F.I.G.C. – CORTE FEDERALE D’APPELLO – SEZIONI UNITE – 2016/2017 – FIGC.IT – ATTO NON UFFICIALE – DECISIONE PUBBLICATA SUL C.U. N. 92/CFA del 19 Gennaio 2017 motivi con riferimento al C.U. N. 085/CFA DEL 21 Dicembre 2016 – E 074/CFA DEL 23 NOVEMBRE 2016 RICORSO PROCURATORE FEDERALE AVVERSO LA DECLARATORIA DI IRRICEVIBILITÀ DEL DEFERIMENTO A CARICO DEI SIGG.RI: – ARPAIA CLAUDIO, ALL’EPOCA DEI FATTI PRESIDENTE E LEGALE RAPPRESENTANTE DELLA SOCIETÀ VIGOR LAMEZIA S.R.L.; – ASCARI EUGENIO ALL’EPOCA DEI FATTI AGENTE DI CALCIATORI; – BAGNOLI ANDREA, ALL’EPOCA DEI FATTI PROCURATORE SPORTIVO E DIRIGENTE DI FATTO DELLA SOCIETÀ A.C. TUTTOCUOIO 1957 SAN MINIATO S.R.L.; – BELLINI FELICE, OPERANTE NELL’AMBITO DELLA SOCIETÀ VIGOR LAMEZIA S.R.L.; – CASAPULLA SALVATORE, ALL’EPOCA DEI FATTI DIRIGENTE TESSERATO PER LA SOCIETÀ S.S. BARLETTA CALCIO S.R.L.; – CIANCIOLO GIUSEPPE, ALL’EPOCA DEI FATTI DIRETTORE SPORTIVO DELL’U.S. POGGIBONSI S.R.L.; – CIARDI DANIELE, ALL’EPOCA DEI FATTI MAGAZZINIERE DELLA SOCIETÀ SANTARCANGELO CALCIO S.R.L.; – D’EBOLI COSIMO, ALL’EPOCA DEI FATTI DIRETTORE GENERALE DELLA PAGANESE CALCIO 1926 S.R.L.; – DI CHIO MARCO, ALL’EPOCA DE FATTI ALLENATORE ISCRITTO NEI RUOLI TECNICI DELLA FIGC NON TESSERATO; – DI LAURO FABIO, ALL’EPOCA DEI FATTI ALLENATORE DI BASE ISCRITTO NEI RUOLI DEL SETTORE TECNICO DELLA FIGC; – DI NICOLA ERCOLE, ALL’EPOCA DEI FATTI RESPONSABILE DELL’AREA TECNICA TESSERATO PER LA SOCIETÀ L’AQUILA CALCIO 1927 S.R.L.; – FALASCO NICOLA, ALL’EPOCA DEI FATTI CALCIATORE TESSERATO PER LA U.S. PISTOIESE 1921 S.R.L.; – FALCONIERI VITO, ALL’EPOCA DEI FATTI TESSERATO PER LA SOCIETÀ SANTARCANGELO CALCIO S.R.L.; – FAVIA ADRIANO, ALL’EPOCA DEI FATTI SOGGETTO CHE HA SVOLTO ATTIVITÀ NELL’INTERESSE DELLA SOCIETÀ A.S. MARTINA 1947 S.R.L.; – GRILLO SIMONE, ALL’EPOCA DEI FATTI AGENTE DI CALCIATORI; – MAGLIA FABRIZIO, ALL’EPOCA DEI FATTI DIRETTORE SPORTIVO TESSERATO PER LA SOCIETÀ VIGOR LAMEZIA S.R.L.; – MATTEINI DAVIDE, ALL’EPOCA DEI FATTI CALCIATORE TESSERATO PER LA SOCIETÀ SSDARL ATLETICO SAN PAOLO PADOVA; – MUSCHIO – SCHIAVONE DONATO ANTONIO, ALL’EPOCA DEI FATTI PRESIDENTE ONORARIO DELLA A.S. MARTINA 1947 S.R.L.; – NARDI MICHELE, ALL’EPOCA DEI FATTI CALCIATORE TESSERATO PER LA SOCIETÀ SANTARCANGELO CALCIO S.R.L.; – PERPIGNANO GIUSEPPE, ALL’EPOCA DEI FATTI PRESIDENTE E LEGALE RAPPRESENTANTE DELLA SOCIETÀ S.S. BARLETTA CALCIO S.R.L.; – ROMEO ALESSANDRO, ALL’EPOCA DEI FATTI CALCIATORE TESSERATO PER L’U.S. PISTOIESE 1921 S.R.L.; – SOLAZZO MARCELLO, ALL’EPOCA DEI FATTI CALCIATORE SVINCOLATO; – SOLIDORO MASSIMILIANO, ALL’EPOCA DEI FATTI COLLABORATORE TECNICO DEL SAVONA FBC S.R.L.; – ULIZIO MAURO, ALL’EPOCA DEI FATTI (SOCIO OCCULTO E DIRETTORE DI FATTO) DELLA SOCIETÀ AURORA PRO PATRIA 1919 S.R.L.; A CARICO DELLE SOCIETÀ: – A.C. TUTTOCUOIO 1957 SAN MINIATO S.R.L.; – A.S. MARTINA 1947 S.R.L.; – AURORA PRO PATRIA 1919 S.R.L.; – L’AQUILA CALCIO 1927 S.R.L.; – PAGANESE CALCIO 1926 S.R.L.; – SANTARCANGELO CALCIO S.R.L.; – SAVONA FBC A.R.L.; – SSDARL VIGONTINA SAN PAOLO F.C. GIÀ SSDARL LUPARENSE SAN PAOLO F.C. GIÀ SSDARL ATLETICO SAN PAOLO PADOVA; – U.S. PISTOIESE 1921 S.R.L.; – U.S. POGGIBONSI S.R.L.; – VIGOR LAMEZIA S.R.L.; 1.

RICORSO PROCURATORE FEDERALE AVVERSO LA DECLARATORIA DI IRRICEVIBILITÀ DEL DEFERIMENTO A CARICO DEI SIGG.RI:

- ARPAIA CLAUDIO, ALL’EPOCA DEI FATTI PRESIDENTE E LEGALE RAPPRESENTANTE DELLA SOCIETÀ VIGOR LAMEZIA S.R.L.;

- ASCARI EUGENIO ALL’EPOCA DEI FATTI AGENTE DI CALCIATORI;

- BAGNOLI ANDREA, ALL’EPOCA DEI FATTI PROCURATORE SPORTIVO E DIRIGENTE DI FATTO DELLA SOCIETÀ A.C. TUTTOCUOIO 1957 SAN MINIATO S.R.L.;

- BELLINI FELICE, OPERANTE NELL’AMBITO DELLA SOCIETÀ VIGOR LAMEZIA S.R.L.; - CASAPULLA SALVATORE, ALL’EPOCA DEI FATTI DIRIGENTE TESSERATO PER LA SOCIETÀ S.S. BARLETTA CALCIO S.R.L.;

- CIANCIOLO GIUSEPPE, ALL’EPOCA DEI FATTI DIRETTORE SPORTIVO DELL’U.S. POGGIBONSI S.R.L.;

- CIARDI DANIELE, ALL’EPOCA DEI FATTI MAGAZZINIERE DELLA SOCIETÀ SANTARCANGELO CALCIO S.R.L.;

- D’EBOLI COSIMO, ALL’EPOCA DEI FATTI DIRETTORE GENERALE DELLA PAGANESE CALCIO 1926 S.R.L.;

- DI CHIO MARCO, ALL’EPOCA DE FATTI ALLENATORE ISCRITTO NEI RUOLI TECNICI DELLA FIGC NON TESSERATO;

- DI LAURO FABIO, ALL’EPOCA DEI FATTI ALLENATORE DI BASE ISCRITTO NEI RUOLI DEL SETTORE TECNICO DELLA FIGC;

- DI NICOLA ERCOLE, ALL’EPOCA DEI FATTI RESPONSABILE DELL’AREA TECNICA TESSERATO PER LA SOCIETÀ L’AQUILA CALCIO 1927 S.R.L.;

- FALASCO NICOLA, ALL’EPOCA DEI FATTI CALCIATORE TESSERATO PER LA U.S. PISTOIESE 1921 S.R.L.;

- FALCONIERI VITO, ALL’EPOCA DEI FATTI TESSERATO PER LA SOCIETÀ SANTARCANGELO CALCIO S.R.L.;

- FAVIA ADRIANO, ALL’EPOCA DEI FATTI SOGGETTO CHE HA SVOLTO ATTIVITÀ NELL’INTERESSE DELLA SOCIETÀ A.S. MARTINA 1947 S.R.L.;

- GRILLO SIMONE, ALL’EPOCA DEI FATTI AGENTE DI CALCIATORI; - MAGLIA FABRIZIO, ALL’EPOCA DEI FATTI DIRETTORE SPORTIVO TESSERATO PER LA SOCIETÀ VIGOR LAMEZIA S.R.L.;

- MATTEINI DAVIDE, ALL’EPOCA DEI FATTI CALCIATORE TESSERATO PER LA SOCIETÀ SSDARL ATLETICO SAN PAOLO PADOVA;

- MUSCHIO – SCHIAVONE DONATO ANTONIO, ALL’EPOCA DEI FATTI PRESIDENTE ONORARIO DELLA A.S. MARTINA 1947 S.R.L.;

- NARDI MICHELE, ALL’EPOCA DEI FATTI CALCIATORE TESSERATO PER LA SOCIETÀ SANTARCANGELO CALCIO S.R.L.;

- PERPIGNANO GIUSEPPE, ALL’EPOCA DEI FATTI PRESIDENTE E LEGALE RAPPRESENTANTE DELLA SOCIETÀ S.S. BARLETTA CALCIO S.R.L.;

- ROMEO ALESSANDRO, ALL’EPOCA DEI FATTI CALCIATORE TESSERATO PER L’U.S. PISTOIESE 1921 S.R.L.;

- SOLAZZO MARCELLO, ALL’EPOCA DEI FATTI CALCIATORE SVINCOLATO; - SOLIDORO MASSIMILIANO, ALL’EPOCA DEI FATTI COLLABORATORE TECNICO DEL SAVONA FBC S.R.L.;

- ULIZIO MAURO, ALL’EPOCA DEI FATTI (SOCIO OCCULTO E DIRETTORE DI FATTO) DELLA SOCIETÀ AURORA PRO PATRIA 1919 S.R.L.; A CARICO DELLE SOCIETÀ:

- A.C. TUTTOCUOIO 1957 SAN MINIATO S.R.L.;

 - A.S. MARTINA 1947 S.R.L.;

- AURORA PRO PATRIA 1919 S.R.L.;

 - L’AQUILA CALCIO 1927 S.R.L.;

- PAGANESE CALCIO 1926 S.R.L.;

- SANTARCANGELO CALCIO S.R.L.;

- SAVONA FBC A.R.L.;

- SSDARL VIGONTINA SAN PAOLO F.C. GIÀ SSDARL LUPARENSE SAN PAOLO F.C. GIÀ SSDARL ATLETICO SAN PAOLO PADOVA; - U.S. PISTOIESE 1921 S.R.L.;

- U.S. POGGIBONSI S.R.L.;

 - VIGOR LAMEZIA S.R.L.; 1.

1. - SEGUITO PROPRIO DEFERIMENTO – NOTA N. 1638/78 PF15-16 SP/GB DEL 4.08.2016 (Delibera del Tribunale Federale Nazionale - Sezione Disciplinare - Com. Uff. n. 26/TFN del 24.10.2016)

Con provvedimento 4 agosto 2016 il Procuratore federale, visti gli atti del procedimento n. 78pf15-16, vista la documentazione acquisita ai sensi dell’art. 2, comma 3, della legge n. 401 del 1989 e dell’art. 116 c.p.p., in ordine al procedimento penale (n. 1110/2009 r.g.n.r.) pendente presso la Procura della Repubblica presso il Tribunale di Catanzaro - D.D.A. (relativo a numerosi soggetti operanti sul territorio nazionale e internazionale, con finalità di condizionare i risultati di partite di calcio onde conseguire indebiti vantaggi economici anche mediante scommesse sui risultati alterati delle relative gare), considerate le risultanze della propria autonoma attività istruttoria, ha deferito al Tribunale federale nazionale - sezione disciplinare:

- Arpaia Claudio, all’epoca dei fatti presidente e legale rappresentante della società Vigor Lamezia Srl;

- Ascari Eugenio, all’epoca dei fatti agente di calciatori; - Bagnoli Andrea, all'epoca dai fatti procuratore sportivo e dirigente di fatto della società AC Tuttocuoio 1957 San Miniato Srl;

- Bellini Felice, all’epoca dei fatti soggetto di cui all’art. 1 bis, comma 5, CGS, operante nell’ambito della società Vigor Lamezia Srl;

- Carluccio Massimiliano soggetto di cui all’art. 1 bis, comma 5, CGS, formalmente tesserato per altra società sportiva ma, all’epoca dei fatti operante quale socio occulto e direttore “di fatto” della società Aurora Pro Patria1919 Srl;

- Casapulla Salvatore, all’epoca dei fatti dirigente tesserato per la società SS Barletta Calcio Srl;

- Cianciolo Giuseppe, all’epoca dei fatti direttore sportivo dell’US Poggibonsi Srl;

- Ciardi Daniele, soggetto di cui all’art. 1 bis, comma 5, CGS, all’epoca dei fatti operante quale magazziniere della società Santarcangelo Calcio Srl;

- D’Eboli Cosimo, all’epoca dei fatti direttore generale della Paganese Calcio 1926 Srl;

- Di Chio Marco, all’epoca dei fatti allenatore iscritto nei ruoli tecnici della FIGC non tesserato;

- Di Lauro Fabio, all’epoca dei fatti allenatore di base iscritto nei ruoli del Settore tecnico della FIGC;

- Di Nicola Ercole, all’epoca dei fatti responsabile dell’area tecnica, tesserato per la società L’Aquila 3 Calcio 1927 Srl;

