Decisione T.F.N.- Sezione Disciplinare: Decisione n. 050/TFN - SD del 13 Settembre 2023  (motivazioni) – errata corrige

Impugnazione –  Istanza: Deferimento n. 30876/601pf22-23/GC/CAMS/mg del 20 giugno 2023, depositato il 21 giugno 2023, nei confronti del sig. L.B. - Reg. Prot. 204/TFN-SD

Massima: A seguito di patteggiamento ex art. 127 CGS inflitti mesi 6 di squalifica all’Arbitro Effettivo appartenente alla sezione AIA di Latina, per le violazioni: degli artt. 4, comma 1, del CGS e 42 n. 1 e n. 4 lett. b) del Regolamento AIA per aver organizzato, nel corso degli ultimi anni, Tornei di calcio per conto dell’Ente di Promozione Sportiva ASI Libertas Latina, in violazione del divieto disposto dall’art. 42 n. 4 lett. b) del Regolamento AIA che vieta agli appartenenti alla classe arbitrale di svolgere attività agonistica, tecnica dirigenziale e collaborativa presso società calcistiche, anche non affiliate alla FIGC, ed enti di promozione sportiva; - degli artt. 4, comma 1, del CGS e 42 n. 1 e n. 3 lett. h) del Regolamento AIA, per non aver ottemperato all’obbligo di assoluta veridicità, nel compilare il foglio notizie, nell’indicare la sussistenza di eventuali cause di incompatibilità, omettendo così di segnalare che il proprio figlio, era un giocatore tesserato per la società ASD Aurora Vodice Sabaudia nella S.S. 2022-2023; - degli artt. 4, comma 1, del CGS e 42 n. 1 del Regolamento AIA, poiché in data 30.01.2022 arbitrava l’incontro GSI – Aurora Vodice Sabaudia, in presenza di una evidente causa di incompatibilità rappresentata dal fatto che il proprio figlio, era un giocatore tesserato per la società ASD Aurora Vodice Sabaudia.

 

Decisione T.F.N.- Sezione Disciplinare: Decisione n. 024/TFN - SD del 31 Luglio 2023  (motivazioni)

Impugnazione –  Istanza: Deferimento n. 306/801 pf22-23/GC/SA/mg del 4 luglio 2023, depositato il 6 luglio 2023, nei confronti del sig. R.P e della società ASD Pro Calcio Caira - Reg. Prot. 6/TFN-SD

Massima: Mesi 2 di inibizione al presidente per la violazione dell’art.4, comma 1, del Codice di Giustizia Sportiva, per aver segnalato con email del 19 febbraio 2023, alla Delegazione FIGC di Frosinone, che l'arbitro della gara Sport Virtus Guarcino - Pro Calcio Caira valevole per il campionato U17 Provinciale - Girone A, disputatosi in data 12 febbraio 2023, in Guarcino (FR) ‘ha deliberatamente dichiarato gravemente il falso’ nel proprio referto di gara, in relazione alla parte in cui risultava la ritardata consegna delle distinte di gara e, quindi, dell’inizio della gara stessa… Dai verbali di audizione emerge, al contrario, come proprio la società Pro Calcio Caira fosse giunta in ritardo all’impianto di gioco e come ciò avesse causato il ritardo nell’avvio della gara….Ammenda di € 200,00 alla società

Decisione C.F.A. – Sezioni Unite : Decisione pubblicata sul CU n. 0099/CFA del 8 Maggio  2023 (motivazioni) - www.figc.it

Decisione Impugnata: Decisione del Tribunale Federale Nazionale-Sezione Disciplinare di cui al Com. Uff. n 141 del 27.03.2023

Impugnazione – istanza Sig. A.T.- Procura Federale

Massima: Accolto il reclamo con proscioglimento del deferito e pertanto annullata la decisione del TFN che aveva sanzionato il Presidente dell’Associazione Italiana Arbitri con l’inibizione per 3 mesi, inflitta a) per avere omesso di assumere qualsiasi iniziativa, anche la più minimale, in violazione anche dell’art. 8, comma 6, lett. b) del vigente Regolamento A.I.A., volta e finalizzata ad accertare i reali requisiti professionali del sig. Omissis prima della proposta, fatta dallo stesso T., e conseguente nomina da parte del Comitato Nazionale AIA (nel marzo 2021), a Procuratore arbitrale dell’A.I.A., comportamento omissivo, seguito da quello commissivo di proposta, che ha determinato la nomina del Omissis – con cui il T. aveva un rapporto personale consolidato di vecchia data (era stato infatti lui a segnalarlo al Presidente Omissis al fine della nomina a componente della Commissione Disciplinare Nazionale il 7 marzo 2009, primo incarico avuto dal Omissis in un Organo di giustizia sportiva) - ad una carica di vertice di un importante Organo di giustizia domestica AIA (Procuratore Nazionale AIA), mentre il nominato era detenuto agli arresti domiciliari presso la sua abitazione di Garbagnate Milanese perché condannato alla pena definitiva di anni 2 e 8 mesi di reclusione ed alla multa di 6.000 euro per gravissimi reati concernenti la detenzione di circa 44 Kg. di sostanze stupefacenti; e) per non aver posto in essere alcuna iniziativa tesa ad accertare l’illecita attività del Omissis, che da marzo 2021 ad ottobre 2022 aveva presentato richieste di rimborsi fondate su biglietti ferroviari manifestamente contraffatti così conseguendo importanti rimborsi, agli evidenti danni dell’Associazione, spettando ai vertici degli Uffici adottare, in chiave precauzionale, le cautele volte a prevenire i rischi di comportamenti contrari a diritto ed etica sportiva attraverso l’attivazione di procedure specifiche per le varie fasi decisionali, di adeguati meccanismi di controllo e di un efficace sistema disciplinare interno, non risultando che l’AIA vantasse ai tempi degli illeciti alcun modello atto a verificare i titoli di spesa e, conseguentemente, a prevenire le contestate azioni contra legem e le conseguenti erogazioni indebite delle risorse dell’Ente. Il TFN ha ritenuto fondato il capo e) dell’incolpazione, imputando all’odierno reclamante di avere omesso, in qualità di figura apicale dell’AIA, di dotare l’apparato dallo stesso diretto di adeguati modelli organizzativi e di gestione, volti a prevenire l’erogazione di somme sine causa per spese relative a presunte trasferte, giustificate da titoli di viaggio falsificati. Detta condotta omissiva, secondo il primo giudice, concreta la violazione del dovere di indirizzo e coordinamento che conforma la responsabilità del Presidente AIA, quale delineata dalla disciplina positiva del Codice di Giustizia Sportiva FIGC (art. 7), dello Statuto FIGC (art.32, comma 6) e del Regolamento dell’Associazione Italiana Arbitri (art. 8, comma 6, lett. g). L’assenza di un adeguato sistema di controllo troverebbe conferma nelle dichiarazioni rese dai funzionari addetti alla gestione e alla liquidazione dei rimborsi, i quali hanno concordemente affermato di non aver ricevuto istruzioni che imponessero di verificare la veridicità dei titoli di viaggio. Il reclamante censura dette argomentazioni, osservando che al Presidente AIA compete una funzione di alta vigilanza e non certo il controllo delle singole attività amministrative delegate; che l’art. 35, secondo comma, ultima parte, Regolamento AIA assegna detta funzione di controllo al Collegio dei Revisori dei Conti della FIGC e agli organi a ciò preposti della Segreteria Generale della FIGC; che a norma dell’art. 1, quarto comma, del Regolamento AIA, la tenuta della contabilità e l’attività gestionale delegata sono svolte da AIA osservando le norme e le direttive federali e dunque che la funzione di adottare direttive in materia è propria della Federazione; che nella specie è provata l’esistenza sia di una direttiva volta a disciplinare i controlli, sia di funzionari ufficialmente investiti delle pertinenti verifiche e, quindi, interessati a scansare proprie responsabilità, il che rende inattendibili le dichiarazioni dagli stessi rese, acriticamente valorizzate dal TFN per costruire una insussistente responsabilità omissiva del Trentalange.  La Corte ritiene fondate le contestazioni del reclamante. Si rende preliminarmente necessaria una sintetica descrizione delle funzioni e del riparto di competenze tra gli organi associativi AIA, quale delineati dal Regolamento AIA. L’art. 8 descrive la modalità di elezione e, ai commi dal quarto al sesto, le mansioni del Presidente AIA. A tale Organo competono funzioni di rappresentanza nei confronti della FIGC, delle sue componenti interne e dei terzi, nonché l’indicazione dei principi generali dell’attività tecnica, associativa ed amministrativa dell’AIA, la verifica della relativa attuazione, nonché l’adozione, sotto la sua esclusiva responsabilità, dei provvedimenti nelle materie non espressamente delegate alle competenze di altri Organi. La disposizione assegna al Presidente AIA la funzione non di compilare protocolli operativi per lo svolgimento delle singole attività associative, ma bensì di tracciare gli indirizzi strategici (principi generali) cui devono ispirarsi le attività associative nel quadriennio di durata della carica. Più in dettaglio, nel catalogo delle competenze assegnate al Presidente è compresa (comma sesto, lett. g) la verifica che l’impiego dei fondi ad opera degli Organi direttivi avvenga nel rispetto del Regolamento amministrativo e di contabilità della FIGC e delle norme amministrative interne.Si tratta della norma cui il TFN ha riconosciuto particolare importanza nel delineare la responsabilità del Trentalange, rinvenendo in essa la fonte del dovere di adozione di appropriate regole organizzative interne, che prescrivano specifiche procedure e meccanismi di controllo idonei a prevenire il rischio di verificazione degli illeciti della specie di quelli riscontrati in concreto. Occorre tuttavia considerare che l’art. 6 del regolamento AIA affida le funzioni di controllo dell’attività amministrativa e contabile al Servizio Istruttivo Nazionale, definito dall’art. 35 dello stesso testo regolamentare “organo centrale di monitoraggio e controllo dell’attività amministrativa e contabile dell’AIA, da svolgersi nel rispetto delle norme amministrative e dei regolamenti contabili della FIGC”. Alla vigilanza e alle verifiche sulle attività amministrative e contabili è dunque preposto uno specifico organo interno all’AIA, chiamato ad operare in conformità alle pertinenti disposizioni impartite dalla FIGC. Da ciò si inferisce che le incombenze dell’organo di vertice dell’associazione consistono in funzioni di alta vigilanza in merito all’andamento generale della vita associativa, non certo nella stringente vigilanza sulle singole e minute attività operative che compete ai suoi collaboratori in base alle specifiche mansioni assegnate ai componenti della struttura organizzativa. Tanto premesso, la decisione reclamata ha escluso che l’AIA vantasse ai tempi degli illeciti alcun modello atto a verificare i titoli di spesa e, conseguentemente, a prevenire le contestate azioni contra legem e le conseguenti erogazioni indebite delle risorse dell’Ente. A tale convincimento il TFN è pervenuto in forza delle dichiarazioni rese dal Omissis (29 novembre 2022) e dal Omissis (30 novembre 2022), espressamente giudicate emblematiche e significative. Entrambi i funzionari hanno negato che in ambito AIA vigesse un sistema di controlli sulla veridicità dei titoli di viaggio; in particolare il Omissis ha affermato che la propria attività si esauriva in controllo puramente estrinseco e formale dei dati contenuti nei biglietti di viaggio. Dichiarazioni, queste, da valutare con estrema cautela, esse provenendo da funzionari specificamente preposti alle procedure di controllo e liquidazione delle spese e, quindi, comprensibilmente interessati a svalutare la portata delle proprie incombenze, al fine di distogliere l’attenzione da loro possibili responsabilità. Va rammentato che la regola della terzietà del teste si coniuga con il c.d. principio di responsabilità, che impone di assoggettare a verifica rigorosa l’attendibilità intrinseca delle dichiarazioni, le quante volte dalla veridicità del dichiarato possano scaturire conseguenze pregiudizievoli per sé o per altri. Si deve ancora osservare che le dichiarazioni de quibus, oltre a provenire da persone portatrici di interesse di per sé inquinante, non sono state acquisite all’interno del processo e in contraddittorio tra le parti; esse rivestono, quindi, valore meramente indiziario e possono contribuire alla formazione del convincimento del giudice se corroborate da altri elementi che ne confortino credibilità e attendibilità e non siano smentite da contrarie risultanze processuali. Dei primi non v’è cenno nella decisione impugnata e negli atti dell’indagine, mentre le seconde sono ben presenti nella fattispecie. E ciò vale a superare la presunzione di colpa che ha orientato il convincimento del primo giudice. In sede di audizione avanti la Procura Federale, il Omissis ha dichiarato “non verifico materialmente le note spese con gli allegati (biglietti, ricevute pasto, taxi, ecc) in quanto tale verifica viene effettuata preventivamente dai vari soggetti delegati. Per le note spese degli organi di Giustizia domestica e della Procura AIA il delegato è il sig. Omissis”. Difatti, con mail del 5 aprile 2019, avente ad oggetto “Gestione rimborsi (spese e diarie)”, Omissis Omissis affidava al sig. Omissis l’incarico dei relativi controlli nei termini seguenti:  nell’ambito della riorganizzazione dell’ufficio rimborsi AIA, ti chiedo di sovrintendere al processo di raccolta, controllo e autorizzazione per la messa in liquidazione dei rimborsi, sia delle diarie periodiche che delle spese, inerenti gli organi direttivi centrali (Assemblea dei Presidenti di Sezione, Comitato Nazionale, Consiglio Centrale, Comitato dei Garanti. Organi di Giustizia e altre commissioni associative). Dovrai attenerti alle disposizioni contenute nella policy FIGC, valide per la dirigenza che il collega Omissis ti fornirà insieme a tutte le informazioni necessarie per organizzare il lavoro e potrai in qualità di funzionario sottoscrivere i moduli ai fini dell’autorizzazione amministrativa al pagamento”. A dispetto della forma colloquiale della nota, si tratta a ben vedere di un incarico formale mediante il quale il Segretario AIA preposto al servizio amministrativo dell’Ente assegnava al funzionario delegato l’attività di controllo e autorizzazione per la liquidazione dei rimborsi, dando espressa indicazione delle procedure e delle istruzioni da rispettare, con implicito rinvio alla disciplina di cui al richiamato art. 35 del Regolamento. Dell’esistenza di detto incarico si trova ulteriore traccia nella mail del 12 maggio 2021 di Omissis Omissis, nuovo Segretario AIA, nella quale si ribadisce che il funzionario già designato da Omissis visualizza, controlla e approva i rimborsi spese. Si trae così conferma che all’interno della struttura amministrativa dell’AIA era predisposto un sistema di verifica preliminare all’autorizzazione e alla liquidazione dei rimborsi e che, diversamente da quanto ritenuto dal TFN, in ambito AIA esisteva un assetto organizzativo che, anche a voler ritenere embrionale, prevedeva comunque l’esecuzione di controlli sui giustificativi delle spese di viaggio, da eseguire sulla base di specifiche direttive. E non è dubitabile che il corretto esercizio della funzione richiedesse ante omnia la verifica sulla autenticità dei titoli di viaggio, consistendo in ciò la prima e ineludibile forma di controllo, senza che al riguardo si rendesse necessaria l’adozione di specifici protocolli operativi per richiamare l’attenzione dei funzionari ad avvedersi di carenze, o di vistose falsificazioni, presenti nei giustificativi di spesa. Del resto, anche a voler ipotizzare che al funzionario delegato fosse demandato un controllo puramente estrinseco, si deve ritenere che tale modalità fosse più che sufficiente a rilevare la presenza di documenti di viaggio manifestamente artefatti, per usare l’icastica espressione contenuta nella decisione in rassegna, e così ad impedire la causazione degli illeciti imputata al reclamante. Si deve poi mettere in risalto che la direttiva Omissis (confermata dalla Omissis) demandava al funzionario delegato anche l’autorizzazione ai rimborsi e non è dubbio che il rilascio di un atto di approvazione di spesa postuli sempre il previo accertamento dei requisiti sostanziali e formali della richiesta di rimborso delle spese, oltre che ovviamente, e in primis, dell’autenticità della documentazione presentata. In tale contesto, si deve quindi escludere che l’indebita erogazione dei rimborsi al Omissis, per spese di viaggi da questi falsamente dichiarate e documentate, possa ascriversi a condotte omissive del T..

Massima: La Corte giudica erronea anche l’affermazione della responsabilità del T. con riguardo al capo a) dell’incolpazione nella parte residua dopo il parziale proscioglimento disposto in primo grado, che ha sgombrato dal campo l’ipotesi accusatoria che la nomina a procuratore arbitrale di un narcotrafficante in stato di detenzione fosse imputabile a condotte colpose del Trentalange. Nella sua decisione il TFN ha affermato la colpevolezza del Trentalange sul presupposto che questi fosse a conoscenza della inadeguatezza professionale del Omissis a rivestire quella carica, sotto il profilo della preparazione e del rendimento. A tale conclusione il primo giudice è pervenuto valorizzando il contenuto dell’audizione tenutasi presso la Procura Federale in data 29 novembre 2022 dell’Avv. Omissis, componente della Commissione disciplinare AIA, inerente alla telefonata da questi ricevuta dal T. a seguito di una contestazione formale elevata per iscritto al Omissis, documentata dall’e-mail datata 26 maggio 2018, nella quale il Omissis gli contestava la sinteticità “ai limiti della tautologia” della minuta di delibera da quegli redatta, che avrebbe evidenziato “una sciatteria e una frettolosità” ritenuta tanto inaccettabile da risultare “irriguardosa per gli stessi soggetti a cui vengono comminate sanzioni”. Secondo le dichiarazioni accusatorie del Omissis, pochi giorni dopo l’invio della mail, egli avrebbe ricevuto una telefonata dal T. il quale, riferendo di essere al corrente del suo rimbrotto, “lo invitava ad essere comprensivo nei confronti del Omissis”. Dopo aver osservato che l’acquisita consapevolezza di doglianze circa la preparazione e le qualità professionali del Omissis avrebbe dovuto indurre il T., nell’esercizio del dovere minimale e generale di diligenza, a svolgere accertamenti circa l’effettiva rispondenza del Omissis al profilo della significativa carica che avrebbe dovuto rivestire, la decisione conclude affermando che la causa della nomina del Omissis risiede nell’omissione dei necessari approfondimenti, con conseguente responsabilità del deferito. Alle dichiarazioni del Omissis il TFN ha riconosciuto il valore probatorio proprio della testimonianza, giudicando la deposizione attendibile e non contraddetta da elementi che potessero far dubitare della sua veridicità.  Tuttavia, sin dal primo grado del giudizio, Trentalange ha negato di aver mai fatto la telefonata incriminata, adducendo elementi di carattere logico idonei quanto meno a suscitare dubbi - rimasti irrisolti-  circa il reale occorso. Alla telefonata la Procura Federale ha riconnesso una specifica rilevanza disciplinare, nel senso descritto al capo b) del deferimento, ravvisando in tale fatto il tentativo di condizionare ed interferire nell’attività e indipendenza di un Organo di giustizia sportiva. Sul relativo capo di imputazione è caduta la scure della prescrizione dichiarata dal primo giudice, non essendo emersi agli atti dell’inchiesta precedenti segnalazioni, aventi valore interruttivo, in ordine alla condotta del Trentalange siccome descritta dal Omissis. Va infatti precisato che il Omissis denuncia l’accaduto soltanto nel corso dell’audizione tenutasi presso l’organo inquirente e, in tale occasione, riconosce di non aver mai riferito ad alcuno della telefonata intercorsa con il Trentalange. Ciò, si osserva incidentalmente, nonostante un simile adempimento dovesse ritenersi doveroso in ossequio agli obblighi generali connessi ai profili valoriali enunciati dall’art. 4 CGS, o quanto meno a norma dell’art. 7.3 lett. b) del Codice etico AIA, vigente dal 30 settembre 2011, il quale impone agli associati di segnalare “la violazione di una norma etica, ma anche a segnalare ciò che nella valutazione di ciascuno appaia ragionevolmente tale”. La prescrizione dichiarata dal TFN riguarda ovviamente la specifica violazione contestata, ma non elimina la possibile rilevanza del fatto ai fini di cui si discorre. Nondimeno, la Corte non ritiene necessario procedere alla rinnovazione della prova in conformità alle previsioni dell’art. 60 CGS che afferma il principio della formazione della prova testimoniale in contraddittorio tra le parti nel processo sportivo. Ciò non in ossequio ad esigenze di speditezza del giudizio, da ritenere naturalmente recessive rispetto alla doverosa ricerca della verità processuale, ma più radicalmente perché il tenore delle dichiarazioni del Omissis non consente di pervenire all’affermazione della responsabilità del deferito. Occorre ritornare al contesto in cui è maturata la nomina del Omissis.  La realtà processuale restituisce la storia di un soggetto che da oltre venti anni operava nel mondo AIA con assunzione di diversi ruoli, prima referenti e poi giudicanti, senza che alcuno gli avesse addebitato alcunché. Emblematiche, in tal senso, le dichiarazioni rese il 22 novembre 2022 in fase di indagini, dall’allora Presidente AIA, dott. Omissis, il quale ha confermato che, prima della nomina a Procuratore AIA, non vi fossero doglianze sulla persona del Omissis. Le uniche persone che (come soltanto dopo emergerà) avevano espresso o ricevuto critiche sull’operato del Omissis non hanno portato a conoscenza dei vertici associativi le valutazioni negative.  Omissis ha trasmesso la mail del 28 maggio 2018 al Presidente della Commissione di disciplina, Omissis, il quale trattiene per sé l’informazione, non è dato sapere se per trascuratezza, per quieto vivere o perché riteneva la stessa di scarso rilievo. Sta di fatto che le osservazioni critiche del Omissis rimangono riservate, per riemergere soltanto allorché (nel 2022, a prescrizione maturata) la vicenda Omissis erompe in tutta la sua gravità. Nel corso dell’audizione in Procura Federale del 21 novembre 2022, il collaboratore arbitrale Omissis Omissis riferisce di aver appreso, nel settembre 2021, che Omissis era un impostore. Anche questa informazione, acquisita de relato e come tale priva di alcun valore probatorio, viene confidenzialmente veicolata dal Omissis al Presidente della sezione di Cinisello Balsamo (dove all’epoca era iscritto il Omissis), per poi arenarsi nel più assoluto riserbo. Un unico parere critico specificamente riferito alla nomina nel 2009 del Omissis a componente della Commissione di disciplina nazionale risulta espresso dal sig. Omissis, il quale lamentava di non condividere il metodo di designazione, per non essere stato previamente consultato quale rappresentante della sezione di Modena cui era allora iscritto il Omissis, ma al contempo riconoscendo comunque di non essere a conoscenza “di situazioni discutibili o strane” di rilievo tali “da portare ad un avvicendamento del Omissis”.  Nel 2009 la nomina avvenne comunque all’unanimità e fu confermata ancora all’unanimità per il successivo quadriennio, dal Comitato Nazionale del 20 novembre 2012, non essendo emerse controindicazioni di sorta, nemmeno da parte del Presidente della Commissione di disciplina nazionale presso la quale operava il Omissis, come riferisce Omissis nell’audizione richiamata. Nel Comitato nazionale dell’8 ottobre 2016 il rinnovo dell’incarico fu deliberato ancora una volta all’unanimità. Tutte le dichiarazioni acquisite nel corso delle indagini sono concordi nell’affermare che le nomine avvenivano sulla base di autocertificazioni, senza previ controlli e in assenza di valutazioni critiche sul Omissis, che dopo l’esperienza da procuratore regionale ha potuto così tranquillamente far parte di un organo giudicante AIA per un periodo ultradecennale. 7.4) Così delineato lo scenario complessivo presente nel 2021 all’epoca della nomina del Omissis a procuratore arbitrale, occorre ora soffermarsi sulla vicenda relativa alla telefonata, atteso che l’affermazione della responsabilità del deferito ruota interamente intorno ad essa e ai suoi contenuti. Poniamo pure che la telefonata sia realmente avvenuta, che nel corso della stessa il Trentalange avesse mostrato di essere edotto delle critiche del Omissis e che avesse acquisito consapevolezza che questi aveva censurato una minuta di delibera, redatta dal Omissis in modo tanto superficiale e sintetico da risultare inaccettabile. Le indagini della Procura Federale hanno condotto ad evidenziare questo unico episodio, il quale dimostra, al più, che T. fosse consapevole che da una sola persona e in una sola circostanza si fossero levate valutazioni critiche sulle attitudini professionali del Omissis, non condivise nemmeno dal presidente dell’organo presso cui il Omissis operava (come dichiarato da Omissis). La telefonata risale al 2018, ossia a tre anni prima della nomina del Omissis, periodo durante il quale, come sopra annotato, non è segnalata nessuna ulteriore contestazione. Insomma, nella percezione del T., un’unica valutazione soggettiva per una delibera redatta male, ossia un episodio isolato che, quand’anche noto al T., ben poteva da questi essere considerato alla stregua di un minimo incidente di percorso nella carriera professionale del nominando, schermato dalla prolungata attività professionale precedente e successiva del Omissis risultata priva di altri addebiti e che, da solo considerato, poteva legittimamente giudicarsi non sufficiente a far risaltare controindicazioni o comunque a suscitare nel T. un ragionevole allarme, tale da indurlo – a dispetto di prassi consolidate in AIA - ad esperire approfondimenti istruttori.

