F.I.G.C. – CORTE SPORTIVA D’APPELLO – Sezione I – 2017/2018 – figc.it – atto non ufficiale – Decisione pubblicata sul C. U. n. 05/CSA del 12 Luglio 2017 (motivazioni) relativa al C. U. n. 137/CSA del 11 Maggio 2017 (dispositivo) – RICORSO S.S. LAZIO S.p.A. AVVERSO LA SANZIONE DELL’OBBLIGO DI DISPUTARE UNA GARA CON IL SETTORE “CURVA NORD” PRIVO DI SPETTATORI – SANZIONE SOSPESA – INFLITTA ALLA SOCIETÀ RECLAMANTE SEGUITO GARA ROMA/LAZIO DEL 30.04.2017 (Delibera del Giudice Sportivo presso la Lega Nazionale Professionisti Serie A – Com. Uff. n. 197 del 2.05.2017)

RICORSO S.S. LAZIO S.p.A. AVVERSO LA SANZIONE DELLOBBLIGO DI DISPUTARE UNA GARA CON IL SETTORE “CURVA NORDPRIVO DI SPETTATORI – SANZIONE SOSPESAINFLITTA ALLA SOCIETÀ RECLAMANTE SEGUITO GARA ROMA/LAZIO DEL 30.04.2017 (Delibera del Giudice Sportivo presso la Lega Nazionale Professionisti Serie A – Com. Uff. n. 197 del 2.05.2017)