- Falasco Nicola, all’epoca dei fatti calciatore tesserato per l’US Pistoiese1921 Srl;

- Falconieri Vito, all'epoca dei fatti calciatore tesserato per la società Santarcangelo Calcio Srl;

- Favia Adriano, all’epoca dei fatti soggetto che ha svolto attività nell’interesse della società AS Martina 1947 Srl ai sensi dell’art. 1 bis, comma 5, CGS;

- Grillo Simone, all’epoca dei fatti agente di calciatori o, comunque, soggetto che svolgeva attività rilevante per l’ordinamento sportivo ai sensi dell’art. 1 bis, comma 5, CGS;

- Maglia Fabrizio, all’epoca dei fatti direttore sportivo tesserato per la società Vigor Lamezia Srl;

- Matteini Davide, all’epoca dei fatti calciatore tesserato per la società SSDARL Atletico San Paolo Padova;

- Muschio-Schiavone Donato Antonio, all’epoca dei fatti presidente onorario della AS Martina 1947 Srl;

- Nardi Michele, all'epoca dei fatti calciatore tesserato per la società Santarcangelo Calcio Srl;

- Perpignano Giuseppe, all’epoca dei fatti presidente e legale rappresentante della società SS Barletta Calcio Srl;

- Romeo Alessandro, all’epoca dei fatti calciatore tesserato per l’US Pistoiese1921 Srl;

- Solazzo Marcello, all’epoca dei fatti calciatore svincolato;

- Solidoro Massimiliano, all'epoca dei fatti collaboratore tecnico del Savona FBC Srl;

- Ulizio Mauro, all’epoca dei fatti, soggetto ex art. 1 bis, comma 5, CGS, della società Aurora Pro Patria1919 Srl (socio occulto e direttore di fatto);

- AC Tuttocuoio 1957 San Miniato Srl;

- AS Martina Franca 1947 Srl;

- Aurora Pro Patria 1919 Srl;

- L’Aquila Calcio 1927 Srl;

- Paganese Calcio 1926 Srl;

- Santarcangelo Calcio Srl; - Savona FBC Srl; - SSDARL Vigontina San Paolo FC; - US Pistoiese1921 Srl;

- US PoggibonsiSrl;

 - Vigor Lamezia Srl;

per rispondere ciascuno delle violazioni trascritte nell'atto di deferimento, in relazione alle gare: Martina - Paganese del 20/12/2014, Pistoiese - L’Aquila del 12/04/2015, Salernitana - Barletta del 25/04/2015, Vigor Lamezia - Casertana del 25/04/2015, Tuttocuoio - Gubbio del 29/03/2015, Santarcangelo - Ascoli del 25/04/2015, Gubbio - Santarcangelo del 19/04/2015, L’Aquila - Grosseto del 03/05/2015 e Juve Stabia -Vigor Lamezia del 03/05/2015.

Nell’instaurato giudizio si costituivano con memoria scritta tutti i deferiti, ad eccezione dei signori Arpaia, Carluccio, Ciardi, Favia, Grillo, Matteini, Perpignano, Sollazzo, Solidoro, Ulizio e della società AS Martina 1947 S.r..l.

Così, testualmente, nella decisione del TFN.

«In particolare, la difesa del deferito Ascari eccepiva in via preliminare il difetto di giurisdizione di questo Tribunale, atteso che al momento dei fatti in contestazione l’incolpato non rivestiva la qualità di agente indicata nel deferimento, cessata con l’entrata in vigore del nuovo Regolamento per i servizi di procuratore sportivo; ancora in via preliminare, eccepiva l’improcedibilità dell’azione disciplinare, essendo il deferimento intervenuto oltre il termine di trenta giorni previsto dall’art. 32 ter, comma 4 CGS, termine da considerarsi perentorio; nel merito, la difesa contestava in ogni caso la fondatezza del deferimento per assenza di indizi gravi, precisi e concordanti in relazione alla partecipazione del deferito ai fatti oggetto di incolpazione, concludendo per il proscioglimento.

Analoga eccezione di improcedibilità del deferimento per violazione del termine di cui all’art. 32 ter, comma 4, CGS, veniva avanzata dalla difesa Bagnoli, che nel merito contestava comunque l’incolpazione elevata nel deferimento, poiché fondata unicamente sulla informativa di polizia giudiziaria in atti, non corroborata da altri elementi, chiedendo il proscioglimento ovvero la riqualificazione del fatto sub art. 1 bis, comma 1 C.G.S..

La difesa del deferito Bellini eccepiva invece in via preliminare il difetto di giurisdizione di questo Tribunale, non essendo all’epoca dei fatti contestati il predetto tesserato con la Società Vigor Lamezia o comunque soggetto all’Ordinamento Federale; eccepiva inoltre la nullità del deferimento per carenza dei requisiti indicati all’art. 32 ter CGS; nel merito, contestava la fondatezza delle incolpazioni elevate per carenza di indizi gravi, precisi e concordanti, concludendo per il proscioglimento o in subordine per l’irrogazione di una sanzione in continuazione con le precedenti già riportate dal deferito.

La difesa Casapulla contestava nel merito il deferimento, rilevando l’estraneità del predetto al “sistema” delineato agli atti e volto all’alterazione del risultato di numerose gare.

Eccezione di improcedibilità del deferimento per violazione del termine di cui all’art. 32 ter, comma 4, C.G.S. veniva sollevata anche dalla difesa Cianciolo che eccepiva, sempre in via preliminare, anche la violazione del diritto di difesa del deferito in considerazione della mancata considerazione, ad opera della Procura Federale, del legittimo impedimento a comparire in occasione dell’audizione fissata in fase di indagine, con conseguente pregiudizio delle facoltà connesse; nel merito, evidenziava la condotta collaborativa del deferito concludendo per l’irrogazione di una sanzione contenuta anche ai sensi dell’art. 24 C.G.S..

La difesa D’Eboli contestava nel merito il deferimento, evidenziando l’estraneità del predetto rispetto ai fatti e ai soggetti di cui all’incolpazione, concludendo per il proscioglimento o in subordine per la riqualificazione del fatto sub art. 7, comma 7, C.G.S..

Per il proscioglimento in considerazione dell’estraneità ai fatti per cui si procede concludeva anche la difesa Di Chio.

La difesa Di Lauro eccepiva invece in via preliminare il difetto di giurisdizione di questo Tribunale in considerazione dell’avvenuta richiesta di cancellazione dall’albo allenatori avanzata al competente ufficio in data 12.8.2015; nel merito, contestava comunque i fatti esposti nel deferimento, concludendo per il proscioglimento ovvero per l’irrogazione di una sanzione contenuta nei minimi ritenuta la continuazione.

La difesa Di Nicola eccepiva preliminarmente la nullità del deferimento per violazione dell’art. 111 Cost. poiché la Procura Federale aveva illegittimamente frammentato l’azione disciplinare nei confronti del deferito in più procedimenti, pregiudicandone il diritto alla contestualità di trattazione; avanzava altresì istanza di sospensione del dibattimento in attesa della definizione dei procedimenti penali pendenti in relazione ai fatti di cui al deferimento; eccepiva, ancora, la violazione del principio del ne bis in idem in relazione all’aggravante contestata; nel merito, contestava in ogni caso la fondatezza degli addebiti concludendo per il proscioglimento o, in subordine, per l’irrogazione di una sanzione in continuazione rispetto a quelle già riportate dal deferito.

La difesa Falasco eccepiva in via preliminare l’improcedibilità del deferimento per violazione del termine di cui all’art. 32 ter, comma 4, C.G.S.; nel merito, rilevava comunque l’infondatezza dell’incolpazione non avendo il deferito alcun collegamento con i fatti per cui si procede, chiedendo il proscioglimento.

Analoga eccezione di improcedibilità del deferimento veniva sollevata nella memoria della difesa Falconieri che contestava, in ogni caso, anche nel merito la sussistenza degli addebiti, non essendo gli elementi a sostegno del deferimento idonei ad affermare la responsabilità del deferito; chiedeva quindi il proscioglimento.

Nella prima memoria difensiva depositata anche la difesa Maglia eccepiva l’improcedibilità del deferimento per violazione del più volte indicato termine; in entrambi gli scritti in atti, inoltre, contestava comunque nel merito la fondatezza del deferimento, chiedendo il proscioglimento ovvero in subordine la derubricazione della violazione sub art. 7, comma 7, C.G.S..

La difesa Muschio Schiavone rilevava l’insussistenza dell’addebito contestato, sottolineando la propria estraneità ai fatti oggetto del deferimento e chiedendo il proscioglimento.

Anche la difesa Nardi evidenziava l’assenza di elementi da cui poter affermare la sussistenza degli addebiti a carico del deferito, concludendo per il proscioglimento.

L’improcedibilità del deferimento per violazione del termine di cui all’art. 32 ter, comma 4, C.G.S., veniva eccepita dalla difesa Romeo che contestava, comunque, nel merito la fondatezza del deferimento chiedendo il proscioglimento del deferito ovvero in subordine a derubricazione del fatto sub art. 7, comma 7 C.G.S..

La difesa della Società Aurora Pro Patria 1919 S.r.l. rilevava l’assenza di prova e di indizi di colpevolezza, contestando l’esistenza di qualsivoglia legame tra la Società e i soggetti indicati nel deferimento come appartenenti al “sodalizio” dedito alla alterazione dei risultati sportivi; contestava 5 inoltre la possibilità di affermare la sussistenza di una responsabilità oggettiva in capo alla Società, al contrario danneggiata dalle condotte per cui si procede; concludeva quindi per il proscioglimento ovvero comunque per l’irrogazione di una sanzione contenuta nei minimi.

L’assenza dei presupposti della responsabilità oggettiva veniva evidenziata anche nella memoria della Società L’Aquila Calcio 1927 S.r.l., atteso che il Di Nicola aveva rassegnato le proprie dimissioni dall’incarico conferito dalla Società fin dal 21.2.2015 e dunque in epoca anteriore ai fatti oggetto del deferimento; concludeva la difesa per il proscioglimento della Società ovvero comunque per il contenimento della sanzione dei minimi.

La difesa della Società SSDARL Vigontina San Paolo FC rilevava l’infondatezza del deferimento, come peraltro già evidenziato in caso analogo, in ragione della natura meramente formale del rapporto intercorrente con il deferito Matteini; rilevava in ogni caso l’insussistenza della contestata responsabilità oggettiva poiché il predetto non era di fatto a disposizione da mesi allorché si verificarono i fatti oggetto del deferimento, fatti per i quali peraltro non vi era alcun interesse della Società; concludeva quindi per il proscioglimento ovvero la derubricazione delle condotte contestate la tesserato nell’ipotesi di cui all’art. 7, comma 7 C.G.S. ovvero comunque l’irrogazione di una sanzione contenuta nei minimi.

La difesa della Società AC Tuttocuoio 1957 S. Miniato Srl eccepiva in via preliminare l’improcedibilità del deferimento per violazione del termine di cui all’art. 32 ter, comma 4, C.G.S.; contestava in ogni caso la fondatezza del deferimento rilevando l’insussistenza di qualsivoglia rapporto di tesseramento il deferito Bagnoli in alcun modo qualificabile come dirigente di fatto della Società; concludeva quindi per il proscioglimento.

Anche la difesa della Società Paganese Calcio 1926 S.r.l. sollevava analoga eccezione di improcedibilità del deferimento; contestava comunque nel merito la sussistenza dei presupposti per l’affermazione della responsabilità oggettiva, non ricorrendo alcun rapporto con il deferito D’Eboli; concludeva quindi per il proscioglimento, ovvero comunque per il contenimento della sanzione.

Analoghe difese, anche in via preliminare, venivano spiegate nella memoria difensiva depositata nell’interesse della Società Santarcangelo Calcio Srl in relazione alle violazioni contestate nel deferimento, concludendo per il proscioglimento ovvero comunque per il contenimento della sanzione.

Anche la difesa della Società Savona FBC Srl eccepiva l’improcedibilità del deferimento per la violazione del più volte citato termine di trenta giorni; nel merito contestava la sussistenza dei presupposti per l’affermazione della responsabilità oggettiva atteso che, al momento dei fatti, il deferito Solidoro non aveva più alcun rapporto con la Società; concludeva quindi per il proscioglimento ovvero in via subordinata per l’irrogazione della sola sanzione dell’ammenda.

Analoga eccezione di improcedibilità veniva avanzata dalla difesa della Società U.S. Pistoiese 1921 S.r.l. che rilevava in ogni caso l’estraneità della deferita ai fatti illeciti oggetto del procedimento ed evidenziava le misure interne adottate; concludeva per il proscioglimento.

La difesa della Società US Poggibonsi eccepiva invece la nullità del deferimento per genericità; nel merito rilevava l’estraneità della Società ai fatti in contestazione, risolvendosi essi in azioni individuali; concludeva per il proscioglimento ovvero in subordine per il contenimento della sanzione.

La difesa della Società Vigor Lamezia Srl rilevava l’inapplicabilità al caso di specie dell’istituto della responsabilità oggettiva, contestando in ogni caso la ricorrenza di indizi gravi, precisi e concordanti in merito ai fatti oggetto del procedimento, concludendo per il proscioglimento o comunque per il contenimento della sanzione, previa esclusione dell’aggravante contestata e la concessione delle attenuanti descritte in memoria.

La Procura Federale presente in udienza, riportandosi sostanzialmente alle ragioni contenute in deferimento, rassegnava le conclusioni di seguito trascritte.

1) Sig. Arpaia Claudio: inibizione di 1 (uno) anno e 6 (sei) mesi + proposta di preclusione ed € 30.000,00 (Euro trentamila/00) di ammenda in continuazione con le sanzioni irrogate all’esito del procedimento 859bispf14-15.

2) Sig. Ascari Eugenio: inibizione di 6 (sei) mesi ed € 10.000,00 (Euro diecimila/00) di ammenda in continuazione con le sanzioni irrogate all’esito del procedimento 859pf14-15.