Decisione C.F.A. – Sezioni Unite : Decisione pubblicata sul CU n. 0118/CFA del 14 Giugno 2023 (motivazioni) - www.figc.it

Decisione Impugnata: Decisione del Tribunale federale nazionale – sezione disciplinare Com. Uff. n. 172 del 10.05.2023

Impugnazione – istanza: Sig. S.C.D./Procura Federale

Massima: Rigettato il reclamo proposto dall’associato AIA, sanzionato dal TFN con la squalifica per mesi 12 e riformata in peius tale sanzione irrogato allo stesso la squalifica per mesi  24 per la " violazione degli artt. 4, comma 1, e 24 del CGS e 42, comma 3, lett. a) e c), del vigente Regolamento AIA così come integrato quest’ultimo anche dagli artt. 3 comma 2, 4 e 6.1 del Codice Etico e di Comportamento dell’AIA per aver, nel pomeriggio del giorno 23 gennaio 2023 alla vigilia della gara Inter vs Empoli in programma alle ore 20.45 della stessa giornata e per la direzione arbitrale della quale era stato designato l’AE sig. A. R., contattato quest’ultimo associato AIA sulla propria utenza telefonica mobile, anche attraverso le piattaforme di messaggistica istantanea WhatsApp e Telegram, rappresentando allo stesso di fare ogni tanto con un amico <la bolletta scommettendo sulle ammonizioni degli arbitri> (ovvero di scommettere di tanto in tanto sul numero complessivo di ammonizioni comminate durante una determinata gara), dando in tal modo a far intendere al proprio interlocutore di voler conoscere anticipatamente il numero di ammonizioni che lo stesso avrebbe comminato durante lo svolgimento della gara che in serata avrebbe dovuto dirigere (pensando evidentemente di riuscire in tal modo ad assumere informazioni utili al fine di poter giocare una “bolletta” vincente sull’evento sportivo che di lì a qualche ora si sarebbe svolto). Non riuscendo oltre nel proprio intento per il pronto rifiuto opposto dall’AE R. il quale non appena udite le parole del D. provvedeva immediatamente a rispondere a questi con tono stizzito “che cazzo stai dicendo” interrompendo la conversazione, bloccando in entrata il numero di telefono del D. stesso e avvisando da subito dell’occorso, tanto, il Responsabile CAN AB G. R., quanto, l’AE D. O. quale Rappresentante degli Arbitri in attività".,,,Il reclamo è del tutto infondato e va respinto con contestuale inasprimento della sanzione inflitta, ritenuta invero incongrua da questa Corte. Appare opportuno premettere alcune considerazioni in merito al residuo illecito in contestazione, e di cui all'art. 4, comma 1, del CGS e 42, comma 3, lett. a) e c), del vigente Regolamento AIA così come integrato quest’ultimo anche dagli artt. 3, comma 2, 4 e 6.1 del Codice etico e di comportamento dell’AIA. Va subito ricordato che l'art. 42 del regolamento AIA (rubricato "Doveri degli arbitri") precisa, in particolare al comma 3, lett. c), testualmente, che gli arbitri, oltre ai doveri di cui al comma 1, "sono altresì obbligati ...... ad improntare il loro comportamento, anche estraneo allo svolgimento dell’attività sportiva e nei rapporti con colleghi e terzi, ai principi di lealtà, trasparenza, rettitudine e della comune morale, a difesa della credibilità ed immagine dell’AIA e del loro ruolo arbitrale". Inoltre il regolamento etico e di comportamento della stessa AIA precisa: "E ̀ valore irrinunciabile ed imprescindibile di tale attivita ̀,  la correttezza e la lealta ̀ nella vita sportiva come in quella sociale. Il collante tra questi due principi, che allo stesso tempo ne costituisce il fondamento, e ̀ la cultura del “fair play”, valore da applicare non solamente sui campi di gioco ma a cui riferirsi come stile di vita, attraverso il rifiuto dell’inganno e delle astuzie finalizzate al perseguimento di vantaggi e/o profitti non parimenti raggiungibili con le sole proprie capacita ̀ (art. 3, comma 2) ...."Il comportamento dell’Associato deve essere espressione di legalita  ̀ed apparire come tale, deve riscuotere la fiducia e l’affidamento attraverso comportamenti improntati alla dignita ̀ della funzione, alla correttezza ed alla lealta ̀.  I comportamenti, oltre a riferirsi al senso di giustizia, devono essere ispirati alla “virtu  ̀del ben operare (art. 6.1)". Ai principi di lealtà, correttezza e probità in ogni rapporto comunque riferibile all'attività sportiva, opera richiamo altresì l'art. 4, comma 1, CGS, al cui rispetto lo stesso citato art 42 del Regolamento richiama la classe arbitrale tutta. La lettura composita di tali disposizioni chiarisce l'ambito di applicazione delle regole stesse, indicando come gli arbitri siano destinatari - come e più degli altri soggetti indicati dall'art. 2 CGS - dell'obbligo del rispetto dei principi basilari dell'ordinamento sportivo quali prima ricordati, anche in comportamenti assunti fuori dall'attività sportiva in senso stretto (per come precisato da Regolamento e codice etico). È in sostanza un richiamo specifico al comportamento di chi è chiamato ad assumere la veste di giudice, sia pure nell'ambito sportivo, che, come tale, deve improntare a correttezza, rettitudine e morale comune ogni sua condotta, non solo per la sua onorabilità in ragione del ruolo assunto, ma anche per la difesa dell'immagine e della credibilità tutta della categoria cui ha chiesto di appartenere. Il destinatario di tali indicazioni deve apparire, oltre che essere, persona retta e dignitosa in ogni suo fare, mantenendo una condotta costantemente improntata al rispetto della legalità nel rifiuto di ogni azione finalizzata al perseguimento di vantaggi personali non totalmente leciti. Quel richiamo all'apparire evoca le caratteristiche del giudice in quanto tale, che non solo dev'essere indipendente, imparziale e scevro da ogni tipo di coinvolgimento 'opaco', ma deve anche apparire tale all'esterno. Neppure la percezione esteriore del suo fare può rimanere mai soggetta a dubbi sull'eticità della sua condotta…Se il TFN ha ritenuto di parlare di tenore equivoco delle parole del D., dunque, non lo ha fatto per aver valutato con sospetto i ricordi del denunciante, bensì per sottolineare come l'incolpato, nella probabile intenzione di 'coinvolgere' l'interlocutore in un progetto di scommessa 'sicura', aveva iniziato la conversazione - come fa chi vuole saggiare la possibilità di adesione di altri ad un progetto illecito - con un approccio non apertamente dichiarato nei suoi intenti e dunque 'significativamente' equivoco. Ed è per questo che il Tribunale, se da un lato non ha ritenuto raggiunta la prova dell'illecito riferibile all'art. 24 CGS, essendosi palesata solo l'intenzione alla scommessa da parte del D., ha di contro ritenuto pienamente provato il comportamento dello stesso, palesemente improntato a scorrettezza, del tutto lontano da ogni etica o dalla comune morale e privo del rispetto di quei principi richiamati dall'art. 4, comma 1, CGS e dal Codice etico e di comportamento dell'AIA, sottolineando a tal fine, altresì, la vicinanza temporale della telefonata al R. rispetto ad un'importante partita (di serie A) che quello si accingeva ad arbitrare. Come ha ricordato anche il Procuratore federale nel provvedimento conclusivo delle indagini, il codice etico AIA (art. 3, prima citato) impone i valori di correttezza e lealtà nella vita sportiva come in quella sociale, prescrivendone il rispetto costante non solo sui campi da gioco ma anche nello stile di vita, attraverso il rifiuto dell'inganno e delle astuzie finalizzate al perseguimento di vantaggi o profitti non raggiungibili con le sole proprie capacità. E ciò anche a difesa della stessa categoria arbitrale, che da tali comportamenti non può non rimanere danneggiata nella sua immagine. Quando il legislatore richiama questi obblighi nel ricordare i principi dell'ordinamento sportivo, lo fa per creare affidamento e delineare il contesto normativo entro il quale tutta la comunità che ne è destinataria si riconosce ed andrà ad operare. La flessibilità delle clausole generali necessita di un processo di «concretizzazione» che non può che essere operato dall’interprete, chiamato a verificare il rispetto dei doveri di lealtà, correttezza e probità. Nel caso dell’ordinamento sportivo la cosiddetta normativa di correttezza – proprio in considerazione della peculiarità del sistema – non può che riposare sui principi indicati dalle norme di cui alla contestazione, la cui violazione determina necessariamente sanzioni giuridiche. In ambito sportivo, l’ampio e generalizzato consenso che ricevono le clausole generali di lealtà e correttezza si coglie indipendentemente da uno specifico dato normativo, ma viene ribadito dai codici di comportamento e dai regolamenti etici, cui fa eco, appunto, la norma di cui all'art. 4, comma 1 CGS, formulata come clausola di “chiusura” del sistema, poiché evita di dover considerare, nell'ordinamento sportivo, permesso ogni comportamento che nessuna norma vieta e facoltativo ogni comportamento che nessuna norma rende obbligatorio. Non v'è dubbio che l’utilizzo delle clausole generali pone problemi interpretativi di non facile soluzione ed espressioni come “probità”, “correttezza”, “lealtà” appaiono generiche e di difficile concretizzazione, ma la flessibilità di tali definizioni permette il legittimo rinvio alle regole morali e di costume generalmente accettate, così come proprio - per quel che qui maggiormente rileva il Codice etico dell'AIA sottolinea. E l’attenzione a questi principi si estende fino a condotte che si collocano al di fuori dell’attività sportiva strettamente intesa, ove siffatta condotta (pur in astratto lecita) implichi – per il modo in cui la persona si è comportata o per il contesto nel quale ha agito – una compromissione di quei valori cui si ispira la pratica sportiva. È tuttavia certo che sussiste un difetto di giustiziabilità della pretesa punitiva quando manca la fattispecie che consenta di attribuire rilevanza disciplinare ad indubbie violazioni dei principi cardine dell’ordinamento sportivo, ma accadute al di fuori di «ogni rapporto comunque riferibile all’attività sportiva» (cfr. art. 4, comma 1, CGS cui si collega la sanzione). Tale situazione può essere sintetizzata come difetto di giurisdizione (o di competenza) degli organi di giustizia sportiva, ma purché sia chiaro che il difetto di giurisdizione (o di competenza) dipende dal difetto di giustiziabilità della pretesa disciplinare dinanzi agli organi di giustizia sportiva per mancanza di una fattispecie disciplinare sanzionatrice. E se anche si voglia operare con il cosiddetto meccanismo del “combinato disposto”, certamente utilizzabile per desumere una prescrizione attraverso l’integrazione coordinata del contenuto di più norme, il risultato ottenuto non può contrastare con quanto le norme combinate contemplano singolarmente (Corte federale d’appello, SS.UU. n. 98/2022-2023). Ma nel caso di specie ogni dubbio sull'applicabilità della norma richiamata è fugato dall'evidente riferibilità del comportamento del D. all'attività sportiva (sia pure in senso ampio intesa), poiché egli contattò un collega che si accingeva ad arbitrare la partita di serie A Inter-Empoli, e voleva in sostanza cercare di conoscere quante ammonizioni lo stesso avrebbe disposto (per evidentemente accingersi a scommettere sul dato medesimo), a tal fine logicamente confidando in una complicità del suo interlocutore, che invece si ribellò, decidendo di denunciarlo nonostante l'amicizia che lo legava al D. Altra spiegazione logica al suo comportamento non appare possibile. Ne consegue la sicura operatività della previsione dell'art. 4, comma 1, CGS e del regolamento etico AIA (senza che il primo resti 'forzato' dalla ampiezza del secondo), indipendentemente dalla concretizzazione del proposito dell'incolpato e dunque dalla realizzazione degli elementi di cui all'ulteriore fattispecie di cui all'art. 24 del medesimo CGS. Il fatto appare infine oltremodo grave e la sanzione da ritenersi congrua e proporzionata non è certo quella inflitta dal giudice di prime cure. Come già si evidenziava in premessa nella interpretazione delle norme violate indicate nel deferimento, la valutazione del comportamento di un arbitro, quanto ai doveri che dallo stesso si esigono, non può non considerare la sua posizione nell'ambito del sistema sportivo e rilevarne uno status soggetto a maggiori oneri rispetto ad ogni altro destinatario delle clausole generali - prima ricordate - di lealtà, correttezza e probità: egli è, nel sistema, il Giudice, il primo soggetto individuato dall'Ordinamento per la verifica, in gara, della cosiddetta normativa di correttezza, e quindi anche il primo artefice della realizzazione del fine di creare affidamento tra i consociati (e non solo) che l'Ordinamento sportivo tende a perseguire proprio ponendo a base del sistema i richiamati principi, comunemente riassunti dal termine 'fair-play'. Quando è lo stesso arbitro a violare tali principi la reazione dell'Ordinamento è necessariamente più grave. Aggiungasi, per il caso in esame, come anche il comportamento mantenuto dal D. successivamente al fatto appare improntato a pervicace slealtà e scorrettezza: egli, invero, contattando l'A.a, tentò di cancellare le conseguenze della sua condotta 'montando' l'inverosimile tesi di un colloquio frainteso dal R., che altra conseguenza non riuscì tuttavia ad ottenere se non la denuncia anche dell'amico cui si era rivolto, il quale aveva 'significativamente', anch'egli colto l'illiceità delle iniziali vere intenzioni dell'incolpato, palesemente improntate ad ottenere informazioni compiacenti che gli avrebbero permesso scommesse 'sicure'. Dunque i parametri cui riferirsi per la graduazione della sanzione (che la giurisprudenza di questa Corte individua nell'intensità del dolo o grado della colpa, eventuale recidiva, ma anche nel comportamento post factum) non soccorrono il reclamante e le sue invocazioni di una riduzione della stessa, ma conducono, di contro, a ritenere più adeguata e proporzionata alla grave vicenda esaminata la sanzione di mesi 24 (ventiquattro) di squalifica. Al rigetto del reclamo deve dunque aggiungersi tale riforma in pejus della sanzione inflitta in primo grado al D.. 

Decisione T.F.N.- Sezione Disciplinare: Decisione n. 172/TFN - SD del 10 Maggio 2023  (motivazioni)

Impugnazione –  Istanza: Deferimento n. 21154/528pf 22-23/GC/blp depositato in data 9 marzo 2023, nei confronti del Sig. S.C.D. - Reg. Prot. 137/TFN-SD

Massima: Mesi 12 di squalifica a colui che, all’epoca dei fatti era soggetto appartenente all’Ordinamento federale in quanto inquadrato nei ruoli AIA con la qualifica di Arbitro Associativo, per la violazione degli artt. 4, comma 1 e 42, comma 3, lett. a) e c), del vigente Regolamento AIA così come integrato quest’ultimo anche dagli artt. 3 comma 2, 4 e 6.1 del Codice Etico e di Comportamento dell’AIA per aver, nel pomeriggio del giorno 23 gennaio 2023 alla vigilia della gara Inter vs Empoli in programma alle ore 20.45 della stessa giornata e per la direzione arbitrale della quale era stato designato l’AE sig. …., contattato quest’ultimo associato AIA sulla propria utenza telefonica mobile, anche attraverso le piattaforme di messaggistica istantanea WhatsApp e Telegram, rappresentando allo stesso di fare ogni tanto con un amico <la bolletta scommettendo sulle ammonizioni degli arbitri> (ovvero di scommettere di tanto in tanto sul numero complessivo di ammonizioni comminate durante una determinata gara), dando in tal modo a far intendere al proprio interlocutore di voler conoscere anticipatamente il numero di ammonizioni che lo stesso avrebbe comminato durante lo svolgimento della gara che in serata avrebbe dovuto dirigere (pensando evidentemente di riuscire in tal modo ad assumere informazioni utili al fine di poter giocare una “bolletta” vincente sull’evento sportivo che di lì a qualche ora si sarebbe svolto). Non riuscendo oltre nel proprio intento per il pronto rifiuto opposto dall’AE R. il quale non appena udite le parole del D. provvedeva immediatamente a rispondere a questi con tono stizzito “che cazzo stai dicendo” interrompendo la conversazione, bloccando in entrata il numero di telefono del D. stesso e avvisando da subito dell’occorso, tanto, il Responsabile CAN AB G. R., quanto, l’AE D. O. quale Rappresentante degli Arbitri in attività…..Ritiene, invece, il Collegio che non possa dirsi concretizzata, da parte del deferito, la violazione del dettato dell’art. 24 del CGS. Manca agli atti del giudizio la prova che l’AA Defina sia dedito alle scommesse e/o abbia effettivamente scommesso su eventi ufficiali organizzati nell’ambito della FIGC, della FIFA e della UEFA. Non può, infatti, assurgere al rango di prova, tantomeno di confessione, quanto riferito dal sig. R. secondo il quale il D. avrebbe testualmente detto “sai io con un mio amico ogni tanto faccio la bolletta scommettendo sulle ammonizioni degli arbitri” in quanto il riferimento alla “bolletta”, intesa come ricevuta di una puntata di gioco, non trova conferma, tantomeno documentale, in nessuna carta processuale. Inoltre la norma di cui la Procura Federale invoca la violazione, l’art. 24 del CGS, prevede, per i tesserati, il divieto di effettuare o accettare scommesse su eventi ufficiali organizzati nell’ambito della FIGC, della FIFA e della UEFA e di conseguenza sanziona la violazione di detto divieto. Ne consegue che, anche a voler ritenere che il sig. D. volesse effettivamente conoscere quante ammonizioni avrebbe fatto il sig. R. durante la gara per poi effettuare una puntata illecita, non ci sarebbe stata la violazione del divieto fintantoché non ci fosse stata la scommessa effettiva.

Decisione T.F.N.- Sezione Disciplinare: Decisione n. 141/TFN - SD del 27 Marzo 2023  (motivazioni)

Impugnazione –  Istanza: Deferimento n. 16820/367pf22-23/GC/blp del 20 gennaio 2023 nei confronti del Dott. A.T. - Reg. Prot. 116/TFN-SD

Massima: Mesi 3 di inibizione al Presidente Nazionale dell’AIA, per la violazione dell’art. 4, comma 1, del Codice di Giustizia Sportiva, ovvero del dovere, facente capo a ciascun soggetto dell’Ordinamento Federale, di comportarsi in ogni rapporto comunque riferibile all’attività sportiva, secondo i principi di lealtà, probità e correttezza, nella propria qualità di vertice apicale dell’Associazione Italiana Arbitri e, dunque, di soggetto avente, anche nella forma del controllo e della vigilanza, la diretta responsabilità delle nomine dei vertici degli organi di Giustizia AIA, connotate da responsabilità, e della corretta gestione economico, contabile e amministrativa dell’Associazione da esso presieduta ed in particolare: a) per avere omesso di assumere qualsiasi iniziativa, anche la più minimale, in violazione anche dell’art. 8, comma 6, lett. b) del vigente Regolamento AIA, volta e finalizzata ad accertare i reali requisiti professionali e di moralità del sig. D’O.prima della proposta, fatta dallo stesso T., e conseguente nomina da parte del Comitato Nazionale AIA (nel marzo 2021), a Procuratore arbitrale dell’AIA, comportamento omissivo, seguito da quello commissivo di proposta, che ha determinato la nomina del D’Onofrio – con cui il T. aveva un rapporto personale consolidato di vecchia data (era stato infatti lui a segnalarlo al Presidente N.al fine della nomina a componente della Commissione Disciplinare Nazionale il 7 marzo 2009, primo incarico avuto dal D’Onofrio in un Organo di giustizia sportiva) – ad una carica di vertice di un importante Organo di giustizia domestica AIA (Procuratore Nazionale AIA) mentre il nominato era detenuto agli arresti domiciliari presso la sua abitazione di Garbagnate Milanese perché condannato alla pena definitiva di anni 2 e 8 mesi di reclusione e alla multa di 6.000 euro per gravissimi reati concernenti la detenzione di circa 44 Kg. di sostanze stupefacenti…e) per non aver adottato modelli organizzativi idonei a prevenire il compimento – da parte del sig. D’O.– di atti contrari ai principi di lealtà, correttezza e probità in ogni rapporto, in violazione anche dell’art. 32, comma 6, dello Statuto FIGC, e, comunque, per avere omesso di assumere qualsiasi pur minimale iniziativa e verifica, in violazione anche dell’art. 8, comma 5 e del comma 6, lett. g) del vigente Regolamento AIA, rientrante negli obblighi inerenti alla carica di vertice dell’AIA dallo stesso rivestita, quali direttive, ordini di servizio o protocolli operativi che potessero assicurare standard di trasparenza e di correttezza amministrativa, volta e finalizzata all’esecuzione presso l’AIA di un’attività di controllo sui rimborsi delle spese anticipate dai soggetti facenti parte degli Organi della Giustizia sportiva AIA, comportamento che ha agevolato l’attività illecita di D’O., Procuratore Nazionale AIA, il quale – per l’esercizio delle sue funzioni dal mese di marzo 2021 al mese di agosto 2022 – ha presentato richieste di rimborso spese allegando biglietti ferroviari falsificati, e mai emessi dalla società di gestione dei servizi di trasporto, creando un danno economico di rilevante entità alla FIGC e all’AIA stessa; f) per avere comunicato e distribuito, durante il Comitato Nazionale AIA riunitosi a Caltanissetta il 12 novembre 2022, un documento (notizia poi riportata dalla stampa nazionale) recante apparentemente le dimissioni dall’AIA di D’O., datato 9 novembre 2022 e firmato “R.D’O.”, documento inviato dall’account di posta elettronica in uso al fratello del Procuratore Nazionale AIA D’O., senza avere previamente compiuto la benché minima verifica volta e finalizzata ad accertare attendibilità e veridicità del documento e del suo contenuto, quando il sig. D’O.: 1) nella data dell’invio del documento da parte del di lui fratello era già detenuto in carcere perché arrestato il 10 novembre 2022; 2) nella data di apparente firma del documento (9 novembre 2022) si trovava a Roma, presso la sede dell’AIA per svolgere le sue funzioni di Procuratore e ivi non aveva manifestato ad alcuno la volontà di dimettersi; 3) la firma apposta in calce al documento, affatto diversa per forma e fattura, da quelle apposte su altri documenti in possesso dell’AIA e riconducibili al D’O., riporta le parole “R. D’O.”, mentre il Procuratore AIA era solito firmarsi “D’O. R.”; g) per avere, nel corso del Consiglio Federale del 15 novembre 2022, nel quale si discuteva il caso “D’Onofrio”, dinanzi a tutte le Componenti partecipanti al predetto Consesso, reso dichiarazioni non veridiche, perché smentite dalle indagini espletate dalla Procura e dai verbali di dichiarazioni univocamente rese da più appartenenti all’Ordinamento Federale in ordine alla avvenuta acquisizione di un curriculum di D’O. prima della sua nomina a Procuratore AIA, ai titoli di studio e professionali posseduti da quest’ultimo e alle presunte, ma inesistenti, autocertificazioni rese dal medesimo….Con riguardo dunque all’accertamento dei requisiti di moralità per la nomina alla importante carica in seno all’AIA, ritiene il Tribunale che al Presidente T. non possa essere addebitata alcuna omissione disciplinarmente rilevante. È noto infatti che per l’imputazione dell’evento a titolo di colpa per omissione occorra il ricorso a un giudizio controfattuale ipotetico, sulla base del modello probabilistico, che richiede di valutare l’incidenza del comportamento alternativo lecito, ossia se la condotta omessa, ove posta in essere, ne avrebbe impedito, con alto grado di probabilità logica e in assenza di decorsi causali alternativi, il verificarsi (cfr. ex multis Cass. Pen., Sez. IV, 15.09.2022, n. 37193). Nel caso di specie, non si ritiene possa giungersi a una imputazione del descritto evento a titolo di colpa per omissione del T. proprio a causa della straordinaria attitudine mistificatoria che ha evidenziato l’agire del D’O. verso gli Organi e gli Uffici dell’AIA e induce a ritenere che eventuali richieste del deferito finalizzate ad accertare la moralità del proponendo candidato non avrebbero potuto sortire un esito utile a chiarire la situazione. Diversamente, quanto alla mancata verifica dei requisiti professionali, il Collegio ritiene il contestato addebito fondato. È infatti emerso che il Dott. T. fosse a conoscenza della ritenuta inadeguatezza del D’O. a rivestire quella carica, sotto il profilo della preparazione e del rendimento. Ciò emerge da li atti di causa, da cui si desume la consapevolezza dell’odierno deferito della inidoneità di D’O. rispetto all’alta e importante qualifica di cui è controversia. Si pensi, segnatamente, alle dichiarazioni del 29 novembre 2022 dell’Avv. S., componente della Commissione disciplinare AIA, che ha riferito, con coerenza e precisione, della telefonata ricevuta dal T. a seguito di una contestazione formale elevata per iscritto al D’O., documentata dall’e-mail prodotta in atti. In quest’ultima, datata 26 maggio 2018, il S. rilevava la sinteticità “ai limiti della tautologia” della minuta di delibera redatta dal D’O.; delibera che avrebbe evidenziato “una sciatteria e una frettolosità” ritenuta tanto inaccettabile da risultare “irriguardosa per gli stessi soggetti a cui vengono comminate sanzioni”…Di qui la responsabilità del deferito in relazione al capo a). Il Collegio ritiene parimenti fondato il capo e) dell’incolpazione. Risulta, infatti, agli atti di causa che il Dott. T., all’epoca Presidente dell’AIA, non abbia posto in essere alcuna iniziativa tesa ad accertare l’illecita attività del D’O., che ha conseguito importanti rimborsi – agli evidenti danni dell’Associazione – per spese suffragate da biglietti ferroviari falsificati. È, infatti, dimostrata agli atti l’erogazione di somme sine causa, per spese relative a presunte trasferte, giustificate da titoli di viaggio mai emessi dalla Società di gestione dei servizi di trasporto; come è pure pacifica la sussistenza, in capo a soggetti apicali, del dovere di predisporre adeguati modelli organizzativi e di gestione, che consentano – secondo un approccio “risk-based” – di prevenire la verificazione degli illeciti della specie di quelli verificatisi in concreto. Il positivo dettato del Codice di Giustizia Sportiva FIGC, dello Statuto FIGC e del Regolamento dell’Associazione Italiana Arbitri custodisce gli istituzionali doveri gestionali delle cariche di vertice, orientando l’operato di queste ultime in senso conforme ai principi di buona amministrazione. L’articolo 7 del Codice di Giustizia Sportiva fa dei modelli di organizzazione, gestione e controllo paradigmi di buona gestione, che riempiono di contenuti di dettaglio il principio di diligenza qualificata, per come declinato dall’art. 2086, comma 2, del Codice Civile (e, prima ancora, dall’art. 2381, comma 5, e dall’art. 1176, comma 2, dello stesso Codice). Spetta, infatti, ai vertici degli Uffici adottare, in chiave precauzionale, le cautele volte a prevenire i rischi di comportamenti contrari a diritto ed etica sportiva; cautele destinate a tradursi in misure che consentano la mappatura del rischio, in procedure specifiche per le varie fasi decisionali, in adeguati meccanismi di controllo, in un efficace sistema disciplinare interno (si veda, in merito, la decisione Corte Sportiva d’Appello, 6 novembre 2018, n. 46 e, da ultima, la sentenza Corte Federale d’Appello, 13 marzo 2023, n. 80). L’art. 32, comma 6, dello Statuto FIGC bene si inserisce – tanto quanto il precedente art. 7, comma 5 – in tale contesto, prevedendo che l’AIA, nella propria organizzazione interna, adotta “modelli organizzativi idonei a prevenire il compimento di atti contrari ai principi di lealtà, correttezza e probità in ogni rapporto, con particolare riguardo alle attività degli organi tecnici”. Come specifica il richiamato comma dell’art. 32, cit., tali modelli devono contemplare “misure idonee a garantire lo svolgimento di tutte le attività nel rispetto della legge e dell’ordinamento sportivo, nonché a rilevare tempestivamente situazioni di rischio”, “l’adozione di un codice etico, di specifiche procedure per le fasi decisionali, nonché di adeguati meccanismi di controllo volti a rilevare e far sanzionare il mancato rispetto delle misure indicate nel modello”, oltre alla “nomina di un organismo di garanzia, composto di persone di massima indipendenza e professionalità e dotato di autonomi poteri di iniziativa e controllo”. L’art. 8 del Regolamento AIA deve essere letto secondo l’approccio prospettivo che connota i precetti passati in rassegna. Il Presidente Nazionale AIA – secondo il disposto – indica i “principi generali per l’attività tecnica, associativa ed amministrativa dell’AIA, verificandone l’attuazione”, oltre ad adottare, sotto la sua esclusiva responsabilità, tutti i provvedimenti che corrispondono alle sue attribuzioni. L’ampio potere di indirizzo e coordinamento della Presidenza non può non essere orientato secondo i canoni di prevenzione che sottendono il Codice di Giustizia Sportiva FIGC, lo Statuto FIGC e – prima ancora – lo schema di ‘compliance 231’ (d.lgs. 8 giugno 2001, n. 231), il risk assessment che caratterizza il settore della privacy   e – non da ultimo – la novella sugli adeguati assetti di cui al citato art. 2086, comma 2, del Codice Civile (su cui la recente Relazione 15 settembre 2022, n. 87 della Suprema Corte di Cassazione). Che la verifica sull’impiego dei fondi a opera degli Organi direttivi avvenga nel rispetto del Regolamento amministrativo e di contabilità della FIGC (art. 8, comma 6, lett. g), del Regolamento AIA) è, nella descritta ottica, di prioritaria importanza. Il difetto di idonee regole organizzative interne, che prescrivano ex ante procedure puntuali e al contempo disegnino adeguati meccanismi di controllo, non consente la corretta spendita delle risorse dell’Ente, provocando la loro ingiustificata dispersione.

