Collegio di Garanzia dello Sport in funzione Arbitrale- C.O.N.I. – Lodo n. 10/2023
Istanza: S. V. / C. C.
Massima: Accolta parzialmente l’istanza di arbitrato proposta dall’agente con la quale aveva richiesto il pagamento della somma di € 80.000,00 - pattuita nel contratto di mandato con il calciatore a titolo di penale in caso di recesso, come poi è avvenuto “per sopraggiunte divergenze circa possibili sviluppi della carriera” - e per l’effetto determinata la somma in via equitativa in € 30.000,00 in considerazione della durata contrattuale…Orbene, a parere del Collegio, non v’è dubbio che il tenore della clausola ammetta, nel rispetto del principio sovrano che governa il diritto dei contratti, ovvero l’art. 1322 c.c. sull’autonomia negoziale, la possibilità delle parti di recedere dal contratto senza dover giustificare la causa del recesso, con ciò derogando espressamente rispetto al tipo contrattuale del mandato oneroso, previsto dall’art. 1725 c.c. che, pertanto, è da ritenersi impropriamente invocato sul punto specifico. Tale esclusione è da rinvenirsi nella previsione, concordata tra le parti medesime, di una prestazione (nel caso di specie, il pagamento di una somma) per tale deroga che, pertanto, attribuirebbe alla clausola, secondo la prospettazione del ricorrente, il valore di penale contrattuale, la cui disciplina trova cittadinanza nel disposto dell’art. 1382 c.c., il quale, com’è noto, stabilisce che “la clausola, con cui si conviene che, in caso d'inadempimento o di ritardo nell'adempimento, uno dei contraenti è tenuto a una determinata prestazione, ha l'effetto di limitare il risarcimento alla prestazione promessa, se non è stata convenuta la risarcibilità del danno ulteriore”. Ciò posto, la lettera della norma pattizia non discute - nella titolazione della clausola - di inadempimento o di ritardo nello stesso, ma di risoluzione e/o recesso e, pertanto, a tale clausola non può darsi significazione di penale contrattuale, ma unicamente di pattuzione accessoria. Sul punto, la giurisprudenza sembra essere in linea con tale impostazione affermando che “la clausola inserita in un contratto di mandato, la quale preveda il pagamento di una somma da parte del contraente revocante, non ha natura di clausola penale, né rientra nell'alveo di cui all'art. 1725 c.c. bensì configura la semplice pattuizione di un corrispettivo per l'esercizio del diritto di recesso” (Tribunale Milano, 21 agosto 1995), che, nel caso che ci occupa, è stato stabilito dalle parti in euro zero. Allora il Collegio è chiamato a decidere se la previsione di una prestazione pari allo zero sia o meno conforme alla legge senza dover dichiarare la clausola nulla per alterazione del principio della parità delle parti e di simmetria contrattuale. Soccorre sul punto una convincente giurisprudenza di merito per la quale non vi è squilibrio laddove la clausola sia esposta in favore di tutte le parti del contratto e non a favore solo di una di esse (cfr. Trib. Rovigo, 8 settembre 2023, n. 147). Invero, nella odierna vicenda la clausola prevede che “le parti stabiliscono in caso di recesso…(omissis)” senza precisare da parte di quale dei contraenti il recesso sia azionato con ciò favorendo la interpretazione della volontà contrattuale nel senso di prevedere a favore di entrambi i contraenti tale previsione. Apertis verbis, anche laddove fosse stato l’agente a recedere, la clausola della prestazione pari allo zero avrebbe spiegato effetti anche a suo vantaggio. Alla luce delle prefate argomentazioni, pertanto, il recesso è da ritenersi legittimo e la clausola dell’art. 7, in applicazione dei principi generali dell’ordinamento contrattuale di autonomia negoziale e di simmetria contrattuale, è da ritenersi valida ed efficace. Ferme restando le dedotte argomentazioni in merito alla clausola di cui al più volte richiamato art. 7 del contratto di mandato, il Collegio non può non rilevare come parte ricorrente non fornisca alcuna prova di quanto asserisce in spregio all’art. 2697 c.c.; invero, la richiesta ex art. 210 c.p.c. non può essere utilizzata come sanatoria di un difetto di prova, specialmente laddove siano coinvolti terzi i cui documenti rivestano caratteristiche di riservatezza per i contenuti presenti e stante il carattere residuale di tale strumento processuale (Tribunale Torino, sez. I, 18 febbraio 2022, n. 714) né tampoco la prova per testi richiesta può essere ammessa, atteso che riguarda circostanze irrilevanti ai fini del thema decidendum, anche perché relative a circostanze apprese al più in maniera indiretta e che, pertanto, hanno una strutturale carenza probatoria, come chiarito da una recente quanto puntuale giurisprudenza di merito, per la quale “La rilevanza probatoria delle testimonianze di persone che hanno una conoscenza solo indiretta di un fatto controverso si atteggia diversamente a seconda che tali testi siano 'de relato actoris' o semplicemente 'de relato': i primi sono coloro che depongono su fatti e circostanze di cui sono stati informati dallo stesso attore e pertanto la loro deposizione non ha alcuna rilevanza. Invece i secondi testimoniano su circostanze che hanno appreso da soggetti estranei al giudizio e le loro dichiarazioni possono essere poste alla base del convincimento del giudice ex art. 116 c.p.c.” (Corte Appello Brescia sez. III, 5 maggio 2023, n. 769); da un ulteriore punto di analisi la chiesta testimonianza è comunque inammissibile perché vertente su argomenti che debbono essere provati per iscritto. Analogo ragionamento vale per la richiesta di risarcimento del danno, che è totalmente sfornita di prova essendo la stessa ancorata a circostanze di mera e latente probabilità, che non integrano la casistica della invocata perdita di chance (si veda, sul punto, Cons. di Stato, sez. III, 12 aprile 2023, n. 3690, per il quale “la perdita di chance risulta risarcibile soltanto nel caso in cui il danno sia collegato alla dimostrazione di una seria probabilità di conseguire il vantaggio sperato, non essendo sufficiente la mera possibilità; e pertanto deve essere escluso il risarcimento per guadagni meramente ipotetici”. Le argomentazioni innanzi svolte, tuttavia, inducono il Collegio anche a svolgere una ulteriore valutazione sulle motivazioni per le quali, in presenza di un contratto di mandato che, come è noto, ha caratteristiche di sinallagmaticità, le parti abbiano scelto di prevedere una prestazione accessoria di pagamento “a zero”; ed allora, ferme comunque le ragioni sulle quali la clausola è ammissibile, e ferme altresì le ragioni per le quali la perdita di chance non è risarcibile tout court, il Collegio ritiene che un recesso tanto repentino, quanto genericamente motivato e per di più in un arco temporale significativamente ravvicinato al nuovo ingaggio, in realtà nasconda un intento contrario a buona fede nella esecuzione del contratto medesimo. Sul punto la giurisprudenza di legittimità ha osservato che “ll principio di correttezza e buona fede - il quale, secondo la Relazione ministeriale al codice civile, "richiama nella sfera del creditore la considerazione dell'interesse del debitore e nella sfera del debitore il giusto riguardo all'interesse del creditore" - deve essere inteso in senso oggettivo in quanto enuncia un dovere di solidarietà, fondato sull'art. 2 della Costituzione, che, operando come un criterio di reciprocità, esplica la sua rilevanza nell'imporre a ciascuna delle parti del rapporto obbligatorio, il dovere di agire in modo da preservare gli interessi dell'altra, a prescindere dall'esistenza di specifici obblighi contrattuali o di quanto espressamente stabilito da singole norme di legge, sicché dalla violazione di tale regola di comportamento può discendere, anche di per sé, un danno risarcibile” (Cass. Civ., sez. III, 2 aprile 2021, n. 9200). Consequenzialmente deve ritenersi, con riferimento ad un criterio di ragionevole remunerazione rispetto ad una maggiore durata contrattuale, in capo al convenuto, l’obbligo del pagamento di una somma, in via equitativa, che, tenuto conto delle circostanze emerse e dei documenti prodotti, si determina in € 30.000,00 (trentamila). Per tutto quanto sopra argomentato, la domanda del ricorrente è da ritenersi parzialmente fondata nei termini di cui innanzi, con ogni consequenziale statuizione di legge.
