F.I.G.C. – CORTE SPORTIVA D’APPELLO – Sezione III – 2017/2018 – figc.it – atto non ufficiale – Decisione pubblicata sul C. U. n. 148/CSA del 22 Maggio 2018 (motivazioni) relativa al C. U. n. 078/CSA del 25 Gennaio 2018 (dispositivo) – RICORSO DELL’A.S.D. PESCARA CALCIO A 5 AVVERSO DECISIONI MERITO GARA LUPARENSE/PESCARA C5 DEL 20.12.2017 (Delibera del Giudice Sportivo presso la Divisione Calcio a 5 – Com. Uff. n. 388 del 5.1.2018)
RICORSO DELL’A.S.D. PESCARA CALCIO A 5 AVVERSO DECISIONI MERITO GARA LUPARENSE/PESCARA C5 DEL 20.12.2017 (Delibera del Giudice Sportivo presso la Divisione Calcio a 5 – Com. Uff. n. 388 del 5.1.2018)
Con decisione del 5.1.2018 il Giudice Sportivo presso la Divisione Calcio a 5 respingeva il ricorso dell’A.S.D. Pescara Calcio A 5 esperito per chiedere la condanna della A.S.D. Luparense alla punizione sportiva della sconfitta ex art. 17, comma 5, C.G.S. per aver schierato nell’incontro in oggetto Tobe Belope Roberto, calciatore in posizione irregolare in quanto afflitto da sanzione disciplinare non ancora scontata.
In particolare, durante il periodo di squalifica irrogato dal Giudice Sportivo presso la Divisione Calcio a 5 con Com. Uff. n. 1039 del 5.6.2017 “perché al termine dell’incontro, durante il saluto di fair play, colpiva con un pugno al volto un calciatore avversario procurandogli lieve stordimento”, periodo intercorrente tra il 6.6.2017 ed il 30.11.2017, il predetto atleta si sarebbe svincolato dall’A.S.D. Luparense in data 1.7.2017 per poi militare in una società di calcio a 5 della Federazione Spagnola (il Club Peniscola Rehabmedic) fino al 31.10.2017, con ciò eludendo la sanzione comminatagli.
Successivamente il predetto calciatore veniva tesserato di nuovo per la A.S.D. Luparense in data 6.12.2017 e veniva schierato nel match di Supercoppa italiana di Serie A, disputatosi il 20.12.2017 e conclusosi con la vittoria per 7 a 5 della squadra padovana.
La doglianza della compagine abruzzese, secondo cui la squalifica non risulterebbe scontata, in quanto il tesseramento estero ne avrebbe vanificato l’afflittività, con ciò violando l’art. 22, comma 8, C.G.S., è stata valutata priva di pregio da parte del giudice di prime cure, il quale ha sottolineato che
“l’ambito di competenza e la conseguente verifica dell’esecuzione della sanzione è limitata al solo territorio nazionale, esulando dalla giurisdizione dello scrivente Giudice Sportivo qualsivoglia condotta espletata presso altra Federazione estera, l’eventuale valutazione della quale è demandata agli organi di giustizia sportiva di quella nazione”.
Avverso tale pronuncia di I grado propone ricorso l’A.S.D. Pescara Calcio A 5, la quale incentra la sua difesa sulla possibilità di “riconoscimento ed estensione” a livello europeo (UEFA) e mondiale (FIFA) delle sanzioni comminate da organismi di giustizia nazionali, sulla violazione dei principi di effettività delle norme dell’ordinamento federale italiano e di afflittività e certezza delle sanzioni sportive italiane, nonché sulla mera possibilità che il calciatore in oggetto possa essere stato attinto da D.A.SPO. per i fatti violenti da cui era scaturita la squalifica che sarebbe stata elusa col tesseramento estero.
In sostanza, la difesa pescarese si appunta sulla violazione del combinato disposto degli articoli 19, comma 11.4, 22, commi 6 e 8, poiché “il calciatore, nell’uscire dai vincoli federali con il tesseramento all’estero, ha interrotto tanto l’operatività della sanzione quanto la sua espiazione”.
L’A.S.D. Luparense controdeduce che il nuovo tesseramento del calciatore è avvenuto in un momento in cui gli effetti del provvedimento disciplinare erano venuti meno, sostenendo che il principio espresso dall’art. 22, comma 8, C.G.S., che regola i casi di provvedimenti disciplinari a termine
“è quello di sanzione a tempo regolarmente scontata e non certo di sanzione a tempo effettivamente scontata”. In particolare, la difesa dell’equipe padovana sottolinea la differenza tra la squalifica di giornate di gara e la squalifica a termine. Mentre nella prima ipotesi grava sulla società l’obbligo di verificare che il tesserato sconti effettivamente la sanzione comminatagli anche a distanza di anni, nel caso della squalifica a termine, che è quello che occupa la cognizione di questa Corte, “l’effettivo decorso del tempo legittima l’utilizzo del calciatore”.