Massima: Per intervenuta prescrizione, prosciolto il Presidente Nazionale dell’AIA, dalla contestata violazione dell’art. 4, comma 1, del Codice di Giustizia Sportiva, ovvero del dovere, facente capo a ciascun soggetto dell’Ordinamento Federale, di comportarsi in ogni rapporto comunque riferibile all’attività sportiva, secondo i principi di lealtà, probità e correttezza, nella propria qualità di vertice apicale dell’Associazione Italiana Arbitri e, dunque, di soggetto avente, anche nella forma del controllo e della vigilanza, la diretta responsabilità delle nomine dei vertici degli organi di Giustizia AIA, connotate da responsabilità, e della corretta gestione economico, contabile e amministrativa dell’Associazione da esso presieduta ed in particolare: b) per aver contattato telefonicamente il Vice Presidente della Commissione Disciplinare Nazionale Avv. A. S.( rectius: S.), il quale, riscontrando negligenza e inadeguatezza professionale in capo al D’O. quale componente della predetta Commissione, aveva invitato quest’ultimo per iscritto a tenere comportamenti più consoni alle funzioni svolte, chiedendogli di non assumere nuove iniziative contro D’O., e così facendo – per proteggere il D’O., al quale era evidentemente legato da consolidato rapporto personale – interferiva con l’attività, le prerogative, l’autonomia e l’indipendenza di un Organo di giustizia sportiva… Quanto al capo b), coglie nel segno l’eccezione difensiva di prescrizione sollevata nella prima memoria difensiva del deferito. Avuto riguardo al momento consumativo della violazione contestata (maggio 2018), è decorso il termine di cui all’art. 40, comma 1, lett. d), CGS, della quarta stagione sportiva successiva a quella in cui è stato commesso l’ultimo atto diretto a realizzare la condotta illecita. Né risultano atti interruttivi in termini ai sensi del comma 2 della citata disposizione. L’apertura dell’inchiesta in relazione allo specifico fatto, riferito a verbale in data 29.11.2022, è infatti da individuarsi nel procedimento di stralcio del 7.2.2023.

Massima: Prosciolto il Presidente Nazionale dell’AIA, dalla contestata violazione dell’art. 4, comma 1, del Codice di Giustizia Sportiva, ovvero del dovere, facente capo a ciascun soggetto dell’Ordinamento Federale, di comportarsi in ogni rapporto comunque riferibile all’attività sportiva, secondo i principi di lealtà, probità e correttezza, nella propria qualità di vertice apicale dell’Associazione Italiana Arbitri e, dunque, di soggetto avente, anche nella forma del controllo e della vigilanza, la diretta responsabilità delle nomine dei vertici degli organi di Giustizia AIA, connotate da responsabilità, e della corretta gestione economico, contabile e amministrativa dell’Associazione da esso presieduta ed in particolare:..c) per avere omesso di assumere qualsiasi iniziativa, anche la più minimale, in violazione anche dell’art. 8, comma 6, lett. b) del vigente Regolamento AIA, volta e finalizzata a controllare il possesso dei requisiti professionali e di moralità necessari per l’attribuzione al sig. D’O.di importanti onorificenze e premi (arbitro benemerito e premio C. L. B.), nel mentre il D’O. era detenuto agli arresti domiciliari in quanto condannato alla pena definitiva di anni 2 e 8 mesi di reclusione ed alla multa di 6.000 euro per gravissimi reati concernenti la detenzione di circa 44 Kg. di sostanze stupefacenti, e conseguentemente proponendo e facendo attribuire al D’O. onorificenze e premi in campo sportivo-arbitrale incompatibili con il suo status di detenuto e, più in generale, con i suoi gravi precedenti penali; d) per avere omesso di assumere ogni e più opportuna iniziativa, anche la più minimale, diretta ad accertare e conseguentemente intervenire, affinché il sig. D’O., che nel corso dello svolgimento dell’incarico di Procuratore dell’AIA (dal marzo 2021 al 10 novembre 2022, data del secondo arresto su ordine della Procura della Repubblica di Milano – DDA), ha partecipato solo a pochissime riunioni in presenza (17 giugno 2021, 1 aprile 2022, 5 settembre 2022) presso la sede della Procura AIA di Roma, Via Campania n. 47, garantisse un contegno diligente e una presenza regolare presso l’Ufficio, come richiesto dal suo ruolo di Procuratore Nazionale AIA, tenuto anche conto della rilevante mole di lavoro (1700 fascicoli l’anno) pendente presso il citato Ufficio…Ritiene il Collegio che la responsabilità del deferito non sussista neppure in relazione alla condotta contestata al capo c) dell’incolpazione. Quanto alla mancata verifica, da parte del Presidente T., del possesso dei requisiti morali prima del conferimento delle onorificenze di Arbitro Benemerito e del Premio C. L. B., vanno richiamate tutte le considerazioni svolte, in relazione al capo di imputazione sub a), circa la possibilità di fondare un rimprovero per colpa all’odierno deferito. Con riferimento invece agli altri specifici requisiti condizionanti l’attribuzione dell’onorificenza e del premio, rileva il Collegio come difetti la prova della loro assenza; prova della quale sarebbe stata onerata la Procura Federale secondo i generali principi che regolano l’onus probandi nel processo sportivo. Parimenti infondato è il capo di cui alla lettera d) dell’atto di deferimento. Va, anzitutto, rilevato il difetto di una precisa regola che imponga al Procuratore Arbitrale Nazionale l’obbligo di svolgere le sue istituzionali funzioni in presenza. A mancare è, altresì, una regola che imponga al Presidente dell’AIA di vigilare sulla presenza in sede del Procuratore Arbitrale Nazionale. Onde configurare una responsabilità omissiva, correlata alla posizione di garanzia della parte, deve ricorrere la precisa configurazione ex ante di un obbligo, previsto in termini tanto puntuali da consentire di prevedere le conseguenze delle omissioni (ad es., Cass. Pen., Sez. IV, 3 dicembre 2020, n. 34344). Difetta, nella specie, obbligo siffatto, oltre a mancare un effettivo nesso di causalità diretta tra gli asseriti risultati negativi dell’Ufficio di Procura e le assenze – nei limiti di cui si è detto sopra – del D’O.. Si appalesano, infine, infondati i capi di cui alle lettere f) e g) dell’atto di incolpazione. Secondo la Procura, il T. dovrebbe essere ritenuto responsabile per aver comunicato e distribuito, durante il Comitato Nazionale dell’AIA del 12 novembre 2022, un documento falsificato recante le apparenti dimissioni dall’Ente del D’O.. Non si vede, tuttavia, come potesse il T. avvedersi della contestata non autenticità del documento, non emergendo agli atti elementi tali da poter incidere sul legittimo affidamento del deferito. Il dato dell’asserita contraffazione della firma non emerge inconfutabilmente dal fascicolo; né si comprende, pertanto, come avrebbe potuto (e dovuto) il T. – secondo il canone di diligenza – rilevare che la sottoscrizione delle dimissioni fosse attribuibile a soggetto altro dal D’O.

Decisione C.F.A. – Sezione I: Decisione pubblicata sul CU n. 107/CFA del 27 Maggio 2021 (motivazioni)

Decisione Impugnata: Decisioni del Tribunale Federale Nazionale – Sezione Disciplinare - Com. Uff. n. 52 del 25.02.2021 e della Commissione Disciplinare presso il Settore Tecnico - Com. Uff. n. 136 del 21 aprile 2021

Impugnazione – istanza:  Procura Federale-sig. S.N.

Massima: Confermata la decisione del TFN che, per mancanza di prove, ha prosciolto l’arbitro dalla violazione degli artt. 4, co. 1 del C.G.S. e 40, co.1 e 3, lett. c) del regolamento A.I.A. per avere tenuto, durante e al termine dell’incontro Ssdarl Chievo Verona Women F.M. vs A.C. Perugia Calcio S.R.L. disputato in data 05.12.2020, valevole per il Campionato nazionale femminile Serie B, stagione sportiva 20/21 e dallo stesso arbitrato, una condotta caratterizzata da un atteggiamento costantemente irriguardoso, scostante e autoritario nei confronti delle calciatrici Clivensi e in particolare del capitano del Ssdarl Chievo Verona Women F.M. Sig.ra V. B.. Più in particolare, per aver: i) nel corso della gara utilizzato espressioni quali “dai alzati non è che devo fischiare ogni volta che cadete”; “stai zitta se no ti butto fuori fino a fine stagione...Esci pulisciti il ginocchio e rientra solo quando te lo dico io”; “stai zitta e vai dentro ”; ii) al termine della gara e dopo essere stato raggiunto dalla calciatrice V. B. che a lui si era avvicinata quale capitano del Ssdarl Chievo Verona Women F.M. al fine di chiedere con garbo ragguagli riguardo al sopra detto atteggiamento irriguardoso da esso tenuto durante tutto lo svolgimento del match e per rappresentargli che avrebbe avuto, invece, il dovere di rapportarsi alle calciatrici con maggior rispetto e utilizzando toni meno duri e perentori, proferito in risposta - con tono brusco e ad alta voce così da rendere udibili nitidamente le sue parole a quanti al momento presenti nelle vicinanze - “io vi sto facendo un favore ad essere qui, non vi devo niente, perché non vorrei essere qui, qui decido io e qui comando io ”. In tal modo dando ad intendere di non essere tenuto, a proprio dire, ad assolvere e attendere alle proprie funzioni con garbo, educazione e soprattutto con il doveroso rispetto della persona altrui.… il Collegio ritiene di dover aggiungere che, come anche rilevato in un passaggio della decisione appellata, le frasi contestate all'arbitro non trascendono la normale conduzione della gara, nel senso che si tratta di espressioni che ineriscono a momenti o situazioni di gioco e che non attingono né l’onore né il decoro dell'atleta che si ritiene offesa. Il contegno irriguardoso scostante e autoritario addebitato al giudice di gara, manifestato con tali frasi, quand’anche così percepito dalla parte offesa, non costituisce dunque espressione di mancanza di lealtà, probità e correttezza, essendo tali frasi compatibili con la direzione di gara di un incontro sportivo che richiede – in via generale - il controllo costante del comportamento dei giocatori e la sanzione delle condotte di gioco scorrette ovvero a loro volta sleali. Una conduzione energica e “di polso” può difatti implicare anche richiami o interventi arbitrali accompagnati da ammonizioni verbali forti ma comunque tali, ove non abbiano un contenuto intrinsecamente offensivo, da rientrare nella ordinaria dialettica di una manifestazione con forte accentuazione agonistica come quella calcistica. Escludendo la rilevanza offensiva delle frasi soprariportate attribuite al direttore di gara, residua l’episodio intervenuto al termine della gara medesima quando, dopo essere stato raggiunto dalla calciatrice V. B. - che a lui si era avvicinata asseritamente al fine di chiedere con garbo ragguagli riguardo al sopra detto atteggiamento irriguardoso dallo stesso mantenuto durante tutto lo svolgimento del match - l'arbitro ha proceduto all'espulsione dell'atleta. Anche il contenuto di questo colloquio non è stato udito chiaramente da terzi e ci sono due diverse versioni sui fatti: quella dell’arbitro, che ritiene di essere stato oggetto di una protesta dai toni offensivi da parte della giocatrice B., e quella di segno opposto fornita da quest’ultima. Ebbene il Collegio ritiene che, pur se la dinamica non è chiara, sembra tuttavia che lo scontro verbale sia stato innescato dalla protesta della giocatrice che, a incontro concluso, ha richiesto al direttore di gara di giustificare il comportamento dalla stessa ritenuto irriguardoso, quando è auspicabile che a partita conclusa i giocatori rientrino negli spogliatoi senza mantenere atteggiamenti inutilmente polemici e conflittuali che contrastano con il fair play sportivo e che possono infiammare le tifoserie.

 

Decisione T.F.N.- Sezione Disciplinare: Decisione n. 136/TFN - SD del 21 Aprile 2021  (motivazioni)  - www.figc.it

Impugnazione - Istanza:  Deferimento n. 9909/429 pf 20-21GC/GT/mg del 15 marzo 2021 nei confronti del sig. S.N. - Reg. Prot. 115/TFN-SD

Massima: Prosciolto per mancanza di prove l’Arbitro Effettivo dalla violazione degli artt. 4 co. 1 del CGS e 40 co.1 e 3 lett. c) del Regolamento AIA per aver, durante e al termine dell’incontro SSDARL Chievo Verona Women FM vs AC Perugia Calcio Srl disputato in data 5 dicembre 2020, valevole per il Campionato Nazionale Femminile Serie B stagione sportiva 2020/2021 e dallo stesso arbitrato, tenuto una condotta caratterizzata da un atteggiamento costantemente irriguardoso, scostante e autoritario nei confronti delle calciatrici clivensi e in particolare del capitano del SSDARL Chievo Verona Women FM sig.ra …i. Più in particolare, per aver: i) nel corso della gara utilizzato espressioni quali “dai alzati non è che devo fischiare ogni volta che cadete”; “stai zitta se noti butto fuori fino a fine stagione...Esci pulisciti il ginocchio e rientra solo quando te lo dico io”; “stai zitta e vai dentro”; ii) al termine della gara e dopo essere stato raggiunto dalla calciatrice …. che a lui si era avvicinata quale capitano del SSDARL Chievo Verona Women FM al fine di chiedere con garbo ragguagli riguardo al sopra detto atteggiamento irriguardoso da esso tenuto durante tutto lo svolgimento del match e per rappresentargli che avrebbe avuto, invece, il dovere di rapportarsi alle calciatrici con maggior rispetto e utilizzando toni meno duri e perentori, proferito in risposta - con tono brusco e ad alta voce così da rendere udibili nitidamente le sue parole a quanti al momento presenti nelle vicinanze - “io vi sto facendo un favore ad essere qui, non vi devo niente, perché non vorrei essere qui, qui decido io e qui comando io”…Ai fini della valutazione delle condotte, è opportuno in via preliminare porre in rilievo che la dichiarazione della “persona offesa”, per essere posta a fondamento della responsabilità del deferito, deve essere valutata in modo rigoroso e con la dovuta cautela, dovendo essere corroborata da un'approfondita indagine circa l'attendibilità delle propalazioni rese e finalizzata a vagliare la credibilità soggettiva del dichiarante e l'attendibilità intrinseca del suo racconto.Con particolare riguardo alla verifica oggettiva, occorre accertare se la narrazione si presenti logica, verosimile e coerente in riferimento ai fatti oggetto di giudizio, alle persone eventualmente coinvolte e alle altre circostanze utili per individuare l'interazione tra soggetto agente e “persona offesa” nonché se le dichiarazioni della “persona offesa” risultino contraddittorie e/o non corroborate da ulteriori elementi e riscontro istruttorio utile. L’esito negativo dell’indagine rende le dichiarazioni di parte offesa insufficienti per l'affermazione della responsabilità del deferito e quindi “liberamente valutabili dal giudice nell'ambito delle complessive risultanze istruttorie”…Infatti, le dichiarazioni delle parti offese (le atlete …) sono state confermate unicamente dalla sig.ra … Presidente della società SSDARL Chievo Verona Women FM che tuttavia ha reso dichiarazioni su fatti alla stessa riportati, ossia sulla base di una conoscenza indiretta presumibilmente fornitale delle stesse calciatrice coinvolte. Trattasi quindi di una c.d. “testimonianza de relato” riguardante fatti e circostanze di cui la dichiarante non ha acquisito conoscenza diretta ma dal racconto di terzi, la cui rilevanza è sostanzialmente nulla. Viceversa, le dichiarazioni della parte offesa risultano sostanzialmente contraddette dalle dichiarazioni degli Assistenti arbitrali …. che hanno riferito di non aver sentito il direttore di gara sig. …rivolgersi in modo ingiurioso o maleducato nei confronti delle atlete e di non ricordare di aver sentito le specifiche frasi addebitate al sig. … Pertanto, le dichiarazioni delle parti offese non sono corroborate da ulteriori elementi e riscontri istruttori indispensabili per fondare un giudizio di colpevolezza del deferito, non essendo emerse condotte tenute dal sig. .. nel corso della gara trascendenti la normale conduzione della partita…. Pertanto, il quadro probatario è caratterizzato dalle dichiarazioni delle parti offese che tuttavia non sono corroborate da ulteriori elementi e riscontri istruttori come detto indispensabili, ma sono contraddette dalle dichiarazioni dell’arbitro e dell’assistente arbitrale … e dai relativi rapporti arbitrali che ai sensi dell’art. 61 del Codice di Giustizia Sportiva: “fanno piena prova circa i fatti accaduti e il comportamento di tesserati in occasione dello svolgimento delle gare”. In definitiva, anche la contestazione dell’addebito concernente il comportamento dell’arbitro al termine della gara non risulta adeguamente provata secondo le coordinate ermeneutiche sopra precisate.

 

DECISIONE C.F.A. – SEZIONE I:  DECISIONE N. 014 CFA del 14 Settembre  2020

Decisione Impugnata:  Decisione del Tribunale federale nazionale n. 173 del 3 agosto 2020, con la quale è stato pronunciato il proscioglimento del deferito sig. G.S., arbitro della gara del campionato nazionale di Lega Pro, Feralpisalò – Vis Pesaro, disputatasi il 15 Dicembre  2019.

Impugnazione – istanza: Procuratore Federale-Sig. G.S..

Massima: Annullata la decisione del TFN  che ha prosciolto, per mancanza di prove, l’arbitro della gara dalla violazione dell’art. 4, comma 1, del CGS, nonché dell’articolo 40, comma 3, lettere a) e c) del regolamento AIA, per aver tenuto, nei confronti del calciatore D. V., tesserato per la Società Vis Pesaro dal 1908 S.r.l., durante la gara Feralpisalò - Vis Pesaro, disputatasi a Salò il 15/12/2019, un comportamento contrario ai principi di lealtà, rettitudine ed immagine dell’AIA e del suo ruolo arbitrale, profferendo al predetto calciatore, al 36° circa del I° tempo del citato incontro, la seguente frase “Ti spacco il culo coglione”» e per l’effetto inflitta la sanzione di mesi 2 di sospensione…Quanto affermato dal Tribunale non può essere condiviso, tanto in fatto, quanto in diritto. Sul piano generale, questo Collegio richiama la consolidata giurisprudenza di settore secondo la quale, nel procedimento disciplinare sportivo, per ritenere ed affermare la responsabilità da parte del soggetto incolpato di una violazione disciplinare non è necessaria la certezza assoluta della commissione dell’illecito, né il superamento del ragionevole dubbio, come richiesto nel processo penale, essendo, invece, sufficiente un grado inferiore di certezza, ottenuta sulla base di indizi gravi, precisi e concordanti, in modo tale da acquisire un ragionevole affidamento in ordine alla sussistenza della violazione contestata (ex multis: CFA n. 19-2015/2016). Tale è anche – com’è noto - l’orientamento del Collegio di garanzia secondo cui (Sezioni Unite n. 63/2018) la ragionevole certezza in ordine alla commissione dell'illecito può essere anche provata mediante indizi, qualora essi siano gravi, precisi e concordanti e la prova del nesso causale tra la condotta dell'agente e la violazione della fattispecie regolamentare può essere raggiunta sulla base della regola della preponderanza del ragionevole dubbio o del più probabile che non (Sezioni Unite 65/2018). Così precisato, dunque, il criterio di valutazione del materiale probatorio applicabile al presente procedimento, il Collegio è tenuto a verificare se gli elementi di prova raccolti consentano di ritenere integrata, secondo lo standard probatorio indicato, le fattispecie di cui alle disposizioni federali e regolamentari contestate al sig. G. S. e, in particolare, consentano di giudicare come sussistente le violazioni dell’art. 4, comma 1, CGS, nonché dell’art. 40, comma 3, lettere a) e c) del regolamento AIA, per aver tenuto, nei confronti del calciatore D. V., tesserato per la società Vis Pesaro dal 1908 s.r.l., durante la gara Feralpisalò - Vis Pesaro, disputatasi a Salò il 15 Dicembre  2019, un comportamento contrario ai principi di lealtà, rettitudine ed immagine dell’AIA e del suo ruolo arbitrale, profferendo al predetto calciatore, al 36° circa del I° tempo del citato incontro, la seguente frase “Ti spacco il culo coglione”. Orbene, questa Corte ritiene, come detto, che, complessivamente valutato il materiale probatorio acquisito al presente procedimento, sia stato raggiunto quel ragionevole grado di certezza in ordine alla sussistenza delle violazioni contestate all’arbitro effettivo G. S. e che, segnatamente, sussista quel livello probatorio che, seppur (forse) inferiore al grado che esclude ogni ragionevole dubbio, è comunque superiore alla semplice valutazione della probabilità.

 

DECISIONE C.F.A. – SEZIONE I:  DECISIONE N. 005 CFA del 9 Settembre  2020

Decisione Impugnata:  Decisione del 22 luglio 2020 emessa dal Tribunale Federale Territoriale del Lazio, pubblicata con C.U. n. 11, motivata con C.U. n. 17 del 24 luglio 2020

Impugnazione – istanza: (Sig. R.C./Procura Federale Interregionale)

Massima: Confermata la decisione del TFNT che ha sanzionato l’arbitro della gara con tre mesi di sospensione per la violazione dell’articolo 4 C.G.S. in relazione all’articolo 40 del Regolamento A.I.A. per condotta violenta posta in essere nei riguardi di un calciatore durante la gara come provato dalla dichiarazioni testimoniali. La tesi argomentativa addotta dalla difesa del R..si fonda sulla propria teoria di “affidabilità” o “non affidabilità” delle dichiarazioni, senza fornire alcuna prova al riguardo. Ciò contrasta con i principi pacifici per cui la verifica dell’attendibilità delle fonti di prova ricade nella attività di valutazione e selezione delle risultanze istruttorie affidata al Giudice di merito, il quale, nel porre a fondamento della decisione una fonte di prova non incontra alcun limite se non quello di indicare le ragioni del proprio convincimento, senza essere tenuto a discutere ogni singolo elemento o a confutare ogni deduzione difensiva (Cass. 1554/2004; 1291272004; 16034/2002). Il convincimento del giudice non può dunque essere sostituito da mere valutazioni di parte, essendogli attribuito un ampio potere discrezionale al riguardo, nel senso che è libero di attingere il proprio convincimento da quelle prove o risultanze di prove che ritenga più attendibili ed idonee alla formazione dello stesso, dovendo il relativo giudizio derivare da una organica e complessiva valutazione nel quadro unitario dell'indagine probatoria (Cass. 10650/2008; 4373/2003; 9504/1987; 6460/1982). Il primo Giudice, dato conto “dell’istruttoria espletata nonché della documentazione prodotta dalla Procura Federale”, e sulla base delle dichiarazioni rese anche dallo stesso R. sulla vicinanza maggiore (Soc. Cecchina) o minore (Soc. Falasche Lavinio) delle due panchine dal luogo del fatto (cfr. pag. 168 fascicolo I grado) – non contestata dal deferito nelle proprie difese del 15 giugno 2020 – ha ritenuto, nel prudente apprezzamento a sé riservato, che “i fatti oggetto del presente procedimento risultano provati e pertanto il deferito merita di essere sanzionato …”, seppur “al netto di alcune difformità tra ipotesi accusatoria e la ricostruzione difensiva”.

