F.I.G.C. – CORTE FEDERALE D’APPELLO – Sezione II – 2017/2018 – figc.it – atto non ufficiale – Decisione pubblicata sul C. U. n. 83/CFA del 15 febbraio 2018 (motivazioni) relativa al C. U. n. 52/CFA del 26 Ottobre 2017 (dispositivo) – RICORSO DEL PROCURATORE FEDERALE AVVERSO IL PROSCIOGLIMENTO: 1. SIG. LO MONACO PIETRO, ALL’EPOCA DEI FATTI DIRETTORE GENERALE E AMMINISTRATORE DELEGATO DELLA SOCIETÀ CALCIO CATANIA S.P.A., PER VIOLAZIONE DELL’ART.1 BIS, COMMA 1 C.G.S.; 2. SOCIETA’ CALCIO CATANIA S.P.A. A TITOLO DI RESPONSABILITÀ, PER VIOLAZIONE EX ART. 4, COMMI 1 E 2 C.G.S.; SEGUITO PROPRIO DEFERIMENTO – NOTA N. 14409/819 PF16-17 GM/GP/AC DEL 27.6.2017 (Delibera del Tribunale Federale – Sezione Disciplinare – Com. Uff. n. 10 del 19.9.2017)
RICORSO DEL PROCURATORE FEDERALE AVVERSO IL PROSCIOGLIMENTO:
- SIG. LO MONACO PIETRO, ALL’EPOCA DEI FATTI DIRETTORE GENERALE E AMMINISTRATORE DELEGATO DELLA SOCIETÀ CALCIO CATANIA S.P.A., PER VIOLAZIONE DELL’ART.1 BIS, COMMA 1 C.G.S.;
- SOCIETA’ CALCIO CATANIA S.P.A. A TITOLO DI RESPONSABILITÀ, PER VIOLAZIONE EX ART. 4, COMMI 1 E 2 C.G.S.;
SEGUITO PROPRIO DEFERIMENTO - NOTA N. 14409/819 PF16-17 GM/GP/AC DEL 27.6.2017 (Delibera del
Tribunale Federale - Sezione Disciplinare - Com. Uff. n. 10 del 19.9.2017)
Con atto ritualmente notificato, la Procura Federale proponeva reclamo avverso il proscioglimento del sig. Pietro Lomonaco, all’epoca dei fatti Direttore Generale ed Amministratore Delegato della società Calcio Catania S.p.A., per violazione dell’art. 1 bis comma 1 C.G.S e della detta società, a titolo di responsabilità oggettiva, ex art. 4 commi 1 e 2.
L’Organo Requirente fondava le fattispecie accusatorie sui seguenti analitici accadimenti:
a) nel corso della partita di calcio Catania-Matera, Campionato Lega Pro, girone C disputata il 7.2.2017, i giocatori della squadra etnea, così come pubblicizzato nel sito Internet ufficiale della citata società calcistica, erano scesi in campo con il lutto al braccio per ricordare la figura del sig. Francesco Famoso, storico tifoso catanese deceduto nei giorni precedenti dopo lunga malattia, fondatore del gruppo ultras “Falange d’Assalto” e tifoso carismatico della locale squadra di calcio;
b) per onorare la memoria del detto tifoso, prima dell’inizio della partita, i calciatori avevano osservato un minuto di silenzio;
c) durante il minuto di raccoglimento, prima dell’inizio della gara, nonostante il divieto espresso dal dirigente della Questura in occasione della riunione (GOS) svoltasi nei giorni antecedenti la gara in questione, veniva proiettata sul maxischermo dello stadio Massimino di Catania, una fotografia che ritraeva il sig. Francesco Famoso.
Assumeva la Procura che nella nota con la quale il dirigente della DIGOS della Questura di Catania informava l’Osservatorio Nazionale delle Manifestazioni Sportive e la Procura stessa, si rappresentava che il sig. Famoso si sarebbe distinto nel corso degli anni per aver posto in essere, anche in contesti non sportivi, comportamenti violenti, tanto da essere stato sottoposto a DASPO nell’anno 1993, mentre nel 2003 era stato denunciato per aver rivolto minacce a un dirigente della società Messina durante una trasferta a Roma ed era stato ulteriormente denunciato nell’anno 2011 per minacce e violenza nei confronti di alcuni stewart in occasione di una partita di calcio disputata tra il Catania e la squadra di calcio del Milazzo.