La Corte Sportiva d’Appello nazionale,

    • Vista l’impugnata delibera del Giudice Sportivo Lega A in data 2.5.2017, con quale è stata inflitta alla Società Lazio S.p.A., società reclamante, in relazione ad eventi di cui alla gara Roma/Lazio del 30.4.2017, la sanzione dell’obbligo di disputare una gara con il settore denominato “curva nord” privo di spettatori, con sospensione dell’esecuzione della sanzione per il periodo di un anno e con l’avvertenza che, se durante tale periodo sarà commessa analoga violazione, la sospensione sarà revocata e la sanzione sarà aggiunta a quella inflitta per la nuova violazione per avere suoi sostenitori intonato “cori di discriminazione razziale ripetuti all’indirizzo del calciatore della Roma Rudiger, in particolare effettuati al 41° del primo tempo e al 47° del secondo tempo”;
    • Esaminato il reclamo presentato in data 4.5.2017, proposto dalla predetta società, e le relative contestazioni, in fatto e diritto;
    • Assodato che il rapporto dei rappresentanti della Procura federale presenti all’incontro (Signori Corona, Mattei, Aloia), nella specifica sezione “Cori”, registra testualmente (attraverso l’apposizione di segno “X” sulla corrispondente casella “discriminazione razziale”) che:
      • il Signor Mattei si trovava posizionato su lato sinistro accanto alla panchina della Lazio, il Signor Corona si trovava in posizione centrale tra le panchine e il Signor Aloia si trovava al lato destro accanto alla panchina della Roma;
      • detti cori vanno ricondotti alla categoria di quelli relativi a “discriminazione razziale”;
      • per quanto riguarda il primo episodio, verificatosi al 41° del primo tempo a seguito di un tiro del calciatore della Roma Rudiger verso la porta avversaria è stato intonato dalla curva nord occupata dai tifosi della Lazio un prolungato buu all’indirizzo del giocatore”;
      • per quanto riguarda il secondo episodio, verificatosi al 47° del secondo tempo, a seguito di un fallo di gioco commesso dal calciatore Rudiger, che ne ha comportato l’espulsione diretta, dalla curva nord, occupata dai tifosi della Lazio, si levava un caro di buu continuato sino all’uscita del calciatore dal campo di gioco”;
      • che il numero di tifosi della Lazio che occupavano la curva nord erano stimabili in circa 7.000 e che in occasione del primo episodio il coro a sfondo razziale è stato intonato da circa il 50% degli spettatori presenti in curva e che nel secondo caso il coro è stato intonato da circa l’80% degli spettatori che occupavano la curva nord;
      • Tenuto conto che nel reclamo la Società sanzionata contesta principalmente il  metodo attraverso il quale è stata raggiunta la prova della condotta punibile riferita ai sostenitori della Lazio, in quanto legata ad una percentuale approssimativa di tifosi che, a parere dei rappresentanti della Procura federale presenti all’incontro sportivo, avrebbero realmente intonato i cori;
      • Considerato che il comportamento registrato dai rappresentanti della Procura Federale presenti all’incontro sportivo, con riferimento ai sostenitori della Società reclamante, determina la violazione dell’art. 11, comma 3, C.G.S., a mente del quale Le società sono responsabili per l’introduzione o l’esibizione negli impianti sportivi da parte dei propri sostenitori di disegni, scritte, simboli, emblemi o simili, recanti espressioni di discriminazione. Esse sono altresì responsabili per cori, grida e ogni altra manifestazione che siano, per dimensione e percezione reale del fenomeno, espressione di discriminazione e che indubbiamente il coro in questione, per i suoi contenuti, manifesta una evidente capacità discriminatoria. Fermo quanto sopra va rammentato che il sistema sanzionatorio stabilito dal C.G.S. nei casi di responsabilità per  comportamenti discriminatori (art. 11), pur se per un verso imputa il comportamento tenuto dai sostenitori – e le connesse conseguenze punitive - alla responsabilità della società in modo sostanzialmente oggettivo, presuppone tuttavia un limite di punibilità rappresentato dalla effettiva dimensione e la percezione reale del fenomeno. Infatti l’elemento della provenienza da un settore dello stadio rispetto ad un altro del comportamento discriminatorio costituisce un fattore rilevante quale criterio di accertamento di tali caratteri (dimensione e percezione) che, solo una volta individuati e dimostrati, possono condurre all’imputazione alla società del titolo di responsabilità per i fatti commessi dai sostenitori;
        • Rammentato in via generale che, in epoca precedente rispetto all’intervento interpretativo operato dal Consiglio federale il 16.10.2013, l’art. 11, n. 1 C.G.S stabiliva che “costituisce comportamento discriminatorio, sanzionabile quale illecito disciplinare, ogni condotta che, direttamente o indirettamente, comporti offesa, denigrazione o insulto per motivi di razza, colore, religione, luogo, sesso, nazionalità, origine territoriale o etnica, ovvero configuri propaganda ideologica vietata dalla legge o comunque inneggiante a comportamenti discriminatori” e che successivamente, con la citata deliberazione del 16 ottobre 2013 il Consiglio federale è intervenuto modificando l’art. 11, n. 3 C.G.S. nel senso che, allorché riferita a cori, grida e ogni altra manifestazione, la discriminazione deve essere valutata alla luce della “dimensione e percezione reale del fenomeno”;