DECISIONE C.F.A. – SEZIONE I : DECISIONE N. 118 CFA del 13 Agosto 2020

Decisione Impugnata: Decisione del Tribunale Federale Territoriale pubblicata con Com. Uff. n. 4TFT c/o Comitato Regionale Calabria del 13.07.2020 e comunicata in data 14.07.2020

Impugnazione Istanza: Sig. C.M. - Procuratore Federale Interregionale

Massima: Confermata la sospensione di mesi 4 all’arbitro della gara per la violazione dell’art. 4, comma 1, del Codice di Giustizia Sportiva in relazione all’art. 40, commi 1 e 2 lett. c), del Regolamento A.I.A., per avere violato i principi di lealtà, rettitudine, correttezza e probità, in quanto, durante la gara, insultava entrambi calciatori della società A.S.D. Parghelia Calcio, rivolgendosi loro con le seguenti frasi: “stai zitto! sei solo un codardo” e “vattene affanculo sotto la doccia

DECISIONE C.F.A. – SEZIONE I : DECISIONE N. 117 CFA del 13 Agosto 2020

Decisione Impugnata: Decisione del Tribunale Federale Territoriale del Lazio n.6 del 10.7.2020

Impugnazione Istanza: Sig. C.V. - Procura Federale Interregionale)

Massima: Ridetermina da anni tre a anni due la sospensione all’arbitro della gara: a) essersi rifiutato, al termine della gara, di restituire ai calciatori della Frassati Anagni i documenti; in particolare quello di ….; b) avere aggredito verbalmente e fisicamente il predetto nello spogliatoio; c) avere omesso, nel referto arbitrale, ogni riferimento alla sua condotta nei confronti dell’…; d) avere mentito nel corso della audizione innanzi alla Procura Federale Interregionale; e) non essere comparso innanzi alla CSAT del CR Lazio, benché convocato per ben quattro volte, contravvenendo quindi al preciso obbligo di leale collaborazione con gli organi disciplinari federali.

Decisione T.F.N.- Sezione Disciplinare: Decisione n. 173/TFN del 03.08.2020

Impugnazione - Istanza: Deferimento n. 13856/652 pf19-20/GC/gb del 24.06.2020 nei confronti del sig. G.S. - Reg. Prot. n. 185/TFN-SD)

Massima: Per mancanza di prove, prosciolto l’arbitro effettivo CAN Pro della Sezione AIA di Avezzano, dalla contestata violazione dell’art. 4, comma 1, del CGS, nonché dell’articolo 40, comma 3, lettere a) e c) del regolamento AIA, per aver tenuto, nei confronti del calciatore …, tesserato per la società Vis Pesaro dal 1908 Srl, durante la gara Feralpisalò - Vis Pesaro, disputatasi a Salò il 15.12.2019, un comportamento contrario ai principi di lealtà, rettitudine ed immagine dell’AIA e del suo ruolo arbitrale, profferendo al predetto calciatore, al 36° circa del I° tempo del citato incontro, la seguente frase “Ti spacco il culo coglione”….Il mancato riscontro delle immagini con la cronologia degli accadimenti riferiti dal R. ne minano l’attendibilità. D’altro canto, dalle immagini è dato notare, nel raggio di cinque/otto metri circa dal punto di caduta del V., la presenza di almeno altri sette avversari e di tre compagni di squadra, nessuno dei quali è stato sentito ad eventuale supporto dell’impianto accusatorio. Non risulta sia stato sentito nemmeno l’Assistente Arbitro n. 2, posizionato a non più di dieci metri circa dall’accaduto, non potendosi escludere che se l’Arbitro, come riferito dal R., avesse rivolto “ad alta voce” al V. la frase incriminata, la stessa sarebbe stata sentita da un ben nutrito numero di soggetti. Sono stati invece ascoltati l’allenatore ed il Dirigente Accompagnatore della soc. Vis Pesaro, signori …. Costoro, per vero, hanno riferito di avere sentito solo l’ultima parola della frase (coglione). È invero strano, però, che parte della frase possa essere stata sentita da due occupanti della panchina ospite, collocata orientativamente a non meno di quaranta metri dal punto di caduta, situato nei pressi della linea laterale opposta a quella delle panchine (di norma, la panchina della squadra ospite è collocata a ridosso della linea laterale presidiata dall’Assistente Arbitro n. 1) e, non invece dai calciatori collocati nel raggio di pochi metri. Ma ciò che rende inattendibile quanto dichiarato dagli anzidetti Dirigenti, è che il collaboratore della Procura federale presente sul posto, sig. … nella segnalazione riservata inviata al Procuratore aggiunto (all. 2), riferiva che né lui, né il Delegato di Lega, al momento dell’episodio collocati tra le due panchine, erano “in grado di dare alcuna contezza circa la veridicità di quanto lamentato” dai signori …. Per quanto emerso e riportato, in definitiva, il Collegio reputa che i fatti ascritti al deferito non siano stati provati con sufficiente certezza. La circostanza, ritenuto che al di fuori dei casi di illecito sportivo, per il cui accertamento, secondo consolidata giurisprudenza degli Organi di Giustizia Sportiva, è sufficiente la prova logica, senza che sia richiesta la prova oltre ogni ragionevole dubbio, non consente di accedere all’accoglimento del deferimento, per tale motivo da rigettarsi.

Decisione T.F.N.- Sezione Disciplinare: Decisione n. 171/TFN del 30.07.2020

Impugnazione - Istanza: Deferimento n. 669/791 pf19/20 COV-GC/GT/ag del 14.07.2020 nei confronti del sig. L. V. - Reg. Prot. n. 202/TFN-SD)

Massima: Con il patteggiamento ex art. 127 CGS l’Arbitro della Sezione di Saronno è sanzionato con l’inibizione per giorni 14 con decorrenza dall’inizio della Coppa Italia o del campionato di calcio di competenza per la violazione degli artt. 4, comma 1 (Obbligatorietà delle disposizioni generali) e 37, unico comma, lett. B), (Utilizzo di espressione blasfema) del CGS vigente e dell’art. 40, commi 1, 2 e 3 lett. A, B, e C) (Doveri degli arbitri) del Regolamento Associazione Italiana Arbitri, per avere pronunciato, in occasione della gara ASD Sorrento 1945 – ASD US Agropoli, valevole per il campionato di calcio Serie D, Girone H, disputata in data 05.01.2020 in Sorrento, rivolgendosi all’allenatore dell’ASD Sorrento, sig. …., come confermato dagli altri soggetti in panchina sigg.ri … – presidente - , … – dirigente – e … – calciatore - , la bestemmia: “Porco Dio”, in due occasioni.

DECISIONE C.F.A. – SEZIONE I : DECISIONE N. 75CFA del 17 Giugno 2020

Decisione Impugnata: Decisione del Tribunale Federale Territoriale presso il Comitato Regionale Sicilia pubblicata con il C.U. n. 296 del 11.02.2020

Impugnazione Istanza: Procura Federale Interregionale/Sig. D.C.C.C./Sig. C.A./Sig. G.C./ASD Parmonval

Massima: Accolto il reclamo proposto dalla Procura Federale e, per l’effetto, ridetermina la sanzione applicata al all’arbitro della gara in mesi 18 (diciotto) di sospensione dall’attività per la violazione degli artt. 2, comma 1, 4 comma 1, 28, comma 1, CGS. per avere lo stesso tenuto un comportamento discriminatorio nei confronti del calciatore sollecitato a far riprendere il gioco, aveva proferito nei suoi confronti la frase "dai, negro di merda, puoi giocare". Poco dopo, quasi a fine partita, a seguito di un fallo di gioco, commesso dallo stesso … nei confronti di un avversario, il direttore di gara, nel disporne la immediata espulsione, rispondeva alle proteste dello stesso, dicendo "vai via dal campo, sporco negro"…. Per tale comportamento il calciato sporgeva querela nei confronti dell’arbitro al quale veniva anche applicato il DASPO dall’autorità competente

Massima: Annullata al calciatore la squalifica inflittagli per violazione degli artt. 4, comma 1, 34, e dell’art. 30, commi 2-4 dello Statuto Federale ovvero per aver sporto querela nei confronti dell’arbitro che durante la gara ha proferito nei suoi confronti la frase "dai, negro di merda, puoi giocare". Poco dopo, quasi a fine partita, a seguito di un fallo di gioco, commesso dallo stesso … nei confronti di un avversario, il direttore di gara, nel disporne la immediata espulsione, rispondeva alle proteste dello stesso, dicendo "vai via dal campo, sporco negro". Annullata pertanto anche alla società la penalizzazione di punti 3 in classifica da scontarsi nel Campionato Juniores (Under 19) nella corrente stagione sportiva e l’ammenda di € 1.000,00 inflitta alla reclamante per violazione dell’artt. 6, comma 2, CGS in quanto…Se infatti non sussistono, per le ragioni sopraesposte, gli addebiti mossi al calciatore e al dirigente della società, non sussiste altresì la violazione di cui all'art. 6, comma 2 CGS, imputata alla società a titolo di responsabilità oggettiva…….Ebbene, il Collegio, pur consapevole che sulla questione dell’applicazione dell’art. 30, comma 4, dello statuto Federale alle vertenze penali esistono notevoli oscillazioni (si vedano per tutte CGF, sez. IV, n. 37-2010/2011 e CGF, sez. un. n. 41-2013/2014) e distinzioni basate sulla natura dei reati denunciati, ritiene che nella specie, indipendentemente dalle suddette oscillazioni giurisprudenziali, l’applicazione della sanzione correlata al mancato conseguimento dell’autorizzazione da parte del giocatore successivamente sanzionato non costituisca corretta applicazione della suddetta norma statutaria. E ciò per le seguenti ragioni. In primo luogo va osservato e chiarito che dalla generica formulazione dell’addebito disciplinare al Colley sembra potersi desumere che il calciatore non abbia ottenuto l’autorizzazione a presentare la denuncia querela e ciò senza apparentemente discernere tra l’ipotesi in cui la stessa autorizzazione non fosse stata richiesta e quella in cui l’autorizzazione fosse stata richiesta e rifiutata. E tale distinzione rileva perché, nella specie, non si versa nella prima ipotesi ma nella seconda, come risulta dalla nota del 19 Luglio 2019 con cui la segreteria federale comunica al sig. Colley che “esaminata la richiesta di autorizzazione ad adire le vie legali, non si concede, allo stato, l’autorizzazione ai sensi dell’art. 30 comma 4 dello Statuto Federale, in quanto a tutt’oggi, sulla vicenda, risultano pendenti procedimenti di giustizia sportiva da parte della Procura Federale.”. Per cui la questione che il Collegio deve dirimere non si incentra sulla astratta sanzionabilità della condotta trasgressiva della menzionata norma statutaria, riferita al caso di chi non richieda l’autorizzazione preventiva, quanto piuttosto sulla possibilità o meno, data agli organi federali, di paralizzare l’azione penale con una decisione, assunta sulla richiesta di autorizzazione, che possa dirsi congruamente e correttamente motivata. E poiché la ratio della norma statutaria che costituisce il vincolo sportivo, come ritiene la stessa giurisprudenza sopramenzionata, è quella di consentire o meno di adire la giustizia penale in funzione della natura del reato denunciato e quindi della sua perseguibilità d’ufficio o a querela di parte e comunque di distinguere tra situazioni che possono trovare un’adeguata protezione ed essere sanzionate nell’ambito della giustizia sportiva e reati che possono trovare la loro sanzione solo nel processo penale, è evidente che nella specie occorre stabilire se la motivazione del rigetto della domanda di autorizzazione ad adire l’autorità giudiziaria ordinaria del calciatore …. fosse o meno contraria alla ratio della norma statutaria. Il punto nodale della questione, per meglio ribadire il concetto, non è quindi se la norma che prevede l’autorizzazione federale è in sé illegittima o contraria a norme dell’ordinamento generale, perché come si è chiarito quella norma rinviene la sua ratio nella tutela dell’autonomia del processo sportivo e dunque in astratto essa è legittima sino a che quella ratio non tradisca, quanto piuttosto quella di stabilire se la violazione di detta norma possa giustificare una sanzione disciplinare per un comportamento  – la presentazione di una denuncia penale – che costituisce esercizio di un diritto incomprimibile e non suscettibile di compromissione ove esercitato da parte di un cittadino che abbia subito (a causa o in occasione di un evento sportivo), la lesione di un diritto personalissimo per effetto di un fatto costitutivo di reato, ovvero per tale denunciato. E quindi stabilire se l’autorizzazione oggetto di diniego negata sia legittima in quanto rispettosa della sua ratio e costituisca esercizio corretto della sottostante funzione. Il che equivale a dire che la norma dello Statuto che regola e subordina all’autorizzazione degli organi federali l’accesso alla giustizia ordinaria civile o penale, per essere correttamente applicata deve discernere tra le situazioni che possono trovare tutela e sanzione esclusivamente nell’ambito dell’ordinamento sportivo e quelle che, per l’interesse generale annesso alla repressione dei reati, non possono che essere affidate a un giudice diverso da quello sportivo. Orbene, il diniego opposto al … con la formula che ”a tutt’oggi, sulla vicenda, risultano pendenti procedimenti di giustizia sportiva da parte della Procura Federale”, nella misura in cui si risolve in un rigetto apodittico o comunque erroneamente motivato dell’autorizzazione richiesta dal calciatore, comporta all’evidenza la lesione dei diritti individuali indisponibili sanciti dalla Costituzione (art. 3, 24 e 102) nonché della normativa ordinaria (art. 1 l. 280/2003) secondo cui “i rapporti tra l’ordinamento sportivo l’ordinamento della Repubblica sono regolati in base al principio di autonomia, salvi i casi di rilevanza per l’ordinamento giuridico della Repubblica di situazioni giuridiche soggettive connesse con l’ordinamento sportivo”. E d’altra parte nella specie, non solo è evidente la gravità delle condotte denunciate dal …, sia in sede disciplinare che penale, ma tutto ciò è anche implicito nel fatto che l’azione penale è stata effettivamente intrapresa e che pende nei confronti dell’arbitro … un giudizio penale dinanzi al Tribunale di Agrigento, che si aggiunge al DASPO inflitto dall’Autorità amministrativa e allo stato non sospeso (dal T.A.R.) né caducato in sede di ricorso amministrativo al Prefetto. Né rileva, infine, la proposta di archiviazione della denuncia, trasmessa con l’ultima memoria dal difensore del … – di cui si è detto sopra - perché ciò che rileva ai fini della irrogazione della sanzione al … non è l’accertamento della colpevolezza del soggetto denunciato, quanto il fatto che in astratto ci fossero i presupposti per adire il Giudice penale. Ne consegue che la sanzione irrogata al calciatore … per aver violato la sopramenzionata norma statutaria è illegittima e va annullata perché l’addebito contestato non sussiste.

DECISIONE C.F.A. – SEZIONE IV : DECISIONE PUBBLICATA SUL C.U. N. 031/CFA DEL 25 Novembre 2019 C.U. 073CFA con riferimento al COM UFF 073/CFA del 06.02.2019

Decisione Impugnata: Delibera del Tribunale Federale Territoriale c/o Comitato Regionale Sicilia - Com. Uff. n. 179/TFT 18 del 21.11.2018

Impugnazione Istanza: RICORSO DEL SIG. D.A.R.S. (ASSOCIATO AIA DELLA SEZIONE DI TRAPANI) AVVERSO LA SANZIONE DELLA SOSPENSIONE PER MESI 6 INFLITTA AL RECLAMANTE PER VIOLAZIONE DELL’ART. 1 BIS, COMMA 1 C.G.S., IN RELAZIONE ALL’ART. 40, COMMI 1, 2 E 3 REGOLAMENTO AIA SEGUITO DEFERIMENTO DEL PROCURATORE  FEDERALE  NOTE  2402/1362  PFI  17-18  CS/PS  DEL  12.9.2018  E 3821/1362 PFI 17-18 CS/PS DEL 19.10.2018 ()

Massima: Confermata la decisione del TFT che ha sanzionato l’associato AIA con la sospensione per mesi 6 inflitta per violazione dell’art. 1 bis comm1 cgs in relazione all’art, 40 commi 1 e 2 e 3 del regolamento Aia, a causa di un filmato pubblicato dallo stesso su Youtube ove mostra l'ostentazione   del   danaro  è idoneo a generare un allarme sociale che oggettivamente mina i principi di lealtà, correttezza e probità che ogni  tesserato  deve  rispettare  in  ogni  rapporto  comunque  riferibile  all’attività  sportiva  in quanto in questi si mostra

DECISIONE C.F.A. – SEZIONE III : DECISIONE PUBBLICATA SUL C.U. N. 5/CFA del  10/07/2019 motivi con riferimento al COM. UFF. N. 124/CFA del 28 Giugno 2019

Decisione Impugnata: Delibera del Tribunale Federale Nazionale – Sezione Disciplinare - Com. Uff. n. 39/TFN del 17.12.2018

Impugnazione Istanza: RICORSO DEL SIG. D.A.R. (ALL’EPOCA DEI FATTI AB COMPONENTE DEL  COMITATO NAZIONALE AIA) AVVERSO LA SANZIONE DELL’INIBIZIONE PER MESI 12 INFLITTA AL RECLAMANTE PER VIOLAZIONE DI CUI AGLI ARTT. 1 BIS, COMMA 1, C.G.S. E 40, COMMI 1 E 3 LETT. B) E C) REGOLAMENTO AIA  SEGUITO  DEFERIMENTO  DEL  PROCURATORE  FEDERALE  NOTA  3641/1228  PF  17-18  GP/GT/AG  DEL

16.10.2018

Massima: Annullata per mancanza di prove la decisione del TFN che aveva sanzionato l’arbitro benemerito  per la violazione degli artt. 1-bis, comma 1,C.G.S. e 40, commi 1 e 3, lett. b) e c) del Regolamento A.I.A. per l’invio di una mail offensiva diretta ad altro arbitro…Principio fondamentale del processo civile, cui, in caso di lacune normative, rinvia il Codice di Giustizia Sportiva F.I.G.C. (art. 2, comma 6, C.G.S.), è quello secondo il quale l’onere probatorio ricade sul soggetto che agisce per la tutela di un diritto di cui lamenta la lesione (onus probandi incumbit eius qui dicit – art. 2697 c.c.); tale principio è da ritenersi ancor più valido nei casi in cui – come nel presente giudizio – dall’accertamento della violazione del diritto consegue l’irrogazione di una sanzione, dovendosi ritenere applicabile in tutti i giudizi sanzionatori il principio della presunzione di innocenza (art. 27, comma 2, Cost.). Nel caso di specie, deve ritenersi che la Procura federale non abbia assolto a tale onere. Dalla lettura degli atti emerge che la mail contenente le offese al ….non è firmata e non consente di risalire all’indirizzo mail dal quale è stata spedita, rendendo, quindi, impossibile l’individuazione dell’autore. L’indirizzo mail riconducibile al … (...@alice.it) compare solo nelle mail allegate alla prima. Tuttavia, a prescindere dalle risultanze emergenti dalla documentazione prodotta dal ricorrente nella  riunione del 6.2.2019  (che provano sia l’indebito accesso a caselle postali sia la sottrazione di mail di altri soggetti coinvolti nella vicenda), documentazione relativa a soggetti estranei al presente giudizio seppure coinvolti nella medesima vicenda, la circostanza che l’allegato ad una mail possa essere modificato nei suoi contenuti costituisce fatto notorio e non contestato. In altri termini, non vi è alcuna prova che le frasi incriminate siano state scritte dal ricorrente perché in atti non vi è alcuna mail proveniente direttamente dal suo indirizzo mail, ben potendo l’anonimo autore della mail inviata al N. aver provveduto ad alterare il contenuto delle mail allegate. Pertanto, non vi alcuna prova che le frasi incriminate siano state scritte dal ricorrente.

Decisione T.F.N.- Sezione Disciplinare: Decisione pubblicata sul C.U. n. 57/FTN del 17 aprile 2019

Impugnazione - Istanza: DEFERIMENTO DEL PROCURATORE FEDERALE A CARICO DI: R.S.(Arbitro Benemerito della Sezione A.I.A. di Latina) - (nota n. 8678/192 pf18-19 MS/vdb del 14.2.2019).

Massima: È infondata l’eccezione sollevata dal deferito sulla incompetenza di questo Tribunale e sulla competenza della Commissione di Disciplina dell’AIA. Ai sensi dell’art. 3 del Regolamento AIA “gli arbitri sono sottoposti alla potestà disciplinare degli organi di giustizia della FIGC per le violazioni delle norme federali” (comma 1 - art. cit.) e “sono invece sottoposti alla giurisdizione domestica dell’AIA per la violazione degli obblighi associativi specificatamente disciplinati dall’art. 40, commi terzo e quarto, del presente regolamento e per la violazione delle norme secondarie interne, purché le questioni non riguardino in alcun modo altri tesserati o società della FIGC” (comma 2 - art. cit.). Appare pertanto di tutta evidenza che la violazione ascritta allo … rientra nella fattispecie del comma 1 dell’art. 3 cit., con conseguente piena competenza di questo Tribunale a conoscere e decidere il presente deferimento.

Massima: L’arbitro Benemerito è sanzionato con l’inibizione di giorni 20  per la violazione degli artt. 1 bis comma 1 CGS - FIGC e 1 del Regolamento AIA, “perché in data 19.3.18 telefonava all’arbitro effettivo …. della Sezione AIA di Latina, durante il procedimento disciplinare aperto nei suoi confronti dalla Procura Nazionale AIA, per chiedergli cosa avesse scritto e da chi gli era stato richiesto, con riferimento alla lettera scritta dallo stesso Farina ed inviata al presidente della sezione AIA e da quest’ultimo poi trasmessa alla Procura Nazionale AIA” (virgolettato il testo integrale del deferimento).

Decisione Collegio di Garanzia dello Sport - C.O.N.I. –  Sezione Prima: Decisione n. 15/2019 del 20 febbraio 2019

Decisione impugnata: Delibera della Commissione di Disciplina d'Appello dell'AIA n. 007 del 19 luglio 2018, ricevuta dallo stesso sig. Pigiani in data 20 agosto 2018, di rigetto dell'appello avverso la decisione della Commissione Disciplina Nazionale AIA n. 28 del 23 aprile 2018, con cui è stato irrogato, nei confronti del ricorrente, il provvedimento del ritiro della tessera, per la violazione dell'art. 40, commi 1 e 3, lett. a), del Regolamento AIA e di altre disposizioni dello stesso Regolamento.