Collegio di Garanzia dello Sport in funzione Arbitrale- C.O.N.I. – Lodo n. 4/2023
Istanza: K. S. R. / Genoa Cricket and Football Club s.p.a.
Massima: In ordine all’ulteriore domanda di pagamento dell’importo di euro 1.627.500,00, a titolo di penale nella misura del 5% dell’importo complessivo del corrispettivo pattuito in favore dell’Agente, calcolata per ciascun mese di ritardo a decorrere dal 16 luglio 2020 alla data di deposito dell’istanza di arbitrato, conferma il Collegio che tale domanda non può essere accolta. Orbene, prescindendo dai vizi di forma rilevati dalla società intimata afferenti l’omessa specifica approvazione per iscritto della clausola ai sensi e per gli effetti dell’art. 1341 e 1342 c.c., osserva il Collegio che detta clausola penale appare, comunque, determinare – ab origine – un concreto squilibrio del sinallagma contrattuale mediante una previsione negoziale eccessivamente, ed ingiustificatamente, onerosa per una delle parti. E tale squilibrio si è poi in concreto verificato anche a causa della condotta dell’Agente … il quale, pur avendo agito (ut supra) nel termine previsto dal Regolamento arbitrale, ha avviato il presente procedimento dopo oltre trenta mesi dalla scadenza del termine per il pagamento della seconda rata del corrispettivo, di tal guisa concorrendo, in modo determinante, a cagionare il maturarsi di un considerevole ed irragionevole importo a titolo di penale da ritardo. Deve, in tale ambito, osservarsi che l’art. 1, comma 2, del Regolamento Arbitrale CONI, prevede espressamente che “Ogni controversia che tragga origine ai sensi dell’art. 22, comma 2, del Regolamento CONI degli Agenti Sportivi[…] sarà risolta mediante arbitrato irrituale di equità da espletarsi secondo il presente Regolamento”: a tale stregua, risulta di innegabile evidenza che il criterio equitativo costituisce anche un oggettivo e coerente canone di riferimento che gli Arbitri devono utilizzare – unitamente all’irritualità – per la definizione delle indicate controversie. La rilevanza del criterio di equità è stata, altresì, ribadita dalla giurisprudenza della Suprema Corte di Cassazione in tema di limiti all’impugnabilità del lodo arbitrale, laddove ha affermato che “è preclusa, ai sensi dell’art. 829, comma 2, ultima parte, c.p.c., l’impugnazione per nullità del lodo di equità per violazione di norme di diritto sostanziale, o, in generale, per errores in iudicando, che non si traducano nell’inosservanza di norme fondamentali e cogenti di ordine pubblico, dettate a tutela di interessi generali e perciò non derogabili dalla volontà delle parti, né suscettibili di formare oggetto di compromesso” (Cass. Civ., Sez. I, n. 16553 del 31 luglio 2020). Ed è proprio sulla scorta dell’applicazione del criterio equitativo che, ad avviso dell’odierno Collegio Arbitrale, occorre procedere all’interpretazione ed all’eventuale applicazione delle specifiche clausole contrattuali, procedendo ad una valutazione che esclude, per i rassegnati motivi, l’accoglibilità della domanda di pagamento della penale contrattuale nei termini proposti dall’istante …. Tutte le ulteriori questioni sono da ritenersi assorbite dall’esame delle superiori domande ed eccezioni.
Collegio di Garanzia dello Sport in funzione Arbitrale- C.O.N.I. – Lodo n. 2/2022
Istanza: G. T. c/ M. F.