3) Sig. Bagnoli Andrea: inibizione di 6 (sei) mesi ed € 30.000,00 (Euro trentamila/00) di ammenda.

4) Sig. Bellini Felice: inibizione di 1 (uno) anno e 10 (dieci) mesi + proposta di preclusione ed € 45.000,00 (Euro quarantacinquemila/00) di ammenda in continuazione con le sanzioni irrogate all’esito dei procedimenti 859pf14-15 e 859bispf14-15. 

5) Sig. Carluccio Massimiliano: posizione stralciata per difetto di notifica dell’atto di deferimento e della convocazione alla odierna riunione.

6) Sig. Casapulla Salvatore: inibizione di 5 (cinque) anni ed € 95.000,00 (Euro novantacinquemila/00) di ammenda.

7) Sig. Cianciolo Giuseppe: inibizione di 4 (quattro) anni ed € 60.000,00 (Euro sessantamila/00) di ammenda.

8) Sig. Ciardi Daniele: inibizione di 10 (dieci) mesi ed € 40.000,00 (Euro quarantamila/00) di ammenda in continuazione con le sanzioni irrogate all’esito del procedimento 859pf14-15.

9) Sig. D’Eboli Cosimo: inibizione di 4 (quattro) anni ed € 60.000,00 (Euro sessantamila/00) di ammenda.

10) Sig. Di Chio Marco: inibizione di 3 (tre) anni e 6 (sei) mesi ed € 50.000,00 (Euro cinquantamila/00) di ammenda.

11) Sig. Di Lauro Fabio: inibizione di 1 (uno) anno e 7 (sette) mesi + proposta di preclusione ed € 50.000,00 (Euro cinquantamila/00) di ammenda in continuazione con le sanzioni irrogate all’esito dei procedimenti 859pf14-15, 859bispf14-15 e 1048pf14-15.

12) Sig. Di Nicola Ercole: inibizione di 2 (due) anni e 7 (sette) mesi ed € 70.000,00 (Euro settantamila/00) di ammenda in continuazione con le sanzioni irrogate all’esito dei procedimenti 859pf14- 15, 859bispf14-15 e 1048pf14-15.

13) Sig. Falasco Nicola: squalifica di 6 (sei) mesi ed € 30.000,00 (Euro trentamila/00) di ammenda.

14) Sig. Falconieri Vito: squalifica di 4 (quattro) anni ed € 70.000,00 (Euro settantamila/00) di ammenda.

15) Sig. Favia Adriano: inibizione di 3 (tre) anni ed € 50.000,00 (Euro cinquantamila/00) di ammenda.

16) Sig. Grillo Simone: inibizione di 3 (tre) anni ed 1 (uno) mese ed € 50.000,00 (Euro cinquantamila/00) di ammenda.

17) Sig. Maglia Fabrizio: inibizione di 6 (sei) mesi + proposta di preclusione ed € 10.000,00 (Euro diecimila/00) di ammenda in continuazione con le sanzioni irrogate all’esito dei procedimenti 859pf14-15 e 859bispf14-15.

18) Sig. Matteini Davide: squalifica di 1 (uno) anno ed € 20.000,00 (Euro ventimila/00) di ammenda in continuazione con le sanzioni irrogate all’esito del procedimento 1048pf14-15.

19) Sig. Muschio-Schiavone Donato Antonio: inibizione di 4 (quattro) anni ed € 60.000,00 (Euro sessantamila/00) di ammenda.

20) Sig. Nardi Michele: squalifica di 3 (tre) anni e 6 (sei) mesi ed € 60.000,00 (Euro sessantamila/00) di ammenda.

21) Sig. Perpignano Giuseppe: inibizione di 5 (cinque) anni + preclusione ed € 80.000,00 (Euro ottantamila/00) di ammenda.

22) Sig. Romeo Alessandro: squalifica di 3 (tre) anni ed € 50.000,00 (Euro cinquantamila/00) di ammenda.

23) Sig. Solazzo Marcello: squalifica di 1 (uno) anno e 6 (sei) mesi + proposta preclusione ed € 30.000,00 (Euro trentamila/00) di ammenda in continuazione con le sanzioni irrogate all’esito del procedimento 859pf14-15.

24) Sig. Solidoro Massimiliano: inibizione di 6 (sei) mesi ed € 10.000,00 (Euro diecimila/00) di ammenda in continuazione con le sanzioni irrogate all’esito del procedimento 859pf14-15.

25) Sig. Ulizio Mauro: inibizione di 1 (uno) anno e 2 (due) mesi + proposta preclusione ed € 30.000,00 (Euro trentamila/00) di ammenda in continuazione con le sanzioni irrogate all’esito del procedimento 859pf14-15.

26) Società AC Tuttocuoio 1957 San Miniato Srl: € 30.000,00 (Euro trentamila/00) di ammenda.

27) Società AS Martina Franca 1947 Srl: 3 (tre) punti di penalizzazione da scontarsi nella corrente stagione sportiva.

28) Società Aurora Pro Patria1919 Srl: 2 (due) punti di penalizzazione da scontarsi nella corrente stagione sportiva ed € 20.000,00 (Euro ventimila/00) di ammenda in continuazione con le sanzioni irrogate all’esito del procedimento 859pf14-15.

29) Società L’Aquila Calcio 1927 Srl: 5 (cinque) punti di penalizzazione da scontarsi nella corrente stagione sportiva ed € 50.000,00 (Euro cinquantamila/00) di ammenda in continuazione con le sanzioni irrogate all’esito del procedimento 859pf14-15, 859bispf14-15 e 1048pf14-15. 

30) Società Paganese Calcio 1926 Srl: 1 (uno) punto di penalizzazione da scontarsi nella corrente stagione sportiva.

31) Società Santarcangelo Calcio Srl: 4 (quattro) punti di penalizzazione da scontarsi nella corrente stagione sportiva ed € 70.000,00 (Euro settantamila/00) di ammenda in continuazione con le sanzioni irrogate all’esito del procedimento 859pf14-15.

32) Società Savona FBC Srl: € 30.000,00 (Euro trentamila/00) di ammenda in continuazione con le sanzioni irrogate all’esito del procedimento 859pf14-15 e 1048pf14-15.

33) Società SSDARL Vigontina San Paolo FC (già SSDARL Luparense San Paolo FC già SSDARL Atletico San Paolo Padova): 2 (due) punti di penalizzazione da scontarsi nella corrente stagione sportiva.

34) Società US Pistoiese1921 Srl: 3 (tre) punti di penalizzazione da scontarsi nella corrente stagione sportiva.

35) Società US Poggibonsi Srl: 1 (uno) punto di penalizzazione da scontarsi nella corrente stagione sportiva.

36) Società Vigor Lamezia Srl: 13 (tredici) punti di penalizzazione da scontarsi nella corrente stagione sportiva ed € 40.000,00 (Euro quarantamila/00) di ammenda in continuazione con le sanzioni irrogate all’esito del procedimento 859pf14-15 e 859bispf14-15.

I deferiti che avevano depositato memorie a ministero dei rispettivi Legali, rassegnavano conclusioni in linea con le richieste spiegate negli scritti, ampliando in dibattimento (limitatamente ad alcune posizioni) i motivi di difesa mediante la eccezione procedurale ex art. 34 ter, comma 4 CGS.

I Sig.ri Arpaia, Carluccio, Ciardi, Favia, Grillo, Matteini, Perpignano, Sollazzo, Solidoro, Ulizio e la Società AS Martina Franca 1947 Srl, non avendo depositato memorie, partecipavano in udienza con il patrocinio del Legale fiduciario che concludeva articolando verbalmente le proprie difese in tema procedurale e/o di merito, atte comunque a convergere verso il proscioglimento dell'incolpato».

Il Tribunale, quindi, ha disatteso le eccezioni concernenti il difetto di giurisdizione promosse dalle difese dei sigg.ri Ascari e Bellini. Secondo il TFN, infatti, le predette eccezioni «vanno rigettate in onore al dettato ex art. 1 bis, comma 1 del CGS: “le Società, i dirigenti, gli atleti, i tecnici, gli ufficiali di gara e ogni altro soggetto che svolge attività di carattere agonistico, tecnico, organizzativo, decisionale o comunque rilevante per l’Ordinamento Federale, sono tenuti all'osservanza delle norme e degli atti federali e devono comportarsi secondo i principi di lealtà, correttezza e probità in ogni rapporto comunque riferibile all’attività sportiva”; e del successivo comma 5: “sono tenuti alla osservanza delle norme contenute nel presente Codice e delle norme statutarie e federali anche i soci e non soci cui è riconducibile, direttamente o indirettamente, il controllo delle Società stesse, nonché coloro che svolgono qualsiasi attività all’interno o nell’interesse di una Società o comunque rilevante per l’Ordinamento Federale”. Il chiaro tenore letterale delle prefate disposizioni non consente incertezze in merito alla soggezione dei deferiti alla corretta giurisdizione prevista dalle norme federali, poiché, all’epoca dei fatti, entrambi svolgevano attività “all’interno o nell’interesse di una Società o comunque rilevante per l’Ordinamento Federale”.

Parimenti destituita di fondamento è l’eccezione sollevata in argomento dalla difesa del Sig. Di Lauro, dal momento che al tempo degli eventi lo stesso apparteneva ancora all’Ordinamento Federale avendo depositato la domanda di cancellazione dall’albo in epoca successiva rispetto alle condotte contestate. Costituisce infatti un principio consolidato di questo Tribunale che la vigenza della giurisdizione sportiva permane anche dopo la perdita dello status di tesserato o iscritto del deferito, purché i fatti contestati si riferiscano a condotte antecedenti alla perdita del predetto status».

Il Tribunale federale nazionale passa, quindi, all’esame delle eccezioni di improcedibilità del deferimento.

«È stata eccepita da alcuni resistenti», si legge a tal proposito, nella decisione oggetto del gravame qui in esame, «in particolare dai Sigg.ri Ascari, Bagnoli, Bellini, Cianciolo, Falasco, Falconieri, Maglia e Romeo, nonché dalle Società Tuttocuoio, Paganese, Santarcangelo, Savona, Pistoiese, l’inammissibilità e/o la improcedibilità del deferimento a motivo della inosservanza da parte della Procura Federale dei termini di cui all’art. 32 ter comma 4 CGS, recante norme sull’azione del Procuratore Federale.

I resistenti hanno dedotto, a sostegno di tale eccezione, che la Procura Federale, avendo comunicato loro la conclusione delle indagini in data 3 maggio 2016, in una alla concessione di giorni 45 decorrenti da detta comunicazione per essere sentiti o per presentare memorie difensive, doveva notificare il deferimento entro la data del 17 luglio 2016, cioè nei trenta giorni successivi alla scadenza dei 45 giorni che erano stati concessi (3 maggio + 45 = 17 giugno), anziché il 4 agosto successivo, come in effetti era avvenuto, con conseguente palese violazione del termine di giorni 30 previsto dalla norma, decorrente dalla scadenza dei 45 giorni di cui sopra».

Orbene, il TFN ha ritenuto fondata l’eccezione. Di seguito, ancora testualmente, i motivi. «Il comma 4 dell’art. 32 ter CGS recita che “qualora il Procuratore Federale ritenga di dover confermare la propria intenzione (di non disporre l’archiviazione: nota nostra), entro trenta giorni dalla scadenza del termine per l’audizione o per la presentazione della memoria, esercita l’azione disciplinare, formulando l’incolpazione mediante atto di deferimento a giudizio comunicato all’incolpato e all’organo di giustizia competente, al Presidente Federale, nonché, in caso di deferimento di Società, alla Lega, al Comitato, alla Divisione e al Settore di appartenenza”.

La norma, che trova rispondenza nell’art. 44 comma 4 C.G.S. CONI, fissa termini che per il comma 6 dell’art. 38 CGS sono perentori e che, come tali, non possono essere prorogati (“tutti i termini previsti nel presente codice sono perentori”).

Traslando il concetto procedurale al caso in esame, il Tribunale osserva che:

- la conclusione delle indagini era stata comunicata alla quasi totalità degli interessati in data 3 maggio 2016; il termine di giorni 45 - concesso agli interessati per essere sentiti o per presentare scritti difensivi - andava a scadere il 17 giugno 2016; per cui il deferimento doveva essere comunicato nei successivi 30 giorni e cioè entro il 17 luglio 2016 (più precisamente entro il 18 luglio, essendo il 17 giorno festivo); ma, al contrario, il deferimento veniva comunicato in data 4 agosto 2016;

- il dedotto assunto temporale va esteso anche ai deferiti che hanno ricevuto la comunicazione di conclusione delle indagini in data posteriore al 3 maggio 2016, perché la relativa notifica è comunque pervenuta tra il 4 (Di Chio, Solidoro), il 5 (Grillo, Ulizio), il 6 (Carluccio) e il 17 maggio 2016 (Perpignano); consegue che anche per essi la comunicazione del deferimento, avvenuta appunto il 4 agosto 2016, è comunque da considerare fuori dal termine dei trenta giorni normativamente previsto: se infatti si considera quale ultima notifica il 17 maggio 2016 (predetta posizione Perpignano), sommando i 45 giorni si perviene al 1 luglio 2016; e sommando infine i 30 giorni si giunge al 31 luglio 2016 quale ultimo giorno valido (più precisamente 1 agosto 2016, essendo il 31 luglio giorno festivo);

- per ciò che attiene la posizione del deferito Di Lauro, è da ritenere valida la notifica della comunicazione della conclusione delle indagini avvenuta in data 3 maggio 2016 presso il Legale Avv. Loredana Martino, a nulla rilevando la successiva notifica avvenuta in data 23 maggio 2016 sia per quanto appena constatato in tema di corretta ricezione (al 3 maggio 2016), e sia perché dall’esame della ricevuta del plico, si evince che il Di Lauro risulterebbe essere il mittente.