Parti: P. P./Associazione Italiana Arbitri/Federazione Italiana Giuoco Calcio

Massima: Riformata la decisione solo in relazione alla gravità della sanzione irrogata, che va determinata in base ai criteri di graduazione e progressività (nonché considerando il giudizio di sostanziale irrilevanza delle altre incolpazioni - sub. “C” e “D” con conseguente rinvio alla Commissione di merito, che provvederà, in via definitiva…… va innanzitutto ricordato come questo Organo di Giustizia si sia già pronunciato (cfr. decisione n. 25/2018, ex multis) sulla possibilità di delibare anche in ordine a ciò che solo in apparenza sembra riservato ad ambiti discrezionali e, come tale, sottratto alla giurisdizione del Collegio di Garanzia. Invero, non v’è dubbio che l’applicazione delle norme regolanti l’irrogazione di sanzioni disciplinari non soggiace solo a criteri di discrezionalità, ma anche a criteri di legalità, che sono, appunto, verificabili e scrutinabili da questo Giudice. Del resto, dalla stessa gradualità e progressività delle sanzioni disciplinate dall’art. 54 del Regolamento dell’AIA si evince una regola ineludibile e perfettamente coerente con i principi generali e ordinamentali, in termini di parità di trattamento, lealtà e correttezza, che costituiscono vere e proprie norme da rispettare nella irrogazione delle sanzioni. Perciò, dovendo il Collegio di Garanzia limitarsi alla critica della decisione gravata, la quale, rimasta sul punto non impugnata dalle parti resistenti, ha individuato l’addebito in un comportamento di pericolo, non sembra che possa attuarsi tout court una equiparazione della gravità di una siffatta probabilità, rispetto al caso in cui l’illecito sia stato effettivamente posto in essere (in relazione, ad esempio, all’obbligo di verità che governa la materia contabile). Se, in tal caso, invero, ben potrebbe irrogarsi la sanzione più grave, non può che conseguirne l’obbligo di graduare la sanzione disciplinare rispetto ad irregolarità più tenui. Né può esservi dubbio sulla circostanza che i fatti addebitati al P. nulla abbiano a che vedere con i casi di falsità di bilancio, quali si riscontrano in presenza di un scollamento tra la reale situazione economico-finanziaria di una Associazione (come di una sezione AIA e, a maggior ragione, di una Federazione) e la rappresentazione contabile di quegli stessi eventi economico- finanziari rilevanti ed inerenti la gestione dell’ente (associazione, società, ecc.). In proposito, anche a voler escludere il versarsi in fattispecie di operazioni non inerenti la contabilità obbligatoria, non sfuggirà certo che la graduazione della pena è regola presente nel nostro ordinamento anche nella fattispecie tipica delle false comunicazioni sociali (art. 2621 c.c.), in relazione alla quale, oltre a richiedersi la ricorrenza di presupposti quali il dolo, il profitto personale, il danno (tutte prospettazioni rimaste estranee al contenzioso che qui occupa - salvo forse la possibilità di configurare una lesione all’immagine dell’AIA -), è prevista, dagli artt. 2621bis e 2621ter c.c., la significativa riduzione della pena e perfino la non punibilità, in caso di lieve entità dei fatti ascritti e/o di lieve entità del danno. Per converso, neppure può mandarsi “assolto” il P. dalle incolpazioni ascrittegli. Non v’è dubbio, infatti, che la movimentazione finanziaria verificatasi, ancorché non direttamente rilevante ai fini della contabilità sezionale (e, quindi, ai fini propri di rendere del tutto conforme a verità la situazione patrimoniale della sezione stessa), nondimeno imponeva che di essa vi fosse adeguata trasparenza. Viene in rilievo, invero, che la riscossione dei contributi in questione, seppur demandabile ad un referente esterno rispetto alla struttura organizzativa sezionale, avveniva di fatto per mezzo del Presidente e/o del Tesoriere, e ciò avrebbe imposto l’istituzione di una contabilità separata, così da consentire, a chiunque avesse voluto, di effettuare un controllo atto a scongiurare qualsivoglia dubbio (o illazione) su possibili irregolarità rinvenienti dalla (eventuale) gestione cumulativa dei fondi propriamente sezionali, con quelli “raccolti” per far fronte a servizi di utilità individuale. Insomma, è certamente deprecabile che presso la sezione AIA di Rimini vi fosse una prassi di gestione di danaro, di cui gli organi della sezione stessa si rendevano autori, che non trovasse un mezzo di esternazione trasparente (siccome ammissibile e compatibile - cfr. Cass. civ., sez. V, 26/09/2018, n. 22942).

Massima:.….l’abnormità della sanzione irrogatagli, e ciò, innanzitutto in relazione alla tenuità della fattispecie contestata, di cui sostiene, per un verso, la sporadicità e, per altro verso, contraddicendosi, la corrispondenza dei fatti contestati ad una vera e propria prassi. Per quel che attiene al primo aspetto (marginalità del fenomeno), occorre ribadire che non vi è riscontro in atti di tale affermazione, atteso che risultano accertati (mediamente) circa cento casi per stagione sportiva e vi è la dichiarazione di un revisore contabile, il quale afferma che la prassi in questione (riscossione di € 35,00 da ciascun iscritto, in aggiunta alla tassa annuale) risultava - come già innanzi posto in rilievo - anche dal rilascio di ricevute comprensive di entrambi gli addendi, sotto un’unica, generica, descrizione. I testimoni sentiti in sede di merito, confermavano, però, e sia pure non univocamente, che gli € 35,00 venivano versati esclusivamente per accedere ai servizi “extra –polo” (della cui effettiva utilizzazione, peraltro, non risultano riscontri in atti). Ciò detto, in primo luogo, non sembra possa dubitarsi del fatto che il contributo aggiuntivo riscosso fosse una vera e propria prassi consolidata in un arco temporale pluridecennale, nel corso del quale nessun Organo di controllo (Servizio Ispettivo) aveva mai censurato la prassi stessa, né aveva prescritto la sua contabilizzazione, con i correlati costi (al pari, cioè, delle altre poste aventi rilievo finanziario nella contabilità della sezione). Del resto, è la stessa Commissione di Disciplina di Appello che, nel respingere il gravame proposto dal P., dà atto del fatto che l’importo di € 35,00 richiesto e pagato per concorrere ai costi dell’erogazione dei servizi “extra – polo” fosse fatto tenue ed effettivamente da correlarsi alla sua dichiarata destinazione, salvo ritenerne la rilevanza ai fini dell’irrogazione della più grave delle sanzioni disciplinari, in considerazione del fatto che gli associati avvertivano essere il versamento di detto importo come un obbligo. Pertanto, secondo il Giudice di secondo grado, il non aver dato evidenza in contabilità a dette somme dava corpo ad una “situazione di pericolo”, lasciando intravedere il rischio di “indebiti ben più gravi” rispetto ai quali “il bene giuridico tutelato è costituito dalla finalità di prevenzione”. Tale ritenuta presunzione sembra, però, smentita dalla circostanza della costante, ma mai dilatata pratica, in effetti “stabilizzatasi”, dovendosi, perciò, constatare la mancata emersione di fatti più gravi nel lungo periodo. Né è spiegato, nella decisione impugnata, il governo delle circostanze aggravanti che è, invero, soggetto all’obbligo di motivazione (Cfr. art. 7 Norme di Disciplina). Avviene così che occorre valutare l’adeguatezza della sanzione irrogata alla fattispecie contestata.

Decisione T.F.N.- Sezione Disciplinare: Decisione pubblicata sul C.U. n. 39/FTN del 17 Dicembre 2018

Impugnazione - Istanza: DEFERIMENTO DEL PROCURATORE FEDERALE A CARICO DI: D.A.R. (all’epoca dei fatti AB Componente del Comitato Nazionale AIA) - (nota n. 3641/1228 pf17-18/GP/GT/ag del 16/10/2018).

Massima: L’arbitro, componente del Comitato Nazionale AIA è sanzionato con mesi 12 di inibizione per la violazione degli artt. 1 bis co. 1 del CGS e 40 co. 1 e 3 lett. b) e c) del vigente Regolamento A.I.A., per avere, nell’intrattenere con altri (10) associati A.I.A. una corrispondenza via mail, avente quali oggetto e tematica prevalenti lo svolgimento di considerazioni e commenti personali in merito alle elezioni per il rinnovo della carica di Presidente del C.R.A di Acireale (per il quadriennio 2016/2020), in programma nel mese di Giugno dell’anno 2016, gravemente leso l’onore, il prestigio e il decoro di altri associati A.I.A. e per l’effetto, più in generale, anche quelli propri dell’Istituzione arbitrale nel suo complesso intesa; in specie, per aver nel corpo di talune di siffatte mail, quali risultate tutte inviate dalla casella di posta elettronica ro.da56@alice.it - allo stesso direttamente riconducibile (in assenza, tra l’altro, di qualsivoglia concreta ed effettiva evidenza tale da fare anche solo presumere l’avvenuta manipolazione e/o alterazione esterna ad opera di terzi di siffatta casella di posta elettronica) - usato espressioni gravemente diffamatorie e offensive nei confronti di taluni associati A.I.A. appartenenti alla Sezione A.I.A. di Acireale e come tale aventi diritto al voto per il rinnovo della Presidenza di quest’ultima (fra i quali, in particolare, gli A.B. sig.ri Nicolosi, Finocchiaro, Fiorito e Vigo), rivolgendo all’indirizzo degli stessi i  seguenti epiteti:  “giuda”,  “latrinari”, “veri mafiosi”,  “cadaveri  viventi”, “gente  senza prospettiva futura”, “lavativi cronici”, falsi traditori”, “futuri morituri”…Detto comportamento lesivo risulta in particolare dal corpo di talune mail, risultate tutte inviate dalla casella di posta elettronica ...@alice.it - al …. direttamente riconducibile, ove emergono le espressioni gravemente diffamatorie e offensive riportate nel deferimento rivolte nei confronti di taluni associati A.I.A. appartenenti alla Sezione A.I.A. di Acireale e come tale aventi diritto al voto per il rinnovo della Presidenza di quest’ultima. Le predette mail, seppur non destinate ad una pubblicazione, come ancora correttamente afferma la Procura, si appalesano per la loro obiettiva offensività come travalicanti il legittimo esercizio di critica e diritto di opinione, e dunque, integrano la violazione delle predette norme sportive.

Decisione Collegio di Garanzia dello Sport - C.O.N.I. –  Sezione Prima: Decisione n. 69 del 12/10/2018

Decisione impugnata: Decisione di cui alla delibera n. 44 del 20 febbraio 2018, comunicata in data 10 marzo 2018, assunta dalla Commissione di Disciplina d'Appello della Associazione Italiana Arbitri (AIA -  FIGC), con la quale, nel respingere il ricorso promosso dal medesimo sig. S. contro la decisione di primo grado (delibera n. 19 del 27 novembre 2017 della Commissione di Disciplina Nazionale - CDN), è stata confermata la sanzione della sospensione per mesi 5, dal 27 novembre 2017 al 26 aprile 2018, per la violazione dell'art. 40, commi 1 e 3, lett. a), del Regolamento dell'AIA, in relazione alla violazione degli oneri di amministrazione e gestione della Sezione AIA di competenza, nonché per l’annullamento di ogni altro atto connesso, presupposto, collegato e/o consequenziale.

Parti: L. S./Associazione Italiana Arbitri

Massima: Confermata la decisione della Commissione di Disciplina d'Appello AIA che ha inflitto 5 mesi di sospensione all’associato per le violazioni: i) dell’art. 40, comma 3, lett. a), del Regolamento dell’AIA in relazione all’art. 11 del  Regolamento Amministrativo delle Sezioni, per non aver consuntivato a bilancio nell’esercizio 2015 i lavori extra di ristrutturazione della nuova Sezione AIA di Milano;  ii) dell’art. 40, comma 3, lett. a), del Regolamento dell’AIA in relazione all’art. 7 del  Regolamento Amministrativo delle Sezioni, per non aver previsto a bilancio nell’esercizio 2016 i lavori extra di ristrutturazione della nuova Sezione AIA di Milano; iii) dell’art. 40, comma 3, lett. a), del Regolamento dell’AIA in relazione all’art. 16, comma 4, del Regolamento Amministrativo delle Sezioni, per aver reso al Comitato Nazionale la rendicontazione finanziaria dei costi di manifestazioni rilevanti (cena di Natale 2015) oltre il termine di trenta giorni dalla manifestazione della stessa;  v) dell’art. 40, comma 3, lett. a), del Regolamento dell’AIA in relazione all’art. 5 e 6.1 del  Codice Etico dell’AIA, per aver mancato in trasparenza, correttezza e probità nella gestione del rapporto contrattuale intercorso con la ditta E., esecutrice dei lavori extra eseguiti nella sede della nuova Sezione AIA di Milano dal luglio 2015 a metà novembre 2015, ma pagata, solo dopo aver ricevuta la richiesta di pagamento del 1 gennaio 2016, a fare data dal 20 novembre 2016 con ultima datazione al 30 aprile 2017, secondo un piano di rientro originariamente non previsto; con l’aggravante di cui all’art. 7, comma 4, lett. a), delle Norme di Disciplina, rivestendo l’incolpato la qualità di Presidente di Sezione….In ordine alla dedotta “Illegittimità per violazione delle norme di condotta ed erronea applicazione delle norme di tenuta della documentazione contabile e di redazione dei bilanci”, l’odierno Collegio deve rilevare la violazione dell’art. 59, terzo comma, del Codice della Giustizia Sportiva CONI in tema di contenuto del ricorso, da intendersi in combinato disposto con l’art. 54, primo comma, in ordine alla competenza del Collegio di Garanzia dello Sport e con il principio integrativo di cui all’art. 2, comma 6, del Codice medesimo. Invero, le prime due tra le norme appena citate rappresentano, sotto differente angolazione, un univoco principio di diritto teso a circoscrivere l’attività di scrutinio del Giudice di legittimità in ambito sportivo, anche mediante la formulazione di un ricorso che - sulla scorta del suppletivo richiamo ai principi processuali del rito civile e, nello specifico, alle norme di cui al Titolo III, Capo III, relative al ricorso per Cassazione - sia aderente al principio di c.d. “autosufficienza”, mutuato dall’art. 366 c.p.c.. Il superiore principio, di chiara matrice giurisprudenziale, impone al ricorrente la proposizione di un’impugnativa i cui motivi, ex art. 360 c.p.c., siano chiaramente esposti in seno al ricorso, unitamente alle specifiche norme di diritto che si intendono violate, mediante l’indicazione e deduzione dell’error in iudicando in cui sia eventualmente incorso il Giudice d’appello. In argomento, recente giurisprudenza di legittimità ha, infatti, sancito che “il vizio della sentenza previsto dall’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., dev’essere dedotto, a pena d’inammissibilità del motivo giusta la disposizione dell’art. 366, n. 4, c.p.c., non solo con l’indicazione delle norme che si assumono violate ma anche, e soprattutto, mediante specifiche argomentazioni intellegibili ed esaurienti, intese a motivatamente dimostrare in qual modo determinate affermazioni in diritto contenute nella sentenza impugnata debbano ritenersi in contrasto con le indicate norme regolatrici della fattispecie o con l’interpretazione delle stesse fornite dalla giurisprudenza di legittimità, diversamente impedendo alla corte regolatrice di adempiere al suo compito istituzionale di verificare il fondamento  della lamentata violazione” (cfr. Cass. Civ., Sez. I, n. 24298 del 29 novembre 2016).  Sull’indicazione dei motivi di cui al già citato art. 59, terzo comma, lett. d), del Codice della Giustizia Sportiva - che a sua volta richiama il contenuto dell’art. 12bis, comma secondo, dello Statuto CONI, il quale enumera due esclusivi motivi di ricorso, ossia la violazione di norma di diritto ed il vizio di motivazione della pronuncia impugnata -, si è, peraltro, già pronunciata la Prima Sezione di codesto Collegio, avendo statuito che “circa la specificità dei motivi, invero, si richiede che questi esprimano, individuando le parti della sentenza impugnata che si intende censurare, le norme violate e in che modo, applicate correttamente, dette norme avrebbero dato luogo ad una diversa decisione” (CDG, Sez. I, n. 86/2017). L’esame del ricorso proposto dal sig. S. evidenzia l’oggettiva violazione dell’esposto principio di diritto, atteso che il ricorrente ha omesso di indicare le norme di diritto che si assumevano violate nell’impugnata pronuncia emessa dalla Commissione di Disciplina d’Appello della Federazione Italiana Giuoco Calcio - Associazione Italiana Arbitri (n. 44/2018), indicando, di contro, generiche “norme di condotta” o “norme di tenuta della documentazione contabile e di redazione dei bilanci” il cui richiamo non è certamente in linea con il citato principio di autosufficienza del ricorso. Ed anche a voler prescindere da tale rilievo, parte ricorrente omette ugualmente di esporre e supportare, con esauriente argomentazione, quell’iter logico-giuridico che - in virtù della “corretta applicazione” delle norme di diritto asseritamente violate - avrebbe condotto il Giudice di merito ad una diversa decisione, alla stregua del principio di diritto formulato dal Collegio nella citata pronuncia n. 86/2017; non soccorre, in tal senso, l’utilizzo di laconiche espressioni di chiusura da parte del ricorrente, quali “pertanto la decisione impugnata[…]postula una normativa contabile inesistente e diversa da quella applicabile, risultando per tale profilo del tutto illegittima”.

Decisione Collegio di Garanzia dello Sport - C.O.N.I.  Sezione Prima: Decisione n. 31 del 01/06/2018 – www.coni.it

Decisione impugnata: Decisione n. 44, assunta dalla Commissione di Disciplina di Appello dell’AIA il 20 febbraio 2018, pubblicata con Comunicato n. 65 in pari data, con la quale è stata respinta l’impugnazione proposta dal sig. L. avverso la decisione della Commissione di Disciplina Nazionale, adottata con delibera n. 20 del 27 novembre 2017 e pubblicata con Comunicato Ufficiale n. 55 in pari data, relativa alla sanzione della sospensione per mesi cinque dal 27 aprile 2018 al 26 settembre 2018

Parti: L.S./Associazione Italiana Arbitri

Massima: Il Collegio di Garanzia rigetta il ricorso proposto dal presidente della Sezione AIA avverso la decisione della Commissione di Disciplina di Appello, con la quale è stata respinta l’impugnazione avverso la decisione della Commissione di Disciplina Nazionale, relativa alla sanzione della sospensione per mesi cinque per aver, in occasione delle fasi finali dei Campionati Provinciali categoria “giovanissimi” ed “allievi”, la Sezione AIA designato anche i quarti ufficiali di gara per conferire solennità alla manifestazione con ciò in violazione “dell’art. 40, comma 1, comma 2, comma 3 lett. a) del Regolamento dell’AIA e dell’art. 6 comma 1 delle Norme di Funzionamento degli Organi Tecnici per aver designato di […] esclusiva iniziativa e quando non ammesso dalla vigente normativa - in quanto non consentito dall’OT Sezionale - il non previsto quarto ufficiale di gara, sia nella gara finale di “giovanissimi B provinciali “ sia nella gara finale di “allievi B provinciali”, giocate in località Peschiera Borromeo in data 29.4.17 rispettivamente alle ore 16 ed alle ore 18. Fatti commessi in data immediatamente precedente al 29.4.17. Con le aggravanti di cui all’art. 7, comma 4, lett. a) e lett. c) delle Norme di Disciplina”. Il Collegio osserva che la designazione del quarto ufficiale di gara è limitata alle gare organizzate dalle Leghe Professionisti (campionati di serie “A”, “B”, Coppa Italia e Prima Divisione, quando previsto).   Dagli atti di causa è emerso che il ricorrente designava il quarto ufficiale di gara senza alcuna autorizzazione e che lo stesso sig. …… non era al corrente se la copertura assicurativa fosse operante

 

Decisione T.F.N.- Sezione Disciplinare: C.U. n. 53/TFN-SD del 27 Marzo 2018 (motivazioni) - www.figc.it

Impugnazione Istanza: DEFERIMENTO DEL PROCURATORE FEDERALE A CARICO DI: DI F.R.(Arbitro effettivo della Sezione AIA di Bra - CN) - (nota n. 7521/246 pf17-18GT/ag del 19.02.2018).

Massima: L’arbitro effettivo è sanzionato con l’inibizione di giorni 15 per la violazione dei doveri di correttezza, lealtà e probità sportiva sanciti dall’art. 1bis, comma 1, del CGS, espressamente richiamati dall’art. 40, punto 1, del Regolamento A.I.A., per avere egli, nel decretare l’espulsione, nelle fasi finali della gara, del calciatore, rivolto al medesimo la testuale espressione: “Vai fuori testa di …", chiaramente percepita anche da altri tesserati della stessa Società, nonché dal Cronometrista-Arbitro ". Il Collegio ritiene che il contrasto fra dichiarazioni accusatorie dei tesserati della società e la ferma negazione del deferito, vada risolta dando assoluta prevalenza e credibilità alla dichiarazioni rese dall'a.e. della Sezione A.I.A. che, nella suddetta gara, ha svolto il ruolo di arbitro cronometrista. Il predetto, collega del deferito (sia pur appartenente ad altra Sezione), non legato allo stesso da rapporto amicale quanto estraneo ai tesserati della società, non è portatore di alcun interesse diretto o indiretto in ordine all'esito della presente procedura. Inoltre lo stesso, per il ruolo imparziale svolto durante la gara e per la sua posizione nel recinto di giuoco di particolare vicinanza rispetto al luogo di asserito svolgimento dei fatti scrutinati, è un testimone privilegiato per il reale svolgimento della vicenda che ci occupa. Detta causale è assistita della particolare fidefacienza di cui all'art. 35, co. 1.1. CGS per il quale "i rapporti dell'arbitro, degli assistenti, del quarto ufficiale di gara ed i relativi eventuali supplementi fanno piena prova circa il comportamento di tesserati  in  occasione  dello svolgimento delle gare. Gli organi di giustizia sportiva possono utilizzare altresì ai fini di prova gli atti di indagine della Procura Federale".

 

Decisione C.F.A. : Comunicato ufficiale n.  008/CFA del 21 Luglio 2016  e con motivazioni pubblicate sul Comunicato ufficiale n. 123/CFA del 20 Aprile 2017  e  su  www.figc.it

Decisione impugnata: Delibera del Tribunale Federale Territoriale presso il C.R. Lazio – Com. Uff. n. 422 del 10.6.2016

Impugnazione – istanza: RICORSO SIG. C.G. AVVERSO LA SANZIONE DELLA SOSPENSIONE PER MESI 2 INFLITTA AL RECLAMANTE SEGUITO DEFERIMENTO DEL PROCURATORE FEDERALE PER VIOLAZIONE DELL’ART. 1BIS COMMA 1 C.G.S., DELL’ART. 40 COMMA 3 LETT. H) REGOLAMENTO A.I.A. – NOTA N. 9992/581 PF 15-16 GT/DL DEL 23.3.2016

Impugnazione – istanza: RICORSO SIG. CRISTOFANI STEFANO AVVERSO LA SANZIONE DELLA SQUALIFICA PER MESI 4 INFLITTA AL RECLAMANTE SEGUITO DEFERIMENTO DEL PROCURATORE FEDERALE PER  VIOLAZIONE  DELL’ART.  1 BIS COMMA 1 C.G.S. – NOTA N. 9992/581 PF 15-16 GT/DL DEL 23.3.2016

Massima: La Corte conferma la decisione del TFT che ha sanzionato l’arbitro della gara con la sospensione di mesi 2  per la violazione di cui all’’art. 1 bis comma 1 C.G.S. né il dovere di tempestiva, solerte e fedele refertazione di cui all’art. 40 comma 3 lett. H) del Regolamento AIA. per aver omesso di inserire nel referto della gara da lui diretta e nel relativo supplemento, elementi ricostruttivi di fondamentale rilevanza in ordine ad accadimenti, avvenuti al termine dell’incontro, che lo avrebbero visto coinvolto in prima persona. In particolare l’arbitro avrebbe letteralmente taciuto la circostanza di avere colpito con un pugno al volto il dirigente della società che sarebbe intervenuto nella zona spogliatoi per sedare gli animi ed evitare il contatto tra il direttore di gara ed alcuni giocatori della società che lo avevano circondato minacciosamente rivolgendo proteste ed ingiurie nei suoi confronti fino a tentare di percuoterlo (il colpo avrebbe provocato al dirigente la lesione al setto nasale con prognosi di 7 giorni s.c.); il fatto, peraltro, sarebbe stato denunciato dal dirigente al Commissariato di P.S.

 

Decisione Collegio di Garanzia dello Sport - C.O.N.I.  Seconda Sezione: Decisione n. 21 del 27/03/2017 – www.coni.it

Decisione impugnata: decisione n. 8 del 14 ottobre 2016 assunta dalla Commissione di Disciplina d’Appello della Federazione Italiana Giuoco Calcio - Associazione Italiana Arbitri,

Parti: M.B.D.P./Federazione Italiana Giuoco Calcio/Associazione Italiana Arbitri.)