Massima: Devesi, conseguentemente, ritenere dovuta, da parte del calciatore, la penale pattuita per il caso di revoca del mandato, viepiù che, nel caso di specie, la stessa è stata disposta per facta concludentia e in assenza di una giusta causa. L’art. 2 (Durata) stabilisce, infatti, al comma 3, che “in caso di revoca del mandato, le parti stabiliscono il pagamento della somma di Euro 50.000,00 a titolo di penale”. Da ciò consegue, in astratto, il diritto di parte istante ad ottenere il pagamento della penale prevista nell’ambito del contratto di mandato, anche se - come ci si appresta ad evidenziare - merita apprezzabile considerazione la (dal calciatore) invocata riduzione della stessa. Deve, infatti, ritenersi che - pur non potendosi propriamente ricondurre la penale che qui viene in rilievo alla clausola di cui all’art. 1382 cod. civ. (cui si riferisce la giurisprudenza citata dal calciatore istante sul potere di riduzione giudiziale espressamente assentito dall’art. 1384 cod. civ.), essendo indubbio che diversi sono i presupposti applicativi delle due fattispecie - la funzione di ristorare/indennizzare la controparte che, comunque, accomuna la previsione di siffatte clausole, pare, in ogni caso, in grado di giustificare il potere arbitrale di ricondurle ad equità, laddove manifestamente eccessive, anche nell’ipotesi della revoca del mandato in assenza di giusta causa, che qui ricorre. Nel caso di specie, l’ammontare della penale stabilito nel contratto di mandato s’appalesa, in effetti, eccessivamente sproporzionato avuto riguardo al valore del corrispettivo pattuito, all’art. 3 del contratto, per la prestazione professionale (“Il corrispettivo dell’agente sportivo per la sua attività è pattuito… nella misura di una somma determinata nella misura percentuale del 3% sul reddito lordo complessivo del calciatore risultante dal contratto di prestazione sportiva”). Al momento della stipula del contratto di mandato (3 dicembre 2019), nel cui ambito è prevista la penale qui in discussione, il calciatore aveva, infatti, in essere il contratto di prestazione sportiva con la società A.C. Pisa 1909 s.s. a r.l., con durata sino al 30 giugno 2023, che prevedeva: - a titolo di retribuzione fissa, un compenso lordo di € 89.500,00 per la stagione 2019/2020, di € 146.500,00 per le stagioni (per ciascuna stagione) 2020/2021 e 2021/2022 e di € 165.000,00 per la stagione 2022/2023. Quello era, dunque, all’epoca il “valore” di mercato del calciatore, sulla scorta del quale era stata apprezzata la remuneratività del corrispettivo pattuito. Tale valore rende, pur tuttavia, evidente la manifesta sproporzione tra l’ammontare della penale stabilita per la revoca del contratto di mandato e il compenso che l’agente sportivo istante poteva ragionevolmente ritenere di avere titolo a percepire nel caso in cui fosse stato in grado, in vigenza di mandato, di negoziare un nuovo ingaggio per il calciatore durante le finestre di mercato. Prova ne è che il contratto di prestazione sportiva in seguito sottoscritto dal calciatore in data 28 agosto 2020 con la società A.C. Chievo Verona s.r.l., proprio avvalendosi dell’assistenza dell’agente, prevede un corrispettivo lordo di € 137.500,00/anno per le stagioni 2020/2021 e 2021/2022, sulla cui scorta l’agente medesimo ha qui quantificato l’importo di € 8.250,00, che ritiene di avere titolo a percepire quale compenso per l’attività prestata. La penale può, quindi, essere rideterminata nella più equa misura di € 32.000,00 (trentaduemila/00).
Collegio di Garanzia dello Sport - C.O.N.I. in funzione arbitrale: Lodo n. 11 del 15/12/2021
Parti: F.T. s.r.l./Y. S.
Massima: Accolta l’istanza arbitrale dell’agente di calciatori e per l’effetto condannato il calciatore al pagamento della somma di € 100.000,00 a titolo di penale in forza di contratto di mandato in esclusiva stipulato tra le Parti - sottoscritto in data 10 ottobre 2019, ritualmente sottoscritto, siglato in ogni pagina e depositato, in adempimento a prescritta condizione legale di efficacia dello stesso, presso la competente Commissione Agenti Sportivi, con validità fino al 5 settembre 2021 – e successiva revoca da parte del calciatore del 21 giugno 2021…Risulta, altresì, che, a termini del punto 4.2 del contratto, era pattuito che, in caso di recesso unilaterale del calciatore, dovesse essere corrisposta la somma, predeterminata, di € 100.000,00 (centomila), a titolo di c.d. multa penitenziale. La esistenza e validità delle suddette circostanze e prove documentali non risultano contestate da parte intimata, rimasta contumace nel presente procedimento, né da alcun documento che il calciatore abbia ritenuto di depositare o portare a conoscenza di questo Collegio giudicante.
Collegio di Garanzia dello Sport - C.O.N.I. Massima: Lodo Arbitrale n. 10/2021 del 08/11/2021
Parti: G. T./A. C.
Massima: Accolta parzialmente l’istanza di arbitrato avanzata dall’Agente e per l’effetto condannato il calciatore al pagamento della somma di € 2.570,50 in luogo di quella di € 7070,50 originariamente richiesta a seguito della revoca del mandato da parte del calciatore, infatti…L’Agente Sportivo ha ritualmente depositato in atti copia del contratto di mandato con pattuizione di esclusiva, in data 26 settembre 2020, volto alla cura degli interessi del calciatore …, odierno intimato, con particolare riguardo all’opera di intermediazione nelle trattative dirette alla stipula del contratto di prestazione sportiva con una società di calcio professionistica, prestando consulenza ed assistendolo nell'attività diretta alla definizione, durata, compenso ed ogni altra pattuizione del contratto e curando, altresì, le trattative per eventuali rinnovi contrattuali, accordi di risoluzione, scritture integrative del contratto di lavoro e accordi di incentivi all'esodo. Nel merito, sulla base della documentazione ritualmente versata in giudizio e non contestata, la pretesa attorea è da ritenere fondata e merita accoglimento solo per la parte relativa ai corrispettivi pattuiti e dovuti con scadenza maturata al 30 giugno 2021 (parte, peraltro, non contestata, in ordine all’an ed al quantum debeatur, dalla difesa del Curcio nel corso del giudizio).
Massima: In ordine alla debenza, da parte del calciatore, della restante parte del corrispettivo richiesto dal T., riferito alla stagione sportiva 2021/2022, che termina il prossimo 30 giugno 2022, il Collegio ritiene infondata l’eccezione formulata dalla difesa del T., secondo la quale il Curcio sarebbe decaduto dal beneficio del termine, perché insolvente. Il richiamo all’art. 1186 c.c. è da ritenere inconferente ed infondato, in quanto non risulta fornita idonea prova della pretesa insolvenza del calciatore C. ai sensi di quanto disposto dalla norma richiamata.
Decisione Collegio di Garanzia dello Sport - C.O.N.I. in funzione Arbitrale: Lodo Arbitrale n. 6 del 27/07/2021
Impugnazione Istanza: A. C./S. S.
Massima: Il calciatore è condannato al pagamento della penale di € 50.000,00 per come pattuita nel contratto di mandato con l’agente avendo provveduto alla revoca dell’incarico senza giusta causa e ciò sia perché la comunicazione di revoca non specifica la ragione della decisione assunta (non essendo tale la locuzione mancato interesse nei confronti del calciatore), sia perché, con la sua condotta del tutto omissiva, il calciatore ha implicitamente riconosciuto l’assenza di giusta causa della revoca del mandato.
Decisione Collegio di Garanzia dello Sport in funzione Arbitrale: Lodo Arbitrale n. 4 del 19/02/2021
Parti: - A. C./L. C.
