CONI – Collegio di Garanzia dello Sport – Decisione pubblicata sul sito web: www.coni.it – Decisione n. 60 del 07/12/2016 – Fulvio Fantoni – Claudio Nunes/ Federazione Italiana Giuoco Bridge
CONI – Collegio di Garanzia dello Sport - Decisione pubblicata sul sito web: www.coni.it – Decisione n. 60 del 07/12/2016 – Fulvio Fantoni - Claudio Nunes/ Federazione Italiana Giuoco Bridge
IL COLLEGIO DI GARANZIA QUARTA SEZIONE composta da Dante D’Alessio - Presidente Cristina Mazzamauro - Relatrice Giovanni Iannini Alfredo Storto Laura Santoro - Componenti ha pronunciato la seguente DECISIONE Nel giudizio iscritto al R.G. ricorsi n. 37/2016, presentato, in data 18 luglio 2016, dai signori Fulvio Fantoni e Claudio Nunes, rappresentati e difesi dall’avv. Mattia Grassani, contro la Federazione Italiana Giuoco Bridge (F.I.G.B.), rappresentata e difesa dall’avv. Marco Naddeo, nonché contro la Procura Federale presso la Federazione Italiana Giuoco Bridge, nella persona del Procuratore Federale, avv. Claudio Brugnatelli; per l’impugnazione della decisione della Corte di Appello Federale della Federazione Italiana Giuoco Bridge, comunicata in data 18 giugno 2016, di rigetto del reclamo avverso la decisione n. 1 del 19 marzo 2016, adottata dal Tribunale Federale Nazionale FIGB, con cui è stata irrogata, nei confronti degli odierni ricorrenti, la sanzione della sospensione per anni 3 (tre) ognuno, oltre in solido il pagamento delle spese processuali, determinate in € 300,00 per ciascuno; viste le difese scritte e la documentazione prodotta dalle parti costituite; uditi, nell'udienza del 4 ottobre 2016, l’avv. Mattia Grassani, per i ricorrenti, sig. Fulvio Fantoni e sig. Claudio Nunes, l’avv. Claudio Brugnatelli, Procuratore Federale FIGB, per la procura FIGB; l’avv. Marco Naddeo, per la resistente FIGB e, infine, l’avv. Alessandra Flamminii Minuto, all’uopo delegata dal Procuratore Generale dello Sport, ai sensi dell’art. 61, comma 3, CGS; udita, nella successiva camera di consiglio dello stesso giorno, la Relatrice, avv. Cristina Mazzamauro. Ritenuto in fatto 1.- In data 6 ottobre 2015 l’Ufficio del Procuratore Federale FIGB, ritenuta la competenza della Giustizia Sportiva italiana in quanto i fatti, per quanto avvenuti all’estero, sono riferiti ad epoca nella quale gli autori delle condotte erano tesserati in Italia, presso la Fantoni Vacations ASD di Roma, e tesserati anche all’epoca del deferimento, ha contestato ai tesserati Fulvio Fantoni e Claudio Nunes la violazione dell’art. 15 dello Statuto Federale e degli artt. 2 e 3 del Codice di Comportamento Sportivo del CONI (richiamato dallo stesso art. 15), per avere violato i principi di lealtà e probità, utilizzando un sistema di segnalazioni illecite che prevedeva l’indicazione della presenza di un onore alto o di un singolo nel colore, giocando la carta in senso verticale rispetto all’asse del tavolo, e la segnalazione dell’assenza di tale requisito, giocando la carta in orizzontale. Il tutto alterando o cercando di alterare il risultato di gare e competizioni internazionali, in occasione dei seguenti eventi: Bermuda Bowl 2013, a Bali, semifinale Monaco - Usa 1; Bermuda Bowl 2013 a Bali, finale Monaco – Italia; Campionato Europeo 2014 in Croazia, 15 incontri tra cui: Monaco – Bulgaria, incontro 18 del 29 giugno 2014; Monaco - Danmark, incontro 24 del 1 luglio; Monaco – England, incontro 26 del 1 luglio; Monaco – Iceland, incontro 7 del 24 giugno; Monaco – Ireland, incontro 16 del 28 giugno; Monaco – Norway, incontro 12 del 27 giugno; Monaco – Poland, incontro 25 del 1 luglio; Monaco – Romania, incontro 19 del 29 giugno; Monaco – Russia, incontro 4 del 23 giugno; Monaco – Sweden, incontro 14 del 27 giugno. A fondamento della propria contestazione, la Procura Federale ha posto le seguenti fonti di prova: articoli di giornale apparsi sul London Times e La Repubblica; immagini e fotogrammi inerenti gli incontri indicati; la perizia a firma del Prof. Carlo Totaro del 1 ottobre 2015; Dichiarazioni via e-mail Brogelan e Dichiarazioni via e-mail Del Monte; Missiva EBL; Sentenza del Giudice Sportivo Nazionale n. 42/2015. In data 9 ottobre 2015 i Signori Fantoni e Nunes hanno depositato memoria difensiva, chiedendo la sospensione del procedimento in ragione della pendenza, in ambito internazionale, di un procedimento avente ad oggetto i medesimi fatti, domandando, in subordine, un termine più dilatato rispetto alle scadenze regolamentari per articolare le proprie difese. Concesso dalla Procura Federale l’ulteriore termine a difesa, i Signori Fantoni e Nunes hanno formulato, in data 20 ottobre 2015, le proprie osservazioni in merito all’illecito contestato ed in particolare alla perizia del Prof. Totaro, depositando