Il reclamo è infondato e, per l’effetto, va rigettato per le seguenti considerazioni in
L’art. 22, comma 8, C.G.S., che costituisce la normativa di dettaglio relativa alle modalità esecutive delle sanzioni inflitte dagli Organi della giustizia sportiva, afferma che “I dirigenti, i tesserati della società, i soci e non soci di cui all’art. 1 bis, comma 5, colpiti da provvedimenti disciplinari a termine non possono svolgere alcuna attività sportiva nell’ambito della FIGC fino a quando non sia regolarmente scontata la sanzione stessa, ai medesimi è, in ogni caso, precluso l’accesso all’interno del recinto di giuoco e negli spogliatoi in occasione di gare. La violazione dei divieti di cui al presente comma comporta l’aggravamento della sanzione”.
In particolare dalla lettura di questa norma, nonché dall’analisi del comma 11 del precedente art. 19 C.G.S., è possibile desumere la sussistenza di due principi guida da cui far emergere le chiavi di lettura per l’interpretazione della normativa:
a) quello dell’effettività della sanzione irrogata, che dev’essere scontata e non affidata al
potere discrezionale della società di appartenenza;
b) quello della separazione delle competizioni in virtù del quale si tende, ove è possibile, a far inmodo che la squalifica venga scontata nella competizione nella quale il tesserato ha posto in essere il comportamento sanzionato.
È d’uopo, inoltre, osservare che le sanzioni inflitte ai tesserati, generalmente denominate “squalifiche”, possono essere di due tipi, per giornate di gara o a termine (cfr. G. Liotta e L. Santoro, Lezioni di diritto sportivo, p. 234).
A questo proposito occorre precisare che la squalifica di un tesserato o del terreno di gioco può essere inflitta in giornate di gara oppure a tempo determinato cioè, mutuando l’espressione da altri rami del diritto, “a data certa”.
In quest’ultimo caso, che è poi quello che occupa la cognizione di questa Corte, la squalifica cessa con lo spirare del termine, a prescindere da quante gare siano state disputate durante il periodo di tempo fissato.
Pertanto, decorso il periodo di squalifica che il calciatore Tobe Belope Roberto doveva scontare (periodo compreso tra il 6.6.2017 e il 30.11.2017) senza che costui disputasse gare in Italia, l’A.S.D. Luparense ben poteva di nuovo tesserare il suddetto atleta e schierarlo in campo nella gara di Supercoppa italiana per cui è causa.
A nulla vale la doglianza per cui il calciatore avrebbe giocato in una squadra spagnola durante il periodo di squalifica in Italia. Ciò corrobora soltanto la tesi per cui, semmai un’irregolarità vi è stata, questa è stata perpetrata da una squadra spagnola soggetta alla Giustizia sportiva spagnola.
Infatti, come la giurisprudenza di merito ha avuto modo di affermare, “il cosiddetto vincolo di giustizia previsto dall'art. 24 dello Statuto della Figc è rivolto esclusivamente ai soggetti affiliati alla federazione” (in questi termini cfr. Tribunale Ascoli Piceno del 20.1.2007) e nel caso di specie nel periodo in esame nessuna squadra italiana, sottoposta alla Giustizia sportiva italiana, ha tesserato e schierato il predetto calciatore.
Questo ragionamento risulta confermato anche da un precedente della Corte di Cassazione, avente ad oggetto l’art. 24 dello Statuto della Federazione Italiana Giuoco Calcio (associazione con personalità giuridica di diritto privato), che prevede l'impegno di tutti coloro che operano all'interno della Federazione ad accettare la piena e definitiva efficacia di tutti i provvedimenti generali e di tutte le decisioni particolari adottati dalla stessa F.I.G.C., dai suoi organi e soggetti delegati, nelle materie comunque attinenti all'attività sportiva e nelle relative vertenze di carattere tecnico, disciplinare ed economico. Da tale impegno è desumibile un divieto, salva specifica approvazione, di devolvere le relative controversie all'autorità giudiziaria statuale e di accettarne le relative pronunzie, realizzandosi in tal modo una clausola compromissoria per arbitrato irrituale, fondata, come tale, sul consenso delle parti, le quali, aderendo in piena autonomia agli statuti federali, accettano anche la soggezione agli organi interni di giustizia (cfr., in questi termini, Cassazione civile, sez. I, 28.9.2005, n. 18919).
Ebbene una squadra spagnola di calcio a 5 opera sicuramente al di fuori del vincolo italiano di giustizia sportiva e, se irregolarità vi è stata, la relativa sanzione dev’essere applicata alla squadra spagnola del Peniscola Rehabmedic e non all’A.S.D. Luparense, in virtù del principio della circolazione internazionale dei lodi sportivi stranieri. Saranno, però, gli Organi spagnoli di giustizia sportiva ad irrogare sanzioni all’esito di un eventuale processo che in Spagna dovrà essere, se del caso, celebrato. Ad analoga conclusione si perviene muovendo dall’interpretazione dell’art. 17 C.G.S..
