggiungere la soglia della offensività concreta e quindi della punibilità della condotta, comunque ci si deve trovare in presenza di fattispecie che abbiano avuto una effettiva incidenza, di segno negativo, sulle funzioni dell’evento sportivo e quindi dello “spettacolo” ed abbiano potuto turbare non solo il destinatario (o destinatari) dello striscione o del coro, ma anche gli altri spettatori che hanno pagato il biglietto per assistere allo spettacolo e non certamente per essere, direttamente o indirettamente, colpiti da atteggiamenti discriminatori e provocatori e comunque lesivi nel loro spirito democratico (art. 3 della Costituzione della Repubblica Italiana); - Puntualizzato quindi, che la norma recata dalla nuova versione dell’art. 11, comma 3, C.G.S. è dettata anche nell’interesse di tutti quei fruitori dello spettacolo sportivo che con il sano atteggiamento che deve essere proprio dei veri tifosi (sostenere la propria squadra non offendere e/o discriminare gli avversari, siano essi gli atleti o i tifosi), si recano allo stadio per assistere alla partita e quindi al relativo spettacolo, i quali non debbono sentirsi offesi da atteggiamenti discriminatori a chiunque diretti e che, conseguentemente, a seguito della modifica interpretativa dell’art. 11, intervenuta nell’ottobre del 2013, viene richiesto al commissario di campo, e comunque agli organi federali preposti, un maggiore grado di valutazione e approfondimento, in tema di attività discriminante, il quale deve contenere la esatta indicazione della provenienza del coro o del luogo in cui è stato affisso lo striscione e la analisi, acquisita anche (se necessario) attraverso una propria attività istruttoria, della reale percezione o della dimensione (ripetitività ed offensività idonee alla discriminazione e non mera volgarità) del fenomeno; - Rilevato che, nel caso di specie e per un primo versante, dal rapporto dei collaboratori della Procura Federale, quanto alla percepibilità del coro, sicuramente dai contenuti di carattere discriminatorio della provenienza territoriale emerge che i tre collaboratori hanno tutti ugualmente percepito i cori in questione e che dunque, tenuto della loro collocazione negli estremi dello stadio ed al centro dello stesso, può dirsi documentalmente provata la circostanza che le frasi intonate sono state percepite da tutti coloro che assistevano allo spettacolo calcistico ed inoltre, con riferimento ad un secondo versante della vicenda contenziosa, la sanzione inflitta si presenta congrua nella entità, visto che il Giudice Sportivo ha tenuto conto delle condotte idonee ad attenuare la portata pregiudizievole del comportamento dei sostenitori della squadra, applicando l’attenuante prevista dall’art. 13 comma 1 lett. a) e b) C.G.S. per avere la Società concretamente operato con le Forze dell’Ordine ai fini preventivi e di vigilanza, non riuscendo riuscita la società appellante, neppure con la documentazione prodotta in allegato al reclamo qui in esame, a dimostrare la sussistenza di elementi utili ad applicare la richiesta esimente di cui all’art. 13 C.G.S.; - Ritenuto quindi che, per tutto quanto si è sopra osservato, è documentalmente dimostrato che il comportamento astrattamente violativo della disposizione recata dall’art. 11, comma 3, C.G.S. ha assunto, nella specie, le caratteristiche ed i presupposti che la medesima norma pretende che sussistano perché sia raggiunta la soglia della punibilità, sotto il profilo della percepibilità dei cori da parte di tutti gli spettatori e di coloro che erano presenti allo stadio e che dunque il reclamo non può trovare accoglimento con conferma della decisione del Giudice Sportivo impugnata, anche con riferimento all’entità della sanzione inflitta, stante la considerazione della sua congruità da parte del Collegio; Per questi motivi la C.S.A. respinge il ricorso come sopra proposto dalla società A.C. Milan S.p.A. di Milano e dispone addebitarsi la tassa reclamo.
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