F.I.G.C. – CORTE SPORTIVA D’APPELLO – 2015/2016 – Decisione pubblicata sul sito web: www.figc.it e sul Comunicato ufficiale n. 080/CSA del 19 Febbraio 2016 con motivazioni pubblicate sul Comunicato ufficiale n. 136/CSA del 18 Maggio 2016 e su www.figc.it 1. RICORSO DELL’A.S. ROMA S.P.A. AVVERSO LA SANZIONE DELL’AMMENDA DI € 10.000,00 INFLITTA ALLA RECLAMANTE SEGUITO GARA ROMA/LAZIO DELL’8.11.2015 (Delibera del Giudice Sportivo presso la Lega Nazionale Professionisti Serie A – Com. Uff. n. 82 del 10.11.2015)
F.I.G.C. – CORTE SPORTIVA D’APPELLO – 2015/2016 – Decisione pubblicata sul sito web: www.figc.it e sul Comunicato ufficiale n. 080/CSA del 19 Febbraio 2016 con motivazioni pubblicate sul Comunicato ufficiale n. 136/CSA del 18 Maggio 2016 e su www.figc.it
1. RICORSO DELL’A.S. ROMA S.P.A. AVVERSO LA SANZIONE DELL’AMMENDA DI € 10.000,00 INFLITTA ALLA RECLAMANTE SEGUITO GARA ROMA/LAZIO DELL’8.11.2015 (Delibera del Giudice Sportivo presso la Lega Nazionale Professionisti Serie A – Com. Uff. n. 82 del 10.11.2015)
Con decisione pubblicata mediante il Com. Uff. n. 82 del 10.11.2015, il Giudice Sportivo Nazionale presso la Lega Nazionale Professionisti Serie A ha applicato nei confronti dell’A.S. Roma S.p.A. (di seguito anche Roma) la sanzione di € 10.000,00 di ammenda a titolo di responsabilità oggettiva “per aver un componente della panchina, nel corso del primo tempo, fatto uso reiteratamente di un’apparecchiatura ricetrasmittente (regola n. 4 del regolamento del giuoco del calcio); infrazione rilevata dai collaboratori della Procura Federale, con recidiva”. Segnatamente dal rapporto dei collaboratori della Procura Federale relativo alla gara Roma/Lazio dell’8.11.2015 si evince che “nel corso del primo tempo, e segnatamente ai minuti 7,8,11,18,30 e 31, il tesserato della Roma, Claude Fichaux, ancorchè inserito nella distinta della panchina aggiuntiva, sedeva nella panchina principale e faceva uso di un’apparecchiatura rice trasmittente per parlare con soggetto non identificato ”. Avverso la suindicata decisione del giudice di prime cure, ha interposto reclamo la Roma, deducendo, anzitutto, il difetto di legittimazione del Giudice sportivo a rilevare l’infrazione di una norma (regola n. 4 del regolamento del giuoco del calcio) che la ricorrente ritiene rivolta esclusivamente agli arbitri. Contesta, inoltre, la Roma l’applicazione della sanzione in questione a cagione della mancata identificazione del secondo soggetto impegnato nella comunicazione radio. Infine, lamenta la sproporzione della sanzione applicata rispetto agli addebiti anche in considerazione della richiesta di chiarimenti avanzata fin dal 16.9.2013 e mai riscontrata dagli organi federali. Sulla scorta del descritto costrutto giuridico, la reclamante ha, quindi, concluso per l’annullamento ovvero, in via subordinata, per una riduzione della sanzione applicata chiedendo la sospensione della decisione in attesa della trasmissione/pubblicazione dei chiarimenti richiesti con l’istanza del 16.9.2013. Il ricorso è parzialmente fondato e, pertanto, va accolto nei limiti di quanto di seguito indicato. La questione è stata già ripetutamente affrontata da questa Corte (cfr. da ultimo Com. Uff. n. 026/CSA riunione del 16.10.2015), al cui indirizzo ermeneutico, tuttora condiviso, occorre uniformarsi. Va, dunque, anzitutto, disattesa la richiesta di sospensione del presente procedimento in ragione del fatto che sarebbe tuttora rimasta priva di riscontro la richiesta di chiarimenti avanzata, 2 fin dal 16.9.2013, alla Lega, alla FIGC, all’AIA ed alla Procura Federale sull’applicazione della regola n. 4 del Regolamento del giuoco di calcio, qui in rilievo. Ed, invero, giova nuovamente ribadire che la mera pendenza della suddetta istanza non genera di per sé, e con la pretesa automaticità, alcun vincolo di pregiudizialità sulla res iudicanda essendo l’interpretazione dell’ordinamento endofederale rimessa agli organi di giustizia sportiva che, peraltro, sul punto si sono già ripetutamente pronunciati. Mette conto evidenziare che, con decisione resa pubblica mediante Com. Uff. n. 338/CGF (poi da ultimo ribadita con le decisioni di cui al Com. Uff. n. 43/CSA 2014/2015 e n. 026/CSA riunione del 16.10.2015), dalla quale non vi è ragione di discostarsi, la Corte ha chiaramente evidenziato la natura illecita delle condotte in addebito, all’uopo precisando che: - “..la declinazione applicativa della regola 4 del gioco del calcio (riferita all’equipaggiamento), nella sezione relativa