Massima: Il calciatore, avendo revocato l’incarico è tenuto al pagamento della penale, ma non nella misura pattuita di € 50.000,00, ma in quella inferiore di € 32.000,00 … La penale di cui invoca l’esatto adempimento risulta, infatti, pattuita nel contratto di mandato stipulato per iscritto… che, conformemente a quanto stabilito dagli artt. 21, comma 8, del Regolamento degli agenti sportivi del CONI e 5.3 del Regolamento degli agenti sportivi della FIGC allora vigenti, risulta accompagnato dal “modello riepilogativo” (executive summary), firmato da entrambe le parti contrattuali, e depositato presso l’organo di controllo federale competente, dietro versamento dell’importo di € 250,00 (duecentocinquanta/00). Trattasi, dunque, di contratto che, a seguito della conseguente registrazione, ha acquisito piena idoneità ad assolvere alla funzione sua propria nell’ambito dell’ordinamento sportivo e, al contempo, a realizzare un interesse meritevole di tutela secondo l'ordinamento giuridico statuale (Cass. civ., Sez. III, sentenza 17 marzo 2015, n. 5216). Nello specifico, l’art. 2 (Durata) stabilisce, al comma 3, che “il calciatore può revocare l’incarico all’agente sportivo con un preavviso di trenta giorni…” e, al comma 4, che “in caso di revoca, oltre all’integrale pagamento del corrispettivo maturato e maturando…, sarà dovuta in favore del procuratore sportivo una penale forfettariamente determinata nella misura pari ad Euro 50.000,00 (euro cinquantamila/00) da corrispondersi entro trenta giorni dall’invio della comunicazione di revoca”. Analogamente documentato è l’avvenuto esercizio della facoltà di revoca da parte del calciatore, dato che il medesimo, con atto inviato a parte istante in data 22 luglio 2020, ha dichiarato “di revocare, come in effetti revoca, … il contratto di mandato sottoscritto in data 25 novembre 2019”…Nel caso di specie, l’ammontare della penale stabilito nel contratto di mandato s’appalesa, in effetti, eccessivamente sproporzionato avuto riguardo al valore del corrispettivo pattuito, all’art. 3 del contratto, per la prestazione professionale (“Il corrispettivo dell’agente sportivo per la sua attività è pattuito… nella misura percentuale del 5%... sul reddito lordo complessivo del calciatore risultante dai contratti stipulati dal medesimo nel corso della durata del mandato…”). Al momento della stipula del contratto di mandato (25 novembre 2019), nel cui ambito è prevista la penale qui in discussione, il calciatore aveva, infatti, in essere il contratto di prestazione sportiva con la S.S. Juve Stabia s.r.l. in data 7 agosto 2019, sottoscritto avvalendosi dei servizi dell’agente sportivo istante, che prevedeva: 1. a titolo di retribuzione fissa, un compenso lordo per la stagione 2019/2020 di € 106.000,00 (campionato di serie B) e un compenso lordo per la stagione 2019/2020 di € 199.500,00 (campionato di serie A o B) o di € 154.000,00 (campionato di Divisione unica); 2. a titolo di retribuzione variabile, compensi, per ciascuna stagione sportiva, di diversa entità a seconda del risultato sportivo o di squadra raggiunto specificamente indicato, ma, come tali, non certi; 3. indennità di trasferta sino a un massimo di € 12.000,00 per ciascuna stagione sportiva. Il corrispettivo spettante all’agente era, dunque, facilmente quantificabile in un import complessivo compreso tra un minimo di € 14.200,00 e un massimo di € 16.475,00 (calcolato sulla scorta della retribuzione fissa e dell’indennità di trasferta previste), oltre all’eventuale percentuale sui compensi effettivamente riconosciuti ed erogati al calciatore a titolo di retribuzione variabile, che, anche nell’ipotesi in cui il calciatore avesse maturato il diritto a percepirli tutti, non avrebbe, comunque, consentito all’agente di percepire un importo superiore a ulteriori € 7.500,00. E’ evidente, dunque, la manifesta sproporzione tra l’ammontare della penale stabilita per la revoca del contratto di mandato e il compenso che l’agente sportivo istante aveva complessivamente titolo a percepire nel corso del periodo contrattuale. La penale può, quindi, essere rideterminata nella più equa misura di € 32.000,00
Decisione Collegio di Garanzia dello Sport in funzione Arbitrale: Lodo Arbitrale n. 3 del 29/01/2021
Parti: C. O./F.M.
Massima: E’ inammissibile la richiesta della ricorrente di deposito di produzione documentale, avanzata con una nota, in replica alle deduzioni contenute nella memoria di controparte, perché tardiva.
Decisione Collegio di Garanzia dello Sport in funzione Arbitrale: Lodo Arbitrale n. 3 del 29/01/2021
Parti: C. O./F.M.
Massima: La revoca del mandato deve essere depositata in FIGC Rigettata la domanda con la quale l’agente chiede che venga riconosciuto in suo favore il diritto al pagamento da parte dell’intimato della somma di euro 50.000,00 a titolo di penale, contrattualmente pattuita, per la revoca del mandato sottoscritto il 21 novembre 2019. Tale revoca discenderebbe per facta concludentia dal comportamento tenuto dal calciatore e, in particolare, dalla stipula, avvenuta nel mese di maggio 2020, del contratto di mandato con la società … S.r.L., di cui è stata data prova in giudizio. Sul punto va osservato che l’art. 2 del contratto di mandato, stipulato tra le parti in causa e della cui revoca si discute, prevede che «Il Calciatore o la Società Sportiva possono revocare il mandato dandone immediata comunicazione alla FIGC». Orbene, non è stata data prova nel presente giudizio che alcuna revoca del mandato de quo sia stata comunicata alla FIGC; al contrario, con nota del 26 ottobre 2020, prodotta agli atti del giudizio, la FIGC ha dato conferma dell’avvenuta regolare registrazione del predetto contratto di mandato, senza null’altro specificare in ordine ad altri fatti incidenti sulla sua efficacia. Va, altresì, rilevato come parte intimata, a seguito della predetta nota da parte della FIGC, si sia prontamente attivata per operare la risoluzione contrattuale del mandato con la società …, dandone comunicazione alla stessa FIGC con nota del 19 novembre 2020, prodotta in atti. Il comportamento tenuto dall’intimato, dunque, non vale a rappresentare sua manifestazione tacita di volontà di revoca del mandato, la quale risulta, altresì, smentita dal contenuto della mail inviata il 20 aprile 2020 dal sig. M. al sig. O. nella quale si riferisce, al contrario, a quest’ultimo la volontà di far cessare gli effetti del contratto. Il comportamento dell’intimato, quale risulta dalla corrispondenza prodotta in atti, si appalesa vieppiù contraddistinto dalla sua buona fede, posto che egli ha proceduto alla stipula del contratto di mandato con la società .. soltanto dopo aver ricevuto la comunicazione della FIGC, con la mail dell’11 maggio 2020, che ha determinato l’incolpevole convinzione della inesistenza di un valido ed efficace contratto di mandato in essere con il sig. O. e, d’altra parte, ha proceduto senza indugio alla risoluzione del contratto di mandato con la società .. non appena ricevuta notizia della registrazione tardiva del contratto di mandato con il sig. O. da parte della FIGC.