documentazione integrativa. Il successivo 25 ottobre 2015 il Prof. Totaro ha trasmesso alla Procura Federale le proprie osservazioni e chiarimenti ulteriori, confermando le precedenti conclusioni circa l’utilizzo di un codice illecito di trasmissioni di informazioni da parte dei tesserati Fantoni e Nunes, aggiungendo che “la probabilità della possibile causalità o coincidenza del codice è stata calcolata in un numero talmente piccolo che è difficile esprimersi in termini percentuali, ma comunque largamente inferiore al 1%. Pertanto l’ipotesi di accusa è fondata”. In data 26 ottobre 2015, la Procura Federale ha disposto il deferimento dei Signori Fulvio Fantoni e Claudio Nunes contestando “la violazione dell’art. 15 dello statuto federale e degli artt. 2 e 3 del Codice di Comportamento Sportivo del CONI (richiamato dallo stesso art. 15), per avere violato i principi di lealtà e probità, utilizzando un sistema di segnalazioni illecite che prevedeva l’indicazione della presenza di un onore alto o di un singolo nel colore, giocando la carta in senso verticale rispetto all’asse del tavolo, e la segnalazione dell’assenza di tale requisito giocando la carta orizzontale”. Il tutto alterando o tentando di alterare il risultato di gare o competizioni internazionali, in occasione di precisi eventi ed incontri meglio indicati nel richiamato atto di deferimento. Il successivo 25 novembre 2015, il Presidente del Tribunale Federale fissava la data del 19 dicembre 2015 per l’udienza camerale di discussione. Con memoria difensiva depositata l’11 dicembre 2015 per i Signori Fantoni e Nunes, l’Avv. Vinciguerra chiedeva, in via preliminare, la revoca del provvedimento di fissazione d’udienza, vista l’omessa o tardiva comunicazione dell’atto di deferimento, con rimessione degli atti alla Procura Federale per ogni conseguente adempimento; nonché, in subordine, la sospensione del procedimento per ‘litispendenza internazionale’ anche in applicazione analogica dell’art. 7 della Legge n. 218 del 1995 vista la pendenza del procedimento avviato dalla European Bridge League per i medesimi fatti oggetto del presente procedimento; in ogni caso, in via ulteriormente subordinata, il rinvio a successiva udienza a data non inferiore a tre mesi. Seguiva ulteriore deposito di memoria difensiva in data 17 dicembre 2015 e, a scioglimento della riserva assunta all’udienza del 19 dicembre 2015, la Corte rinviava all’udienza del 19 marzo 2016, riservandosi a quella sede ogni decisione sulle istanze, eccezioni e richieste istruttorie delle parti. In data 15 marzo 2016, gli incolpati chiedevano nuovo rinvio, ma tale istanza veniva disattesa e, con sentenza n. 1/16 RT del 19 marzo 2016, il Tribunale Federale, disattesa ogni altra istanza, riconosceva i tesserati Fantoni e Nunes responsabili degli illeciti loro contestati, così condannandoli alla sanzione della sospensione per anni tre ognuno, oltre in solido al pagamento delle spese processuali pari ad euro 300,00 ciascuno. 2.- Avverso la sentenza che definiva il procedimento dinanzi il Tribunale Federale hanno depositato reclamo in appello i Sigg.ri Nunes e Fantoni in data 26 aprile 2016, affidando a diversi motivi di gravame le loro istanze di riforma del provvedimento di primo grado. Gli appellanti adducono a sostegno della loro tesi difensiva: (i) il difetto di giurisdizione per erroneo richiamo dell’art. 10 c.p.p., atteso che, ai sensi dell’art. 7, la giurisdizione italiana per i reati commessi all’estero sarebbe regolata dal Codice penale, che individua alcuni reati commessi all’estero incondizionatamente punibili dalla legge italiana (art. 7) e che, in via residuale, sottoporrebbe alla giurisdizione italiana soltanto i reati per i quali lo Stato italiano prevede la pena dell’ergastolo o la pena della reclusione non inferiore nel minimo a tre anni; (ii) inesattezze in fatto così come trascritte e riferite nel provvedimento impugnato; (iii) la mancata tempestività della notifica dell’atto di deferimento; nonché l’erroneità di quella decisione in ordine: (iv) all’indirizzo pec per le comunicazioni di rito; (v) alla tardività del deposito difensivo del 17 dicembre 2015 per erroneo computo dei termini processuali; per poi esporre gli errores in judicando della sentenza, che vengono enucleati in due elementi che hanno sorretto la tesi della Procura Generale, ossia, (vi) le risultanze delle immagini e dei filmati video dai quali non sarebbe possibile vedere le carte, ma solamente i giocatori e che sarebbero limitati solamente ad un numero circoscritto di incontri; (vii) i risultati dell’elaborato peritale del Prof. Totaro; (viii) l’omessa valutazione degli allegati prodotti dagli appellanti; (ix) l’omessa prova dell’accordo