Massima n. 288397
Decisione C.A.F.: Comunicato Ufficiale n. 21/C Riunione del 8 Febbraio 2002 n. 4/5 – www.figc.it Decisione impugnata: Delibera della Commissione Disciplinare presso la Lega Nazionale Professionisti - Com. Uff. n.233 del 24.1.2002 Impugnazione - istanza: - Appello del calciatore S.J. avverso le sanzioni della squalifica per mesi 5 - a far data dal 17.11.2001, dell’ammenda di € 50.000,00 con l’ulteriore misura di controlli senza preavviso per mesi 5 dalla scadenza del periodo di squalifica, inflitte a seguito di deferimento dell’ufficio di Procura Antidoping del C.O.N.I. Appello dell’ufficio di Procura Antidoping del C.O.N.I. avverso le sanzioni della squalifica per mesi 5 - a far data dal 17.11.2001 – e dell’ammenda di € 50.000,00, con l’ulteriore misura di controlli senza preavviso per la durata di mesi 5 a decorrere dal termine della squalifica, inflitta a seguito di proprio deferimento al calciatore S.J. Massima: La disciplina regolamentare vigente in materia di doping (ed in particolare l’art.13) sembra chiaramente configurare due distinte tipologie: il doping intenzionale e il doping non intenzionale, per il quale opera, se non una vera e propria responsabilità di tipo oggettivo (si veda anche l’art.12, comma 4, del vigente Regolamento Antidoping), quanto meno una presunzione di responsabilità colpevole. Non a caso è richiesta solo nella prima ipotesi (doping intenzionale) una specifica dimostrazione, seppur con qualsiasi mezzo, dell’elemento soggettivo qualificato nell’agire dell’atleta. Nel secondo caso (doping non intenzionale) è sufficiente l’accertamento della presenza della sostanza proibita nel campione e il superamento della soglia prescritta dal C.I.O. per integrare la violazione, che si presume colpevole. Sta all’atleta, in quest’ultimo caso, fornire seri ed obiettivi elementi di discolpa, che possano dimostrare un’assunzione non solo non intenzionale e inconsapevole ma anche incolpevole, potendosi ad esempio configurare la responsabilità colposa del soggetto anche per l’assunzione, avvenuta con leggerezza, di integratori alimentari di dubbio contenuto o comunque (nel momento attuale di estrema confusione in materia) la cui non contaminazione non sia seriamente e scientificamente testata. Sicché, gli elementi forniti a discolpa da parte del calciatore, seppur rilevanti ai fini della definizione di un quadro di assunzione occasionale sporadica ed in ogni caso non intenzionale, nonché comunque ai fini della determinazione delle sanzioni, non sono in grado di vincere la presunzione di responsabilità che vige a suo carico. Massima: Il Regolamento Antidoping vigente, di cui al C.U. n.33 del 21 agosto 2001 prevede, all’art. 13, comma 1, lett. b), per i casi di doping non intenzionale accertato per la prima volta, e concernente sostanze diverse da quelle elencate alla lettera a) del medesimo comma, tre diverse tipologie di sanzioni, in ordine progressivo di aggravamento, non solo perciò la sospensione dall’attività. Per le infrazioni qualificabili come meno gravi sono infatti previsti, nell’ordine, il divieto di partecipare a una o più manifestazioni sportive e la multa. Nei casi di indubbia rilevanza dell’accaduto si può intervenire, a titolo preventivo, attraverso la sanzione più grave, ovvero quella sospensiva, di cui al punto III. La richiamata disposizione, pur prevedendo un periodo minimo biennale di sospensione dalle gare e dall’attività sportiva, consente, tuttavia, in base a circostanze specifiche ed eccezionali, eventualmente di “modificare”, e pertanto anche di ridurre in maniera sostanziosa, la predetta sanzione minima. Non può concordarsi con la Procura Antidoping circa l’impossibilità, nell’esercizio della