Decisione T.N.A.S.–C.O.N.I.: Lodo Arbitrale del 21 novembre 2014/24 giugno 2015 – www.coni.it
Parti: Sig.ra F.V. / Sig. M.F.
Massima: In assenza, però, di una giusta causa, espressamente richiesta dal contratto di mandato in questione, deve essere corrisposta una penale. La misura della penale prevista dal contratto di mandato (centocinquantamila,00 euro) appare con tutta evidenza sproporzionata non solo ai compensi attribuiti all’istante a seguito della conclusione dei contratti di ingaggio, ma anche all’entità del compenso pattuito in favore della Sig.ra – omissis -. Avendo le parti del presente giudizio arbitrale, nei loro atti difensivi, rispettivamente nell’istanza di arbitrato e nella memoria di costituzione attribuito al Collegio in modo espresso la facoltà di ridurre secondo giustizia la somma, il Collegio, in considerazione dell’attività svolta dall’istante e degli indici di valutazione e delle percentuali correntemente applicate in fattispecie analoghe, ritiene equo ridurre l’entità della penale alla minor somma di euro 15.000,00 (quindicimila,00). Come ha sottolineato la dottrina in sede di commento all’art. 1384 c.c., la riduzione della penale impone al giudice di contemperare, nel caso concreto, un giusto equilibrio fra la funzione della norma e il principio generale di buona fede e corretta in un imprescindibile giudizio di equità. La giurisprudenza ha precisato, infatti, che la valutazione dell’eccessiva onerosità della penale deve essere compiuta in riferimento alla sua misura e all’interesse del creditore all’adempimento (Cassazione, Sez. III, 26 giugno 2002, n. 9295); e che, ai fini dell'esercizio del potere di riduzione della penale, non si deve valutare l'interesse del creditore con esclusivo riguardo al momento della stipulazione della clausola, ma anche con riguardo al momento in cui la prestazione è stata tardivamente eseguita o è rimasta definitivamente ineseguita, poiché anche nella fase attuativa del rapporto trovano applicazione i principi di solidarietà, correttezza e buona fede, di cui agli artt. 2 Cost., 1175 e 1375 c.c., conformativi dell'istituto della riduzione equitativa, tenendo conto delle circostanze manifestatesi durante lo svolgimento del rapporto (Cassazione Civile, Sez. I, 6 dicembre 2012, n° 21994; id., Sez. III, 3 settembre 1999, n. 9298).
Decisione T.N.A.S.–C.O.N.I.: Lodo arbitrale del 21 novembre 2012 – www.coni.it
Parti: Sig. SIMONE SEGHEDONI / Sig. MARCO GIOVIO
Massima TNAS: (1) Il Regolamento Agenti applicabile alla fattispecie è quello dell’anno 2007, in quanto in vigore all’epoca della stipulazione del contratto in ordine al quale è insorta controversia, a nulla rilevando, in un contesto diverso da quello disciplinare, le prescrizioni sostanziali di versioni successivamente entrate in vigore. Secondo la normativa applicabile, i compensi dell’Agente devono essere percepiti fino alla sottoscrizione, successiva alla revoca del mandato, di un nuovo contratto da parte del Calciatore.
Decisione T.N.A.S.–C.O.N.I.: Lodo arbitrale del 18 maggio 2012– www.coni.it
Parti: Sig. L.P./ Sig. D.A.
Massima TNAS: (2) La sottoscrizione di un contratto senza che sia stata menzionata l’assistenza dell’Agente regolarmente nominato dal calciatore non esonera quest’ultimo, qualora non abbia revocato il mandato, dal non corrispondere al proprio Agente il compenso contrattualmente stabilito all’atto dell’incarico.
Decisione T.N.A.S.–C.O.N.I.: Lodo arbitrale del 06 Dicembre 2011 – www.coni.it
Parti: SIG. S.P./SIG. G.G.
Massima TNAS: (5) Non è applicabile una revoca “di fatto” e da ciò consegue l’impossibilità di riconoscere alla parte istante la condanna della parte intimata al pagamento della prevista penale.
Decisione T.N.A.S.–C.O.N.I.: Lodo arbitrale del 13 ottobre 2011 – www.coni.it
Parti: DOTT. A.C./SIG. E.M.S.
Massima TNAS: (1) Qualora il calciatore, dopo aver revocato il mandato al proprio agente, non proponga nel termine di 30 giorni la domanda volta all’accertamento dell’esistenza della giusta causa, incorre in decadenza con conseguente impossibilità - per il Collegio chiamato a dirimere la successiva controversia - di svolgere ogni indagine sul merito delle cause della revoca.
Massima TNAS: (2) La predeterminazione della penale non presenta, dal punto di vista sostanziale, profili di incompatibilità con le previsioni del Regolamento Agenti applicabile al caso in esame e, pertanto, la clausola di predeterminazione della penale per l’ipotesi di revoca senza giusta causa è pienamente efficace anche nel caso di specie. Penale che, ai sensi dell’art. 1384 c.c., può essere equamente ridotta dal giudice - anche d’ufficio, in assenza di una espressa richiesta della parte debitrice - se il suo ammontare è manifestamente eccessivo, avuto riguardo all’interesse che il creditore aveva all’adempimento. Il Collegio non ritiene che il caso in esame rientri nella fattispecie di cui al Decreto Legislativo 9 ottobre 2002 n. 231, difettando il requisito di tipo soggettivo previsto dall’art. 2 del citato Decreto Legislativo. Pertanto, potranno essere riconosciuti, esclusivamente, gli interessi in misura pari al tasso legale. Diversamente, la somma sopra indicata dovrà essere maggiorata dell’Iva in quanto «[è] dovuto il pagamento dell’IVA sull’importo corrisposto a titolo di indennità per la cessazione anticipata del rapporto in quanto: 1) ai sensi dell’art. 52, comma 2, DPR 22 dicembre 1986 n. 917 costituiscono reddito da lavoro autonomo e le indennità per la cessazione dei rapporti d’agenzia, quale deve qualificarsi l’attività dell’Agente di calciatore anche secondo i costanti orientamenti della giurisprudenza arbitrale sportiva; 2) in ogni caso si tratterebbe di indennità corrisposta a tiolo di risarcimento di danni consistenti nella perdita di redito diretta a risarcire il cd. Lucro cessante e quindi soggetta a tassazione ai sensi di quanto precisato dall’Agenzia delle Entrate con la risoluzione 7 dicembre 2007 n. 356/E […]».
Decisione T.N.A.S.–C.O.N.I.: Lodo arbitrale del 21 Ottobre 2011 – www.coni.it
Parti: DOTT. L.M./SIG. A.R.