fraudolento tra i due incolpati; (x) il sistema di segnalazione difensiva Slawinsky; (xi) l’analisi dei boards giocati; insistendo, infine, per la sospensione dell’esecutorietà della sanzione ex art. 42 del Regolamento di Giustizia. Con provvedimento del 17 maggio 2016, il Presidente della Corte Federale di Appello, disposta la riunione dei reclami presentati dai tesserati e dal Procuratore Federale (il 21 aprile 2016), rinviava all’udienza del 27 maggio 2016, in procinto della quale venivano depositate integrazioni alla perizia da parte del dott. Totaro, in data 19 maggio 2016; assegnando termine ai primi per il deposito di ulteriori scritti a difesa. All’udienza del 27 maggio 2016, la Corte disponeva il rinvio per decisione al successivo 10 - 18 giugno e con sentenza di pari data la Corte, definitivamente pronunciando, rigettava i reclami formulati hic et inde, confermando in toto la sentenza di primo grado e compensando le spese di giudizio. 3.- Con ricorso del 18 luglio 2016, i tesserati hanno adìto il Collegio di Garanzia dello Sport onde ottenere la riforma della sentenza emessa dalla Corte di Appello Federale, affidando a molteplici motivi di diritto la loro istanza di riforma del provvedimento impugnato. I ricorrenti hanno affidato a molteplici motivi le censure mosse avverso il decisum della Corte di Appello: (i) in primo luogo hanno eccepito la carenza di giurisdizione e/o competenza degli organi di giustizia FIGB, per aver giudicato su di una fattispecie di “dimensione internazionale”, come emergerebbe dal fatto che i tesserati sono residenti nel Principato di Monaco; la violazione sarebbe stata commessa nel corso di tornei internazionali ai quali prendevano parte come rappresentanti nazionali del territorio monegasco; per i medesimi comportamenti è stata intrapresa una procedura da parte dell’European Bridge League, con conseguente attrazione della giurisdizione in favore degli “enti organizzatori delle manifestazioni”. Tale “attrazione” verso la giurisdizione della EBL sarebbe prevista dall’art. 5 del Codice disciplinare della EBL e confermata da una intervista rilasciata dal suo Presidente, Ives Aubry, riportata in estratto sub doc. 25 prodotto in atti, nonché da una comunicazione e-mail trasmessa dal Segretario degli Organi di Giustizia F.I.G.B., Dott. Natale (doc. 26). Ne discenderebbe, sotto altro profilo, anche una violazione del principio del ne bis in idem essendo, secondo i ricorrenti, la statuizione resa dalla Corte Federale in subiecta materia fondata su “…due pagine di inconsistente accademia…” (pagg. 3 e 4 della sentenza qui impugnata); poiché, se da un lato, quei Giudici hanno affermato la competenza (id est giurisdizione) per i fatti di gara per il solo Ente preposto alla organizzazione, dall’altro, la sua esclusiva competenza a valutare i comportamenti e a procedere all’irrogazione delle relative sanzioni in virtù del discredito che la FIGB “…avrebbe subìto dalla diffusione della notizia…”. Peraltro, il vizio motivazionale della sentenza risiederebbe nella distonìa tra quanto riportato nell’atto di deferimento, che richiamerebbe i principi di lealtà e probità, e la violazione degli artt. 15 dello Statuto Federale, così come degli artt. 2 e 3 del Codice di Comportamento Sportivo del CONI; mentre la Corte avrebbe radicato la sua “competenza” concorrente per sanzioni relative alla violazione dei principi governanti lo Statuto Federale e per il discredito portato dai tesserati. A loro dire, dalla lettura del capo di incolpazione emergerebbe l’identità dei fatti oggetto di entrambi i procedimenti; l’inesistenza di violazioni dei principi governanti lo Statuto Federale e il richiamo all’alterazione di gare internazionali. Ne discenderebbe, pertanto, che un medesimo fatto (“cheating”) sarebbe oggetto di due diversi procedimenti (con violazione del richiamato principio del ne bis in idem); risultando, in ogni caso, il ragionamento seguito dalla Corte errato, anche alla luce dell’art. 2 del Codice disciplinare EBL. (ii) Con il secondo motivo di ricorso, i Signori Nunes e Fantoni censurano il decisum del Collegio di secondo grado per violazione del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato, vizio di ultrapetizione, violazione del contraddittorio e per violazione dell’art. 1, comma 1, del Regolamento di Giustizia e dell’art. 2, comma 2, del Codice di Giustizia CONI. Ed infatti, secondo la difesa dei reclamanti, la sentenza si fonderebbe sulla violazione di una diposizione non contestata, ossia l’art. 48 dello Statuto Federale - a loro dire - non richiamata nell’atto di deferimento che, invece, rinvierebbe solamente gli artt. 15 dello Statuto Federale e 2 e 3 del Codice di Comportamento Sportivo del CONI; dal