Non sussiste quindi dubbio in merito alla circostanza che il deferimento è stato promosso tardivamente in violazione della perentorietà dei termini sanciti dall'art 32 ter comma 4, per cui va dichiarato irricevibile. Poiché l’inosservanza del termine perentorio è rilevabile d’ufficio, giusto il richiamo al processo civile contenuto nel comma 6 art. 2 CGS CONI, la declaratoria che investe il deferimento va estesa anche alle parti che non l’hanno eccepita.

Il principio della tardività è sorretto anche il pacifico orientamento reso dalla giurisprudenza di relazione, edita da questo TFN (Com.Uff. n. 19 del 04/10/16 - stagione 2016/2017), e dal Collegio di Garanzia del CONI secondo il quale (Decisione n. 27/2106 - Prima Sezione): "nessun dubbio, può esservi, allora, circa la perentorietà di termini come innanzi stabiliti, anche considerando come gli stessi risultino essere in perfetta armonia con i principi generali della Giustizia Sportiva che prevedono, espressamente, la massima restrizione dei tempi per la risoluzione di controversie sportive, dovendosi la giurisdizione armonizzare all'incalzare di qualificazioni, tornei, campionati».

Pertanto, il Tribunale federale nazionale, sezione disciplinare, «relativamente alla posizione di Carluccio Massimiliano, rimette gli atti alla Procura Federale per i provvedimenti di competenza. Dichiara irricevibile il deferimento nei confronti di tutti gli altri deferiti».

Avverso la predetta decisione, pubblicata sul Com.Uff. n. 26/TFN del 24.10.2016, ha proposto ricorsoil Procuratore Federale.

- Con un primo motivo d’appello la Procura federale censura l’assunto sul quale poggia la decisione impugnata e, cioè, che il termine previsto dall’art. 32 ter, comma 4, del codice di giustizia sportiva, indicato da tale norma in trenta giorni dalla scadenza del termine a difesa assegnato con la comunicazione di chiusura delle indagini, sia da considerarsi perentorio.

Si evidenzia, in tal ottica, nel ricorso, come il termine previsto dall’art. 32 ter C.G.S. non possa qualificarsi in alcun modo come perentorio. Del resto, sottolinea, «sul punto lo stesso Tribunale Federale Nazionale si era già espresso in precedenza con decisione Com. Uff.n. 2/TFN del1.7.2016, con la quale, a seguito dell’eccezione di improcedibilità formulata dal deferito ex art. 32 ter C.G.S., ha espressamente statuito che il termine indicato da tale norma deve intendersi ordinatorio e non perentorio».

La correttezza di tale precedente pronuncia del Tribunale sull’argomento trova conferma, secondo la ricorrente Procura, nel principio pacifico di diritto generale, secondo cui nessun termine può essere considerato perentorio in assenza di specifica previsione da parte della legge di tale sua peculiare natura e senza altrettanto espressa indicazione di sanzione.

Richiama, sotto tale profilo, la pubblica accusa federale, «il disposto di cui all’art. 152, comma 2, c.p.c., applicabile al procedimento sportivo in virtù di quanto previsto dall’art. 2 del Codice di giustizia sportiva del C.O.N.I., che prevede espressamente: “i termini stabiliti dalla legge sono ordinatori, tranne che la legge stessa li dichiari espressamente perentori”.

Ciò posto e considerato che l’art. 32 ter, comma 4, C.G.S. non contiene riferimento di sorta, nemmeno indiretto, alla perentorietà del termine appena citato, è evidente che la conclusione cui è pervenuto il Tribunale Federale nella decisione oggi impugnata è erronea».

Tanto è vero quanto sopra, sottolinea, l’organo ricorrente, che il Giudice di prime cure è costretto, per fondare la propria decisione sulla perentorietà del termine, a fare riferimento alla ulteriore norma di cui all’art. 38, comma 6, C.G.S.. Richiamo, questo, reputato, tuttavia, infondato, per tutta una serie di ragioni, dettagliatamente sviluppate nell’atto di appello.

Evidenzia, poi, la ricorrente Procura federale come il codice di giustizia sportiva del Coni, «entrato in vigore nell’agosto 2014, pur presentando una norma esattamente identica, per formulazione, a quella contenuta nell’art. 32 ter comma 4, C.G.S. (la quale ultima costituisce evidente attuazione del principio stabilito con la corrispondente norma del codice Coni), non ha, invece, previsto una norma analoga a quella di cui all’art. 38, comma 6, del codice di giustizia sportiva della Figc, secondo la quale ultima “tutti i termini previsti dal presente codice sono perentori”, dal che appare logico ricavare l’intenzione del legislatore del codice Coni di non stabilire la perentorietà di tale termine per la formulazione del deferimento, prevedendone una conseguenza specifica».

Ad avviso della reclamante Procura, poi, deve «essere riconosciuta la portata generale del principio di tassatività delle cause di improcedibilità, per cui l’assenza di una previsione nell’ordinamento federale che riconduca espressamente tale conseguenza al tardivo compimento dell’atto di deferimento, è preclusiva della possibilità di operare una valutazione in tal ultimo senso, tanto più che, in ambito processuale, sono, comunque, da evitarsi interpretazioni meramente formalistiche».

Secondo parte appellante, da ultimo, il richiamo operato dal giudice di primo grado ad una pronuncia del Collegio di garanzia del Coni (decisione n. 27/2016 – prima sezione) è oggettivamente inconferente, atteso che in detta decisione il Collegio si è espresso sulla perentorietà del termine per la decisione del procedimento disciplinare; fattispecie che per espressa previsisionecodicistica è sottoposta ad un termine perentorio, ma che nulla ha a che vedere con la diversa regolamentazione delle fasi di proposizione dell’azione disciplinare e, pertanto, del deferimento.

- Con un secondo motivo di gravame il ricorrente Procuratore federale censura la decisione del TFN in punto individuazione del momento dal quale inizia a decorrere il termine di trenta giorni per la proposizione del deferimento.

«Nella pronuncia gravata», si argomenta in ricorso, «è dato leggere che tale termine decorrerebbe per ciascun deferito dal momento di comunicazione allo stesso della comunicazione di conclusioni delle indagini(…)

Non è così.

La proposizione del deferimento, in realtà, è assolutamente tempestiva, in quanto l’ultima notifica della comunicazione di conclusione delle indagini, contrariamente a quanto ritenuto dal Tribunale, è ritualmente avvenuta in data 23.5.2016, nei confronti del sig. Di Lauro, così come emerge dai documenti depositati in atti, a nulla rilevando la notificazione effettuata all’avv. Loredana Martino, soggetto terzo non abilitato alla ricezione di atti procedimentali per conto del deferito, posto che il Di Lauro non ha effettuato alcuna elezione di domicilio nell’ambito del procedimento disciplinare n. 78pf15-16, se non con la memoria successivamente depositata innanzi al Giudice di prime cure.

A tal proposito, basta evidenziare che la notifica al Di Lauro presso l’Avv. Loredana Martino è stata fatta, da quest’Ufficio, a mero scopo cautelativo, posta la difficoltà di notifica di precedenti atti al DiLauro stesso e in considerazione che l’Avv. Martino era stata precedentemente officiata della difesa, dal deferito in questione, in altri procedimenti contro di lui instaurati. L’effettuazione di una notifica a soggetto non abilitato alla sua ricezione non può certamente considerarsi efficace sotto il profilo della decorrenza dei termini, né sotto quello sostanziale, di talchè questo Ufficio ha provveduto alla notifica della comunicazione di conclusione delle indagini anche ad altro indirizzo riferibile all’avvisato».

«Anche in questo caso, tuttavia», prosegue la reclamante Procura federale, «il Giudice di prime cure ha attribuito alla norma una portata che il dato letterale della stessa pacificamente non possiede.

Il dettato normativo posto a base della decisione gravata, infatti, prevede espressamente che il termine per la proposizione del deferimento decorra “dalla scadenza del termine per l’audizione o per la presentazione della memoria”.

Nessuna indicazione, pertanto, che possa far ritenere la decorrenza del termine correlata alla posizione di ogni singolo deferito.

Non solo.

Se si accedesse a tale ragionamento, si perverrebbe alla conseguenza – aberrante – che nel caso di deferimento con pluralità di soggetti, quale quello in esame, per ciascun deferito decorrerebbe un termine diverso in correlazione al momento nel quale lo stesso ha ricevuto la comunicazione di conclusione delle indagini».

Ancor prima che sul piano logico, poi, tale conclusione, sempre a dire della Procura federale, contrasterebbe anche con il dato sistematico cui è informato il codice di giustizia sportiva.

In assenza di un criterio sicuro per individuare la decorrenza del termine, per principio generale del processo sportivo dovrebbe farsi riferimento ai principi ed alle norme generali del processo civile, secondo cui, appunto, in tutte le ipotesi di adempimento susseguente alla notificazione di un atto, il relativo termine decorre dall’ultima delle notifiche effettuate e giammai per ogni singolo soggetto dal momento di ricezione dell’atto da parte dello stesso. «Chiarissime sul punto, in particolare, sono tutte le norme relative all’iscrizione a ruolo dei giudizi e degli appelli, che prevedono tutte indistintamente la decorrenza del termine dall’ultima notificazione (cfr. artt. 165, comma 2, 347 e 369, comma 1, c.p.c.)».

Ritiene, poi, il Procuratore federale, «che l’interpretazione della norma adottata dal Giudice di primo grado, oltre ad essere del tutto irragionevole sul piano sistematico, avrebbe delle conseguenze pregiudizievoli sull’efficacia dell’azione disciplinare e sull’economicità del giudizio da parte degli organi di giustizia sportiva.

Il procedimento disciplinare, infatti, è unico (gli atti di indagine, la CCI) e, come tale, anche nei casi di più incolpati, l’atto di deferimento è unico ed i termini processuali previsti dall’art. 32 ter C.G.S. (30 giorni) non possono che decorrere dalla scadenza dell’ultimo termine a difesa e non già, come sostenuto dal Tribunale, con scansioni temporali differenti per ciascun avvisato.

L’eventuale trattazione delle varie posizioni dei soggetti deferiti nell’ambito di un procedimento, pertanto, non può che essere unitaria, perchè l’istruttoria è unica e dunque si determina una connessione soggettiva e oggettiva dei fatti che coinvolgono i singoli soggetti sottoposti al procedimento.

Fino alla scadenza dell’ultimo termine a difesa, poi, la Procura potrebbe acquisire documenti, memorie o elementi rappresentati nelle eventuali audizioni post CCI che potrebbero incidere, a favore o a sfavore, sulla posizione di tutti gli avvisati, ai fini dell’esercizio dell’azione disciplinare. La Procura, pertanto, potrebbe addirittura valutare di archiviare alcune posizioni, alla luce delle difese di altri soggetti coinvolti nel procedimento e destinatari di comunicazione di conclusione delle indagini.

Il ritenere la decorrenza del termine correlata alla precedente ricezione della comunicazione di conclusione indagini per ciascuna singola posizione, infatti, comporterebbe la necessità, in caso di procedimenti complessi quale quello in esame, di procedere con cadenza diversa al deferimento di singoli soggetti, con la conseguenza che l’organo giudicante, da un lato, e lo stesso deferito, dall’altro, vedrebbero irrimediabilmente pregiudicata la possibilità di avere la piena cognizione su tutti i fatti e posizioni riguardanti una medesima fattispecie; tanto con la concreta possibilità di insorgenza di contrasti di giudicati.

Tutto ciò senza contare, poi, che la promozione di autonomi procedimenti disciplinari con riguardo a posizioni riguardanti la medesima fattispecie complessiva comporterebbe un grave vulnus al principio di economia processuale e, non da ultimo, un proliferare di procedimenti diversi che rallenterebbero il corso della giustizia sportiva, con buona pace del principio di efficienza e celerità dell’azione disciplinare, cui tutto il sistema giustiziale sportivo è rivolto».

Da ultimo, il Procuratore federale sottolinea come una ritenuta eventuale diversa decorrenza del termine per ogni singolo soggetto potrebbe comportare «il rischio concreto di premiare azioni strumentali da parte dei deferiti; ritardare la ricezione della comunicazione di conclusione delle indagini, infatti, potrebbe costituire per ogni singolo incolpato un espediente per vedere la propria posizione separata dal confronto e dal dibattimento contestuale con gli altri incolpati, con possibilità di definizione di linee difensive strumentali all’esito del giudizio sulle condotte di altri soggetti coinvolti nella medesima fattispecie». Sotto tale profilo, pertanto, il Procuratore federale ritiene che la lettura della norma fornita dal TFN, oltre che avulsa dal dato letterale della stessa ed estranea ai principi generali, è anche evidentemente irragionevole e potenzialmente lesiva degli interessi perseguiti dal sistema della giustizia sportiva federale.

Per quanto attiene al merito delle incolpazioni di cui all’atto di deferimento, «anche in ossequio al principio devolutivo dell’appello», la Procura federale richiama integralmente quanto motivato nello stesso predetto atto di deferimento, «atteso il suo mancato esame da parte del Giudice di primo grado».

Conclude, quindi, il Procuratore federale, chiedendo che l’adìta CFA, in riforma in parte qua della decisione del TFN, di cui al C.U. n. 26/TFN del 24.10.2016, in relazione alle violazioni contestate nell’atto di deferimento del 4.8.2016, sopra ricordate, voglia rinviare gli atti al Tribunale federale nazionale, affinchè esamini le posizioni degli incolpati e si pronunci sul merito in relazione a quanto contestato a tutti i soggetti deferiti. Infine, l’appellante Procura federale, chiede che, nell’ipotesi in cui la Corte adìta ritenga pronunciare nel merito, «voglia affermare la responsabilità di tutti i deferiti, per quanto a essi rispettivamente ascritto con l’atto di deferimento (…) comminando agli stessi le sanzioni richieste dinanzi al Giudice di primo grado, ovvero le sanzioni ritenute di giustizia».