alla “interpretazione delle regole di gioco e linee guida per arbitri”, pone in evidenza il seguente precetto “l’uso di sistemi elettronici di comunicazione tra calciatori e/o lo staff tecnico non è consentito”; - “..avuto riguardo allo stesso chiaro valore semantico della divisata regula iuris, è inevitabile concludere nel senso che le condotte in addebito – il cui comune denominatore è giustappunto dato dall’utilizzo di apparecchiature ricetrasmittenti – si pongano in rapporto di distonia con il richiamato divieto”; - “… la suddetta disposizione può ascriversi armonicamente nel solco tracciato dalla circolare FIFA n. 1032 del 31.3.2012 in cui, aggiornando la disciplina esistente, si precisava, dando atto delle nuove prescrizioni dell’IFAB, che “the use of elettronic communication systems between players and/or technical staff is not permitted”; - “.. il significato e la vincolatività del precetto in commento sono stati fatti oggetto di apposita circolare n. 14 del 12 agosto 2013, con la quale la Lega ha giustappunto richiamato l’attenzione delle società della L.N.P. Serie A sul divieto all’utilizzo di sistemi di comunicazione elettronica rinveniente dalle sopra richiamate prescrizioni, regola che patisce eccezione nel solo caso di utilizzo di walkie – talkie tra il medico inserito nella distinta di gara e i componenti della panchina quando un calciatore viene curato sul campo”. Del pari, ed in aderenza all’indirizzo già espresso nel richiamato decisum, che sul punto faceva rinvio ad altro precedente della C.G.F. (Com. Uff. n. 243/CGF), non residuano dubbi sulla piena legittimazione dei collaboratori della Procura federale a rilevare i fatti in addebito siccome riferibili a componenti dello staff tecnico della squadra, che, quindi, non è possibile ritenere “in gioco”, e come tali, dunque, non ricadenti nella sfera di competenza esclusiva degli Ufficiali di gara. Si è, dunque, efficacemente evidenziato che “..in siffatte evenienze, ai sensi dell’art. 35, comma 1, C.G.S., si riespande la dignità di fonte di prova (concorrente con quella degli Ufficiali di gara) del referto dei collaboratori della Procura Federale. Ne discende che tanto il rapporto degli Ufficiali di gara che quello del collaboratore della Procura federale possono ritualmente veicolare nell’ambito del relativo procedimento la conoscenza di fatti suscettivi di apprezzamento disciplinare da parte del Giudice Sportivo”. Infine, manifestamente infondate si rivelano anche le residue osservazioni censoree articolate nel mezzo qui in esame. Ed, invero, alcun rilievo assume nel caso di specie l’omessa identificazione del secondo soggetto in collegamento radio potendosi agevolmente inferire dalla complessiva disamina delle circostanze del caso concreto – attraverso il ricorso alla prova cd. logica – la sua appartenenza allo staff tecnico della Roma. E’ sufficiente, a tal riguardo, contestualizzare i fatti in addebito rapportandoli, da un lato, alla stessa più volte menzionata istanza con la quale la reclamante rappresentava l’intenzione di avvalersi di ricetrasmittenti onde favorire lo scambio di informazioni tecnico – tattiche tra personale dello staff tecnico seduto in panchina e collaboratori collocati in tribuna e, dall’altro, a tutti i precedenti specifici fin qui accertati a carico di tesserati della Roma (contraddistinti dalle medesime modalità operative). D’altro canto, nemmeno può essere sottaciuto che la ricorrente non ha offerto alcuna alternativa ricostruzione che valesse a spiegare la condotta oggetto di accertamento, condotta che, per le modalità esecutive ed i mezzi impiegati, riflette un immediato rapporto di coerenza logica con l’ipotesi fatta oggetto di sanzione. Di contro, vanno condivise le doglianze attoree articolate in relazione all’entità della sanzione applicata che, a giudizio di questa Corte, non può ritenersi proporzionata ai fatti in addebito. Ed, invero, avuto riguardo al complessivo disvalore della condotta accertata, e tenuto altresì conto della contestata recidiva, deve ritenersi proporzionata ai fatti in addebito una sanzione complessivamente pari a € 6.000,00 (seimila/00). Conclusivamente, ribadite le svolte considerazioni, il reclamo va accolto nei limiti suindicati. Per questi motivi la C.S.A. in parziale accoglimento del ricorso come sopra proposto dalla società A.S. Roma S.p.A. di Roma riduce la sanzione dell’ammenda ad € 6.000,00. Dispone restituirsi la tassa reclamo.
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