che discenderebbe la violazione del diritto di difesa dei tesserati. (iii) Col terzo motivo di doglianza, invece, i predetti contestano la violazione del diritto di difesa, l’omessa notificazione dell’atto di deferimento, l’introduzione nel procedimento di nuovi atti non trasmessi a seguito della comunicazione di conclusione delle indagini; la violazione dell’art. 1, comma 1, del Regolamento di Giustizia; nonché dell’art. 2, comma 2, del Codice di Giustizia Sportiva del CONI. Le norme appena richiamate sorreggono, inoltre, anche il terzo motivo di ricorso col quale gli istanti hanno lamentato la violazione del diritto di difesa e del contraddittorio, nonché l’illegittimità della declaratoria di inammissibilità della loro memoria, depositata il 17 dicembre 2015 e dei relativi allegati. (iv) L’omessa motivazione circa un punto decisivo della controversia, invece, costituisce la censura “racchiusa” nel quinto motivo di reclamo, col quale i Signori Nunes e Fantoni si dolgono avverso la sentenza di secondo grado, perché assunta in carenza della documentazione del procedimento internazionale, la cui acquisizione era stata disposta dal Tribunale Federale Nazionale; mentre, col sesto motivo, si censura la violazione del diritto di difesa alla luce del “metodo” con il quale si è addivenuti all’accertamento della responsabilità degli incolpati; oltre che per mancata partecipazione delle parti al processo di formazione della prova, nonché - anche sotto questo profilo - per “l’ultrapetizione” in cui sarebbe incorso il provvedimento impugnato; alla quale si affianca, infine, la violazione dell’art. 1 del Regolamento di Giustizia Sportiva unitamente all’art. 2, secondo comma, del Codice di Giustizia Sportiva del CONI. Secondo la difesa dei ricorrenti, la prova “decisiva” che avrebbe determinato la condanna del Fantoni e del Nunes sarebbe stata “autoprodotta” dai Giudici federali in camera di consiglio e, dunque, in assenza delle parti interessate. (v) Col settimo motivo, i tesserati denunciano l’omessa o insufficiente motivazione su di un punto decisivo della controversia, però rinviando alla perizia del Prof. Totaro, che non avrebbe tenuto in debito conto le relazioni tecniche prodotte nel corso del giudizio a firma dei Dott.ri Canela, Mateo e Colombo. (vi) Da ultimo, con l’ottavo motivo di reclamo i ricorrenti, a conclusione di tutte le doglianze mosse avverso la sentenza della quale richiedono la riforma, si dolgono della violazione del diritto alla difesa per aver (quei Giudici) effettuato (così sembrerebbe potersi desumere dal testo del motivo) la responsabilità “in forma dubitativa”, così incorrendo in una violazione del principio dell’onere della prova; insistendo, in definitiva, per: a) l’annullamento delle “decisioni” impugnate, con conseguente annullamento e/o revoca (senza rinvio) della sanzione della sospensione per anni tre; b) in via subordinata, l’annullamento delle predette decisioni con rinvio alla Corte di Appello Federale, previa indicazione del principio di diritto alla quale questa dovrà attenersi nella decisione del caso di specie. 3.1.- In data 25 luglio 2016 si è costituito anche il Procuratore Federale presso la FIGB, ai sensi dell’art. 60 del Regolamento di Giustizia CONI, insistendo per il rigetto del motivo concernente: (i) il difetto di giurisdizione, di quello col quale s’è inteso far valere la violazione del diritto alla difesa per omessa notifica dell’atto di deferimento; (ii) della censura atta a far valere una violazione del diritto di difesa per avvenuta declaratoria dell’inammissibilità della memoria difensiva del dicembre 2015 e dei suoi allegati; (iii) nonché per insussistenza della omessa motivazione e della carenza di documentazione; (iv) per inammissibilità della doglianza relativa al metodo di accertamento utilizzato e di quelle altre spiegate in relazione alla perizia del Prof. Totaro ed alle lamentate violazioni del diritto alla difesa contenuto nel reclamo dei tesserati. 3.2.- Con memoria di costituzione ed intervento del 27 luglio 2016 ha spiegato, altresì, le sue ragioni la Federazione Italiana Gioco Bridge, la quale ha contestato integralmente tutti i motivi di ricorso avversario evidenziando: (i) l’erroneo iter motivazionale inerente il difetto di giurisdizione sollevato ex adverso e la bontà della tesi difensiva espressa dalla Corte, per aver rilevato la distinzione tra i fatti avvenuti nel corso della gara da quelli “esterni” che comportino violazione degli obblighi imposti alla norma federale; (ii) l’erronea motivazione concernente la violazione del principio di rispondenza tra chiesto e pronunciato, come sarebbe dato desumersi dalla lettura del testo dell’atto di deferimento; (iii) l’errata