I commi 5, 6, 7 e 8 dell’art. 17 C.G.S. disciplinano, tipizzandoli, i casi di partecipazione irregolare alla gara che incidono sul regolare svolgimento della manifestazione sportiva, prevedendo, altresì, le conseguenze sanzionatorie che devono conseguire automaticamente all’accesso “viziato” sul terreno di gioco.
Si tratta, pertanto, di disposizioni caratterizzate da un elevato grado di determinatezza, avendo il legislatore federale previsto espressamente sia la parte precettiva sia la sanzione disciplinare irrogabile automaticamente (senza alcun margine di discrezionalità) al verificarsi delle condotte tipizzate [non è possibile, infatti, proporzionare o graduare la sanzione, in quanto secondo la Corte “le norme federali non lasciano al giudice sportivo alcun margine, facendo direttamente discendere la sconfitta della gara per 0–3 (c.d. sconfitta a tavolino) senza alcuna previsione di sanzione alternativa, allorquando la società faccia partecipare alla gara giocatori squalificati (art. 17, comma 5, C.G.S., ovviamente quando la squalifica non sia stata scontata)”, cfr. Alta Corte giust. sport., 10 luglio 2012, n. 17, ist. n. 15/2012, A.S.D. S.E.F. Tempio Pausania c. FIGC e LND, in www.coni.it.].
In particolare, ai sensi del comma 5 dell’art. 17, norma applicabile al caso che occupa la cognizione di questa Corte, nel procedimento di cui all’art. 29, commi 7 e 8, la società è punita con la sanzione sportiva della perdita della gara quando:
a) utilizza durante l’incontro giocatori squalificati o, comunque, privi di titolo per parteciparvi;
b) si avvale di guardalinee di parte squalificati, inibiti o comunque privi di titolo per parteciparvi;
c) viola gli artt. 34, commi 1 e 3, e 34 bis delle NOIF, che disciplinano il limite di partecipazionedei calciatori alle gare nonché l’obbligo di impiegare i calciatori secondo le regole di ciascuna Lega (cfr. ex multis, Corte giust. fed., in C.u. FIGC, 20 marzo 2013, n. 211/CGF).
Quanto all’ambito soggettivo di applicazione della disposizione in esame, la norma deve ritenersi tassativa nel senso che, come statuito dagli Organi di giustizia federale, non è suscettibile di applicazione a soggetti non specificatamente contemplati dalla disposizione. La giurisprudenza sportiva ha confermato questa interpretazione, ribadendo il concetto secondo cui l’applicazione della perdita della gara ha luogo soltanto nei casi espressamente e tassativamente previsti dalla norma di cui all’art. 17, comma 5, C.G.S.., non essendo ammissibili interpretazioni estensive della disposizione de qua, anche in considerazione dell’afflittività della pena in caso di impiego di tesserati in posizione irregolare (così, Coll. gar. sport, 27 gennaio 2015, n. 3, ist. n. 11/2014, ASD Sammaurese c. FIGC e altri, in www.coni.it, relativa ad una partita del Campionato di Eccellenza emiliano romagnolo, “in applicazione del canone quod lex voluit dicit quod noluit non dicit, alcun potere di elasticizzazione o integrazione della norma può essere riconosciuto alla Corte Sportiva d’Appello Territoriale atteso il vincolo formale stringente espresso nel Codice di Giustizia Sportiva della FIGC che emerge dalla lettura del combinato disposto degli articoli 29, comma 7, e 17, comma 5”). Sicuramente una squadra affiliata alla Federazione iberica ricade al di là del perimetro soggettivo di applicazione dell’art. 17 C.G.S..
Per quanto concerne, infine, l’ambito di applicazione oggettiva della norma, la fattispecie di più frequente applicazione è senza dubbio costituita dall’impiego nella gara di “calciatori squalificati o che comunque non abbiano titolo a partecipare all’incontro” di cui alla lett. a) del comma 5. In tal caso, l’impedimento a prendere parte all’incontro nasce dal fatto che il giocatore non può essere schierato dalla società quando è in corso di squalifica e fino a quando non abbia scontato il provvedimento disciplinare da cui è stato raggiunto.
In ogni caso, in considerazione degli elementi di fatto in possesso di questa Corte, ed in particolare del tesseramento del calciatore Tobe da parte della società spagnola Club Penisola Rehabmedic di Calcio a 5, durata dal 21.6.2017 al 31.10.2017, appare necessario rimettere gli atti alla Procura Federale, al fine di verificare l’eventuale sussistenza di “partiche elusive” messe in atto dal calciatore, rientrato poi in Italia in prossimità della scadenza della squalifica (30.11.2017) e ritesserato in data 6.12.2017.
Per questi motivi la C.S.A., respinge il ricorso come sopra proposto dalla società A.S.D.
Pescara Calcio a 5 di Pescara. Rimette gli atti alla Procura Federale per gli accertamenti del caso. Dispone addebitarsi la tassa reclamo.
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