Per i fatti di cui ai capi di incolpazione, il Tribunale Federale Nazionale - Sezione Disciplinare, con decisione pubblicata nel comunicato ufficiale 10/TFN (2017-2018) del 19.9.2017 aveva prosciolto il sig. Pietro Lomonaco e la società Calcio Catania S.p.A. e la detta decisione non è stata condivisa dalla Procura Federale, che ha introdotto l’impugnazione deducendo l’erronea valutazione degli elementi di prova.
Motivi della decisione
Dubita, preliminarmente, la Corte che una richiesta diretta a far scendere in campo i calciatori con il lutto al braccio ed osservare un minuto di silenzio per commemorare il ricordo di un tifoso quanto mai noto, possa integrare un comportamento antiregolamentare, anche perché, alla richiesta fa seguito una decisione dei competenti Uffici Federali e se questa decisione viene assunta in difetto dei presupposti, é la decisione che se del caso deve essere censurata e non la richiesta.
L’autorizzazione viene emessa previo vaglio di sussistenza di validi motivi e presupposti, che evidentemente, nella fattispecie erano stati reputati meritevoli di accoglimento, per cui, non potrebbe ravvisarsi una violazione, nell’osservanza di comportamenti debitamente autorizzati. Sul punto è stato sentito proprio il responsabile dell’Ufficio preposto al rilascio della richiesta autorizzazione e lo stesso ha riferito di aver fatto accertamenti sulla figura del tifoso da commemorare ed era emerso soltanto il suo forte e spiccato tifo per la sua squadra, mentre nulla era stato riscontrato sui suoi asseriti procedimenti penali o sanzioni in ambito sportivo.
In ogni caso ed a prescindere dalle osservazioni che precedono, a cui dovrebbe riconoscersi carattere assorbente, il reclamo deve essere rigettato perché, come ha correttamente osservato la decisione impugnata, i capi di incolpazione sono risultati totalmente sforniti di prova.
Ed invero, non può riconoscersi carattere probatorio alla nota della Questura, per variegati motivi.
In primo luogo, il citato provvedimento di DASPO era risalente all’anno 1993 e se la sanzione-pena è stata scontata, non se ne possono aggiungere ulteriori, fino a colpire la stessa memoria della persona interessata, in un atto post mortem.
Non possono costituire altresì elementi di prova le circostanze attinenti alle denunce dell’anno 2003 e dell’anno 2011.
In atti non vi è traccia di condanne conseguenti alle dette denunce e la nostra Carta Fondamentale riconosce che l’imputato non è considerato colpevole sino alla condanna definitiva, laddove, nella fattispecie, non è stata neanche data la prova che alle proposte denunce sia seguito il pur semplice rinvio a giudizio.
Se poi si vuole ancorare l’incolpazione del Lo Monaco (e la conseguente responsabilità oggettiva del Catania Calcio S.p.A.) al fatto che lo stesso fosse informato o comunque a conoscenza del provvedimento DASPO e delle denunce subite dal tifoso Francesco Famoso, circostanze che lo avrebbero dovuto indurre a non richiedere una pubblica commemorazione, sul punto non è stato raccolto il benché minimo elemento di prova, mentre in sede di interrogatorio lo stesso Lo Monaco ha negato di aver al riguardo qualsivoglia informazione ed è stata la stessa Procura a riconoscere che quantomeno in ordine al provvedimento DASPO, la sua notevole risalenza nel tempo, riteneva verosimile la difficoltà della sua conoscenza; ciò, peraltro a tacer del fatto che di detto provvedimento si fa cenno nella nota della Questura, ma non è stato prodotta in atti alcuna inerente documentazione.
Da ultimo, il proposto reclamo non coglie nel segno anche in ordine al passaggio dell’immagine del tifoso Francesco Famoso sul maxischermo dello stadio Massimino in spregio al preventivo divieto espresso in tal senso dal dirigente della Questura.
La Procura Federale si è limitata a riproporre le argomentazioni già dedotte e ritenute insufficienti dal Primo Giudice, ma non è riuscita ad incidere, superando il difetto istruttorio in ordine alla contestata apparizione dell’immagine. Dall’esame del verbale di audizione di tutti i testi escussi, non è dato infatti rilevare che uno solo abbia fatto cenno al passaggio di quanto contestato nel maxischermo dello stadio, per cui, anche sotto il detto peculiare profilo il reclamo devesi ritenere infondato.
La mancanza di qualsivoglia prova in ordine alle incolpazioni mosse contro il signor Pietro Lomonaco, all’epoca dei fatti Direttore Generale dell’Amministratore Delegato della società Calcio Catania S.p.A., comporta quale diretta conseguenza che non possa ravvisarsi alcuna responsabilità oggettiva della citata compagine calcistica.
Per questi motivi la C.F.A., respinge il ricorso come sopra proposto dal Procuratore Federale.
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