motivazione in punto di violazione del diritto di difesa ed omessa notifica dell’atto di deferimento, alla luce della correttezza dell’iter notificatorio e della conoscenza dell’atto da parte del loro legale sin dal 25 novembre 2015; (iv) l’erronea motivazione della censura concernente la violazione del diritto alla difesa per inammissibilità della memoria difensiva e degli atti nel giudizio di primo grado, nonché della omessa motivazione su di un punto decisivo della controversia (rectius carenza di motivazione), attesa la piena autonomia dei procedimenti disciplinari pendenti dinanzi la EBL e presso gli Organi di Giustizia della FIGB; (v) l’erronea motivazione sulla censura relativa alla violazione del diritto di difesa, al vizio di ultrapetizione nonché sull’accertamento di responsabilità “in forma dubitativa”; (vi) l’erronea motivazione in merito alla censura concernente la omessa ed insufficiente motivazione su di un punto decisivo della controversia. Insistendo, in conclusione, per l’integrale rigetto del ricorso avversario, in primis perché inammissibile, secondo, poi, perché infondato in fatto ed in diritto. 3.3.- Con memoria del 23 settembre 2016, il Procuratore Federale ha esposto alcune ulteriori considerazioni volte ad evidenziare che la Commissione di Giustizia presso la European Bridge League ha condannato i tesserati per fatti avvenuti nel corso del campionato di Opatija, con interdizione per 5 anni da futuri eventi della EBL. Confermando, peraltro, la responsabilità delle Federazioni nazionali sul comportamento dei loro membri, anche la Lega Americana, ha disposto la condanna dei predetti per “collusive cheating” (ossia, segnalazioni vietate durante una competizione); radiandoli a vita quali membri della ACBL, con cancellazione dei risultati conseguiti nelle competizioni passate. Il Procuratore ha, dunque, concluso chiedendo volersi accertare l’inammissibilità e, comunque, il rigetto delle istanze avanzate dai ricorrenti. 3.4. – Con memoria ex art. 60, quarto comma, i ricorrenti hanno formulato le loro controdeduzioni alle memorie della Procura e della Federazione, insistendo per l’accoglimento delle rassegnate conclusioni. 3.5.- All’udienza del 4 ottobre 2016, sentiti i difensori delle parti, il ricorso è passato in decisione. Considerato in diritto 4.- Preliminarmente si pone all’attenzione del Collegio l’esame del I motivo di reclamo, col quale i tesserati eccepiscono il difetto e, dunque, la carenza di giurisdizione degli Organi della Giustizia Sportiva alla luce dell’erroneo richiamo fatto nella sentenza della Corte di Appello all’art. 48 dello Statuto Federale, a loro dire, non contestato nell’atto di deferimento, nel quale si rinvia all’art. 15 dello Statuto ed agli artt. 2 e 3 del Codice di Comportamento Sportivo del CONI. Peraltro, essendo il presente giudizio fondato su fatti identici a quello definito il 18 luglio 2016 dalla EBL, da ciò conseguirebbe la violazione del principio del ne bis in idem. Il motivo è infondato e va rigettato alla luce delle considerazioni che si evidenziano. Occorre prendere le mosse dal testo dell’atto di deferimento onde verificare se sussiste la “distonia” segnalata dai reclamanti i quali si dolgono della non corrispondenza tra questo e le norme in esso richiamate (l’art. 15 dello Statuto e gli artt. 2 e 3 del Codice di comportamento del CONI) ed il referente normativo richiamato nella sentenza della Corte di Appello (l’art. 48 dello Statuto Federale). Dalla lettura integrale dell’atto di deferimento emerge, senza tema di smentita, che detto deferimento è disposto per “… la violazione dell’art. 15 dello Statuto federale e degli artt. 2 e 3 del Codice di Comportamento CONI (richiamato dallo stesso articolo 15 per aver violato i principi di lealtà e probità, utilizzando un sistema di segnalazioni illecite…” (doc. 7 allegato al reclamo dei Signori Nunes e Fantoni). I principi di lealtà e probità, espressamente richiamati dal documento in esame, sono gli stessi identici menzionati anche dall’art. 48, comma a), dello Statuto Federale (richiamato in sentenza), che impone a ciascun tesserato o affiliato di “… mantenere condotta conforme ai principi della lealtà, della probità e della rettitudine nonché della correttezza morale in ogni rapporto legato alla qualità da lui rivestita di Affiliato o Tesserato…”. Se, dunque, ci si sofferma sul contenuto effettivo della violazione contestata nell’uno o nell’altro documento non può non pervenirsi alla evidente e quanto mai ovvia conclusione che: (i) l’operato della Corte non sembra suscettibile di “censura” avendo richiamato il Collegio d’appello (sia pure per il tramite dell’art. 48) quegli stessi principi che si assumono essere stati violati dai