Resistono con specifiche controdeduzioni scritte i sigg.ri Claudio Arpaia, Eugenio Ascari, Andrea Bagnoli, Felice Bellini, Salvatore Casapulla, Giuseppe Cianciolo, Cosimo D’Eboli, Nicola Falasco, Vito Falconieri, Fabrizio Maglia, Michele Nardi, Alessandro Romeo, Paganese Calcio 1926 s.r.l., U.S. Pistoiese 1921 s.r.l., USD Poggibonsi, Santarcangelo Calcio s.r.l., Savona FBC a r.l., Tuttocuoio 1957 San Miniato s.r.l., Vigor Lamezia s.r.l., Aurora Pro Patria 1919 s.r.l.

Con articolate argomentazioni tutti gli indicati resistenti deducono, anzitutto, in ordine alla perentorietà del termine di cui all’art. 32 ter, comma 4, CGS, illustrando le ragioni della correttezza della decisione del TFN, di cui chiedono la conferma.

Secondo la prospettazione difensiva degli appellati la norma di cui all’art. 2, comma 6, CGS Coni richiama l’applicazione della norme generali del processo civile solo “per quanto non disciplinato”, e, per l’effetto, ove le norme regolamentari dell’Ordinamento sportivo disciplinino espressamente una materia, tale regolamentazione preclude l’accesso alle norme della procedura civile che nel procedimento sportivo hanno solo carattere residuale «per colmare vuoti normativi», laddove, invece, nel codice giustizia sportiva Figc c’è una norma positiva che regola tutti i termini previsti nello stesso codice, ovvero l’art. 38, comma 6, C.G.S..

Evidenziano, i resistenti, come il codice di giustizia sportiva rappresenti un’insieme di norme unitario che deve essere interpretato non solo secondo il senso delle parole usate (e già tale interpretazione letterale, asseriscono, sarebbe sufficiente per dimostrare la perentorietà di tutti i termini), ma anche in maniera logico-sistematica. E sarebbe evidente che, se il legislatore sportivo ha ritenuto di introdurre una norma nella quale sono stabiliti dei termini all’interno di un sistema nel quale si stabilisce che tutti i termini sono perentori, significa che ha ritenuto il termine per l’esercizio dell’azione disciplinare perentorio, altrimenti lo avrebbe espressamente dichiarato ordinatorio.

Una volta stabilita la perentorietà di tutti i termini, proseguono i resistenti, la sanzione non può che essere quella della improcedibilità e/o inammissibilità degli atti compiuti successivamente.

L’accoglimento del teorema accusatorio condurrebbe, secondo l’assunto difensivo, ad una conseguenza abnorme, ossia che tutti i termini riservati ai deferiti sarebbero perentori, mentre quelli previsti per la Procura federale in fase di indagine e di impulso dell’azione disciplinare sarebbero, invece, ordinatori. La conseguenza della improcedibilità od irricevibilità del deferimento appare, invece, logica conseguenza dell’infruttuoso spirare del termine di cui trattasi, anche atteso che l’inerzia e/o, comunque, il ritardo nell’esercizio dell’azione disciplinare, a questo punto dell’iter procedurale, non appaiono più giustificabili.

Quanto al secondo motivo di gravame i resistenti ritengono, tra l’altro, che l’assunto della Procura federale trovi smentita letterale nello stesso art. 32 ter, comma 4, C.G.S. ed evidenziano come la norma si rivolga all’incolpato e non già agli “incolpati”, indice evidente che l’azione disciplinare è personale, seppur trattata cumulativamente insieme ad altri deferiti le cui posizioni spesso sono indipendenti.

Ritengono, i resistenti, che l’ordinamento e la giustizia sportiva abbiano ormai da tempo affrontato e risolto il problema relativo alla trattazione (necessariamente unitaria o meno) dei procedimenti con più deferiti, ammettendo espressamente la possibilità, in caso di inconvenienti afferenti al pieno esercizio del diritto di difesa e/od alla corretta instaurazione del contraddittorio di stralciare la posizione di singoli o di alcuni deferiti, consentendo la prosecuzione del procedimento per gli altri deferiti. Del resto, diversamente ragionando, si osserva, in un giudizio con più parti sarebbe sufficiente l’irregolarità della notifica ad una sola di esse per provocare il rinvio della trattazione anche per tutte le altre.

All’udienza fissata, per il giorno 21 dicembre 2016, innanzi questa Corte federale di appello, riunita a sezioni unite, sono comparsi, i sigg.ri Antonella Arpini, Carlo LoliPiccolomini, Gioacchino Tornatore, Giammaria Camici, Enrico Liberati, in rappresentanza del Procuratore federale, nonché, per mandato o delega, i legali di quasi tutti gli appellati, come in atti meglio annotati, che hanno sostanzialmente tutti insistito per il rigetto dell’appello e la conferma della decisione del TFN impugnata dalla Procura Federale.

Nell’interesse del sig. Giuseppe Perpignano, l’avv. Sara Agostini, giusta delega avv. Stella Frascà, ha preliminarmente eccepito inammissibilità dell’appello della Procura federale, poiché notificato, come l’avviso di convocazione per il dibattimento, presso procuratore non costituito e in luogo diverso da quello di cui alla elezione di domicilio in atti.

Dichiarato chiuso il dibattimento, questa Corte si è ritirata in camera di consiglio, all’esito della quale ha assunto la decisione di cui al dispositivo, sulla base dei seguenti motivi.

Deve, anzitutto, essere esaminata l’eccezione di inammissibilità svolta dalla difesa del sig. Perpignano.

Dall’esame degli atti acquisiti al fascicolo del procedimento risulta che l’appello della Procura federale è stato irritualmente notificato presso procuratore e domicilio diversi da quelli indicati dal sig. Giuseppe Perpignano. Ne consegue che, nei confronti dello stesso, il ricorso è inammissibile e, per l’effetto, la decisione del TFN, impugnata dalla Procura, è divenuta, in parte qua, definitiva.

Con riferimento a tutti gli altri soggetti appellati, la Corte, letto l’atto di appello, esaminati gli atti ufficiali, ritiene che il ricorso del Procuratore federale meriti accoglimento nei termini e per le ragioni che di seguito si precisano, non senza aver prima dato atto di aver letto con molta attenzione ed interesse le pregevoli argomentazioni difensive contenute nelle controdeduzioni presentate dagli appellati. Tuttavia, le stesse, per quanto suggestive, non possono trovare condivisione.

Giusta quanto anticipato in narrativa, viene fatta oggetto di gravame la decisione del TFN pubblicata mediante comunicato ufficiale n. 26/TFN del 24 ottobre 2016 che ha dichiarato irricevibile il deferimento.

- Con un primo motivo di gravame la Procura federale ritiene erronea la decisione del Tribunale di prime cure laddove qualifica come perentorio il termine di cui all’art. 32 ter, comma 4, CGS.

Il motivo è fondato.

Ritiene questa Corte che il termine di cui trattasi non possa essere qualificato perentorio. Difetta, anzitutto, una specifica ed espressa disposizione normativa in tal senso. Una lettura sistematica delle norme federali in materia disciplinare, condotta alla luce delle previsioni del codice di rito civile, induce a ritenere che ai termini previsti per l’apertura e la conclusione del procedimento disciplinare può essere attribuita natura perentoria solo se e in quanto così siano espressamente qualificati dal legislatore federale o sia previsto uno specifico effetto sanzionatorio.

Occorre muovere dalla lettera della norma di cui all’art. 32 ter, comma 4, CGS, già ricordata e che per facilità di lettura qui si riporta: «quando non deve disporre l’archiviazione, il Procuratore Federale, entro venti giorni dalla conclusione delle indagini, informa l’interessato della intenzione di procedere al deferimento e gli elementi che la giustificano, assegnandogli un termine per chiedere di essere sentito o per presentare una memoria». Prosegue, quindi, la norma: «qualora il Procuratore Federale ritenga di dover confermare la propria intenzione, entro 30 giorni dalla scadenza del termine per l’audizione o per la presentazione della memoria, esercita l’azione disciplinare formulando l’incolpazione mediante atto di deferimento a giudizio (…)».

Ora, non si può, anzitutto, che prendere atto del fatto, come già sopra osservato, che la norma non contiene una esplicita previsione di perentorietà del termine entro cui, scaduto quello assegnato per l’audizione o per la presentazione della memoria difensiva, il Procuratore federale “deve” esercitare l’azione disciplinare formulando l’incolpazione mediante atto di deferimento a giudizio (la norma, peraltro, non senso significato, prevede, appunto, che il Procuratore “esercita” e non già “deve” esercitare l’azione disciplinare). È compito dell’interprete, dunque, qualificare il termine di cui trattasi.

E qui viene, appunto, in rilievo la disposizione di cui all’art. 38, comma 6, CGS (“Tutti i termini previsti dal presente Codice sono perentori”) invocata dai deferiti odierni appellati e richiamata dal Tribunale di prime cure a fondamento della propria decisione. Detta norma, si applicherebbe, questo, in sintesi, l’assunto anche al termine previsto dall’art. 32 ter, comma 4, CGS. L’assunto non può essere condiviso.

Rimessa al legislatore federale ogni eventuale valutazione in ordine alla opportunità di un espresso e più chiaro coordinamento con la norma di cui all’art. 38, comma 6, CGS, ragioni di natura sistematica, in primo luogo, inducono, allo stato, ad escludere che la perentorietà del termine di cui trattasi possa desumersi dalla generale, quanto generica, indicazione contenuta nello stesso predetto art. 38 CGS. Non fosse altro che, diversamente opinando, non troverebbero spiegazione tutte quelle disposizioni disseminate nell’arco dell’intero codice di giustizia sportiva, che qualificano, appunto, come perentorio, un dato termine o sanzionano espressamente il mancato compimento di una data attività entro il termine assegnato.

A partire da quella di cui all’art. 34 bis (rubricato “Termini di estinzione del giudizio disciplinare e termini di durata degli altri giudizi”):

“1. Il termine per la pronuncia della decisione di primo grado è di novanta giorni dalla data di esercizio dell’azione disciplinare.

2. Il termine per la pronuncia della decisione di secondo grado è di sessanta giorni dalla data di proposizione del reclamo. 3. Se la decisione di merito è annullata in tutto o in parte a seguito del ricorso all’Organo giudicante di 2° grado o al Collegio di garanzia dello sport, il termine per la pronuncia nell’eventuale giudizio di rinvio è di sessanta giorni e decorre dalla data in cui vengono restituiti gli atti del procedimento al giudicante che deve pronunciarsi nel giudizio di rinvio.

4. Se i termini non sono osservati per ciascuno dei gradi di merito, il procedimento disciplinare è dichiarato estinto, anche d’ufficio, se l'incolpato non si oppone”.

Così, invece, l’art. 23, comma 2, CGS, in materia di applicazione di sanzioni su richiesta delle parti: “… L’efficacia dell’accordo comporta, ad ogni effetto, la definizione del procedimento e di tutti i relativi gradi nei confronti del richiedente, salvo che non sia data completa esecuzione, nel termine perentorio di 30 giorni successivi alla pubblicazione della decisione, alle sanzioni pecuniarie contenute nel medesimo accordo”.

Nello stesso senso, l’art. 32 sexies CGS (intestato “Applicazione di sanzioni su richiesta e senza incolpazione”): “… Decorso tale termine, in assenza di osservazioni, l’accordo acquista efficacia e comporta, in relazione ai fatti relativamente ai quali è stato convenuto, l’improponibilità assoluta della corrispondente azione disciplinare, salvo che non sia data completa esecuzione, nel termine perentorio di 30 giorni successivi alla pubblicazione dell’accordo, alle sanzioni pecuniarie in esso contenute”.

Se ne ricava che quando il legislatore federale ha voluto considerare perentorio un dato termine lo ha fatto (in modo specifico) espressamente: o attraverso una formale qualificazione o per il tramite della previsione di una speciale conseguenza sanzionatoria per il caso di mancato compimento dell’attività processuale indicata nel termine assegnato.

Del resto, se l’art. 38, comma 6, CGS valesse effettivamente a qualificare come perentori tutti i termini del codice, le suddette menzionate espresse qualificazioni non troverebbero agevole spiegazione e rischierebbero di tradursi in una mera, inutiliter data, duplicazione della prima richiamata disposizione, già di per sé, secondo la prospettazione difensiva degli appellati resistenti, esaustiva e sufficiente.

Occorre, dunque, rinunciare ad ogni ipotesi di ricostruzione unitaria dei termini rinvenibili nei codici di giustizia sportiva Figc e Coni, avendo il legislatore sportivo previsto termini di diversa natura, ai quali ha ricollegato (o non), di volta in volta, conseguenze diverse in ordine all’inosservanza degli stessi. E, per quanto qui segnatamente interessa, in mancanza di una sanzione specifica e diretta da ricollegare al termine di cui all’art. 32 ter, comma 4, CGS allo stesso deve essere negata natura perentoria.

Sempre sul piano sistematico occorre, poi, considerare che la norma di cui all’art. 32 ter è inserita nel titolo III (“Organi della giustizia sportiva”), mentre quella di cui all’art. 38 è inserita nel titolo IV (“Norme generali del procedimento). Una siffatta collocazione sembra confortare il convincimento di questo Collegio secondo cui il riferimento alla perentorietà, rinvenibile nella disposizione di cui all’art. 38, comma 6, CGS, è effettuato ai termini indicati nello stesso art. 38 (primo tra tutti quello per la proposizione dei reclami e connessi adempimenti). Non a caso, del resto, la predetta norma è rubricata, appunto, “Termini dei procedimenti e modalità di comunicazione degli atti”.

Al più il riferimento alla perentorietà di cui trattasi, anche alla luce della predetta collocazione sistematica, può ritenersi effettuato ai termini indicati per lo svolgimento della fase processuale, ma non anche a quella procedimentale o propedeutica all’instaurazione della fase contenziosa vera e propria. Del resto, è proprio in questa fase che i principi del giusto processo e parità delle parti trovano la loro massima espressione ed attuazione. Pertanto, appare logico ritenere che il legislatore abbia generalmente inteso attribuire natura perentoria (solo) ai termini attraverso cui si snoda il processo e in ordine ai quali il mancato espletamento di una data attività processuale nel termine imposto è suscettibile di ledere ex se i diritti e le garanzie difensive dell’altra parte.