predetta facoltà di modifica, di scendere al di sotto del limite minimo del terzo della sanzione biennale (8 mesi), alla stregua della previsione dell’art. 12, comma 3, del Regolamento, che prevede la riduzione della sanzione fino ad un massimo di due terzi in favore dell’atleta che abbia fornito una collaborazione determinante per l’accertamento delle responsabilità connesse alla vicenda di doping oggetto di indagine. Trattasi, infatti, in quest’ultimo caso, di fattispecie specifica, di portata autonoma, che non può in alcun modo precludere l’utilizzabilità del potere generale di modifica, a fronte della sussistenza delle necessarie condizioni, introdotto dal menzionato art. 13, comma 1, lett. b), punto III. E ciò in virtù della discrezionalità particolarmente ampia che il regolamento consente nel quantificare la sanzione in presenza di “circostanze specifiche eccezionali ”; discrezionalità che è frutto di scelte di politica sportiva sulle quali non è consentito interloquire. Massima: Non può revocarsi in dubbio che la “riduzione” di cui all’art. 12 e la “modifica” di cui all’art. 13 siano fattispecie distinte, fatte dipendere ciascuna da presupposti di differente natura, a carattere esclusivamente soggettivo nel primo caso (“la collaborazione determinante per l’accertamento della verità” fornita dall’atleta), ed a carattere oggettivo nel secondo (la presenza di “circostanze specifiche eccezionali ”). Ciò posto, un corretto approccio ermeneutico delle disposizioni regolamentari in esame non preclude di applicare al caso concreto, presenti i relativi presupposti, il potere di “modifica” di cui all’articolo 13, senza fissare limiti (né reperendoli aliunde) che lo stesso articolo non prevede. Non sembra dunque che l’operato della Commissione Disciplinare meriti censure per aver fissato la sospensione del calciatore al di sotto degli otto mesi, riconoscendo la sussistenza dell’ipotesi di cui all’art. 13, ed individuando così la pena in una misura inferiore al limite minimo stabilito dall’art. 12. Decisione C.A.F.: Comunicato Ufficiale n. 21/C Riunione del 8 Febbraio 2002 n. 1/2/3 – www.figc.it Decisione impugnata: Delibera della Commissione Disciplinare presso la Lega Nazionale Professionisti - Com. Uff. n. 233 del 24.1.2002 Impugnazione - istanza: Appello del calciatore G.S.J avverso le sanzioni della squalifica per mesi 4 - a far data dal 22.11.2001 - e dell’ammenda di € 50.000,00 con l’ulteriore misura di controlli senza preavviso per la durata di mesi 4 a decorrere dal termine della squalifica, inflitte a seguito di deferimento dell’ufficio di Procura Antidoping del C.O.N.I. Appello del Brescia Calcio avverso le sanzioni della squalifica per mesi 4 - a far data dal 22.11.2001 - e dell’ammenda di € 50.000,00 con l’ulteriore misura di controlli senza preavviso per la durata di mesi 4 a decorrere dal termine della squalifica, inflitte al calciatore G.S.J. a seguito di deferimento dell’ufficio di Procura Antidoping del C.O.N.I. Appello dell’ufficio di Procura Antidoping del C.O.N.I. avverso le sanzioni dela squalifica per mesi 4 - a far data dal 22.11.2001 - e dell’ammenda di € 50.000,00 con l’ulteriore misura di controlli senza preavviso per la durata di mesi 4 a decorrere dal termine della squalifica, inflitte a seguito di proprio deferimento al calciatore G.S.J. Massima: Quando il calciatore non è stato condannato in relazione a doping intenzionale (art. 13, comma 2, del Regolamento), ma in ordine a doping non intenzionale (art. 13, comma 1, dello stesso Regolamento) non è in discussione l’assunzione non intenzionale di sostanza dopante, di talché sostenere che non ha inteso ricercare volontariamente prestazioni più elevate con mezzi illeciti