Massima: Il Collegio di Garanzia accoglie il ricorso proposto dall’ex Presidente della Sezione AIA e, per l’effetto, annulla la delibera della Commissione di Disciplina d'Appello che aveva rigettato il ricorso per revisione (sostenendo che non vi erano prove sopravvenute valutabili nell’àmbito del giudizio di revisione) confermando la delibera della  Commissione di Disciplina Nazionale che lo aveva sanzionato con il ritiro tessera per la violazione dell'art. 23, quarto comma, dell'art. 40, commi 1, 2 e 3, lett. a), b), c), e dell'art. 54, secondo comma, del Regolamento dell'AIA, nonché degli artt. 5 e 6.1, penultimo comma, del Codice Etico e di Comportamento dell'AIA: “a) per aver partecipato, nonostante lo stato di sospensione dal 5.02.2014 al 4.10.2014, all’assemblea sezionale ordinaria biennale tenutasi presso la Sezione di Chieti in data 13 giugno 2014; per aver richiesto, pur non essendo legittimato in quanto privo del diritto di voto, al Presidente dell’assemblea di riportare a verbale le parole esatte degli interventi nel corso dei quali sarebbero state pronunciale parole denigratorie nei suoi confronti, assumendo nella circostanza un comportamento non regolamentare derivante dalla posizione di sospeso a seguito di precedente procedimento disciplinare; per aver rivolto nella parte finale dell'assemblea all’A.A. – omissis -, Sezione Chieti, ad alta voce e con tono minaccioso, la frase ‘Tu hai parlato male di me ed io ho due/tre testimoni. Ora vedi che ti succede, tanto ottobre arriva presto’; per aver dato, a seguito del richiamo del Presidente dell’assemblea ad un atteggiamento più corretto, un pugno sul tavolo della presidenza, pronunciando la frase ‘Tu devi scrivere quello che dico io, non quello che dici tu! Se Io fai ti assumi tu la responsabilità di quello che scrivi e vediamo quello che succede!’; per avere nei giorni successivi all'assemblea sezionale biennale esercitato pressioni, in luoghi non istituzionali, nei confronti degli associali a. e. – omissis - e a. e. – omissis - per costringerli a rilasciare dichiarazioni a lui favorevoli”. Il Collegio rinvia alla Commissione di Disciplina d’Appello presso la FIGC/AIA la quale dovrà (i) accertare la consistenza dei nuovi elementi di prova; (ii) sulla base di tale accertamento, valutare se i fatti posti a fondamento della decisione impugnata siano effettivamente da considerarsi inveritieri ovvero lacunosi; (iii) in caso di esito positivo di tale valutazione, decidere se e in quale misura la decisione impugnata vada riformata, ossia se, sulla base della rinnovata ricostruzione dei fatti, la sanzione irrogata vada confermata, revocata ovvero modificata, nel rispetto del criterio di necessaria proporzionalità tra l'entità della sanzione e i fatti dai quali essa trae origine. Al riguardo, occorre richiamare l’art. 13 delle norme di disciplina A.I.A., rubricato “Il giudizio di revisione”, il cui primo comma stabilisce che: “Nel caso in cui risulti inoppugnabilmente provato da altro giudizio o da confessione scritta di un associato che una delibera definitiva di una Commissione di disciplina di qualsiasi grado è stata viziata da prove false ovvero che siano sopravvenut[i] in ordine al caso deciso da tale delibera nuovi elementi di prova che, da soli o uniti a quelli già esaminati, rendano evidente la necessità di una nuova decisione, l’associato che sia stato riconosciuto colpevole di infrazione disciplinare comportante una sanzione disciplinare di sospensione superiore ad un anno o di ritiro tessera può proporre alla Commissione di disciplina di appello un ricorso scritto per revisione, da inoltrare a mezzo lettera raccomandata A.R., comunicata in copia alla Procura arbitrale, entro e non oltre il termine perentorio di due anni dalla comunicazione della delibera impugnata”. La norma, per ciò che qui più rileva, consente la proposizione del giudizio di revisione nel caso in cui risulti che una delibera definitiva, comportante sanzioni di particolare gravità, sia stata viziata da prove false ovvero nel caso in cui siano sopravvenuti nuovi elementi di prova, che rendano palese l’esigenza di una nuova decisione, in riforma della precedente. Essa, quindi, richiama nell’àmbito della giustizia sportiva il rimedio processuale di cui agli artt. 629 e ss. c.p.p., ossia il giudizio di revisione di sentenze o decreti penali di condanna, e quello di cui all’art. 395, nn. 1, 2, 3 e 6, c.p.c., ossia l’impugnazione straordinaria con cui, all’esito di un giudizio a duplice fase rescindente e rescissoria, è possibile ottenere la revocazione della sentenza civile e una nuova decisione nel merito. E ciò nel caso in cui, successivamente alla pubblicazione della sentenza, emergano nuovi fatti rilevanti, che impongano una riforma della decisione già adottata. In altri termini, l’ordinamento giuridico riconosce, in via generale, che l’esigenza di stabilità della decisione debba cedere dinanzi alla erroneità o sproporzionalità della stessa, quando queste sono rese palesi dalla falsità delle prove poste a fondamento della decisione impugnata ovvero dall’emersione di nuovi fatti il cui esame avrebbe portato ad assumere una diversa decisione. Anche nell’ambito del diritto sportivo, la possibilità di ottenere la revisione della delibera disciplinare risponde all’esigenza di apprestare un rimedio allorché un giudizio – anche se già conclusosi con una decisione non suscettibile di ulteriore impugnazione – si manifesti palesemente viziato da un accertamento del fatto fondato su elementi ingannevoli o fuorvianti, in quanto falsificati, artefatti, contraffatti, manipolati ovvero semplicemente incompleti, che  ne hanno condizionato il corso verso esiti non corretti. Non si tratta di interpretare nuovamente i medesimi fatti e di ricondurre ad essi nuove e diverse conseguenze; si tratta, bensì, di accertare che la decisone impugnata è stata assunta sulla base di una ricostruzione dei fatti inveritiera ovvero lacunosa, e, conseguentemente, di prendere atto della veritiera o più completa ricostruzione, che i nuovi elementi di prova consentono di accertare. Ai sensi dell’art. 13 delle norme di disciplina A.I.A., la falsità ovvero la lacunosità delle prove poste a fondamento della decisione può risultare: (i) da un inoppugnabile accertamento reso in un altro giudizio, ovvero (ii) da confessione scritta di un associato. Rispetto a quest’ultima ipotesi, il termine “confessione” non può essere fatto coincidere con quello in uso nel codice di procedura civile, quale dichiarazione di scienza che una parte fa della verità  di fatti a sé sfavorevoli e favorevoli all'altra parte, avendo il procedimento disciplinare natura e struttura differenti dal procedimento contenzioso civile, che vede due o più parti in lite tra loro; tant’è vero che l’impugnazione per revisione può essere proposta dall’“associato che sia stato riconosciuto colpevole di infrazione disciplinare comportante una sanzione disciplinare di sospensione superiore ad un anno o di ritiro tessera”, ossia solo dall’incolpato che sia stato riconosciuto colpevole e sanzionato in modo particolarmente grave (e non avrebbe quindi senso riesaminare il caso in virtù di una dichiarazione che quest’ultimo avrebbe reso in suo sfavore). Né l’espressione in esame può essere intesa quale dichiarazione confessoria dell’imputato nel procedimento penale, in quanto la norma fa riferimento alla “confessione scritta di un associato” e non “dell’incolpato”. Per “confessione scritta di un associato” – da cui risulti che una delibera definitiva di una Commissione di disciplina di qualsiasi grado è stata viziata da prove false o incomplete – deve allora intendersi qualsiasi dichiarazione resa per iscritto da un associato, da cui risulti la falsità della prova posta a fondamento della delibera impugnata o da cui risultino (uno o più) nuovi elementi di prova, che, da soli o uniti a quelli già esaminati, rendano evidente la necessità di una revisione della decisione. Ebbene, nel caso di specie, la non veridicità di alcune circostanze descritte nel verbale dell’assemblea sezionale ordinaria biennale della Sezione Arbitri di Chieti, tenutasi in data 13 giugno 2014 – verbale in base al quale sono stati ricostruiti i fatti posti a fondamento della decisione impugnata – è affermata, mediante dichiarazioni scritte, da almeno due dei firmatari del verbale medesimo, nonché da altri tesserati presenti sul posto. Non sembra quindi corretto quanto affermato dalla Commissione di Disciplina d’Appello, secondo cui il ricorso per revisione del sig. – omissis - non era fondato su tale presupposto della confessione scritta di un associato. Né il ricorso per revisione poteva essere rigettato sulla base della semplice considerazione che la Commissione non fosse stata in grado di comprendere se i nuovi elementi di prova “[…] fossero o meno già in possesso del ricorrente nel corso del procedimento disciplinare che lo ha riguardato oppure se quelle dichiarazioni fossero da lui non conosciute o non ancora acquisibili per essere utilizzate in tempo utile […]”. E’ ben vero, infatti, che la decisione impugnata per revisione è datata 20 maggio 2015, mentre le dichiarazioni scritte prodotte dal ricorrente – come rilevato dalla Commissione – risalgono ai mesi di febbraio e marzo 2015; ma è anche vero che tali dichiarazioni erano state rese da associati dinanzi ai Carabinieri di Chieti nell’ambito di un procedimento penale (non rileva se instaurato a seguito di denuncia dello stesso ricorrente): poiché le dichiarazioni rese in sede di sommarie informazioni ex art. 351 c.p.p. sono notoriamente coperte dal segreto istruttorio – e inoltre alcune di esse sono state rilasciate quando l’appello era stato già promosso, ancorché non fosse stata già emessa la decisione definitiva dalla Commissione di Disciplina d’Appello – deve ritenersi, quantomeno in via presuntiva, che tali elementi di prova non fossero nella disponibilità del sig. – omissis -durante lo svolgimento del giudizio di appello. Peraltro, la norma in esame richiede il requisito della sopravvenienza esclusivamente con riguardo ai nuovi elementi di prova, che rendano più completa la ricostruzione dei fatti operata nel precedente giudizio ormai definitivamente concluso, non già invece per quegli elementi di prova da cui risulti la falsità dei fatti posti a fondamento della decisione impugnata. Si rileva in particolare che nel “verbale di sommarie informazioni rese da persona in grado di riferire circostanze utili alle indagini”, redatto in data 26 marzo 2015 dalla Legione Carabinieri Abruzzo – Stazione Chieti Principale, l’associato – omissis -, Segretario di Sezione all’epoca dei fatti e presente sia nel corso dell’assemblea del 13 giugno 2014 sia in occasione della successiva riunione dei componenti dell’Ufficio di Presidenza per la redazione del verbale dattiloscritto di assemblea (che avrebbe dovuto riportare fedelmente e in bella copia quanto scritto nel “brogliaccio” di seduta, ossia nel verbale manoscritto durante la seduta assembleare), ma non firmatario dello stesso, afferma e sottoscrive, tra l’altro, quanto segue: “[…] a seguito della richiesta di accesso agli atti presentata dal Presidente – omissis -, ho avuto modo di leggere detto verbale constatando che nella parte finale dello stesso, e quindi credo quella trascritta solo dal Presidente in assenza del segretario, vi erano indicati episodi mai avvenuti in assemblea e che non erano nemmeno riportati sul verbale manoscritto. L’episodio trascritto falsamente riguarda una reazione sconsiderata del presidente – omissis - che contestando alcune affermazioni avrebbe colpito con un pugno sul tavolo urlando ad alta voce. In merito posso affermare con sicurezza che il – omissis - non ha avuto alcun comportamento simile. Posso comunque affermare anche il fatto che i componenti dell’Ufficio di Presidenza provvedevano a sottoscrivere ingenuamente il verbale trascritto senza prenderne visione […]”. Tale dichiarazione scritta di un associato, che confuta i fatti posti a fondamento della decisione impugnata, fornendo una versione diametralmente opposta rispetto ad essi, appare  senza dubbio idonea ad essere presa in considerazione nell’ambito di un giudizio di revisione, al fine di valutare se quei fatti siano effettivamente da considerarsi inveritieri ovvero lacunosi e, in caso di esito positivo di tale valutazione, decidere se e in quale misura la decisione impugnata vada riformata, ossia se, sulla base della rinnovata ricostruzione di quanto accaduto, la sanzione irrogata vada confermata, revocata ovvero modificata, nel rispetto del criterio di necessaria proporzionalità tra l'entità della sanzione e i fatti dai quali essa trae origine. Si rileva altresì – e per inciso, non rilevando nel caso di specie – che l’attuale formulazione dell’art. 13 delle norme di disciplina A.I.A., nella parte in cui prevede che il giudizio di revisione debba essere proposto “entro e non oltre il termine perentorio di due anni dalla comunicazione della delibera impugnata”, sembrerebbe limitare fortemente quell’esigenza di giustizia a cui la revisione è preordinata, fissando un termine di decadenza che dovrebbe logicamente e più propriamente decorrere non già dalla comunicazione  all’incolpato  della delibera impugnata, bensì dal momento in cui quest’ultimo viene a conoscenza di una di quelle ragioni che potrebbero consentire la revisione della pronuncia.

 

Decisione C.F.A.: Comunicato ufficiale n. 077/CFA del 05 Dicembre 2016 e con motivazioni pubblicate sul Comunicato ufficiale n. 091/CFA del 19 Gennaio 2017  e  su  www.figc.it

Decisione impugnata: Delibera del Tribunale Federale Territoriale presso C.R. Lombardia - Com. Uff. n. 29 del 4.11.2016

Impugnazione – istanza: 2. RICORSO SIG. M.A. (ALL’EPOCA DEI FATTI ARBITRO EFFETTIVO DELLA SEZ. DI SONDRIO) AVVERSO LA SANZIONE DELLA SQUALIFICA PER ANNI 1 PER VIOLAZIONE DELL’ART 1 BIS, COMMA 1 C.G.S., SEGUITO DEFERIMENTO DEL PROCURATORE FEDERALE – NOTA N. 1191 PF15-16 DEL 28.09.2016

Massima: La Corte, tenuto conto delle offese e minacce ricevute in occasione della gara oltre alla giovane età dell’arbitro riduce a mesi 6 la squalifica inflittagli dal TFT per la violazione: A) dell’art. 1 bis comma 1 C.G.S., per aver quale arbitro dell’incontro valevole per il campionato di Terza Categoria, posto in essere atti diretti ad alterare il risultato finale di tale incontro senza riuscirvi per il pronto e risoluto rifiuto di entrambe le società interessate, in particolare: per aver al temine dell'incontro in parola, conclusosi sul campo con il risultato di parità 1-1, convocato nel proprio spogliatoio i rappresentanti di entrambe le anzidette Società proponendo agli stessi, sia, di modificare il predetto risultato finale nel senso di far apparire l'incontro de quo come terminato, contrariamente al vero, con la vittoria della squadra ospite per 1-2, sia, anche di omettere nel proprio rapporto finale ogni segnalazione in merito al comportamento minatorio tenuto in campo nei propri confronti da due calciatori della squadra ospitante, comportamento alla base della propria decisione di annullare sul finire della gara la rete del vantaggio segnata dalla squadra ospite; B) dell'art. 1 bis comma 1 C.G.S., così come integrato dall’art. 40 comma 2 lett. h) del Regolamento A.I.A., ovvero, sia, del dovere fatto a ciascun soggetto dell'Ordinamento federale di comportarsi in ogni rapporto comunque riferibile all’attività sportiva secondo i principi di lealtà, probità e correttezza, sia, del dovere proprio degli ufficiali di gara di assolvere con la massima fedeltà e puntualità al potere referendario loro conferito, per aver indicato nel proprio rapporto finale steso al termine della ridetta gara, in modo non corrispondente al vero, né, a quanto peraltro esplicitato nel supplemento allegato a quello stesso rapporto, che quest'ultima era terminala con il risultato di 1-2 in favore della squadra ospite  e non, invece, con quello di parità 1-1 effettivamente conseguito sul campo, in ragione dell’essere stata la rete segnata dalla società ospite annullata e, quindi, non convalidata.

 

Decisione C.F.A.: Comunicato ufficiale n. 091/CFA del 18 Marzo 2016 e con motivazioni pubblicate sul Comunicato ufficiale n. 016/CFA del 03 Agosto 2016  e  su  www.figc.it

Decisione impugnata: Delibera del Tribunale Federale Territoriale presso il Comitato Regionale Toscana - Com. Uff. n. 48 del 3.3.2016

Impugnazione – istanza: 3. RICORSO SIG. I.S. AVVERSO LA SANZIONE DELL’INIBIZIONE DI MESI 1 PER VIOLAZIONE DELL’ART. 1 BIS, COMMA 1 C.G.S. IN RELAZIONE ALL’ART. 40, COMMA 1, LETT. H) REGOLAMENTO A.I.A. SEGUITO DEFERIMENTO DEL PROCURATORE FEDERALE - NOTA 6612/144 PF15-16/GT/DL

Massima: La Corte conferma la decisione del TFT che ha sanzionato l’arbitro effettivo della Sezione AIA poiché ritenuto responsabile della violazione del combinato disposto degli art. 1 bis, comma 1 C.G.S. e dell’art. 40, comma 1, lett. h) del Regolamento AIA “per avere omesso di annotare, sul referto di gara, che al termine della stessa invitata nel proprio spogliatoio il calciatore, già autore, alla fine dell’incontro, di minacce e violenze ai propri danni, onde comunicare allo stesso che “nel referto di gara avrebbe annotato le frasi da lui pronunciate e la condotta tenuta”.

Decisione Collegio di Garanzia dello Sport - C.O.N.I.  Seconda Sezione: Decisione n. 28 del 07/07/2016 www.coni.it

Decisione impugnata: Decisione della Commissione di Disciplina d’Appello A.I.A. n. 22 del 19 ottobre 2015, comunicata in data 9 novembre 2015 che, in parziale accoglimento del ricorso avverso la decisione della Commissione di Disciplina Nazionale A.I.A. n. 2 del 13 luglio 2015, ha irrogato, a carico del ricorrente, la sospensione dal 13 luglio 2015 al 12 settembre 2016

Impugnazione Istanza:  M.M./Federazione Italiana Giuoco Calcio/Associazione Italiana Arbitri

Massima: Il Collegio di Garanzia conferma la decisione  della Commissione di Disciplina d’Appello A.I.A. che ha irrogato, a carico del ricorrente, la sospensione dal 13 luglio 2015 al 12 settembre 2016 per la violazione delle seguenti norme: «[…] art. 40, comma 3 lett. A), art. 23, n. 3 lett. A), lett. C), lett. P, lett. S) e lett. O) del Regolamento Associativo ed ai sensi degli artt. 1, 14 e 19 del Regolamento Amministrativo delle Sezioni per la mancata conformità nell’intestazione delle fatture di pagamento alle disposizioni dell’AIA, per il mancato tempestivo invio dei Bilanci Preventivo, Semestrale e Consuntivo del 2014 al CRA, per la mancanza di idonea documentazione fiscale per n. 7 mandati di pagamento, per aver corretto o sbianchettato n. 5 ricevute di mandati di pagamento, per aver emesso assegni privi di data, per non aver messo in mora gli associati morosi, per non aver fissato d’intesa con il CDS la quota sezionale annuale per gli associati che svolgono attività a disposizione degli Organi Tecnici Nazionali, per aver esonerato dal versamento delle quote associative temporaneamente gli arbitri di nuova nomina e definitivamente gli arbitri benemeriti senza il parere del CDS, evidenziandosi così una tenuta contabile-amministrativa in palese violazione delle norme associative ed una gestione della sezione in modo irregolare e non conforme al Regolamento Associativo e al Regolamento Amministrativo delle Sezioni

 

Decisione C.F.A. : Comunicato ufficiale n. 036/CFA del 15 Ottobre 2015 e con motivazioni pubblicate sul Comunicato ufficiale n. 124/CFA del 19 Maggio 2016 e  su  www.figc.it

Decisione impugnata: Delibera del Tribunale Federale Territoriale c/o Comitato Regionale Lazio – Com. Uff. n. 35/LND del 11.9.2015

Impugnazione – istanza: 4. RICORSO SIG. C.L. AVVERSO LA SANZIONE DELLA SOSPENSIONE DI MESI 3 INFLITTA AL RECLAMANTE SEGUITO DEFERIMENTO DELLA PROCURA FEDERALE PER VIOLAZIONE DELL’ART. 1BIS COMMA 1 C.G.S. E DELL’ART. 40 COMMA 1 DEL VIGENTE REGOLAMENTO A.I.A. (NOTA N. 10671/457 PF 14-15 DEL 19.5.2015)

Massima: La Corte conferma la decisione del TFN che ha sanzionato l’arbitro effettivo per violazione dell’art. 1 bis C.G.S. comma 1 e dell’art. 40 comma 1 Reg.to AIA. perché postava sul proprio profilo “facebook”, – subito dopo aver diretto la gara – un messaggio visibile a tutti gli utenti, dai connotati volgari ed irrispettosi nei confronti di atleti e Società

Decisione T.F.N.- Sezione Disciplinare: Comunicato Ufficiale n.072/TFN del 21 Aprile 2016 - www.figc.it

Impugnazione Istanza: DEFERIMENTO DEL PROCURATORE FEDERALE A CARICO DI: E.I. (all’epoca dei fatti Arbitro Benemerito della Sezione A.I.A. di Parma, nonché componente del Comitato Nazionale A.I.A.) - (nota n. 8737/677 pf15-16 SP/blp del 24.2.2016).

Massima: Il TFN proscioglie, per mancanza di prove, l’arbitro benemerito dalle incolpazioni ascrittegli relative alle "dichiarazioni rilasciate nel corso dell'assemblea della Consulta Regionale AIA Emilia Romagna, nei confronti dell'arbitro benemerito della Sezione AIA di Parma, ove lasciava intendere, come questi fosse soggetto incline a particolari "orientamenti" sessuali e dunque della violazione degli artt. 1 bis comma 1 e 5 del CGS così come integrati dall'art. 40 comma 3 lett c) del Regolamento AIA. Risultanze negative riguardo ai fatti contestati si ricavano anche dal verbale sottoscritto dal Presidente della Consulta, documento ufficiale avente valore di prova privilegiata, nel quale vengono riportati, sia pur succintamente, tutti gli interventi degli associati. Nel documento, ….. non si rinviene alcun cenno all'uso da parti di – omissis - di espressioni allusive del tipo di quelle contestate al deferito nel capo di incolpazione. Dalle testimonianze dei delegati si evince, peraltro, che l'intervento di – omissis -  ha criticato – omissis - per aver svolto un ruolo di accompagnatore di arbitri che non gli competeva, interferendo con l'operato di altri organi dell'Associazione.

 

Decisione C.F.A.: Comunicato ufficiale n. 070/CFA del 22 Gennaio 2016 e con motivazioni pubblicate sul Comunicato ufficiale n. 076/CFA del 28 Gennaio 2016 e  su  www.figc.it

Decisione impugnata: Delibera del Tribunale Federale Nazionale – Sezione Disciplinare - Com. Uff. n. 44/TFN del 15.12.2015

Impugnazione – istanza: 1. RICORSO PROCURATORE FEDERALE AVVERSO LA DECLARATORIA DI INCOMPETENZA PRONUNCIATA DAL TRIBUNALE FEDERALE NAZIONALE – SEZIONE DISCIPLINARE – IN FAVORE DEL GIUDICE SPORTIVO PRESSO LA LEGA ITALIANA CALCIO PROFESSIONISTICO IN ORDINE ALLA POSIZIONE DI: - SIG. F.A., ASSISTENTE DI GARA; - SIG. M.A., ALLENATORE DELLA SOCIETA’ U.C. ALBINOLEFFE; - SOCIETÀ U.C. ALBINOLEFFE, PER RESPONSABILITÀ OGGETTIVA, EX ART. 4 COMMA 2 C.G.S., IN RELAZIONE ALLA CONDOTTA ASCRITTA AL SUO ALLENATORE, SEGUITO PROPRIO DEFERIMENTO PER VIOLAZIONE DELL’ART. 1BIS COMMA 1 C.G.S. (IN OCCASIONE DELLA GARA DI LEGA PRO, ALBINOLEFFE/CREMONESE DEL 12.1.2015) - NOTA N. 4203/516PF14-15/MS/VDB DEL 30.10.2015

Massima: L’assistente arbitrale di gara è sanzionato con la sospensione di mesi 3 per la violazione dell’art. 1 bis, comma 1, CGS in relazione all’alterco avuto con l’allenatore il quale, invece va prosciolto unitamente alla società trattandosi di fattispecie non ritenuta di rilievo disciplinare. Il fatto: Al 26’ minuto del secondo tempo un giocatore della Cremonese proferiva “parole irriguardose” nei confronti del direttore di gara n, il quale non assumeva provvedimenti in merito. A quel punto l’allenatore dell’Albinoleffe si rivolgeva al primo assistente arbitrale, che si trovava nei pressi della linea di centrocampo, gridando: “Assistente non ha sentito? Si è sentito fino a qui, e l’arbitro non fa niente”. L’assistente rispondeva all’allenatore dicendo a voce alta: “Non vi basta ancora? Volete vedere come ci divertiamo adesso?” A quel punto l’allenatore rispondeva all’assistente dicendo: “Cos’è una minaccia? Lei ci sta minacciando!” Al termine della partita l’allenatore si avvicinava all’Arbitro e, riferendosi all’assistente, proferiva le seguenti parole: “É un deficiente. La prossima volta che si comporta così gliela faccio pagare! Deve avere rispetto. Fa il fenomeno solo perché ha la casacca gialla. L’arbitro rispondeva all’allenatore di non avere visto cosa fosse successo perché era in mezzo al campo e non aveva sentito nulla.

 

Decisione C.F.A.: Comunicato ufficiale n. 082/CFA del 25 Giugno 2015 e con motivazioni pubblicate sul Comunicato ufficiale n. 041/CFA del 21 Ottobre 2015 e  su  www.figc.it

Decisione impugnata: Delibera del Tribunale Federale Territoriale presso il Comitato Regionale Lazio – Com. Uff. n. 271/LND del 29.5.2015

Impugnazione – istanza: 3. RICORSO SIG. A.S. AVVERSO LA SANZIONE DELLA SOSPENSIONE PER ANNI 3 DALL’ESERCIZIO DI ARBITRO EFFETTIVO INFLITTA AL RECLAMANTE SEGUITO DEFERIMENTO DELLA PROCURA FEDERALE PER VIOLAZIONE DI CUI AGLI ARTT. 1 COMMA 1 C.G.S. E 40 COMMI 1, 2, 3 LETT. A) ED H) REGOLAMENTO A.I.A. (NOTA 608/1153 PF 13 14/MS/VDB DEL 30.7.2014)

Massima: La Corte conferma la decisione del TFN che ha sanzionato con la sospensione per anni tre dall’esercizio dell’attività, l’arbitro effettivo per la violazione di cui all’art. 1, comma 1, C.G.S. e 40, commi 1, 2, 3, lett. A), B), C), F), H), del Regolamento AIA perché resosi responsabile di falsa refertazione per aver, nel proprio rapporto dichiarato fatti, quali aggressioni e minacce a suo danno da parte di calciatori nel corso della gara non verificatesi.

Massima: Nel caso di specie, tuttavia, è bene chiarire sin da adesso, il referto del direttore di gara viene sostanzialmente smentito da altro componente AIA (l’Osservatore arbitrale). Peraltro, la ricostruzione dei fatti operata dal suddetto Osservatore trova conferma in specifiche circostanze fattuali. La decisione del presente procedimento, in altri termini, si fonda essenzialmente non sulla versione dei fatti resa dal calciatore interessato o dalla relativa società sportiva, bensì su altro, divergente, referto, ossia quello, appunto, dell’Osservatore, appartenente alla medesima istituzione arbitrale. L’Osservatore arbitrale ha affermato di aver si visto un assembramento al termine della gara, ma non già l’aggressione segnalata nel referto ufficiale dell’arbitro. Come evidenziato dalla relazione istruttoria della Procura federale, la relazione dei fatti operata dall’Osservatore arbitrale è stata «puntuale e dettagliata» e lo stesso «non ha mostrato alcun tentennamento davanti all’esibizione dei reperti fotografici dei luoghi che mostrano, tra l’altro, un campo di gioco assolutamente aperto e privo di qualsiasi ostacolo visuale o aree coperte». Sotto tale profilo, dunque, non trova conforto l’assunto difensivo secondo cui l’Osservatore, trovandosi sugli spalti e, quindi, «distante dal luogo di accadimento degli eventi», potrebbe non aver visto i calci e pugni inferti all’arbitro dal sig. – omissis -. Questa ricostruzione trova, poi, conferma, in ulteriori circostanze indiziarie.