tesserati nell’atto di deferimento; (ii) il Collegio ben poteva fare rinvio a questa norma in forza del principio iura novit curia, che è un principio generale del processo civile al quale gli Organi di Giustizia Sportiva conformano la propria attività ex art. 2, comma 6, del Codice di Giustizia Sportiva; (iii) si tratterebbe, in ogni caso ed a tutto voler concedere, di un mero vizio formale, in quanto tale, inidoneo a costituire violazione dei principi del processo sportivo e insuscettibile di costituire causa di invalidità dell’atto ex art. 2, comma 5, del Codice di Giustizia Sportiva. Per quel che concerne, inoltre, la pretesa identità dei fatti contestati nell’uno e nell’altro procedimento ai tesserati, non sembra a questo Collegio che la tesi in esame possa trovare miglior sorte anche alla luce dei restanti profili coi quali si è tentato di censurare l’operato della Corte d’Appello. E ciò, dal momento che la Corte ha correttamente evidenziato, con motivazione immune da vizi logico - giuridici, che: “… il procedimento disciplinare sportivo si differenzia in relazione alle situazioni in cui gli eventi si sono verificati, differenziandosi in procedimento per fatti avvenuti nel corso di una gara e per fatti che, invece, essendo estranei alla gara comportino violazione degli obblighi imposti dalla normativa federale”, tanto da precisare che “è ovvio che per i fatti di gara sarà competente il solo ente preposto alla organizzazione, ove fornito di giurisdizione, e che le sanzioni imposte saranno relative solo alle manifestazioni sportive organizzate da quell’ente. E che per gli altri addebiti, nella fattispecie la violazione dell’art. 48 dello Statuto Federale, e ogni altra richiesta connessa, abbia giurisdizione la sola federazione di appartenenza …”. Sino ad evidenziare, a scanso di ogni incomprensione, che: “La Federazione Italiana Giuoco Bridge nel caso di specie, quindi, non reclama, sanzioni per la gara, alla quale essa è estranea, ma sanzioni per la violazione dei principi governanti lo Statuto Federale …” (pag. 5, penultimo ed ultimo capoverso, pag. 6, II capoverso). Tale affermazione deve ritenersi, peraltro, anche confermata dal documento, prodotto in data 23 settembre 2016 con la memoria del Procuratore Federale, dal quale si evince che le sanzioni sono state irrogate ai ricorrenti solo per le competizioni e gli eventi organizzati dalla EBL. Con la conseguenza che, in ipotesi, prima della squalifica i due giocatori avrebbero potuto disputare competizioni in Italia in assenza di una autonoma decisione a livello nazionale. Le considerazioni sin qui esposte evidenziano, pertanto, la correttezza dell’iter argomentativo seguito dai Giudici d’appello e, di converso, l’infondatezza del I motivo di reclamo che deve essere rigettato. Deve essere confermata, pertanto, la giurisdizione sulla questione degli Organi di Giustizia Sportiva. 5.- Ciò posto, in merito al superato problema di giurisdizione, sempre preliminarmente, il Collegio ritiene che la presente controversia rientri nella propria sfera di competenza, ai sensi del combinato disposto dell’art. 12 bis dello Statuto del CONI e dell’art. 54 del Codice di Giustizia Sportiva CONI. Ciò in coerenza con il principio che individua nel Collegio di Garanzia dello Sport presso il CONI l’organo di chiusura del sistema di tutela della giustizia sportiva. La fattispecie oggetto del presente giudizio può, infatti, ritenersi riconducibile al novero di quelle in relazione alle quali non sono previsti rimedi nell’ambito della giustizia federale. 6.- Col secondo motivo di ricorso, i tesserati si dolgono della violazione tra chiesto e pronunciato che dovrebbe rinvenirsi - secondo la loro ricostruzione - nella circostanza che la Corte di Appello avrebbe richiamato l’art. 48 dello Statuto Federale in luogo degli artt. 15 dello Statuto Federale e 2 e 3 del Codice di Comportamento CONI, menzionati nell’atto di deferimento. Ma anche tale censura si rivela destituita di fondamento, anche e soprattutto alla luce delle ragioni già evidenziate in merito al motivo che precede. Ed infatti, giova osservare che, in primo luogo, la sentenza qui impugnata, oltre a menzionare l’art. 48, fa anche rinvio “…ad ogni altra richiesta connessa...”, il che esclude la possibilità di aderire alla singolare opzione ermeneutica prospettata dai ricorrenti. Vi si aggiunga, oltretutto, il rilievo che, ai sensi dell’art. 1, comma 6, del Codice della Giustizia Sportiva, per quanto non disciplinato, gli Organi di Giustizia Sportiva conformano la propria attività ai principi ed alle norme generali del processo civile. Tra questi v’è, di certo, il principio secondo il quale i giudicanti non possono non conoscere la legge e che l’aver