è ribadire quanto gli è stato già riconosciuto in sede di contestazione e di decisione di primo grado, diversamente detto, è fare affermazione che nulla toglie, ma poco aggiunge alla sua difesa. L’introduzione del Codice di comportamento in materia di lotta al doping nel sistema di norme che regolano l’attività calcistica comporta senza alcun dubbio aggiustamenti nell’individuazione dei profili di responsabilità da addebitare al calciatore, ma quanto sostenuto dall’appellante deve tener conto dei principi fissati dal Regolamento, che è la normativa base in fatto di lotta al doping nello sport, e della conseguente necessità che siano salvaguardate le linee guida lungo le quali l’azione di contrasto del fenomeno deve muoversi. Massima: La normativa regolamentare attualmente in vigore (ed in particolare l’art. 13 del Regolamento) configura due distinte ipotesi di doping: un doping intenzionale ed un doping non intenzionale. Occorre tener presente, ancora, che l’insieme delle disposizioni contenute nel Regolamento lascia chiaramente intendere che in relazione alla seconda (doping non intenzionale) opera, se non una vera e propria responsabilità di tipo oggettivo, quantomeno una presunzione di responsabilità colpevole. Per rendersene conto è sufficiente riflettere che solo nell’ipotesi di doping intenzionale è richiesta dall’art. 13, comma 7, del Regolamento, una specifica dimostrazione, seppure con qualsiasi mezzo, dell’elemento soggettivo, mentre analoga dimostrazione non è richiesta per il caso di doping non intenzionale, in relazione al quale è sufficiente l’accertamento della presenza della sostanza proibita nel liquido fisiologico dell’atleta ed il superamento della soglia prescritta dal C10 perché la violazione, che si presume colpevole, sia integrata. Decisione CAF: Comunicato Ufficiale n. 6/C del 6 settembre 2001 n. 9,10 – www.figc.it Decisione impugnata: Delibera della Commissione Disciplinare presso la Lega Nazionale Professionisti - Com. Uff. n. 47 del 29.8.2001 Impugnazione - istanza: Appello dell’ufficio di Procura Antidoping del C.O.N.I. avverso le sanzioni della sospensione per mesi 5 dal 17.5.2001 e dell’ammenda di lire 100.000.000, inflitte al calciatore D.E. a seguito di proprio deferimento. Appello del calciatore D.E. avverso le sanzioni della sospensione per mesi 5 dal 17.5.2001 e dell’ammenda di L. 100.000.000, inflitte a seguito di deferimento dell’ufficio di Procura Antidoping del C.O.N.I. Massima: La disciplina regolamentare vigente in materia di doping (ed in particolare il citato art. 13) sembra chiaramente configurare due ben distinte tipologie: il doping intenzionale e il doping non intenzionale, per il quale opera, se non una vera e propria responsabilità di tipo oggettivo (si veda anche l’art 12. comma 4, del vigente Regolamento Antidoping), quanto meno una presunzione di responsabilità colpevole. Non a caso è richiesta solo nella prima ipotesi (doping Intenzionale) una specifica dimostrazione, seppur con qualsiasi mezzo, dell'elemento soggettivo qualificato nell'agire dell'atleta. Nel secondo caso (doping non intenzionate) è sufficiente l'accertamento della presenza della sostanza proibita nel campione e il superamento della soglia prescritta dal C.I.O. per integrare la violazione, che si presume colpevole. Sta all'atleta, in quest'ultimo caso, fornire seri ed obiettivi elementi di discolpa, che possano dimostrare un'assunzione non solo non intenzionale e inconsapevole, ma anche incolpevole, potendosi ad esempio configurare la responsabilità colposa del soggetto anche per l'assunzione, avvenuta con leggerezza, di una bevanda di origine Ignota o di dubbio contenuto. Decisione CAF: Comunicato Ufficiale n. 6/C del 6 