Anche sotto siffatto profilo, dunque, la lettura della natura non perentoria del termine di cui trattasi, qui affermata, appare coerente con il sistema e non contrasta con la pronuncia n. 27/2016 del Collegio di Garanzia dello Sport del Coni, richiamata dal Tribunale federale nazionale, considerato che l’organo di vertice della giustizia sportiva si è espresso, appunto, proprio sulla perentorietà del termine per la decisione del procedimento disciplinare, termine che, non solo è riferito al processo e non già al procedimento istruttorio, ma è anche stabilito espressamente a pena di estinzione, come già, del resto, anche affermato da alcune recentissime decisioni di questa Corte.

In tale contesto complessivo di riferimento sistematico è, poi, possibile osservare che il pubblico ministero federale, i cui atti dotati di efficacia endoprocessuale esauriscono i loro effetti nella fase delle indagini preliminari, agisce come organo di investigazione caratterizzato da ampia libertà ed autonomia, seppur, ovviamente, nell’ambito del reticolato normativo dettato per tale fase.

Con riguardo, in particolare, ai tempi ed ai termini dell’attività istruttoria il legislatore della riforma del codice di giustizia sportiva ha indicato delle previsioni di massima volte a regolamentare, per quanto possibile e con efficacia essenzialmente ordinatoria, il susseguirsi delle attività tipiche della fase procedimentale, ferme fatte, ovviamente, le disposizioni dettate ai fini prescrizionali. Traspare, in modo chiaro, dalle suddette indicazioni normative, l’esigenza di una definizione della fase istruttoria preprocessuale in tempi ragionevolmente brevi, esigenza, questa, più volte, del resto, messa in evidenza dalla dottrina in materia e affermata dalla giurisprudenza sportiva. Non, dunque, una illimitata discrezionalità nella determinazione della durata delle indagini nella fase che precede il deferimento, ma una cadenza temporale ordinamentale affidata al prudente apprezzamento del Procuratore federale da “adeguare” al singolo procedimento istruttorio, in relazione alla complessità della fattispecie ed alle eventuali difficoltà delle acquisizioni probatorie e compatibilmente anche con le esigenze organizzative del suo Ufficio, non facilmente valutabili all’esterno.

Non ci si può, qui, esimere dall’evidenziare, seppur rapidamente ed in via incidentale, come il predetto termine di trenta giorni per l’esercizio dell’azione disciplinare dalla scadenza del termine a difesa assegnato dalla Procura si rivelerebbe, laddove ritenuto posto in modo perentorio, probabilmente inadeguato, specie laddove si tenga conto che nello stesso predetto termine la Procura federale dovrebbe esaminare le deduzioni dell’indagato, valutarne le argomentazioni difensive o sentire lo stesso in audizione (se richiesto), rivalutare il materiale probatorio acquisito alla luce delle prospettazioni difensive e delle indicazioni formulate dall’indagato medesimo. Per ciò che concerne, in particolare, l’audizione richiesta dall’interessato è possibile osservare come la stessa sia evidentemente volta a soddisfare esigenze istruttorie dell'indagato medesimo e non già a garantire un necessario contraddittorio preliminare o consentire all’inquirente di acquisire (eventuali) ulteriori elementi a suo carico, per cui deve ritenersi che, laddove richiesta dal destinatario dell’invito a difendersi, l’audizione diventi un onere per la Procura federale.A tal proposito è bene rimarcare come la Procura federale, anche in sede di acquisizione ante causam di materiale istruttorio, agisce pur sempre nell’esercizio di una funzione obiettiva e neutrale, avvalendosi di un regime probatorio che sposta al momento del processo le esigenze del contraddittorio pieno; regime, questo, non solo correlato a quella che è la natura stessa delle sue funzioni, ma anche non sovrapponibile agli schemi civilistici fondati sul principio dell’onere della prova piena da parte dell’attore, né a quelli penalistici volti ad anticipare alla fase del procedimento le garanzie tipiche della fase contenziosa piena.

Non occorre neppure trascurare di considerare, in questo ambito valutativo, che, come segnalato dalla stessa Procura, laddove la notificazione sia eseguita a mezzo servizio postale, la prova dell’avvenuta notifica, da rinvenirsi nell’avviso di ricevimento ovvero nella certificazione di compiuta giacenza apposta sul plico, nella maggior parte dei casi si acquisisce ben oltre la scadenza del termine di trenta giorni per promuovere il deferimento, sempre con la medesima conseguenza della improcedibilità, ove detto termine venisse ritenuto perentorio.

In altri termini, sotto questo angolo visuale, la perentorietà del termine di cui trattasi sembra in contrasto, non solo con il principio della obbligatorietà dell’azione disciplinare desumibile dallo stesso art. 32 ter CGS (azione, cioè, da esercitarsi obbligatoriamente in presenza di un minimo di fumus di fondatezza della fattispecie illecita accertata e di sufficienza di elementi probatori atti a sostenere l’accusa in giudizio), ma anche con lo stesso interesse dell’indagato, le cui garanzie difensive sarebbero frustrate laddove non si riconoscesse alla Procura federale la (concreta) possibilità di esaminare gli elementi e documenti a discarico dallo stesso offerti nella memoria difensiva o in sede di audizione, specie in procedimenti complessi, quali quelli, come nel caso di specie, che coinvolgono un numero consistente di indagati, le cui posizioni si intrecciano e nelle quali, dunque, le deduzioni di uno possono anche influire sulla posizione di altro coindagato.

La lettura della natura non perentoria del termine di cui trattasi, dunque, non incide in alcun modo sulle garanzie difensive dell’indagato. Anzi.

La previsione di una fase pre-processuale è volta, da un lato, a proteggere la funzione del pubblico ministero federale, nel senso di sollevarlo dal disagio di un deferimento in difetto di sufficienti elementi idonei a sostenere la responsabilità dell’incolpato, dall’altro, a garantire l’indagato di non essere portato a giudizio in ipotesi in cui non vi siano sufficienti elementi probatori da cui desumere la responsabilità dello stesso. Premesso che, considerata l'obbligatorietà e la irretrattabilità dell'azione di cui trattasi e vista l'indisponibilità del bene tutelato, quella della pubblica accusa federale deve considerarsi, con riferimento all’ordinamento sportivo nel cui ambito ci troviamo, quale azione iurispublici al pari dell'azione penale, il Procuratore federale deve, dunque, muoversi con equilibrio tra le opposte esigenze connesse, l’una, all’obbligo di richiedere l’accertamento della responsabilità dell’indagato l’altra, all’esigenza di non gravare inutilmente la posizione dell’indagato medesimo, portando fino al processo notizie di illecito che, all’esito dell’attività istruttoria, si rivelino prive di fondamento o, quantomeno, incapaci di reggere al confronto contenzioso.

In tale direzione, non vi è dubbio che, pur essendo inconfutabile l'interesse dell’ordinamento federale al corretto esercizio della funzione inquirente e, quindi, della repressione delle condotte illecite, lo stesso non può, tuttavia, soverchiare l'interesse del tesserato a non sopportare l'onere di un processo manifestamente inutile. Da qui il necessario contemperamento delle due esigenze che vede il suo momento di maggior rilievo proprio nello spatiumdeliberandi esistente tra le difese presentate dall’indagato dopo l’avviso di conclusione delle indagini ed il concreto esercizio dell’azione disciplinare. Alla Procura federale, infatti, organo neutrale e indipendente, che agisce nell’interesse dell’ordinamento e a fini di giustizia, è demandata la ricerca delle prove tanto a carico, quanto a discarico.Del resto, nello svolgimento della sua autonoma e discrezionale attività di indagine, funzionalizzata alla verifica della non manifesta infondatezza dell'evento illecito di cui è venuto a conoscenza, il Procuratore federale è tenuto, al pari del Pubblico ministero penale, a svolgere accertamenti anche su fatti e circostanze a favore del presunto responsabile.

E l’importanza della decisione di archiviazione o di esercizio dell’azione disciplinare (deferimento e archiviazione rappresentano, in alternativa, l’effetto ineludibile del carattere necessario dell’azione intestata alla Procura) che assumerà il Procuratore federale riveste ancora maggiore rilievo sol che si consideri come, nell’ordinamento sportivo, non è prevista una verifica sulle determinazioni, appunto, in ordine allo svolgimento dell'azione, da parte di un diverso organo di natura giurisdizionale, come accade, invece, nell’ambito dell’esercizio dell’azione penale.

È, dunque, interesse, per quanto detto, tanto dell’ordinamento, quanto dell’indagato, consentire che, in contesti procedimentali complessi e con più parti, quale quello oggetto del presente giudizio, la Procura federale possa disporre di un congruo spazio temporale al fine di verificare, alla luce, lo si ribadisce, delle complessive argomentazioni difensive e della documentazione offerte dagli indagati, se sussistano effettivamente o meno quegli elementi probatori idonei a sostenere l’accusa in giudizio che lo stesso legislatore federale ha posto quale presupposto per l’esercizio dell’azione disciplinare.

Si osservi, più in generale, come il procedimento della Procura federale non rivesta di certo natura di procedimento amministrativo e, del pari, come non rivesta di certo natura giurisdizionale vera e propria. Pertanto, al procedimento istruttorio di cui trattasi, se non sono applicabili i principi fondamentali che oggi regolano l'esercizio della funzione amministrativa tipicamente intesa (a titolo esemplificativo, accesso e contraddittorio, se non nei limiti delle specifiche disposizioni federali), non sono neppure applicabili principi e regole tipiche della fase processuale in senso stretto intesa.

Si tratta, come detto, di una sequenza di attività successive legate da un ordine logico e funzionali al raggiungimento di un obiettivo (accertare la sussistenza o meno dei presupposti per l’esercizio dell’azione disciplinare di responsabilità). Fase, questa procedimentale-istruttoria collegata a quella (eventuale) successiva strutturata secondo le regole proprie di ogni processo, a cominciare da quella dell’assoluta parità delle parti e pienezza del contraddittorio. Un avvicinamento, dunque, per gradi al giudizio, attraverso fasi caretterizzate da esigenze diverse e discipinate da differenti regole.

Sotto diverso profilo, sia consentito anche osservare come l’affermazione della perentorietà del termine di cui si discute condurrebbe ad un esito abnorme (proscioglimento dell’indagato) in una fase che, come detto, non è neppure ancora quella cognitiva. L’indagato, in altri termini, ne trarrebbe un effetto sostanziale che andrebbe sicuramente al di là delle ragionevoli previsioni del sistema procedimentale nel cui ambito il termine di cui trattiamo è incardinato.La declaratoria di improcedibilità o irricevibilità, nella fattispecie, vestirebbe natura ed effetti di “proscioglimento”, a fronte, invece, della mera inosservanza di un termine, peraltro, come detto, di natura esclusivamente (pre-)processuale.

In tale direzione, in fattispecie, ovviamente, solo in parte assimilabile a quella che qui ci occupa, la giurisprudenza di legittimità ha affermato, in tema di verifiche tributarie, che «il termine di permanenza degli operatori civili o militari dell'Amministrazione finanziaria presso la sede del contribuente è meramente ordinatorio, in quanto nessuna disposizione lo dichiara perentorio, o stabilisce la nullità degli atti compiuti dopo il suo decorso, né la nullità di tali atti può ricavarsi dalla ratio delle disposizioni in materia, apparendo sproporzionata la sanzione del venir meno del potere accertativo fiscale a fronte del disagio arrecato al contribuente dalla più lunga permanenza degli agenti dell'Amministrazione» (Cassazione, sez. trib., 5 ottobre 2012, n. 17002). Analogamente, come detto, apparirebbe, francamente, eccessiva la sanzione della improcedibilità dell’azione disciplinare volta all’accertamento (ed alla eventuale conseguente condanna) dell’indagato per il solo superamento (di qualche giorno) di un termine, a fronte del disagio arrecato all’indagato medesimo dall’assoggettamento, per qualche giorno in più di quanto indicato nella previsione normativa, alla mera incertezza dell’esercizio o meno dell’azione disciplinare nei suoi confronti.

Richiamati i profili finalistici dell'azione di responsabilità disciplinare, comunque conformati, nei tratti essenziali, agli istituti civilistici, intesi a tutelare l'esigenza che l’adesione alla Federazione sia utilizzata per il raggiungimento di fini propri e non già per finalità illecite, unitamente con l'esigenza di sanzionare le condotte devianti dai fondamentali principi posti dall’ordinamento federale, occorre, ancora una volta, osservare come non sia prevista alcuna decadenza del potere del Procuratore federale di emettere l'atto di deferimento in giudizio per il mancato rispetto del termine di cui trattasi. Anzi, l'imposizione di un obbligo di alternativamente emettere l'atto di citazione o disporre l'archiviazione, ha fatto affermare a consolidata giurisprudenza della Corte dei Conti, a proposito del procedimento erariale per certi versi assimilabile, sotto gli aspetti qui in rilievo, a quello disciplinare-sportivo, «che detto potere (rectius, obbligo) permane pur dopo la scadenza del termine, non potendosi logicamente e sistematicamente ammettere che l'attività istruttoria del Procuratore regionale non abbia alcun esito né positivo né negativo» (Corte dei Conti, sezioni riunite, 9 marzo 2005, n. 1), per poi concludere che «gli effetti della mancata osservanza del termine ordinatorio vanno individuati di volta in volta in relazione alla natura dell'atto rispetto al quale il termine è stabilito, ovvero al mancato rispetto del termine fissato dal giudice nel provvedimento di proroga ovvero mediante il collegamento a termini fissati per altri atti connessi», con la inequivoca precisazione che, in ogni caso, «la pronuncia del giudice dovrà essere di natura meramente processuale, con esclusione di effetti diretti sul diritto sostanziale».

Del resto, non è casuale che l'ordinamento federale tenga ben distinti i termini di prescrizione e di decadenza dai termini procedimentali, come quello di trenta giorni per emettere l'atto di deferimento a giudizio, in quanto (solo) i primi, a differenza degli altri, operano sul piano del diritto sostanziale.