indicato il referente normativo del caso nell’art. 48 e non negli art. 15 dello Statuto e 2 e 3 del Codice di Comportamento Sportivo del CONI nulla muta ai fini della violazione contestata e della sanzione applicata. In ogni caso, non pare affatto condivisibile quanto sostenuto dai tesserati, secondo i quali ciò avrebbe comportato la contestazione di un “nuovo addebito” avverso il quale non hanno mai potuto difendersi; se sol si consideri che, nel rinviare alla disposizione in parola, quei giudici hanno reiteratamente precisato che la violazione di cui si tratta concerne la lealtà sportiva (vedi sentenza, pag. 9, lett. d, I capoverso, ultima linea), che è il primo dei principi ai quali i tesserati hanno il dovere di attenersi, ai sensi dell’art. 15 dello Statuto Federale. Una erronea prospettiva (quella prospettata nel ricorso), in effetti, che si fonda sulla semplice distinzione tra due articoli senza valutare il loro effettivo contenuto. Una doglianza questa, in definitiva, priva di pregio, che inficia e travolge il secondo motivo d’appello, che non può che essere rigettato. 7.- Al terzo motivo di reclamo è, invece, affidata la richiesta di accertamento della violazione del diritto alla difesa degli incolpati per omessa tempestiva notifica dell’atto di deferimento. Ma anche questo è deputato a seguire la sorte dei motivi che lo precedono. E’ avviso, infatti, del Collegio che l’atto di deferimento non solo sia stato correttamente comunicato, ma - peraltro - che, in ogni caso, alcuna compressione del diritto alla difesa possa essersi verificata nel caso che ci occupa. Depone in tal senso il doc. 8 allegato dai Signori Nunes e Fantoni, il quale reca la data del 25 novembre 2015 e risulta essere stato trasmesso ad essi personalmente ed al loro difensore proprio il 25 novembre 2015. Per di più, anche a voler prescindere da ciò, appare del tutto coerente con quanto prescritto dall’art. 12 del R.G. (comma terzo) il procedimento notificatorio seguito per tutti gli atti (peraltro, risultati sempre pervenuti a legale conoscenza degli incolpati anche alla luce delle loro puntuali difese) presso la segreteria del Tribunale Federale. Non potendosi ascrivere nel novero dei vizi procedurali portati all’attenzione di questa Corte l’omessa indicazione dell’indirizzo di posta elettronica certificata al quale ricevere le comunicazioni legali; né potendo supplire a tale omissione (come sostenuto dalla difesa dei reclamanti) il documento 28, col quale il difensore chiede copia di alcuni atti (non altro). Si deve considerare, inoltre, che la nullità non può mai essere pronunciata in presenza di un atto che abbia raggiunto il suo scopo (art. 156, III comma, c.p.c.) e che essa non può essere opposta dalla parte che vi ha dato causa (art. 157, III comma, c.p.c.); si deve, altresì, tenere conto del fatto che detti principi informano anche questo processo, ai sensi del richiamo ad essi operato ex art. 2, comma 6, del CGS, si deve, in definitiva, condividere l’argomentazione seguita dai Giudici della Corte di Appello, con conseguente rigetto anche di questo motivo che si palesa assolutamente destituito di fondamento. 8.- La violazione prospettata col quarto motivo di reclamo appare, invero, strumentale, dal momento che in atti risulta che gli incolpati hanno sempre avuto modo e tempo per articolare le loro difese - più che corpose; avendo, sino in limine e sia pure alle udienze, potuto sempre esporre le proprie opzioni argomentative, come confermato anche dalla Corte di Appello Federale. Non sussiste, ad avviso di questo Collegio, alcuna lesione del diritto alla difesa dei tesserati. Ne discende, dunque, che anche tale motivo non può trovare accoglimento. 9.- Perveniamo ora, in ossequio all’ordine espositivo dei ricorrenti, al quinto motivo di reclamo. A prescindere dal fatto che si tenti di introdurre un motivo inammissibile, dal momento che non è dato comprendere quale fosse il punto decisivo della controversia in forza del quale, ad avviso dei reclamanti, la Corte avrebbe dovuto addivenire ad una diversa statuizione; il Collegio ritiene infondato anche questo motivo alla luce delle considerazioni esposte sub punto 1 della presente sentenza in forza e ragione delle quali s’è ampiamente motivato sulla indipendenza dei due procedimenti. Peraltro, anche a voler condividere la tesi dei reclamanti, in forza della quale quei documenti avrebbero potuto spiegare forza dirimente in seno all’accertamento dei fatti di causa, ritiene il Collegio che l’autonomia procedurale tra i due giudizi e le ampie difese accordate ai signori Nunes e Fantoni permettono di escludere qualsivoglia lesione delle ipotesi difensive dei due giocatori. A ciò si aggiunga, come anticipato, che la mancata acquisizione o valutazione di quei documenti non è suscettibile di costituire quella violazione per omessa decisione su di un punto decisivo della controversia. Così risultando il motivo in esame proceduralmente inammissibile, prima ancora che infondato. 