settembre 2001 n. 7, 8 – www.figc.it Decisione impugnata: Delibera della Commissione Disciplinare presso la Lega Nazionale Professionisti - Com Uff. n. 47 del 29.8.2001 Impugnazione - istanza: Appello dell’ufficio di Procura Antidoping del C.O.N.I. avverso le sanzioni della sospensione per mesi 5 dal 14.6.2001 e dell’ammenda di L. 50.000.000. inflitte al calciatore T.S. a seguito di proprio deferimento. Appello del calciatore T.S. avverso le sanzioni della sospensione per mesi 5 dal 14.6.2001 e dell’ammenda di L. 50.000.000 inflitte a seguito di deferimento dell’ufficio di Procura Antidoping del C.O.N.I. Massima: La disciplina regolamentare vigente in materia di doping (ed in particolare il citato art. 13) sembra chiaramente configurare due ben distinte tipologie: il doping intenzionale e il doping non intenzionale, per il quale opera, se non una vera e propria responsabilità di tipo oggettivo (si veda anche l’art 12. comma 4, del vigente Regolamento Antidoping), quanto meno una presunzione di responsabilità colpevole. Non a caso è richiesta solo nella prima ipotesi (doping Intenzionale) una specifica dimostrazione, seppur con qualsiasi mezzo, dell'elemento soggettivo qualificato nell'agire dell'atleta. Nel secondo caso (doping non intenzionate) è sufficiente l'accertamento della presenza della sostanza proibita nel campione e il superamento della soglia prescritta dal C.I.O. per integrare la violazione, che si presume colpevole. Sta all'atleta, in quest'ultimo caso, fornire seri ed obiettivi elementi di discolpa, che possano dimostrare un'assunzione non solo non intenzionale e inconsapevole, ma anche incolpevole, potendosi ad esempio configurare la responsabilità colposa del soggetto anche per l'assunzione, avvenuta con leggerezza, di una bevanda di origine Ignota o di dubbio contenuto. Decisione CAF: Comunicato Ufficiale n. 6/C del 6 settembre 2001 n. 5 – www.figc.it Decisione impugnata: Delibera della Commissione Disciplinare presso la Lega Nazionale Professionisti -Com. Uff. n.16 del 277.2001 Impugnazione - istanza: Appello del calciatore G.J.F. avverso le sanzioni della squalifica per mesi dieci dal 19 aprile 2001, dell’ammenda di L. 50.000.000 e di controlli antidoping a sorpresa, a cura dell’ufficio di Procura Antidoping del C.O.N.I. per la durata di mesi sei, a decorrere dalla scadenza della squalifica, a norma dell’art. 13 comma 6 del Regolamento Antidoping del C.O.N.I, inflitte a seguito di deferimento dell’ufficio di Procura Antidoping del C.O.N.I. Massima: La disciplina regolamentare vigente in materia di doping (ed in particolare il citato art. 13) sembra chiaramente configurare due ben distinte tipologie: il doping intenzionale e il doping non intenzionale, per il quale opera, se non una vera e propria responsabilità di tipo oggettivo (si veda anche l’art 12. comma 4, del vigente Regolamento Antidoping), quanto meno una presunzione di responsabilità colpevole. Non a caso è richiesta solo nella prima ipotesi (doping Intenzionale) una specifica dimostrazione, seppur con qualsiasi mezzo, dell'elemento soggettivo qualificato nell'agire dell'atleta. Nel secondo caso (doping non intenzionate) è sufficiente l'accertamento della presenza della sostanza proibita nel campione e il superamento della soglia prescritta dal C.I.O. per integrare la violazione, che si presume colpevole. Sta all'atleta, in quest'ultimo caso, fornire seri ed obiettivi elementi di discolpa, che possano dimostrare un'assunzione non solo non intenzionale e inconsapevole, ma anche incolpevole, potendosi ad esempio configurare la responsabilità colposa del soggetto anche per l'assunzione, avvenuta con leggerezza, di una bevanda di origine Ignota o di dubbio contenuto.