Posta dunque la natura procedimentale del termine di trenta giorni di cui trattasi deve escludersi che lo stesso abbia natura perentoria con effetti decadenziali. Di conseguenza, al suo mancato rispetto non può ricollegarsi l'effetto della improcedibilità della “intempestiva” citazione a giudizio. La ratio di tale conclusione è anche desumbile dalla semplice, quanto inequivoca, considerazione che, diversamente ragionando, l'azione della Procura federale sarebbe limitata e compressa da un ulteriore e ben più penalizzante limite (di natura decadenziale) rispetto a quello ben più lungo legato alla prescrizione, limite incompatibile con le prima ricordate finalità ordinamentali del giudizio di responsabilità disciplinare.

A tale conclusione non è di ostacolo il principio costituzionale di ragionevole durata del processo, atteso che il diritto di accesso ai tribunali, previsto dall'art. 6 della Convenzione europea dei diritti dell'uomo, come interpretato dalla Corte di Strasburgo, con disposizione cui il giudice italiano deve dare applicazione a norma dell'art. 117 Cost., implica l'esigenza di evitare che un'interpretazione troppo formalistica delle regole di procedura dettate dalla disciplina nazionale impedisca l'esame nel merito dell’eventuale incolpazione (cfr. Cassazione, sez. VI, 8 maggio 2012, n. 7020).

In definitiva, questa Corte ritiene che il termine di cui trattasi possa essere qualificato come acceleratorio.

La necessità di definizione della fase preprocessuale riflette, infatti, non vi è dubbio, l’esigenza di tutela del soggetto sottoposto alle indagini volte all’accertamento della sussistenza o meno dei presupposti per l’esercizio dell’azione di responsabilità a vedere risolta una situazione di incertezza che incide sulla sua vita associativa e, sovente, anche di relazione, con un provvedimento di archiviazione oppure con il deferimento, provvedimento, questo, a partire dal quale le sue garanzie difensive trovano la massima espansione, in applicazione dei principi del giusto processo e di quello, in particolare, dell’accertamento della responsabilità nel contesto di un contraddittorio pieno, proprio della fase di cognizione.

Nel contempo, tuttavia, è chiara l’insistenza di altra esigenza, quella della repressione delle condotte che si pongano in contrasto con la nomativa federale, così come altrettanto chiaro l’interesse alla giustizia, in generale, ma anche nello specifico, essendo, come detto, interesse, appunto, non solo dell’ordinamento, ma anche del singolo indagato consentire una adeguata valutazione del complessivo materiale istruttorio al fine della adozione del provvedimento di archiviazione o di esercizio dell’azione disciplinare, onde evitare tanto un inutile dispendio di attività processuale, quanto un inutile onere ulteriore di difesa in capo all’indagato, nelle ipotesi in cui, all’esito delle rappresentazioni difensive dello stesso (o degli altri coindagati), possano ritenersi sussistenti gli elementi per escludere la responsabilità dell’indagato medesimo, o, comunque, insussistenti sufficienti elementi per sostenerne l’accusa in giudizio.

La sede è impropria per richiamare una seppur sintetica ricostruzione dottrinaria del termine processuale, ma non appare inutile, ai fini propri del presente giudizio, ricordare che nel nostro panorama giuridico il “termine” indica il periodo di tempo entro cui, secondo la disposizione di legge o il provvedimento del giudice, un determinato atto debba o possa essere compiuto, così divenendo, il termine medesimo, un requisito dell’atto o un fatto giuridico, strutturalmente autonomo e caratterizzato da una propria efficacia (di tipo estintivo o meno a seconda della classificazione perentoria o ordinatoria allo stesso assegnata).

La locuzione “perentorio” conduce poi, attraverso un breve esame etimologico, alla perenzione, ossia a quel tipico effetto di cancellazione di quanto già realizzato. Insomma, il termine perentorio può essere inteso come quella condizione che, in caso di inosservanza dello stesso, conduce, come effetto ipso iure, alla decadenza del correlato diritto. Ecco perché dottrina e giurisprudenza definiscono come perentorio quel termine stabilito, appunto, a pena di decadenza.

La giurisprudenza amministrativa ha avuto modo di affermare come i termini del procedimento disciplinare siano «da qualificarsi — di regola — ordinatori e non perentori, ad eccezione di quelli previsti per l'inizio e la conclusione del procedimento stesso nonché di quello massimo di 90 giorni che può intercorrere tra un atto e l'altro del procedimento. Più in generale, i termini del procedimento disciplinare devono intendersi ordinatori in tutti i casi in cui la fonte regolatrice del rapporto non commini — in caso dell'inosservanza degli stessi — effetti decadenziali, in relazione al principio sancito dall'art. 152 c.p.c.» (così, ad esempio, TAR Lazio, sez. I, 14 Febbraio 2012, n. 1491).

«Il carattere ordinatorio o perentorio dei termini stabiliti in materia di procedimento disciplinare a carico di pubblici dipendenti discende dagli effetti che la fonte regolatrice del rapporto ricollega alla loro osservanza, tenuto conto che, in base al principio sancito dall'art. 152 c.p.c., i termini stabiliti dalla legge sono ordinatori tranne che la legge stessa li dichiari perentori; per quanto riguarda le norme degli artt. 16 e 17, d.lg. 30 ottobre 1992 n. 449, esse hanno chiara natura ordinatoria non essendo prevista alcuna decadenza nell'ipotesi di loro inosservanza» (Consiglio di Stato, sez. IV, 16 aprile 2012, n. 2189).

Ne consegue che il mancato rispetto di un termine non perentorio non può determinare effetti invalidanti dei provvedimenti adottati (nel caso di specie, deferimento), fermo restando, peraltro, che «l’azione di responsabilità amministrativa può essere riproposta, salva la prescrizione quinquennale, per i medesimi fatti e nei confronti dei medesimi soggetti, anche dopo una pronuncia di inammissibilità dell'azione per il superamento del termine di proposizione dell'atto di citazione» (Corte dei Conti, sez. giurisd. Lazio, 6 marzo 2012, n. 270).

Analogamente, in materia tributaria si è osservato che «ogni decadenza non può che essere testuale, dovendo essere espressamente sancita dalla legge, ai sensi dell'art. 152 c.p.c., comma 2, sicchè, in mancanza di un'esplicita previsione, il termine normativamente stabilito per il compimento di un atto, ha efficacia meramente ordinatoria ed esortativa, ovverosia costituisce un invito a non indugiare, e l'atto può essere compiuto dall'interessato o dalla stessa Amministrazione fino a quando ciò non gli venga precluso dalla sopravvenuta prescrizione del relativo diritto» (cfr. Cassazione, sez. tributaria, 8 maggio 2013, n. 10761; Cassazione, n. 12259 del 2010; Cassazione, sez. unite, n. 21498 del 2004).

In breve, mentre il termine perentorio è strettamente correlato alla decadenza, per quello ordinatorio il decorso del termine non spiega una incidenza sull’atto a quo, ma solo un effetto relativo su quello ad quem. La differenza tra termini perentori e ordinatori, allora, non risiede tanto nell’effetto della loro inosservanza, connaturata in entrambi i casi, ma nella modalità di realizzazione di tale effetto: ipso iure, in un caso; previa valutazione discrezionale del giudice, nell’altro.

In applicazione pratica di tali principi di autorevole elaborazione giurisprudenziale, dai quali questa Corte non intende discostarsi, deve concludersi che il termine in questione ha, come detto, natura sollecitatoria e non già perentoria. Si tratta, cioè, di un termine volto ad assicurare la speditezza dei corrispondenti itineraprocedimentali, ossia diretto ad imprimere un certo ritmo allo svolgimento del procedimento, in funzione di un equo contemperamento delle molteplici esigenze prima richiamate e di una celere definizione dei procedimenti istruttori, tesi ad assicurare al giudizio, rapidamente, per quanto possibile, tesserati ritenuti responsabili di violazioni disciplinarmente rilevanti e, nel contempo, a scongiurare un inutile aggravio di attività processuale e di onere di difesa per l’indagato che, all’esito di una adeguata ponderazione del complessivo materiale istruttorio acquisito, risulti non imputabile della violazione in relazione alla quale è stato iscritto nell’apposito registro.

Pertanto, all’eventuale infruttuoso decorso del termine di cui trattasi l’ordinamento sportivo non assegna una specifica sanzione di decadenza o una data efficacia preclusiva, non avendo previsto la produzione di un determinato effetto giuridico con ricaduta sulla (inammissibilità della) instaurazione del giudizio.

Certo è, per contro, che la Procura federale è tenuta alla osservanza di detto termine, pur previsto dal sistema: disattendere il termine acceleratorio di cui trattasi (come nel caso di specie) per pochi giorni o in occasione di procedimenti complessi con molteplici indagati le cui condotte violative risultano tra loro intrecciate, è eccezione che l’ordinamento è in grado di assorbire e tollerare, alla luce delle specifiche variegate esigenze di cui si è detto; un sistematico mancato rispetto dello stesso predetto termine denoterebbe, invece, una insufficienza (per “definizione”, per così dire) del termine di cui trattasi oppure una disfunzione nell’organizzazione dell’attività investigativa, con la connessa esigenza di un eventualmente apposito esame e valutazione nelle opportune sedi istituzionali.

Sotto ulteriore profilo, diversamente ritenendo e, quindi, considerando perentori tutti i termini che regolano lo svolgimento della fase procedimentale, che precede, cioè, l’eventuale giudizio innanzi al giudice sportivo, si dovrebbe ritenere perentorio, a titolo meramente esemplificativo, anche quello di cui all’art. 32 quinquies, comma 4, CGS, che così recita: “Il Procuratore federale, concluse le indagini, se ritiene di non provvedere al deferimento, comunica entro dieci giorni il proprio intendimento di procedere all’archiviazione alla Procura generale dello sport. Ferme le attribuzioni di questa, dispone quindi l’archiviazione con determinazione succintamente motivata.”. Orbene, se il Procuratore federale non comunicasse il suo intendimento di archiviare entro cinque giorni ed il termine, per effetto del richiamo all’art. 38, comma 6, CGS, dovesse reputarsi perentorio, l’eventuale archiviazione successivamente disposta dovrebbe reputarsi inammissibile o la Procura decaduta da tale possibilità. Con la conseguenza che il Procuratore dovrebbe procedere necessariamente al deferimento, avendo consumato la possibilità di optare per l’archiviazione? Evidente, il paradosso, che smentice anche l’assunto secondo cui la perentorietà dei termini è posta a garanzia dell’indagato o dell’incolpato.

Ed allora, riepilogando, l’art. 32 ter, comma 4, CGS, non qualifica espressamente come perentorio il termine per l’esercizio dell’azione disciplinare (trenta giorni dalla scadenza dei termini a difesa assegnati dalla Procura federale con l’avviso di conclusione delle indagini). Occorre, pertanto, desumerne la natura in via necessariamente interpretativa. Orbene, in tale prospettiva occorre ricercare il il riferimento positivo, il dato normativo, nell’ambito, anzitutto, del codice di giustizia sportiva. In tale direzione, tuttavia, deve escludersi, per quanto detto, la possibilità di considerare perentorio detto termine in virtù del mero richiamo all’art. 38, comma 6, CGS. Soccorre, allora, una interpretazione di tipo logicosistematica che, come detto, sembra portare ad escludere la natura perentoria del termine di cui trattasi.

In breve, in difetto di qualificazione, da parte dell’ordinamento federale, della natura del termine de quo occorre riferirsi, per espresso disposto della norma di cui all’art. 1, comma 2, CGS, alle disposizioni del codice di giustizia sportiva del Coni. Così, infatti, recita la predetta norma: “Per tutto quanto non previsto dal presente Codice, si applicano le disposizioni del Codice della giustizia sportiva emanato dal CONI”.

Nel predetto codice Coni non vi è alcuna norma che qualifichi come perentorio il termine per l’esercizio dell’azione disciplinare entro i trenta giorni dalla scadenza dei termini a difesa di cui si è detto. Né, per inciso, risulta esservi una norma replica dell’art. 38, comma 6, CGS. Correttamente, a tal proposito, il Procuratore federale evidenzia come «dal che appare logico ricavare l’intenzione del legislatore del codice Coni di non stabilire la perentorietà di tale termine per la formulazione del deferimento, prevedendone una conseguenza specifica. Anche in tal ottica, quindi, non appare certo casuale che il codice di giustizia sportiva Figc abbia previsto delle conseguenze sanzionatorie soltanto con riferimento al mancato rispetto dei termini per la conclusione delle indagini (inutilizzabilità di quanto successivamente compiuto), di quelli per la proposizione dei reclami (inammissibilità, non impugnabilità delle decisioni) e di quelli per la pronuncia delle decisioni degli organi giudicanti (estinzione del procedimento disciplinare); non prevedendo, di contro, alcuna sanzione per il mancato rispetto dei termini per l’adozione della comunicazione di conclusione delle indagini e dell’atto di deferimento».

Non rimane, pertanto, che rifarsi alla disposizione di cui all’art. 2, comma 6, CGS Coni che prevede espressamente che “Per quanto non disciplinato, gli organi di giustizia conformano la propria attività ai principi e alle norme generali del processo civile, nei limiti di compatibilità con il carattere di informalità dei procedimenti di giustizia sportiva”.

Per l’effetto del combinato disposto delle norme di cui agli artt. 1, comma 2, CGS Figc e 2, comma 6, CGS Coni la disposizione di riferimento è, dunque, quella dettata dall’art. 152 c.p.c. (rubricato “Termini legali e termini giudiziari”), che così recita al comma 2: “I termini stabiliti dalla legge sono ordinatori, tranne che la legge stessa li dichiari espressamente perentori”.

Detta disposizione reca un principio generale del nostro ordinamento giuridico (cfr. anche Consiglio di Stato, sez. VI, 30 dicembre 2014, n. 6430; Consiglio di Stato, sez. V, 7 luglio 2014, n. 3431), con la conseguenza che, non essendo dichiarato espressamente perentorio, tale non può essere considerato il termine di cui all’art. 32 ter, comma 4, CGS.