10.- Il sesto motivo di reclamo raccoglie una censura singolare, ma non per questo fondata. Esso è inammissibile sotto diversi motivi: in primo luogo, perché ritiene di sottoporre al vaglio del Collegio la valutazione che delle risultanze dell’elaborato peritale è stata fatta da parte della Corte d’Appello rispetto all’omessa considerazione accordata alle consulenze di parte. Ma nel far ciò, la difesa dei ricorrenti si profonde, in realtà, nella esposizione delle ragioni che avrebbero dovuto portare a valutare alcuni elementi di prova in luogo di altri; così indirizzando a questo Collegio censure di merito alle quali, tuttavia, esso stesso non è deputato, con conseguente inammissibilità dell’intero motivo. Peraltro, a corredo dei rilievi poc’anzi esposti, ne sovvengono altri, volti ad evidenziare come la difesa dei tesserati abbia voluto prospettare, in maniera del tutto segmentata, parti del provvedimento qui impugnato, tanto da farvi apparire una violazione del diritto di difesa che, invero, non si è consumata. La circostanza, poi, che i Giudici della Corte di Appello Federale potessero disporre di una conoscenza delle regole del gioco del bridge non ha comportato alcuna compressione dei diritti dei tesserati né, tantomeno, l’ingresso di una cognizione privata (forse a ciò si ritiene volesse riferirsi il motivo di ricorso qui in esame), potendo equipararsi quella valutazione ad un più che prudente apprezzamento delle risultanze alle quali era pervenuta la consulenza del Prof. Totaro. Devesi, pertanto, censurare il tentativo dei reclamanti di rinvenire in ciò una violazione dei principi informatori della prova: risultando, invece, pienamente rispettato il principio dispositivo in forza di prove regolarmente assunte al processo, senza violazione alcuna dell’art. 2, comma 6, e secondo un più che lecito giudizio postumo, di una prova già in atti. Sia consentito, da ultimo, rilevare che la circostanza rimarcata dai ricorrenti che anche “… bridgisti non certamente al livello dei campioni oggi incolpati…” siano stati in grado di riscontrare quanto poi accertato a carico dei tesserati, sembrerebbe semmai (melius re perpensa) confermare la bontà di quel ragionamento seguito dalla Corte di Appello, nel merito del quale, tuttavia, questo Collegio non può né dovrebbe entrare alla luce delle regole procedurali che limitano e circoscrivono il suo operato. Ne discende, allora, che anche tale motivo non può, in questa sede, trovare accoglimento. 11.- Per quel che concerne, invece, il settimo e l’ottavo motivo, che si trattano congiuntamente in ossequio all’ordine d’esposizione scelto dai ricorrenti ed, oltretutto, in ragione dell’assonanza delle censure in essi prospettate, deve, infine, rilevarsi quanto segue. Il prologo del settimo motivo ne costituisce, invero ed al contempo, l’epilogo: con esso la difesa dei tesserati si sofferma e denuncia rilievi “… in ordine alla valutazione di tali risultanze …”; così rendendo inaccessibile tale doglianza rispetto alla cognizione del Collegio che, lo si ripete, non è né può essere deputato a rivalutare le risultanze probatorie emerse nel corso del giudizio. 12.- L’ottavo motivo, invece, non viene affatto prospettato, risolvendosi nella mera riproposizione di stralci ‘”segmentati” del terreno sul quale è stata costruita la sentenza dei Giudici dell’appello, il cui contenuto risulta - per certo - di diverso tenore se esaminato complessivamente. Esso è, pertanto, certamente inammissibile e conclude il complesso delle doglianze dei ricorrenti che devono, definitivamente e integralmente, essere rigettate. 13.- In conclusione, il ricorso deve essere respinto, con la conseguente conferma della impugnata decisione della Corte Federale di Appello del 10 - 18 giugno 2016. Le spese seguono la soccombenza nella misura di euro 2.000,00 oltre accessori di legge, in favore della intimata Federazione Italiana Gioco Bridge.
P.Q.M.
Il Collegio di Garanzia dello Sport Quarta Sezione Respinge il ricorso. Le spese seguono la soccombenza, liquidate, nella misura di € 2.000,00, oltre accessori di legge, in favore della resistente FIGB.
DISPONE la comunicazione della presente decisione alle parti tramite i loro difensori anche con il mezzo della posta elettronica.
Così deciso in Roma, nella sede del CONI, in data 4 ottobre 2016.
Il Presidente F.to Dante D’Alessio
La Relatrice F.to Cristina Mazzamauro
Depositato in Roma in data 7 dicembre 2016.
Il Segretario F.to Alvio La Face