Massima TNAS:(1) Non può essere accolta la domanda contro il calciatore, preteso debitore del pagamento del corrispettivo vantato dall’agente (e non dell’indennizzo per la revoca ingiustificata del mandato), qualora – eccepito da parte del calciatore l’inadempimento dell’agente della cui collaborazione il primo affermi non essersi potuto avvalere - l’agente si limiti a opporre che il comportamento tenuto dal calciatore (con l’aver concluso senza assistenza dell’ agente un nuovo contratto di prestazione sportiva) costituisca fatto estintivo del contratto, ferme le obbligazioni maturate a carico delle parti. Infatti, per invocare utilmente in giudizio il pagamento del corrispettivo dovuto fino alla risoluzione del contratto medesimo, è pur sempre necessario che l’agente abbia preliminarmente avversato con successo l’altrui exceptio inadimplenti.
Decisione T.N.A.S.–C.O.N.I.: Lodo arbitrale del 23 Giugno 2011 – www.coni.it
Parti: PROF. G.T./SIG. B.E.D.
Massima TNAS: (1) Dalla revoca del mandato all’agente senza giusta causa consegue, in astratto, il diritto della parte istante ad ottenere il pagamento della penale convenuta nell’ambito del contratto di mandato. Occorre, tuttavia, considerare che, ai sensi dell’art. 1384 c.c., la penale può essere equamente ridotta dal giudice se il suo ammontare è manifestamente eccessivo, avuto riguardo all’interesse che il creditore aveva all’adempimento. Tale riduzione può essere disposta dal giudice anche d’ufficio, in assenza di una espressa richiesta della parte debitrice. In questo senso appare consolidata sia la giurisprudenza di merito che quella di legittimità ( «In tema di clausola penale, il potere di riduzione ad equità, attribuito al giudice dall'art. 1384 c.c. a tutela dell'interesse generale dell'ordinamento, può essere esercitato d'ufficio, una volta allegate dalla parte interessata, o anche rilevabili "ex actis", le circostanze rilevanti per la valutazione dell'eccessività della penale» [ Trib. Varese, 01/06/2010]; «Il Giudice, ai sensi dell'art. 1384 c.c., ha il potere, anche d'ufficio, di diminuire la clausola penale, sia nell'ipotesi in cui la stessa sia manifestamente eccessiva, sia quando la sua riduzione sia necessaria e riconducibile al fatto che l'obbligazione principale è stata in parte eseguita ed i contraenti non abbiano previsto, in siffatta ipotesi, una riduzione della penale, con conseguente eccessività della penale se rapportata alla sola parte rimasta inadempiuta. Si rileva, infatti, che il predetto potere dell'organo giudicante è previsto a tutela dell'interesse generale dell'ordinamento, onde ricondurre l'autonomia contrattuale nei limiti in cui essa appare effettivamente meritevole di tutela.» [ Trib. Bari Sez. I, 22/02/2010]; «Nel caso di una penale, inserita nell’accordo contrattuale, il giudice verifica anche d’ufficio la congruità della stessa e ne dispone, anche in assenza di una espressa richiesta di parte, la riduzione ai sensi dell’art. 1384 c.c. quando riscontra la sua eccessiva onerosità riguardo all’interesse della parte creditrice, ovvero che la prestazione è stata in tutto o in parte eseguita.» [App. Firenze Sez. I Sent., 18/01/2010]; «In tema di clausola penale cui può essere assimilata la clausola con cui si determina convenzionalmente la misura degli interessi moratori con funzione liquidativa del risarcimento dei danni conseguenti all'inadempimento di obbligazioni pecuniarie, la domanda di riduzione può essere proposta per la prima volta in appello, potendo il giudice provvedervi anche d'ufficio, sempre che siano state dedotte e dimostrate dalle parti le circostanze rilevanti al fine di formulare il giudizio di manifesta eccessività.» [Cass. civ. Sez. III, 18/11/2010, n. 23273].
Decisione T.N.A.S.–C.O.N.I.: Lodo arbitrale del 27 Maggio 2011 – www.coni.it
Parti: AVV. G.P./SIG. G.C.
Massima TNAS: (1) In difetto di più univoca allegazione da parte del calciatore di una circostanza intesa oggettivamente a escludere la cogenza della c.d. penale, per negare l’attribuzione patrimoniale de qua finanche l’argomento secondo il quale l’agente non avrebbe assistito il calciatore nella stipula del contratto, e che pertanto il primo neppure avrebbe dato compimento al mandato conferito dal secondo, non appare decisivo. La causa del negozio che occupa, infatti, è integrata più complessivamente dalla cura degli interessi del calciatore da parte dell’agente e non già si risolve nell’assistenza contrattuale senz’altro. Pertanto, il mandato fra agente e calciatore si dispiega funzionalmente in una serie di attività nell’ambito dei rapporti fra le parti, che non posso essere ridotte puntualmente all’assistenza nella stipula di un contratto di prestazioni sportive. Di qui l’irrilevanza della causa di pretesa esenzione dall’obbligazione di pagamento.
Decisione T.N.A.S.–C.O.N.I.: Lodo arbitrale del 13 Maggio 2011 – www.coni.it
Parti: SIG. S.A./ SIG. R.R.M.
Massima TNAS: (1) Il calciatore che, dopo aver revocato il mandato all’agente, non proponga, nel termine di 30 giorni, la domanda volta a far accertare che la revoca è intervenuta per giusta causa incorre nella decadenza di cui all’art. 18, 4° comma, del vigente Regolamento FIGC sugli Agenti di Calciatori (art. 11, 4° comma, del precedente Regolamento), con la conseguenza che al Collegio Arbitrale è preclusa ogni indagine al riguardo.
Decisione T.N.A.S.–C.O.N.I.: Lodo arbitrale del 6 Aprile 2011. – www.coni.it
Parti: SIG. S.S./SIG. S.A.
Massima TNAS: (3) Il Regolamento Agenti 2010, nel disporre, all’art. 18 comma 2, in ordine alla “revoca del mandato”, prevede che questa avvenga “con un preavviso di trenta giorni da comunicarsi con lettera a.r.”. Nulla si dice, invece, circa il luogo al quale siffatta comunicazione deve essere inviata. Ciononostante, appare al Collegio che il recesso dal contratto abbia natura recettizia e pertanto il suo perfezionamento sia subordinato alla conoscenza dell’atto da parte del soggetto nei cui confronti è destinato a produrre effetti: dunque la sua comunicazione deve pervenire all’agente. A tal proposito, peraltro, vale, a parere del Collegio, quanto stabilito dall’art. 1335 c.c., in forza del quale ogni dichiarazione riferita a un contratto e diretta a una determinata persona si reputa conosciuta nel momento in cui essa giunge all’indirizzo (non necessariamente al domicilio) del destinatario, se questi non prova di essere stato, senza sua colpa, nell’impossibilità di averne notizia. Resta dunque possibile l’invio della comunicazione al destinatario in altro luogo, ma in tale caso non vale la presunzione di conoscenza stabilita dalla norma.