        • Soggiunto che, la modifica apportata all’art. 11 C.G.S. costituisce il recepimento, nel nostro Codice di giustizia sportiva, del Regolamento di disciplina dell’U.E.F.A., che all’art. 14 afferma:any person, under the scope of article 3, who insult the human dignity of a person of group of persons by whatever means, including on the grounds of skin colour, race, religion or ethic origin, incurs e suspension lasting at least ten matches or specified period of time, or any other appropriate sanction”. Dalla traduzione di questo articolo emerge che i comportamenti definibili quali discriminatori sono quelli che insultano (discriminandola e limitandola) la dignità e la libertà umana di soggetti o gruppi, comunque  posti in essere, basati su affermazioni discriminatorie originate dal colore della pelle, dalla razza, dalla religione e dalle origini territoriali. In questo contesto punitivo vanno correttamente inquadrati i concetti di dimensione e di percezione del fenomeno discriminatorio che il Consiglio ha voluto individuare per decretare la soglia di effettività della portata discriminatoria del comportamento effettivamente posto in essere, al di sotto della quale la idoneità del comportamento a porsi come realmente pregiudizievole per la vittima (e per la tutela della sua sfera personale) non raggiunge il livello di gravità tale da indurre l’ordinamento ad intervenire con la sanzione. In particolare, per quanto riguarda la percezione, è evidente che il legislatore federale, con l’emendamento dell’ottobre 2013, abbia voluto fare riferimento alle conseguenze dei comportamenti discriminatori e non solo al mero fatto che l’atteggiamento in parola (striscioni, o cori) sia stato letto o ascoltato da qualcuno;
        • Ribadito ancora una volta che, sempre con riferimento al requisito della percezione del contenuto discriminatorio espresso nel coro (ovvero dalla frase riportata in uno striscione esposto all’interno dello stadio) e facendo richiamo alla decisione delle Sezioni unite della Corte di giustizia federale assunta nella riunione del 28.11.2013 (dalla quale il Collegio non ritiene di discostarsi), per raggiungere la soglia della offensività concreta e quindi della punibilità della condotta, comunque ci si deve trovare in presenza di fattispecie che abbiano avuto una effettiva incidenza, di segno negativo, sulle funzioni dell’evento sportivo e quindi dello “spettacolo” ed abbiano potuto turbare non solo il destinatario (o i destinatari) dello striscione o del coro, ma anche gli altri spettatori che hanno pagato il biglietto per assistere allo spettacolo e non certamente per essere, direttamente o indirettamente, colpiti da atteggiamenti discriminatori e provocatori e comunque lesivi nel loro spirito democratico (art. 3 della Costituzione della Repubblica Italiana);
        • Puntualizzato quindi, che la norma recata dalla nuova versione dell’art. 11, comma 3,
      • è dettata anche nell’interesse di tutti quei fruitori dello spettacolo sportivo che con il sano atteggiamento che deve essere proprio dei veri tifosi (sostenere la propria squadra non offendere e/o discriminare gli avversari, siano essi gli atleti o i tifosi), si recano allo stadio per assistere alla partita e quindi al relativo spettacolo, i quali non debbono sentirsi offesi da atteggiamenti discriminatori a chiunque diretti e che, conseguentemente, a seguito della modifica interpretativa dell’art. 11, intervenuta nell’ottobre del 2013, viene richiesto al commissario di campo, e comunque agli organi federali preposti, un maggiore grado di valutazione e approfondimento, in tema di attività discriminante, il quale deve contenere la esatta indicazione della provenienza del coro o del luogo in cui è stato affisso lo striscione e la analisi, acquisita anche (se necessario) attraverso una propria attività istruttoria, della reale percezione o della dimensione (ripetitività ed offensività idonee alla discriminazione e non mera volgarità) del fenomeno;
        • Rilevato che, nel caso di specie e per un primo versante, dal rapporto steso dai rappresentanti della Procura federale presenti all’incontro di calcio Roma/Lazio del 30.4.2017, quanto alla percepibilità del coro, sicuramente dai contenuti di carattere  discriminatorio della provenienza territoriale emerge che i tre delegati hanno tutti ugualmente percepito i cori  in questione e che dunque, tenuto della loro collocazione negli estremi dello stadio ed al centro dello stesso, può dirsi documentalmente provata la circostanza che le frasi intonate (il classico “buu buu” discriminatorio) sono state percepite da tutti coloro che assistevano allo spettacolo calcistico, atteso che i cori sono stati intonati dal 50%, in un caso e dall’80%, nel secondo caso dei sostenitori laziali presenti in curva nord in un numero approssimativamente riconducibile a ben 7.000 unità, circostanza che sicuramente raggiunge la dimensione voluta dalle disposizioni codicistiche, per come interpretate dagli Organi della Giustizia Sportiva, per far luogo al provvedimento sanzionatorio;
        • Appurato inoltre che, secondo l’ordinaria tempistica che caratterizza l’iter di irrogazione effettiva della sanzione inflitta nel caso di intonazione di cori razzisti, nella specie consistente nell’obbligo di disputare una gara con il settore denominato “curva nord” privo di spettatori e da questa Corte sportiva d’Appello Nazionale ritenuta congrua, correttamente il Giudice sportivo ha fatto ricorso, non emergendo ictu oculi elementi idonei ad impedirne l’applicazione, al potere di sospensione della sanzione suddetta, ex art. 16, n. 2-bis e 3, C.G.S., per il periodo di un anno e con l’avvertenza che, se durante tale periodo sarà commessa analoga violazione, la sospensione sarà revocata e la sanzione sarà aggiunta a quella inflitta per la nuova violazione;
        • Ritenuto quindi che, per tutto quanto si è sopra osservato, è documentalmente dimostrato che il comportamento  astrattamente violativo della disposizione recata dall’art. 11, comma 3,

C.G.S. ha assunto, nella specie, le caratteristiche ed i presupposti che la medesima norma pretende che sussistano perché sia raggiunta la soglia della punibilità, sotto il profilo della percepibilità dei cori da parte di tutti gli spettatori e di coloro che erano presenti allo stadio e che dunque il reclamo non può trovare accoglimento con conferma della decisione del Giudice sportivo impugnata, anche con riferimento all’entità della sanzione inflitta, stante la considerazione della sua congruità da parte del Collegio.

Per questi motivi la C.S.A. respinge il ricorso come sopra proposto dalla società S.S. Lazio. Dispone addebitarsi la tassa reclamo.

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