 

Decisione Collegio di Garanzia dello Sport - C.O.N.I.  Seconda Sezione: Decisione n. 45 del 21/09/2015 www.coni.it

Decisione impugnata: delibera della Commissione di Disciplina Nazionale d’Appello della FIGC – AIA del 20 maggio 2015 che, rigettando l’appello ex art. 10 delle Norme di Disciplina dell’Associazione Italiana Arbitri, ha confermato il provvedimento di “ritiro tessera” irrogato nei confronti del ricorrente

Parti: S.S./Federazione Italiana Giuoco Calcio/Associazione Italiana Arbitri

Massima: Il TNAS conferma la delibera della Commissione di Disciplina Nazionale d’Appello della FIGC – AIA che, rigettando l’appello ex art. 10 delle Norme di Disciplina dell’Associazione Italiana Arbitri, ha confermato il provvedimento di “ritiro tessera” irrogato nei confronti dell’Osservatore Arbitrale resosi responsabile della violazione dell’art. 40, commi 1 e 3, lett. a), b) e c) del Regolamento dell’A.I.A. e dell’art. 5 del Codice etico e di comportamento AIA «[…] per essersi abusivamente introdotto nei mesi di maggio e giugno 2012, a mezzo della connessione internet dell’Istituto bancario, sua sede di lavoro, nelle caselle di posta elettronica pres.marche@aia-figc.it e marche@aia-figc.it, protette da passwords, ed aver preso conoscenza, senza averne diritto, della corrispondenza informatica della presidenza e della segreteria CRA, utilizzando le  passwords  da te conosciute per aver fatto parte in precedenza dello staff della segreteria del CRA stesso.

 

Decisione T.F.N.- Sezione Disciplinare: Comunicato Ufficiale n.007/TFN del 14 Luglio 2015 - www.figc.it

Impugnazione Istanza:  (177) – DEFERIMENTO DEL PROCURATORE FEDERALE A CARICO DI: L.F., V.P., M.D.L., V.C., A.B., M.L.P., R.A., A.D.A., D.F., R.P., V.V., M.S., M.F., M.M., V.R., V.L., S.C., V.T., S.B., M.G. (Sezione AIA di Bernalda) - (nota n. 9105/209pf13-14/SP/GT/gb del 16.4.2015).

Massima: Il presidente della Sezione AIA è sanzionato con 14 mesi di inibizione per le violazioni:  a.- di cui al combinato disposto dell’art. 1, comma 1 (principi di lealtà, correttezza e probità), C.G.S. (oggi trasfuso nell’art. 1 bis comma 1 del nuovo C.G.S.) e 40, commi 1, 2 e 3 lett. a), del Regolamento AIA, per aver sottoscritto i verbali delle riunioni del C. di S., riunioni in realtà mai tenutesi; b.- di cui all’art. 1, comma 1 (principi di lealtà, correttezza e probità), C.G.S. (oggi trasfuso nell’art. 1 bis comma 1 del nuovo C.G.S.) e dell'art. 40 commi 1, 2 e 3 lett. a) del Regolamento AIA, per avere, omesso il controllo amministrativo in ordine alla provenienza delle richieste di sospensione dell’arbitro e di conseguente riammissione, dell’arbitro, le cui firme sono risultate apocrife in sede di indagine; c.- di cui all’art. 1, comma 1, (principi di lealtà, correttezza e probità), C.G.S. (oggi trasfuso nell’art. 1 bis comma 1 del nuovo C.G.S.) e dell'art. 40 commi 1, 2 e 3 lett. a) del Regolamento AIA, per avere, omesso il controllo sulla gestione delle cassa sezionale e per aver predisposto, con riferimento alla fattura di “Taccuini per Arbitro”, acquisto eseguito dallo stesso presso il negozio – omissis - dell’importo di euro 159,20, un pagamento con bonifico bancario intestato al legale rapp.te della stessa ditta, sig. – omissis -, per euro 164,20 (159,20 più spese per euro 5,00); nonché un pagamento per piccola cassa, pari ad euro 159,20, per “Acquisto taccuini” del 22/04/2013, senza aver esibito la fattura giustificativa di uno dei due acquisti; per avere, inoltre, predisposto, per l’acquisto di “Strenna natalizia” presso – omissis -, per euro 49,50, sia un pagamento per piccola cassa con oggetto “Omaggio Presidente Sezione di – omissis -” di euro 49,50, sia un assegno bancario n. – omissis - per euro 49,50 intestato a – omissis - regolarmente, addebitato sul conto corrente sezionale, ed infine, un ulteriore pagamento per piccola cassa, avente oggetto “Omaggio Sezione – omissis -” di euro 49,50, senza aver esibito le fatture giustificative di due dei tre acquisti dell’importo di euro 49,50 cadauno; d.- p di cui all’art. 1, comma 1 (principi di lealtà, correttezza e probità), C.G.S. (oggi trasfuso nell’art. 1 bis comma 1 del nuovo C.G.S.) e dell'art. 40, commi 1, 2 e 3 lett. a) del Regolamento AIA, per aver effettuato illegittime pressioni sull’associato – omissis -, che aggrediva con un calcio alle parti basse e stringendogli la gola con la mano, affinché ritrattasse l’esposto inviato; nonché sull’associato – omissis -, al quale suggeriva di non confermare quanto segnalato dal Paolicelli, altrimenti sarebbe stato deferito dalla procura arbitrale; ed infine, sull’associato – omissis -, al quale telefonava prima dell’audizione innanzi al procuratore AIA, dicendogli testualmente: “So che ti ha chiamato il vice presidente, non c’è bisogno di aggiungere altro, non mi deludere”; e.- di cui all’art. 1, comma 1 (principi di lealtà, correttezza e probità), C.G.S. (oggi trasfuso nell’art. 1 bis comma 1 del nuovo C.G.S.) e dell'art. 40, commi 1, 2 e 3 lett. a) del Regolamento AIA, in relazione all'art. 5, comma 1 (Consegna di Gestione), del Regolamento Amministrativo delle Sezioni, effettuando il passaggio di gestione sei mesi circa dopo l’insediamento avvenuto nel mese di giugno del 2012, consentendo inoltre, per detto periodo, la gestione sul conto corrente sezionale da parte dell’ex vice presidente – omissis -, pur non avendone lo stesso alcun titolo. Anche gli altri associati AIA, per le violazioni del Reg. AIA sono sanzionati.

 

Decisione Collegio di Garanzia dello Sport - C.O.N.I.: Decisione n. 15 del 22/05/2015  www.coni.it

Decisione impugnata: Decisione della Commissione di Disciplina d’Appello dell’A.I.A. 20 gennaio 2015, n. 29

Parti: V.C./ Federazione Italiana Giuoco Calcio/Associazione Italiana Arbitri

Massima: Il Collegio di Garanzia annulla con rinvio la delibera della Commissione di Disciplina Nazionale dell’A.I.A. con cui all’ Arbitro Benemerito è stata inflitta la sanzione disciplinare del “ritiro tessera”, per violazione dell’art. 8, comma 6, lett. m), e dell’art. 51, comma 1, del Regolamento A.I.A., “in quanto svolge attività di Ispettore di Lega Pro nella corrente stagione 2013-2014, nonostante «non avere ricevuto regolare autorizzazione» alla domanda inviata al Presidente dell’A.I.A., in quanto troppo afflittiva in riferimento alle violazioni contestate. È certamente vero che la sanzione disciplinare deve avere la propria base essenziale nell’oggettiva gravità della condotta contestata. È vero altresì che la condotta dell’incolpato – precedente, contestuale e successiva al fatto disciplinarmente rilevante – va tenuta in considerazione, potendo esprimere indici di maggiore o minore gravità della colpa, ovvero (in questo caso, in cui è fuor di dubbio che si tratti di violazione intenzionale) intensità del dolo. Nondimeno – in conformità al fondamentale paradigma normativo circa la graduazione della sanzione concretamente irrogabile, nell’ambito di quelle edittalmente comminate, che è costituito dall’art. 133 del codice penale – siffatti elementi non possono che essere apprezzati come vicende per così dire di contorno; che, pur potendo certamente incidere sull’entità della sanzione, giammai possono integrare il parametro esclusivo di individuazione e graduazione della pena inflitta. Invero, anche nell’ordinamento sportivo, un’eventuale dichiarazione di prava volontà futura (che, peraltro, nella specie il ricorrente nega di aver mai espresso, contestando l’interpretazione delle sue parole che è stata resa dalla Commissione di seconde cure) se da un lato può concorrere a integrare un parametro accessorio ai fini della corretta determinazione della sanzione, giammai può costituire oggetto primario della sanzione irroganda.  I principi di civiltà giuridica, secondo cui cogitationis poenam nemo patitur, devono dunque trovare applicazione anche nel diritto sportivo.  Se vi sarà una reiterazione della condotta, certamente il prevenuto – come recidivo, e previa contestazione della recidiva – potrà essere assoggettato a sanzioni più gravi, nei congrui casi anche espulsive; ma non può legittimamente sanzionarsi in modo esemplare una prava volontà futura, meramente dichiarata (ove mai nella specie lo sia stata, il che peraltro è controverso), ma in nessun modo tradotta in atto.  È alla stregua di tali principi che questo Collegio ritiene di dover scrutinare, come parzialmente fondato, il motivo di ricorso ora in esame. Tornando, dunque, alla concreta vicenda sottoposta al Collegio, è ben possibile che alla voluntas perserverandi sia attribuita valenza di circostanza “aggravante” (c.d. in senso atecnico, ossia in base ai parametri forniti dall’art. 133, I comma, n. 3, e II comma, n. 3, del codice penale) rispetto al fatto da sanzionare.  Nondimeno, valenza uguale e contraria (di circostanza impropriamente “attenuante”) è da riconoscersi alla “primarietà” della violazione, non constando – né, comunque, essendo stato contestato – alcun precedente disciplinare di rilievo a carico dell’odierno ricorrente. Tali circostanze avrebbero dovuto valutarsi comparativamente tra loro; e – salvo adeguata motivazione di segno diverso – esse tendenzialmente si bilanciano. Quanto alla condotta sanzionata, è certamente grave tenere in perfetto non cale un provvedimento del presidente dell’Associazione di appartenenza, svolgendo comunque un’attività soggetta ad autorizzazione dopo che quest’ultima sia stata denegata; né può invocarsi a giustificazione di tale condotta il fatto che il diniego sia stato immotivato, perché condizione necessaria per far valere tale ipotetico vizio di legittimità dell’atto denegativo – giammai, però, causa di inesistenza giuridica – sarebbe stata la sua tempestiva impugnazione, nella specie viceversa non proposta.  Non sarebbe però giuridicamente corretto consentire l’applicazione della più grave di tutte le sanzioni – quella del “ritiro tessera”, definitivamente espulsiva, che nella specie è stata applicata dai giudici sportivi di prime e di seconde cure – a fronte di ogni condotta intrinsecamente grave; perché la sanzione espulsiva, per sua natura intrinseca, deve essere riservata ai soli casi in cui il tesserato ha dimostrato un distacco assoluto e totale dai valori dello Sport, tale da non consentire la ragionevole formulazione di una prognosi di piena recuperabilità di tali valori. In ogni altro caso – fra cui certamente rientra quello in esame – il giudice sportivo deve applicare una sanzione non espulsiva, adeguatamente scelta nel tipo e nell’entità tra quelle previste dal diritto sportivo.  Con riguardo alla pur grave violazione che si è sanzionata nel caso di specie – e in considerazione delle sanzioni disciplinari comminate dall’art. 54, comma 1, del Regolamento dell’A.I.A. (in ordine crescente: a) il rimprovero; b) la censura; c) la sospensione sino ad un massimo di due anni; d) il ritiro della tessera) – questo Collegio ritiene ictu oculi incongruente, sproporzionata e violativa dei principi di diritto ai quali si è fatto richiamo, l’irrogazione della sanzione espulsiva, di cui alla lett. d) del comma 1 del prefato Regolamento. Più in particolare, tale irrogazione – che, in ipotesi, avrebbe potuto trovare congrua motivazione in caso di recidiva reiterata – non appare sostenibile a fronte della violazione primaria del diniego opposto dal Presidente A.I.A. nell’esercizio dei suoi poteri autorizzatori di cui al combinato disposto degli artt. 51, comma 1, e 8, comma 6, lett. m), del cit. Regolamento.  Né, rispetto alla violazione di cui trattasi, appare sufficiente a sorreggere una sanzione espulsiva il richiamo motivazionale operato dalla decisione 20 gennaio 2015, n. 29, della Commissione di Disciplina d’Appello dell’A.I.A. alla mera volontà di continuare a non osservare il diniego dell’autorizzazione richiesta (ove pure fosse questo il corretto significato da attribuire alle dichiarazioni rese dal ricorrente al Giudice di seconde cure), per le già evidenziate ragioni di principio circa la tendenziale irrilevanza degli illeciti di pura opinione, prima e senza che quest’ultima sia stata tradotta in atti materiali debitamente contestati al tesserato. Escluso, dunque, che all’odierno ricorrente possa essere applicata – per i fatti per i quali è stato deferito, e con salvezza invece dell’eventuale più grave sanzione in caso di reiterazioni future – la sanzione espulsiva di cui alla lettera d) del comma 1 del cit. art. 54 del Regolamento A.I.A., in parziale accoglimento del secondo motivo del proposto ricorso questo Collegio deve annullare, ai sensi dell’art. 62, comma 2, del Codice della giustizia sportiva, l’impugnata decisione resa dalla Commissione di Disciplina d’Appello dell’A.I.A. 20 gennaio 2015, n. 29, rinviando l’ulteriore cognizione sull’affare in trattazione alla stessa Commissione, ai fini della rideterminazione della sanzione concretamente da irrogarsi, enunciando il principio di diritto di cui infra, cui il giudice di rinvio dovrà attenersi. «In caso di irrogazione di sanzione disciplinare palesemente incongruente rispetto alla gravità giuridica della condotta sanzionata, il Collegio di garanzia dello Sport annulla la decisione impugnata e rinvia la cognizione dell’affare alla Corte federale di appello che ebbe a pronunciarla, affinché essa proceda a rideterminare la tipologia di sanzione irroganda (con esclusione, nel caso di specie, di quella espulsiva), altresì congruamente motivando – ove ritenga di applicare quella di durata variabile di cui all’art. 54, comma 1, lett. c), del Regolamento dell’Associazione Italiana Arbitri – in ordine alla relativa misura (che, nella specie, andrà rideterminata in un’entità tendenzialmente intermedia tra il minimo e il massimo edittale)».

 

Decisione C.F.A.: Comunicato ufficiale n. 045/CFA del 16 Aprile 2015 e con motivazioni pubblicate sul Comunicato ufficiale n. 077/CFA del 24 Giugno 2015 e su www.figc.it

Decisione Impugnata: Delibera del Tribunale Federale Territoriale c/o Comitato Regionale Lazio – Com. Uff. n. 187/LND del 6.3.2015

Impugnazione – istanza:5. RICORSO SIG.A C.C. AVVERSO LA SANZIONE DELLA INIBIZIONE DI MESI 12 INFLITTA SEGUITO DEFERIMENTO DEL PROCURATORE FEDERALE PER VIOLAZIONE DELL’ART.1 BIS, COMMA 1 C.G.S. CON RIFERIMENTO ALL’ART. 40 COMMI 1 E 2 DEL REGOLAMENTO A.I.A. (NOTA N. 4862/1169 PF 13-14/AM/MA DEL 12.1.2015)

Massima: La Corte ridetermina la sanzione della inibizione di mesi 4 inflitta all’ arbitro effettivo per la violazione dell’art. 1, comma 1, C.G.S. (oggi 1 bis, comma 1) con riferimento all’art. 40, commi 1 e 2, Reg. AIA. perché sul sito dell’Associazione sportiva Arbitri veniva pubblicizzata – con l’utilizzazione del marchio dell’AIA e delle divise Diadora – la formazione di arbitri per la direzione di gare amatoriali di calcio a 5 e a 8.

 

Decisione C.D.N.: Comunicato Ufficiale n.87/CDN  del 5 Giugno 2014 - www.figc.it

Impugnazione Istanza: (335) – DEFERIMENTO DEL PROCURATORE FEDERALE A CARICO DI: S.D.A. (Arbitro effettivo della Sezione AIA di Ascoli Piceno) (nota n. 6067/183 pf13-14 AM/ma del 22.4.2014).

Massima: L’arbitro effettivo Arbitro effettivo è sanzionato con l’inibizione di giorni 15 per la violazione di cui all’art. 1 comma 1 del Codice di Giustizia Sportiva, per avere, nel corso della gara, pronunciato nei confronti di due signore, addette al servizio sanitario, un’espressione volgare ed offensiva, denotando un comportamento non rispettoso dei principi di rettitudine e probità statuiti dalla richiamata nota.

Decisione C.D.N.: Comunicato Ufficiale n.86/CDN del 29 Maggio 2014 - www.figc.it

Impugnazione Istanza: (304) – DEFERIMENTO DEL PROCURATORE FEDERALE A CARICO DI: S.D.E. (Arbitro Effettivo CRA Emilia Romagna) (nota n. 5296/544 pf11-12/MS/vdb del 27.3.2014)

Massima: L’arbitro facente parte del CRA viene prosciolto, per mancanza di prove, dalla violazione dell’art. 1, comma 1 CGS in relazione all’art. 40, comma 1 e 3 lett. c), del Regolamento AIA per aver posto in essere un comportamento scurrile e volgare “toccandosi i testicoli”, in segno di scherno verso la tribuna in occasione di una contestazione, nel corso della partita ed altresì per aver contattato la giocatrice della società, scrivendo sul profilo facebook della stessa la seguente frase “Ciao, sono l’arbitro di ieri complimenti sei stata la migliore in campo…giuoco maschio e tante botte…”, così non rispettando i principi di lealtà, trasparenza, rettitudine, della comune morale a difesa della credibilità ed immagine dell’AIA e del ruolo arbitrale.

 

Decisione T.N.A.S.–C.O.N.I.: Lodo arbitrale del 8 maggio 2014 – www.coni.it

Decisione impugnata: Delibera della Commissione di Disciplina d’Appello dell’A.I.A. n. 7 del 20 settembre 2013

Parti: Dott. A.D.M. / Associazione Italiana Arbitri e Federazione Italiana Giuoco Calcio

Massima: Il TNAS riduce ad anni 2 la sanzione inflitta all’arbitro dalla Commissione di Disciplina d’Appello dell’A.I.A., per le molteplici violazioni ex art. 40, numeri 1, 3 e 4 del Regolamento A.I.A. A mente dell’art. 54, comma 1, del Regolamento A.I.A., “le sanzioni disciplinari applicabili, secondo l’ordine di gravita, sono: a) il rimprovero; b) la censura scritta; c) la sospensione sino ad un massimo di due anni; d) il ritiro della tessera”. Ebbene, l’Arbitro Unico ritiene che la sanzione ab origine da applicare al caso de quo non possa essere quella della sospensione di anni due dalle cariche associative. La condotta posta in essere dal Dott. – omissis - , infatti, si ritiene non possa essere considerata cosi grave da far scattare il massimo della sanzione prevista in caso di sospensione. Infatti, non si può sottacere la circostanza che nessuno dei destinatari delle mail abbia fatto denuncia presso le competenti autorità, anche sportive, circa il contenuto delle mail ricevute; addirittura, uno dei destinatari delle mail, sentito in sede di audizione, ha dichiarato di non aver mai ricevuto alcuna mail dal Dott. – omissis -. Tali circostanze parrebbero giustificare da sole la sanzione della sospensione di anni uno e mesi sei dalle cariche associative. Va da se, comunque, che la vicenda in oggetto non può essere considerata come un unicum disciplinare nella storia associativa del Dott. – omissis -. Conseguentemente, e giusto che al caso di specie debba essere applicato anche quanto previsto ex art. 7, comma 4, lett. c) delle Norme di Disciplina che prevede, tra le circostanza aggravanti, anche “l’esistenza di precedenti sanzioni disciplinari, anche non di recidiva specifica”. Pertanto, poiché le precedenti e diverse sanzioni avevano ad oggetto condotte diverse da quella per cui oggi e lite, e considerato che ab origine la giusta sanzione da riconoscere ai danni dell’odierno intimato sarebbe stata quella della sospensione di anni uno e mesi sei dalla cariche associative, e riconosciuto comunque un comportamento recidivo del Dott. – omissis - rispetto ai doveri ed obblighi di chiunque appartenente all’A.I.A., l’Arbitro Unico conferma la sanzione inflitta all’istante dalla Commissione di Disciplina Nazionale di anni due di sospensione, cosi calcolati: anni uno e mesi sei ex art. dell’art. 54, comma 1, del Regolamento A.I.A.; sei mesi quale recidiva ex art. 7, comma 4, lett. c) delle Norme di Disciplina.

 

Decisione C.D.N.: Comunicato Ufficiale n.72/CDN  del 23 Aprile 2014 - www.figc.it

Impugnazione Istanza:(280) – DEFERIMENTO DEL PROCURATORE FEDERALE A CARICO DI: G.D.O. (Arbitro effettivo Sezione AIA Finale Emilia) - (nota n. 5026/248 pf 13- 14/AM/ma del 13.3.2014).

Massima: L’arbitro effettivo viene prosciolto dalla violazione di cui all’art. 1, comma 1 CGS e dell’art. 40, comma 1, 2 e  3 lett. a) e h) del Regolamento A.I.A. “perché, nel redigere il rapporto relativo alla gara, , nell’esercizio del “potere (rectius: dovere) referendario” di cui  all’art. 40, co. 3 lett. h), riportava comportamenti mai tenuti ed espressioni mai pronunciate  dal dirigente, causando allo stesso l’irrogazione dell’ingiusta sanzione  definitiva di otto mesi e mezzo di inibizione” in quanto

Non vi è stata revocazione della decisione che ha accertato che il dirigente fu autore della condotta che la Procura ritiene ora falsamente refertata dall’arbitro, la permanenza di tale originaria decisione varrebbe a precludere ogni ulteriore accertamento con essa incompatibile. Sotto altro profilo – non meno rilevante – devesi osservare come, nella specie, non si rinvengono le speciali circostanze (la esistenza “prevalente” di altri atti, muniti di fede privilegiata, che lo smentiscano; la contraddittorietà intrinseca dell’atto medesimo; il fatto notorio) idonee a privare il referto arbitrale in questione della fede privilegiata di cui esso generalmente gode ex art. 35 comma 1.1 CGS. A questo riguardo, devesi, in particolare, osservare come le dichiarazioni rese a seguito di convocazione da parte degli assistenti di linea (e che sembrano discostarsi dalla ricostruzione fattuale operata dall’arbitro) non rientrano tra gli atti ufficiali muniti di fede privilegiata ai sensi della norma citata.

 

Decisione T.N.A.S.–C.O.N.I.: Lodo arbitrale del 17 gennaio 2014  –  www.coni.it

Decisione impugnata: Provvedimento di mancata riassegnazione e/o reinquadramento nella qualifica di Arbitro Benemerito

Parti: Dott. T.L. / Federazione Italiana Giuoco Calcio e Associazione Italiana Arbitri

Massima: Il TNAS accoglie l’istanza di arbitrato avverso la delibera del Comitato Nazionale AIA con la quale era stata disposta la revoca, ex art. 48, comma 6, Reg. AIA, della benemerenza arbitrale del ricorrente sussistendo in capo agli Organi competenti AIA un potere di riesame. La sopravvenienza normativa di una disposizione ritenuta più favorevole per l’istante, qual è quella del novellato art. 48, comma 6, citato, non può avere effetti applicativi automatici in riferimento a un provvedimento emanato a conclusione di un procedimento interamente svoltosi sotto la vigenza della normativa precedente. Non si tratta, nel caso di specie, quindi, di chiedere agli Organi competenti di emanare un atto dovuto perché, effettivamente, non esiste una norma nel Regolamento AIA che preveda espressamente la possibilità di riassegnare una benemerenza arbitrale al soggetto al quale era stata revocata, come una sorta di “riabilitazione”; o di chiedere agli Organi competenti di esercitare un potere di annullamento in via di autotutela, perché la norma dell’art. 48, comma 6, citato è stata modificata dai competenti organi associativi all’esito di un ordinario processo di aggiornamento normativo. Si tratta, pertanto, più esattamente, di riconoscere sussistente in capo al Presidente dell’AIA e al Comitato Nazionale, nei rispettivi ambiti di competenza, un potere di provvedere sulla richiesta di riesame, potere che discende da un principio generale e immanente, insito nell’ordinamento anche sportivo e che è pienamente riconducibile nell’alveo delle competenze attribuite ai predetti Organi. Tale potere risponde a esigenze di opportunità e consegue alla valutazione discrezionale di mutate circostanze e motivi sopravvenuti che inducono a rimeditare, con effetto ex nunc, il potere precedentemente esercitato con l’atto da riesaminare e del quale costituiscono espressione.

 

Decisione T.N.A.S.–C.O.N.I.: Lodo arbitrale del 9 maggio 2012– www.coni.it

Decisione impugnata: Delibera della Commissione Disciplinare d’Appello dell’AIA

Parti: Sig. G.P. / FEDERAZIONE ITALIANA GIUOCO CALCIO

Massima TNAS: (1) L’art. 43 n. 5 delle norme di Funzionamento degli Organi Tecnici sancisce l’espresso divieto per il Presidente di Sezione dell’AIA di dirigere gare per tutta la durata della carica. La violazione di tale divieto, unitamente alla circostanza che il Presidente ha anche consentito ad altro associato di svolgere le funzioni tecniche senza la prescritta certificazione medica, rende congrua la sanzione della sospensione di 13 mesi. Ciò tanto più in considerazione sia del ruolo ricoperto e delle funzioni svolte e sia del fatto che al Presidente, cui era stato ricordato il suddetto divieto con apposito avviso, ha ritenuto di porre egualmente in essere il comportamento vietato.