Decisione T.N.A.S.–C.O.N.I.: Lodo arbitrale del 4 Marzo 2011 – www.coni.it
Parti: SIG. M.G./SIG. D.T.M.
Massima TNAS:. (2) Se la revoca del contratto di mandato non è avvenuta per giusta causa, essa merita integrale accoglimento. Ai fini dell’indennizzo si può senz’altro applicare il quantum previsto nel previgente Regolamento Agenti (2001), che è stabilito in misura predeterminata secondo la categoria di appartenenza del calciatore, in quanto risulta essere assolutamente compatibile con la corrispondente figura del posteriore Regolamento (2007).
Decisione T.N.A.S.–C.O.N.I.: Lodo arbitrale del 10 Novembre 2010 – www.coni.it
Parti: SIG. F.Z./SIG. M.B.
Massima TNAS: (1) Non è giusta causa di revoca del mandato procuratorio la violazione dell’obbligo di stipulazione di contratto professionistico nei 120 giorni successivi alla stipulazione di contratto di mandato, che vale soltanto per gli Agenti che assistono calciatori minorenni.
Decisione T.N.A.S.–C.O.N.I.: Lodo arbitrale del 16 Novembre 2010 – www.coni.it
Parti: SIG. C.I./SIG. A.G.
Massima TNAS: (3) Il calciatore può revocare l'incarico all'Agente con un preavviso di trenta giorni da comunicarsi con lettera raccomandata a.r., che contestualmente deve depositare o inviare presso la segreteria della Commissione Agenti, unitamente alla copia dell'attestazione postale di spedizione, purché sussista giusta causa o la determinazione pattizia di una somma a titolo di risarcimento.
Decisione T.N.A.S.–C.O.N.I.: Lodo arbitrale del 25 maggio 2009 – www.coni.it
Parti: AVV. C.P./SIG. C. E.Z.V.
Massima TNAS: A norma dell’art. 13, comma 4, del REAAC, vigente al momento della sottoscrizione del contratto di mandato tra la parti, l’agente ha diritto di percepire il compenso convenuto, pur non avendo collaborato alla conclusione del richiamato contratto di prestazione sportiva.
Massima TNAS: A tal fine, del tutto irrilevante è la circostanza che risulti perduto lo status di Agente sportivo e che l’atleta abbia legittimamente esercitato il diritto di recesso a norma del nuovo REAAC; ciò in quanto il diritto di percepire il compenso è maturato alla data di conclusione del contratto di prestazione sportiva, avvenuta in data precedente ai fatti appena richiamati. La scrittura privata tra Agente e Calciatore, non può essere in ogni caso conosciuta dal Collegio per assoluto difetto di potestas iudicandi trattandosi di un atto tra privati, estraneo al REAAC; sicché della sua violazione le parti sottoscrittrici potrebbero dolersi al più davanti al giudice ordinario.
Decisione T.N.A.S.–C.O.N.I.: Lodo Arbitrale del 25 maggio 2009 – www.coni.it Parti: Avv. C. P. contro Sig. C. E. Z. V.
Massima: L’articolo 24 del nuovo Regolamento Agenti prevede un’unica deroga – relativa alla competenza arbitrale – all’immediata applicabilità del nuovo Regolamento ai rapporti tra agenti e assistiti (calciatori o società sportive). L’atto di recesso del calciatore, avvenuto il 09.07.2007, impone di vagliare il recesso in questione alla luce delle norme del “nuovo” Regolamento Agenti. L’art. 17, n. 4, del nuovo Regolamento Agenti prevede invero che “i calciatori o le società rappresentati da un Agente cui sia stata inflitta la sanzione disciplinare della sospensione hanno la facoltà di recedere ad nutum dal loro rapporto contrattuale con l’Agente”. Alla luce della norma, che non tollera dubbi interpretativi, risulta affatto legittimo il recesso esercitato dal calciatore nei confronti dell’agente. Dalla accertata legittimità del recesso esercitato dal calciatore, discende il conseguente rigetto della domanda proposta dall’agente sul diritto di quest’ultimo di percepire una indennità, che trova presupposto proprio sulla illegittimità dell’esercizio del recesso anticipato.
Decisione C.C.A.S.–C.O.N.I.: Lodo Arbitrale del 30 dicembre 2008 – www.coni.it
Parti: F.Q. contro l’agente di calciatori S.P.
Massima: E’ ammissibile il ricorso al Collegio Arbitrale da parte del calciatore che chiede l’accertamento della sussistenza della giusta causa per l’esercizio del diritto di recesso dal mandato stipulato con l’agente, poiché quest’ultimo avrebbe alterato il mandato inserendo arbitrariamente una somma a titolo di indennizzo nell’eventualità di revoca del mandato senza giusta causa e ciò anche in mancanza di una espressa querela di falso. Con sentenza 7 ottobre 1980, n. 5374, le sezioni unite, componendo un contrasto giurisprudenziale che si era delineato, hanno enunciato il sin qui insuperato principio secondo il quale la «querela di falso, necessaria nel caso di riempimento absque pactis di foglio sottoscritto in bianco, non è invece esperibile nell' ipotesi di riempimento contra pacta». Anche la successiva giurisprudenza ha chiarito (ancora fino a Cass. 10 marzo 2006, n. 5245) che, in caso di riempimento avvenuto in difetto di patto, il documento esce dalla sfera di controllo del sottoscrittore completo e definitivo, sicchè l'interpolazione del testo investe in tal caso il modo di essere oggettivo dell'atto, tanto da realizzare una vera e propria falsità materiale, non essendo configurabile una destinazione del documento a diventare diverso nella sua materialità da ciò che è nel momento in cui il riempitore (abusivo) ne viene in possesso; sicchè con la querela di falso si contesta in realtà la stessa «provenienza» del documento (quale abusivamente formato) dal sottoscrittore. Per converso, il riempimento contra pacta dà luogo ad un fenomeno diverso, nel quale sarebbe erroneo sostenere che il riempimento difforme dal pattuito fa venire meno la provenienza del documento dal sottoscrittore della dichiarazione riportata dal riempitore, in quanto questa non sarebbe dal primo voluta, giacchè si darebbe in tal modo rilievo ad una connotazione psicologica, del tutto estranea alla nozione legale di «provenienza» scritta nell'art. 2702 c.c. ed incentrata sul dato obiettivo della emanazione della dichiarazione dal soggetto che preventivamente fa proprio il risultato espressivo prodotto dalla formula (che sarà) adottata dal riempitore; e ciò perchè il mezzo prescelto è appunto voluto in ragione della sua finalizzazione all' effetto di produrre l'immissione nel circuito giuridico di quel risultato espressivo attraverso la sua esternazione e documentazione mediante l'opera del mandatario ad scribendum da lui prescelto. Si afferma che, «dunque, la diversità del ‘valore significante’ dalla ‘realtà significata’ non basta a qualificare il documento riempito contra pacta come non proveniente dal sottoscrittore». Alla stregua di tali principi, rimane «irrilevante che il riempitore mir[i] a fare apparire il documento come collegato ad un'operazione economica diversa da quella per la quale era stato autorizzato al riempimento. Ciò che rileva è che lo [sia] stato. E, se lo [è] stato, il documento, una volta riempito, comunque legalmente proviene dal sottoscrittore, sicchè si verte in ipotesi estranea alla querela di falso» (così Cass. n. 5245/206, cit.). Di contro, nella fattispecie adesso sub sudice, il calciatore ha assunto con l’ «istanza di arbitrato» che l’agente, all’esito della redazione e sottoscrizione del contratto sul c.d. «modulo federale», «avrebbe provveduto ai necessari depositi presso gli organi competenti». Sicchè, nella stessa prospettazione iniziale dell’attore (in parte qua non contestata dal convenuto: si veda, per esempio, la prova testimoniale articolata onde del contratto si predica che fosse stato redatto alla presenza delle parti «completo di tutti i propri elementi costitutivi» e la risposta all’interrogatorio formale dell’agente, ove si riferisce della «integrale complilazione» del documento contrattuale seduta stante) manca ogni riferimento a un mandato di riempimento ulteriore (la cui infrazione soltanto potrebbe legittimare una decisione sul falso senza la via della querela), onde l’allegazione fondamentale si è sostanziata nel fatto che il testo della dichiarazione («completo e definitivo», come si direbbe col lessico giurisprudenziale) è stato successivamente alterato in assenza di ogni pattuizione al riguardo, implicando ciò una tipica ipotesi di falso materiale (alterazione di scrittura privata vera) ai sensi dell'art. 485 c.p. (e che trattasi di ipotesi di reato è, poi, affermazione contenuta anche nell’ «istanza di arbitrato»). In casi del genere, però, «solo con la querela di falso è possibile togliere all' intera dichiarazione la forza probatoria che l'art. 2702 citato attribuisce alla scrittura privata riconosciuta» (Cass. 11 marzo 1982, n. 1583). In sintesi: se è vero che «l'alterazione di un documento (falsità materiale) può essere compiuta anche successivamente alla sua formazione aggiungendo o sopprimendo elementi della dichiarazione con l'effetto di modificarne il contenuto», in casi siffatti «la verifica della sussistenza di un'alterazione [tuttavia] non può compiersi che con le garanzie del procedimento disciplinato dagli artt. 221 e segg. c.p.c.». Pertanto, in difetto di querela l’efficacia della scrittura privata rimane, come nel caso sub iudice, quella stabilita dall’art. 2702 c.c. La ineludibilità della querela a tal fine, però, non preclude anche l’accesso al merito della controversia, e ciò non soltanto perché la dottrina ha già ritenuto che «agli arbitri è costantemente riservato il potere di risoluzione incidentale della questione sopra l’autenticità di prove documentali, anche se “per legge non può costituire oggetto di giudizio arbitrale”» (cfr. Riv. arb., 2005, 265), quanto perchè oggetto del presente procedimento è altro dall’ accertamento del falso documentale, trattandosi piuttosto della «sussistenza, nella specie, di una giusta causa per l’esercizio del diritto di recesso da parte del calciatore, in modo -cioè- che la questione di falso documentale, non integrando l’oggetto vero e proprio dell’accertamento e della pronuncia giudiziale, possa -come «tutte le questioni [soltanto] rilevanti per la decisione»- venire risolta incidenter tantum giusta l’art. 819 c.p.c. (attesa la natura «rituale» del presente procedimento).
Massima: Ai sensi dell’art. 2702 c.c., mancando la (altrimenti necessaria) querela di falso, deve assumersi legalmente provata la «provenienza delle dichiarazioni» contenute nel contratto di mandato (convenuto tra le parti, della cui genuina sottoscrizione non si dubita) registrato, presso la Commissione Agenti di calciatori della Federazione Italiana Giuoco Calcio, sicchè rimane esclusa ogni ipotesi alternativa (al concorso della volontà del calciatore nello stabilire la clausola penale di cui trattasi); ipotesi sopra cui fondare la prova del comportamento (di pretesa falsificazione) integrante (dal punto di vista dell’attore) la «giusta causa» specificamente dedotta per la revoca del mandato. Di qui viene anche la irrilevanza di ogni acquisizione probatoria liberamente apprezzabile.
Decisione C.C.A.S.–C.O.N.I.: Lodo Arbitrale del 30 dicembre 2008 – www.coni.it
Parti: F.Q. contro l’agente di calciatori S.P.
Massima: Lo scopo costante della clausola penale non può essere altro dalla preventiva neutralizzazione del rischio, sopportato dall’agente di calciatori l’indomani dall’esecuzione del mandato di agenzia compiutosi con l’assistenza (fino) alla sottoscrizione di un contratto pluriennale di prestazione d’opera sportiva da parte del calciatore stesso, che quest’ultimo, tenendo comportamenti contrari ai doveri del contraente, trovi conveniente sotto il profilo patrimoniale avvalersi del potere di revoca del mandato sebbene di validità ulteriore. Viceversa, il regime convenzionale della revoca ingiustificata del mandato, per effetto della pre-liquidazione dell’importo dovuto all’Agente in tal caso, impone al Calciatore l’immediata e anticipata corresponsione di un importo in soluzione unica e non più ragguagliato, almeno sotto il profilo temporale, alla «decorrenza» dei singoli corrispettivi che invero maturano per il Calciatore in ragione di ciascuna stagione sportiva. La clausola penale, così, «assolve alla funzione di rafforzare il vincolo contrattuale e di liquidare preventivamente la prestazione risarcitoria, tant'è che se l'ammontare fissato nella clausola penale venga a configurare, secondo l'apprezzamento discrezionale del giudice, un abuso o uno sconfinamento dell'autonomia privata oltre determinati limiti di equilibrio contrattuale, può essere equamente ridotta» (Cass. 19 gennaio 2007, n. 1183). Pertanto, nel caso di specie, la penale, benchè nel dibattito degli arbitri siano emerse altresì opzioni diverse e astrattamente non implausibili, dev’essere «diminuita equamente» fino all’importo costituito dal «5% del corrispettivo annuo lordo del Calciatore risultante dal contratto di prestazione sportiva depositato […] per ognuna delle stagioni contrattuali [residue]».