È, infatti, principio generale dell’ordinamento giuridico quello secondo cui è perentorio il termine stabilito a pena di decadenza, inammissibilità, improcedibilità e tale è dichiarato dalla legge (o dal Giudice nei casi consentiti dalla legge medesima).Riprendendo un arresto giurisprudenziale, che questo Collegio condivide, «gli artt. 152 e 156 c.p.c., traducono principi generali applicabili a tutti i procedimenti salvo che per essi non sia diversamente disposto o che la norma generale non possa trovare applicazione per incompatibilità» (Cassazione, sez. V, 27 giugno 2011, n. 14020).

È vero che l’espressa qualificazione normativa può anche mancare, potendosi, la perentorietà di un termine, desumersi dallo scopo e dalla funzione che esso è chiamato a svolgere o dagli effetti riconnessi dalla legge al suo infruttuoso decorso (cfr. Corte Costituzionale, 1 aprile 2003, n. 107; Cassazione, 5 marzo 2004, n. 4530). In particolare, di recente la Suprema Corte, nella sentenza, resa a sezioni unite, 23 settembre 2014, n. 19980 (richiamata sia dall’accusa, che dalla difesa) ha affermato che la perentorietà può anche desumersi «dalla considerazione dello scopo» e «l’espressa qualificazione può anche risultare dal carattere del termine e, in particolare, dagli effetti che l’inutile decorso di esso produce secondo l’espressa sanzione normativa».

Orbene, a tal riguardo, il termine posto dall’art. 32 ter, comma 4, CGS, non è, come detto, espressamente qualificato come perentorio e detta sua asserita natura non è desumibile da altri indici, quali l’espressa previsione di una data conseguenza sanzionatoria. Nel caso di specie, insomma, difetta tanto la formale qualificazione, quanto il riferimento ad un espresso effetto sanzionatorio: c’è la normaprecetto, manca la norma-sanzione.

Tutte le suesposte considerazioni conducono questa Corte ad escludere che il termine di cui all’art. 32 ter, comma 4, CGS, in rilievo nel presente giudizio, abbia natura perentoria. Con la conseguenza, dunque, che l’inosservanza dello stesso, nei termini e nei limiti sopra precisati, non comporta l’improcedibilità o irricevibilità del deferimento emesso oltre lo stesso.

- Con il secondo mezzo di doglianza la Procura federale censura, comunque, la decisione di prime cure nella parte in cui ritiene che il termine per l’esercizio dell’azione disciplinare decorra, per ciascun deferito, dal momento di comunicazione allo stesso dell’avviso di conclusione delle indagini.

Anche questo motivo è fondato.

La disposizione normativa in materia fa riferimento alla “scadenza del termine per l’audizione o per la presentazione della memoria”, disciplinando, con ogni evidenza, l’ipotesi di procedimento disciplinare aperto nei confronti di un solo indagato. Difetta, invece, una esplicita disciplina per l’ipotesi del procedimento con pluralità di indagati, con la conseguenza che occorre desumere la stessa in via interpretativa. Ritiene questo Collegio che, ai sensi del combinato disposto delle norme, già sopra richiamate, di cui all’art. 1, comma 2, CGS Figc e 2, comma 6, CGS Coni la regolamentazione della fattispecie di cui trattasi deve essere rintracciata nel codice di rito civile.

Orbene, detto impianto codicistico (e, segnatamente, per quanto qui rileva, le norme di cui agli artt. 165, comma 2, 347 e 369, comma 1, c.p.c.) prevede, appunto, che il termine decorra dall’ultima delle notifiche effettuate. In particolare, recita l’art. 165, comma 2, c.p.c., “se la citazione è notificata a più persone, l'originale della citazione deve essere inserito nel fascicolo entro dieci giorni dall'ultima notificazione”. Detta norma, nel disporre che “l'originale della citazione deve essere inserito nel fascicolo entro dieci giorni dall'ultima notificazione”, «non soltanto precisa che, in tal caso, si verifica una protrazione delle formalità, di cui la costituzione dell'attore si compone; ma è altrettanto significativo del fatto che il differimento di questa modalità implica anche il logico differimento del termine stesso di costituzione a decorrere dall'ultima notificazione» (Cassazione, 18 gennaio 2001, n. 718).

Tesi, questa, inaugurata da Cassazione 6 novembre 1958, n. 3601, secondo cui l'art. 165, comma 2, c.p.c. nell'affermare che “se la citazione è notificata a più persone l'originale della citazione deve essere inserito nel fascicolo entro dieci giorni dall'ultima notificazione”, intendeva differire non solo tale formalità, ma anche i termini per la costituzione dell'attore e, senza dubbio, più convincente, anche per le ragioni di seguito meglio precisate.

Non è, anzitutto, consentito all’interprete ritenere che l’art. 165, comma 1, c.p.c. permetta di affermare che, nel caso di più notificazioni, il dies a quo deve essere individuato nella prima notificazione. Anzi, il comma 2 della medesima disposizione, con gli incisi “se la notificazione è notificata a più persone” e “dall’ultima notificazione” sembra imporre, più che suggerire, all’interprete di cristallizare il dies a quo dall’ultima delle notifiche, e non già dalla prima.

Si aggiunga che, in sede processuale di valutazione degli atti, occorre privilegiare la sostanza sulla forma e, dunque, ritenere valido l’atto nei casi in cui abbia raggiunto il suo scopo e sia funzionale alle esigenze allo stesso sottese.

Tale ricostruzione ermeneutica appare anche in linea con evidenti ragioni di logica-giuridica e di economia processuale. Diversamente opinando, del resto, se anche nel processo pluriparte il termine per l’esercizio dell’azione disciplinare dovesse farsi decorrere dal primo avviso di comunicazione di conclusione delle indagini, ne conseguirebbe un effetto, per certi versi, paradossale, che imporrebbe alla Procura federale di emettere tanti deferimenti per quanti sono gli indagati da mandare a processo. Conclusione, questa, che, nel contempo, risulterebbe sia irragionevole, sia contraria tanto all’interesse di ciascun incolpato, quanto all’interesse superiore della giustizia ed al principio di economia del giudizio.

È, infatti, di certo, interesse dell’ordinamento federale esaminare in un unico giudizio, ai fini dell’accertamento della responsabilità disciplinare personale di ciascuno, il complessivo materiale probatorio acquisito dagli inquirenti e che inevitabilmente, sebbene in parte, intreccia o può intrecciare le posizioni di tutti i soggetti deferiti o di alcuni di essi. Nel caso di istruttoria unica si realizza una connessione soggettiva e oggettiva delle vicende, dei fatti, delle condotte e delle circostanze che coinvolgono i singoli soggetti sottoposti al procedimento: unico (o, comunque, comune a più deferiti), dunque, il materiale istruttorio, unitario e congiunto è opportuno che sia l’esame dello stesso e delle singole posizioni disciplinari dedotte in giudizio. Ciò non significa, come già più volte affermato dalla giurisprudenza endofedereale, che singole posizioni, per ragioni eccezionali o, comunque, particolari, possano (o debbano) essere stralciate: ma non occorre sovrapporre eccezione e regola.

Nello stesso tempo, non nutre alcun dubbio, questa Corte, che è anche interesse degli incolpati poter esaminare, in modo integrale, le emergenze probatorie complessivamente acquisite dalla Procura e di quelle offerte a discarico da ciascun incolpato, unitamente alle argomentazioni difensive degli stessi, al fine di potersi difendere da tutti gli elementi che potenzialmente possono incidere sfavorevolmente in ordine all’accertamento della responsabilità dello stesso e, contemporaneamente, desumere dal predetto materiale eventuali utili elementi a discarico.

Senza dire, ancora, che, fino alla scadenza dell’ultimo termine a difesa assegnato agli indagati, l’organo inquirente potrebbe acquisire documenti, elementi e argomentazioni difensive di un indagato che potrebbero rivelarsi utili anche per la posizione di altro o altri coindagati, tanto da poter anche giungere, in ipotesi, all’archiviazione dell’azione nei confronti dello stesso o di alcuni degli indagati.

Né possono, a supporto della tesi contraria, essere richiamate generiche esigenze di celerità dei procedimenti e di rapida celebrazione dei processi, essendo evidente che, laddove si ritenesse che il termine per l’esercizio dell’azione disciplinare decorra dalla notifica dell’anzidetta comunicazione a ciascun indagato, ne deriverebbe una moltiplicazione dei giudizi, con un inutile e diseconomico dispendio di attività giudiziaria e con connesso inevitabile rallentamento della celebrazione dei processi e dell’accertamento delle responsabilità di ciascuno.

In diverse parole, l’instaurazione di diversi autonomi processi, con riferimento a fattispecie complesse, specie se con molteplici tesserati coinvolti, produrrebbe una proliferazione di procedimenti, che rallenterebbero, anziché accelerare, il corso della giustizia sportiva, con evidente vulnus al principio di economia processuale e potenziale lesione del principio di efficienza dell’azione disciplinare e celerità dei procedimenti, cui tutto l’ordinamento sportivo è informato.

E, ancora, non si può neppure affermare che, così argomentando, si lascerebbe l’indagato alla mercè di una valutazione meramente discrezionale dell’organo inquirente, atteso che, in ogni caso, a garantire tempi certi per la definizione del procedimento disciplinare, vi è, appunto, il termine per la decisione di primo grado che deve, comunque, intervenire, a pena di estinzione, come noto, entro novanta giorni dal deferimento a giudizio.

Del resto, occorre anche considerare che quello della notificazione è un procedimento e, come tale, deve essere considerato unitario, una sequela di atti tra loro correlati. Se, dunque, il procedimento di notificazione è unitario, non sembra possibile immaginare una formazione progressiva della fattispecie rappresentata dalla finalità dello stesso, costituito dalla rituale instaurazione del giudizio.

Anche l'interpretazione finalistica della norma, dunque, tenuto conto delle peculiarità della fattispecie e delle specifiche (sopra in sintesi ricordate) molteplici esigenze del procedimento disciplinare sportivo depone nel senso di ancorare all’ultima notificazione la decorrenza del termine per la concreta emissione dell’atto di deferimento.

Una siffatta interpretazione non lede né il principio della durata ragionevole del processo, nè il diritto di difesa delle parti. D’altronde, la soluzione qui accolta è comunque idonea ad assicurare i principi inderogabili del contraddittorio, ex art. 101 c.p.c. ed art. 24 Cost. Anzi, a ben vedere, realizza un equo contemperamento delle molteplici esigenze che insistono sulla fattispecie, oltre che degli interessi della parte pubblica (accusa federale) e di quelle private. La decorrenza del termine dall’ultima notifica appare anche più funzionale, per quanto già osservato, al complessivo esercizio del diritto di difesa di ognuno dei deferiti, oltre che alle esigenze di economia processuale.

Da ultimo, ritiene questa Corte, inconferente il richiamo effettuato alla decisione n. 58 del 2016 del Collegio di Garanzia dello Sport del Coni, secondo cui i termini per il valido esercizio dell’azione disciplinare decorrerebbero dalla prima notifica. Invero, la fattispecie oggetto del giudizio che ha trovato, poi, esito nella predetta decisione è del tutto differente da quella che costituisce oggetto del presente giudizio disciplinare. Il Collegio di Garanzia ha, infatti, affermato il principio secondo cui, nel caso di reiterazione di un deferimento, in origine viziato, il termine di estinzione (novanta giorni) del giudizio di primo grado decorre non già dal deferimento validamente effettuato, ma dal primo seppur invalidamente emesso o per qualche ragione non efficace.

Ciò premesso e ritenuto, constatato che dalla documentazione in atti appare dimostrato, come correttamente evidenziato dalla ricorrente Procura federale, che l’ultima notifica della comunicazione di conclusione delle indagini è stata effettuata in data 23.5.2016, nei confronti del sig. Fabio Di Lauro e che, dunque, anche laddove ritenuto – il termine di cui trattasi – perentorio, lo stesso sarebbe venuto a scadenza il giorno 6.8.2016 (45 + 30 gg.), l’atto di deferimento di cui trattasi (dd. 4.8.2016) risulta tempestivamente proposto.

***

In conclusione, il Tribunale, all’esito di una ricostruzione interpretativa di sicuro pregio, ma, tuttavia, non condivisibile, ha erroneamente dichiarato la irricevibilità del deferimento. Il termine di cui trattasi, stabilito dall’art. 32 ter, comma 4, CGS non può, infatti, essere qualificato come perentorio e, ad ogni buon conto, anche laddove lo stesso predetto termine potesse essere considerato perentorio, l’azione disciplinare sarebbe stata, nel caso di specie, tempestivamente ed utilmente esercitata, mediante deferimento emesso nel termine indicato dalla norma che deve ritenersi decorrere dall’ultima notificazione dell’avviso di conclusione delle indagini, trattandosi di fattispecie complessa e con più parti.

Per l’effetto, visto l’art. 37, comma 4, CGS, che dispone che la Corte federale di appello, «se ritiene insussistente la inammissibilità o la improcedibilità dichiarata dall’organo di prima istanza o rileva la violazione delle norme sul contraddittorio annulla la decisione impugnata e rinvia all’Organo che ha emesso la decisione, per l’esame del merito», questa Corte, annulla la decisione appellata dalla Procura federale nella parte in cui il TFN ha erroneamente dichiarato la irricevibilità del deferimento nei confronti di tutti gli appellati (ad eccezione del sig. Giuseppe Perpignano, per quanto sopra detto) e rinvia all’Organo che ha emesso la decisione, per l’esame del merito.

Per questi motivi la C.F.A.:

1) dichiara inammissibile l’appello del Procuratore Federale nei confronti del sig. Giuseppe Perpignano;

2) per il resto, accoglie il ricorso come sopra proposto dal Procuratore Federale e vista la disposizione di cui all’art. 37, comma 4, ultimo periodo C.G.S., annulla la decisione impugnata, rinviando al Tribunale Federale Nazionale – Sezione Disciplinare per il relativo esame di merito.

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