 

Decisione T.N.A.S.–C.O.N.I.: Lodo arbitrale del 6 luglio 2012– www.coni.it

Decisione impugnata: Delibera della CDA n. 31 del 23 marzo 2012

Parti: Sig. A.P. / FEDERAZIONE ITALIANA GIUOCO CALCIO e ASSOCIAZIONE ITALIANA ARBITRI

Massima TNAS: (1) Il rispetto per gli associati degli obblighi di comportamento stabiliti dall’art. 40 del Regolamento AIA ha importanza fondamentale. Il ruolo di garanzia svolto dagli arbitri per il regolare svolgimento delle competizioni calcistiche esige infatti una stretta osservanza dei doveri, assai generali nell’enunciazione, ma di contenuto puntualmente identificabile nella loro dimensione concreta, di trasparenza, correttezza, probità, lealtà e rettitudine: la credibilità del ruolo arbitrale è essenziale per la credibilità del movimento calcistico; ed essa sussiste solo se i fondamentali doveri di comportamento vengono integralmente rispettati.

Massima TNAS: (2) Iniziative denigratorie poste in essere da associati allo scopo di mettere in “cattiva luce” dirigenti arbitrali (o altri associati), accusandoli di comportamenti scorretti, e di esercitare indebite pressioni, costituiscono violazione dei menzionati precetti. Deve peraltro essere evitata una applicazione “estrema” del suddetto principio, per evitare che vengano in ogni caso represse iniziative, coltivate all’interno dell’associazione, intese a richiamare altri associati al rispetto degli stessi doveri di comportamento cui siffatto principio è ispirato: non può ritenersi che in presenza di ragionevoli dubbi sul non rispetto delle regole associative da parte di altri associati, agli arbitri sia vietato comunque esporre, con le dovute forme e nel rispetto delle regole, i propri motivi di lamentela. Pertanto, il comportamento di un arbitro che denunci azioni od omissioni illecite di altro associato è idoneo a realizzare una violazione dei doveri di lealtà, correttezza e probità solo in presenza di specifiche condizioni, legate alle modalità con le quali esso materialmente si realizza: ad esempio, ciò avviene quando esso si svolga attraverso enunciazioni ad organi esterni all’associazione, poiché in tale caso comunque esso non mira ad ottenere una valutazione del comportamento denunciato da parte dei competenti organi associativi; oppure quando, pur rivolto ad altri organi dell’associazione, esso non si basi su elementi oggettivi che, valutati ex ante, possano far ragionevolmente e in buona fede ritenere la sussistenza di una violazione altrui; o, ancora, quando si realizzi con espressioni, modalità e termini inappropriati per gli appartenenti alla classe arbitrale

 

Decisione T.N.A.S.–C.O.N.I.: Lodo arbitrale del 03 Marzo 2011 –  www.coni.it

Decisione impugnata: Delibera della Commissione d’Appello AIA, con decisione n. 15 del 29 settembre 2010

Parti: SIG. D.M. / FEDERAZIONE ITALIANA GIUOCO CALCIO E ASSOCIAZIONE ITALIANA ARBITRI

Massima TNAS: (3) Il Presidente di una sezione AIA ha il potere di impartire direttive in relazione alla consegna delle tessere agli associati ed all’incasso delle quote sociali. La violazione di siffatte direttive ricade nella previsione dell’art. 40, comma 3 lett. a (in forza del quale gli arbitri sono obbligati a rispettare, tra l’altro, “ogni … direttiva e disposizione emanata dai competenti organi associativi”) ovvero dell’art. 40, comma 3 lett. c (che impone agli arbitri di tenere un “comportamento, anche estraneo allo svolgimento dell’attività sportiva, … rispettoso dei principi di lealtà, trasparenza, rettitudine, della comune morale a difesa della credibilità ed immagine dell’AIA e del loro ruolo arbitrale”).

 

Decisione T.N.A.S.–C.O.N.I.: Lodo arbitrale del 22 Giugno 2010 – www.coni.it

Decisione impugnata: Decisione del Comitato Nazionale dell’AIA del 18 febbraio 2010

Parti: SIG. P.D./ FEDERAZIONE ITALIANA GIUCO CALCIO e ASSOCIAZIONE ITALIANA ARBITRI

Massima TNAS: (2) Dal sistema del Regolamento AIA – nonché, più in generale, da quello della FIGC – possa dedursi:

a. un principio di leale cooperazione tra le autorità sportive e le autorità dello Stato (art. 2 comma 2 dello Statuto della FIGC); b. un obbligo incombente agli arbitri (e dunque anche agli associati nella Sezione) di comportarsi in ogni rapporto comunque riferibile all’attività sportiva con trasparenza, correttezza e probità (art. 40 comma 1 del Regolamento AIA); c. il dovere degli arbitri (e dunque anche degli associati nella Sezione) di tenere un comportamento rispettoso dei principi di lealtà, di trasparenza, di rettitudine, e della comune morale, a difesa della credibilità e dell’immagine dell’AIA e del loro ruolo arbitrale (art. 40 comma 3 lett. c del Regolamento AIA); d. la possibilità che la sottoposizione dell’associato AIA ad indagine per delitto doloso possa recare pregiudizio all’immagine dell’AIA e/o della FIGC (tanto che in siffatta situazione è possibile l’adozione di una sospensione cautelare dell’associato: art. 8 comma 6 lett. h del Regolamento AIA). Conseguentemente l’elezione di soggetto condannato per reati di frode sportiva, ancorché con sentenza suscettibile di impugnazione, ad una carica dell’organizzazione arbitrale, con funzioni rilevanti anche per lo svolgimento di competizioni, sia in antitesi con il rispetto dovuto alle pronunce dell’autorità giudiziaria e rappresenti, per i soggetti che l’hanno posta in essere, ossia gli associati presso la Sezione, un comportamento contrario ai principi di lealtà, correttezza e probità loro imposti a difesa della credibilità e dell’immagine dell’AIA.

Decisione C.D.N.: Comunicato Ufficiale n.81//CDN del 19 Aprile 2011 n. 5 - www.figc.it

Impugnazione – istanza: (353) – Deferimento della Procura Federale a carico di: G.D.A. (A.B. della Sezione AIA di Trento), V.Z. (Collaboratore del Comitato Provinciale Autonomo di Trento), M.R. (Componente del Comitato Provinciale Autonomo di Trento) (nota n. 6494/212pf10-11/AM/ma del 15.3.2011).

Massima:  L’arbitro risponde della violazione di cui all’art. 1, comma 1, del Codice di Giustizia Sportiva, in riferimento all’art. 40, commi 1 e 4 lett. a), del vigente Regolamento A.I.A., per aver contravvenuto ai principi di lealtà, correttezza e probità sportiva per aver arbitrato senza avere la necessaria abilitazione e privo di autorizzazione nella stagione sportiva 2009-2010 5 gare del Campionato Amatori.

 

Decisione C.D.N.: Comunicato Ufficiale n.81//CDN del 19 Aprile 2011 n. 3 - www.figc.it

Impugnazione – istanza: (352) – Deferimento della Procura Federale a carico di: G.Z. (Dirigente della Soc. ASD Union Quinto), L.S. (Presidente della Sezione AIA di Treviso) e della società ASD Union Quinto (nota n. 6473/432pf10-11/AM/ma del 14.3.2011).

Massima: Il Presidente della Sezione AIA risponde della violazione dell’art. 1 comma 1 e 3 del Codice di Giustizia per avere, in spregio ai principi di lealtà, correttezza e probità sportiva e a quei doveri di trasparenza e terzietà ai quali debbono uniformarsi tutti gli appartenenti all’AIA nello svolgimento delle proprie funzioni e in ogni rapporto comunque riferibile all’attività sportiva, nella propria qualità di Presidente della Sezione AIA, tentato di indurre, abusando della propria posizione di sovraordinazione gerarchica e prospettando inique vessazioni, l’AE, proprio subalterno, sia, ad omettere di annotare nel referto steso all’esito dell’incontro valevole per il Campionato Provinciale “Esordienti” stagione sportiva 2010- 2011, le scarse condizioni igieniche del proprio spogliatoio, sia, poi, a ritrattare il contenuto dell’esposto – denuncia dal medesimo presentato alla Procura Federale, in data 08/11/2010, per rappresentare quanto occorsogli al termine di quella gara e a ragguagliarlo riguardo all’incontro in programma con l’Organo Inquirente per essere ascoltato in merito a quell’esposto – denuncia, in modo da essere messo al corrente degli sviluppi dell’indagine in corso ed avere, per l’effetto, la possibilità di precostituire un’adeguata linea difensiva, nonché, in ultimo, per aver mancato, senza addurre alcun giustificato motivo di impedimento, di rispondere alle reiterate convocazioni da parte dell’Organo Inquirente per essere sentito sui fatti di cui al presente procedimento

Massima: Il dirigente della società risponde della violazione dell’art. 1 comma 1 e 4 del Codice di Giustizia Sportiva per avere, in violazione dei principi di lealtà, correttezza e probità sportiva e del divieto di intrattenere rapporti di abitualità con gli associati AIA, telefonato al termine della gara valevole per il Campionato Provinciale “Esordienti” stagione sportiva 2010-11, al Presidente della Sezione AIA, con il quale, evidentemente, per i propri trascorsi nell’A.I.A. ed anche per avere la disponibilità del numero di utenza mobile, intratteneva rapporti di abitualità, affinché questi in forza del proprio potere di sovra ordinazione gerarchica, intervenisse sul proprio subalterno, l’AE, arbitro dell’anzidetto incontro, per convincerlo ad omettere di annotare sul referto steso al termine di quest’ultimo le scarse condizioni igieniche riscontrate all’interno dello spogliatoio in uso al direttore di gara e ciò al fine di riuscire ad evitare alla propria società una sanzione disciplinare.

 

Decisione C.G.F. - Sezioni Unite: Comunicato ufficiale n. 110/CGF del 02 Gennaio 2011 n.4 e con motivazioni pubblicate sul Comunicato ufficiale n. 158/CGF del 19 Gennaio 2011 n. 4 e su www.figc.it

Decisone impugnata: Delibera della Commissione Disciplinare Nazionale – Com. Uff. n. 23/CDN del 25.10.2010

Impugnazione – istanza: 4) Ricorso sig. M.F., all’epoca dei fatti presidente del Comitato Regionale Arbitri del Trentino Alto Adige avverso la sanzione della sospensione per giorni 60, inflitta al reclamante per violazione dell’art. 1, comma 1 C.G.S. a seguito di deferimento del procuratore federale – nota n. 4137/1040pf08-09/sp/blp del 20.1.2010

Massima: Il Presidente del Comitato Regionale Arbitri è sanzionato con l’ammenda e non con la sospensione (già espiata) per giorni 60 per molteplici profili di violazione degli artt. 1, comma 1 e 8, comma 2 C.G.S., con riferimento all’art. 17, commi 2 e 3 del Regolamento A.I.A. in relazione alla sua amministrazione del Comitato Regionale AIA che aveva prodotto “evidenti anomalie gestionali, contabili ed amministrative”, analiticamente descritte. In particolare, si contestava il mancato adempimento di obbligazioni pecuniarie nei confronti di prestatori di servizi a favore del Comitato stesso, l’incompleta erogazione alle Sezioni arbitrali collegate dei contributi ordinari per il 2008 nonché di quelli per le designazioni arbitrali per la Stagione Sportiva 2007/2008, il mancato pagamento del corrispettivo per la fornitura di energia elettrica, l’omessa registrazione dei dati relativi ai rimborsi per le spese arbitrali della stagione prima indicata, la mancata deliberazione del contributo straordinario per le spese di trasloco della sede del Comitato, la mancata annotazione nelle scritture contabili di specifici debiti, la violazione di regole contabili con riguardo a determinati acquisti (schede telefoniche, beni mobili) e spese (non autorizzate o prive di note di giustificazione). Nell’atto di deferimento si poneva in rilievo che i fatti addebitati costituivano manifestazioni di condotte non conformi ai principi di lealtà, correttezza e probità che ogni tesserato deve osservare in tutti i rapporti comunque riferibili alla propria attività nonché comportamenti diretti ad eludere la normativa federale in materia gestionale ed economica, avuto riguardo ai doveri funzionali dei Presidenti dei Comitati Regionali dell’A.I.A. in materia di impiego dei fondi a qualsiasi titolo da tali organi incamerati. L’attività di indagine, capillare e minuziosa, ha inequivocamente dimostrato tutte le fallacie gestorie e contabili indicate nell’atto di deferimento: né il reclamante ha potuto persuasivamente e con efficacia probatoria dimostrarne l’insussistenza. Al riguardo è sufficiente il riferimento alle reiterate, diffuse e non sanate carenze amministrative che hanno portato tanto ad esposizioni debitorie del comitato presieduto dal presidente quanto alla mancata erogazione di contributi a favore delle sezioni collegate. Ed inoltre, non può in alcun modo ritenersi che le condotte in questione siano state determinate da stato di necessità, in quanto della esimente mancano gli elementi costituvi, ed in particolare la prova che le azioni e le omissioni in questione siano state dettate dalla necessità di sottrarre l’autore ad un pericolo grave alla propria persona o alla propria libertà. E’, piuttosto, vero che l’origine delle condotte che qui rilevano va ravvisata in una gestione approssimativa e superficiale, per quanto non sintomatica di atteggiamento gravemente e inescusabilmente anti doveroso, rilevante sul piano dei principi dell’ordinamento federale generale. Ciò premesso, queste Sezioni Unite ritengono che la sanzione più appropriata da applicare al reclamante debba essere quale della ammonizione, tenuto conto che la sua personalità, anche quale è emersa attraverso la appassionata attività difensiva, non ne rivela un indole strutturalmente scorretta o perseverante nella violazione di doveri funzionali, quanto una non particolarmente spiccata versatilità in compiti di amministrazione e direzione, come messo in rilievo nella sentenza di proscioglimento pronunciata in sede disciplinare arbitrale. Del resto, il reclamante ha già scontato in ambito endosettoriale una non breve sospensione. Alla luce di queste considerazioni il limitato rilievo nel generale ambito federale delle condotte, associato alla emersione di una figura tutt’altro che improntata alla sistematica disapplicazione o elusione di precetti generali, giustifica la sostanziale mitigazione della pena, in questa sede individuata, come prima detto, nella ammonizione.

 

Decisione T.N.A.S.–C.O.N.I.: Lodo Arbitrale del 03 marzo 2011 – www.coni.it 

Decisione impugnata: Delibera della Commissione d’Appello AIA, con decisione n. 15 del 29 settembre 2010

Parti: Sig.D.M. contro Federazione Italiana Giuoco Calcio e Associazione Italiana Arbitri

Massima: Viene ridotta ad 1 anno, la originaria sanzione della sospensione di 1 anno e 6 mesi irrogata all’arbitro dalla Commissione d’Appello AIA per la violazione dell’art. 40, comma 3, lett. a) e c) del Regolamento AIA, per il “prelievo non autorizzato di due tessere federali in sezione, in seguito non consegnate agli associati legittimi titolari, comportamento grazie al quale si è potuto verificare l’ulteriore illecito disciplinare (il tentativo fraudolento di una delle tessere federali da parte di un terzo estraneo all’AIA) realizzato dal diverso associato Mauro Massimo, venuto in possesso di una delle tessere federali attraverso soggetti ovvero fatti e comportamenti non potuti compiutamente individuare e accertare per scarsa collaborazione e lealtà nelle indagini”. L’Arbitro Unico rileva che le norme in base alle quali le argomentazioni del Ricorrente devono essere esaminate sono poste art. 52 del Regolamento AIA e dall’art. 4 delle Norme di Disciplina AIA. In particolare, l’art. 52, comma 3 del Regolamento AIA prevede che “Nell’atto di deferimento la condotta contestata deve essere descritta in forma chiara e precisa con indicazione delle norme asseritamente violate e delle eventuali circostanze aggravanti.; l’art. 4, comma 6, lett. g) delle Norme di Disciplina AIA stabilisce poi che “L’atto di deferimento trasmesso dalla Procura Arbitrale alle Commissioni di Disciplina competenti deve contenere: […] g. la contestazione dell’infrazione disciplinare, contenente, a pena di nullità, l’enunciazione chiara e precisa del fatto, delle norme violate e delle eventuali circostanze aggravanti”. Siffatte regole sono finalizzate alla individuazione, tra l’altro, dei fatti oggetto di contestazione per i quali il procedimento si avvia, per consentire all’incolpato di esercitare il suo (essenziale) diritto di difesa. Ebbene, in tale quadro, appare evidente come il nucleo dei fatti contestati al ricorrente sia rimasto essenzialmente lo stesso, essendo riferito alla violazione delle direttive, impartite dal Presidente della Sezione, relative alla distribuzione delle tessere degli associati. La circostanza poi che il “prelievo non autorizzato” riguardasse una, due o tre tessere non assume rilievo determinante quanto alla realizzazione dell’illecito. E ciò anche in considerazione dell’irrilevanza, al fine della definizione dell’illecito addebitato al ricorrente, delle vicende che hanno interessato siffatte tessere dopo il loro prelievo in Sezione. In ogni caso, l’Arbitro Unico rileva come dal menzionato rilievo lo stesso Ricorrente non deduca effettivi pregiudizi al proprio diritto di difesa nell’ambito del giudizio disciplinare di fronte agli organi AIA. Inoltre, il diritto del ricorrente di essere ascoltato è stato pienamente garantito nell’ambito di questo arbitrato TNAS. Dunque, anche per questi motivi, il profilo di censura svolto dal Ricorrente in relazione ad un pretesa modificazione nella Decisione della Commissione d’Appello dell’imputazione originariamente formulata dalla Procura Arbitrale deve essere respinto. Il secondo profilo attiene ad una pretesa illogicità della Decisione della Commissione d’Appello, in quanto in essa si sarebbe condannato il ricorrente per un illecito posto in essere da altri, laddove il Ricorrente sottolinea che nessuna censura possa essergli addebitata per il tentativo di successivo utilizzo illegittimo della tessera intestata all’altro associato. L’Arbitro Unico non condivide nemmeno questa censura e rileva come assai chiaramente la Decisione della Commissione d’Appello abbia recato la condanna del ricorrente unicamente per fatti a lui addebitati, ossia il prelievo non autorizzato delle tessere federali. La successiva illegittima utilizzazione di una di quelle tessere, infatti, appare ricollegata, nella motivazione della Decisione della Commissione d’Appello, solo in via di conseguenza a comportamenti del Ricorrente: ma nessuna sanzione appare imposta al ricorrente per comportamenti che, sia pure ritenuti occasionati dalle sue azioni, sono stati imputati ad altri soggetti, per essi specificamente sanzionati. Con il terzo (e principale) profilo di censura, poi, il Ricorrente impugna la Decisione della Commissione d’Appello, contestando la sussistenza della violazione dell’art. 40, comma 3, lett. a) e c) del Regolamento AIA, e ciò per due motivi: in primo luogo, poiché non vi sarebbe prova della commissione della condotta illecita imputatagli, ed in particolare dell’assenza di autorizzazione al “prelievo” delle tessere in questione; in secondo luogo, poiché il comportamento da lui posto in essere in nessun modo potrebbe essere considerato illegittimo, non essendovi alcuna norma o direttiva che vieti al consigliere di sezione di consegnare le tessere agli arbitri direttamente al loro domicilio. Nell’esaminare tale profilo appare all’Arbitro Unico opportuno in via preliminare sottolineare come sia incontestato che il Presidente della Sezione non abbia prestato alcun consenso (o abbia attribuito ad altri il potere di prestare il consenso) alla consegna al ricorrente delle tessere per cui è insorta controversia, al fine della successiva consegna ai rispettivi intestatari. Il punto risulta tra l’altro dal verbale del Consiglio Direttivo della Sezione e non è stato contestato in alcun modo dal Ricorrente. L’Arbitro Unico allo stesso tempo rileva che i. il Presidente della Sezione aveva senz’altro il potere di impartire direttive in relazione alla consegna delle tessere agli associati ed all’incasso delle quote sociali: in base all’art. 23, comma 3 del Regolamento AIA, infatti, tra le attribuzioni del presidente di sezione rientrano quelle di curare il rapporto associativo degli arbitri residenti nel territorio di propria giurisdizione (lett. i) e di incassare le quote associative (lett. p); ii. la violazione di siffatte direttive ricade nella previsione dell’art. 40, comma 3 lett. a (in forza del quale gli arbitri sono obbligati a rispettare, tra l’altro, “ogni … direttiva e disposizione emanata dai competenti organi associativi”) ovvero dell’art. 40, comma 3 lett. c (che impone agli arbitri di tenere un “comportamento, anche estraneo allo svolgimento dell’attività sportiva, … rispettoso dei principi di lealtà, trasparenza, rettitudine, della comune morale a difesa della credibilità ed immagine dell’AIA e del loro ruolo arbitrale”). In tale quadro, dunque, irrilevante appare all’Arbitro Unico stabilire se il “prelievo” delle tessere presso la Sezione da parte del ricorrente sia avvenuto con il consenso o meno del Segretario. Le testimonianze sul punto, quali raccolte all’udienza dell’arbitrato o comunque offerte nel corso del procedimento disciplinare, sono peraltro diametralmente contrastanti e non consentono di ricostruire l’esatto svolgimento dei fatti, sulla base di un accertamento che vada al di là della mera valutazione (soggettiva) di attendibilità di questo o di quel testimone. In ogni caso la rilevazione che le tessere dovevano, per disposizione del Presidente della Sezione, essere consegnate personalmente agli intestatari, anche allo scopo di raccogliere da questi le corrispondenti quote associative, consente di qualificare comunque come illecito il comportamento del ricorrente: anche cioè ove si accedesse alla tesi svolta dal Ricorrente, quale sostenuta dalle dichiarazioni dei testimoni da lui indicati, secondo cui in nessun modo il sig. ricorrente si è appropriato delle tessere contro l’avviso del Segretario della Sezione, il prelievo delle tessere in violazione delle direttive del Presidente realizzerebbe l’illecito di cui all’art. 40, comma 3, lett. a) e c) del Regolamento AIA. Dunque anche sotto tale profilo i motivi di censura svolti dal Ricorrente non possono essere condivisi. La Decisione della Commissione d’Appello va pertanto, in relazione all’accertamento della responsabilità del ricorrente, confermata. B.2 Sulla misura della sanzione. Il Ricorrente contesta peraltro anche la misura della sanzione inflittagli, ritenuta eccessiva. . L’Arbitro Unico ritiene che sotto questo profilo la domanda del Ricorrente possa essere parzialmente accolta e dunque la misura della sanzione rideterminata. L’art. 53, comma 1 del Regolamento AIA, infatti, prevede che “le sanzioni disciplinari applicabili, secondo l’ordine di gravità, sono: a) il rimprovero; b) la censura scritta; c) la sospensione sino ad un massimo di due anni; d) il ritiro della tessera”. In base all’art. 53, comma 4 del Regolamento AIA, poi, che “la sanzione è graduata in considerazione della gravità dell’infrazione e della condotta dell’associato, precedente e successiva all’infrazione medesima”. L’art. 7, comma 4, lett. c delle Norme di Disciplina AIA prevede tra le circostanze aggravanti anche “l’esistenza di precedenti sanzioni disciplinari, anche non di recidiva specifica”. La Commissione d’Appello AIA, tenuto conto delle sanzioni irrogabili ai sensi dell’art. 53, comma 1 del Regolamento AIA, la hanno determinata, nel caso concreto, nella forma della sospensione e nella misura di un anno e sei mesi. L’Arbitro Unico rileva in primo luogo che al ricorrente non è stata contesta alcuna recidiva. Inoltre, come non risulti accertato che il prelievo della tessera sia avvenuto contro il parere del Segretario della Sezione. E tale secondo aspetto, ritenuto provato sulla base di una mera valutazione di attendibilità da parte della Commissione d’Appello AIA, ma che non appare confermato in questo arbitrato, per quanto non escluda la responsabilità del Ricorrente, consente di graduare diversamente la sanzione, pur sottolineando la gravità del comportamento del ricorrente, consigliere della Sezione. Ragioni di equità, dunque, anche considerando la misura della sanzione imposta ad altri arbitri per violazioni assai più gravi, inducono l’Arbitro Unico a ritenere che l’applicazione della sanzione della sospensione in una misura più bassa, ossia la sospensione per un periodo di un anno, decorrente nei termini già determinati dalla Commissione d’Appello AIA, sia la più appropriata.

 

Decisione T.N.A.S.–C.O.N.I.: Lodo arbitrale del 03 marzo 2011 – www.coni.it 

Decisione impugnata: Delibera della Commissione d’Appello AIA, con decisione n. 15 del 29 settembre 2010

Parti: SIG. D.M. / FEDERAZIONE ITALIANA GIUOCO CALCIO E ASSOCIAZIONE ITALIANA ARBITRI

Massima TNAS: (2) Per ritenere la responsabilità da parte del soggetto incolpato per una violazione disciplinare sportiva non sia necessaria la certezza assoluta della commissione dell’illecito, né il superamento del ragionevole dubbio, come nel diritto penale. È dunque sufficiente un grado inferiore di certezza, ottenuta sulla base di indizi gravi, precisi e concordanti, in modo tale da acquisire una ragionevole certezza in ordine alla commissione dell’illecito.

Massima TNAS: (3) Il Presidente di una sezione AIA ha il potere di impartire direttive in relazione alla consegna delle tessere agli associati ed all’incasso delle quote sociali. La violazione di siffatte direttive ricade nella previsione dell’art. 40, comma 3 lett. a (in forza del quale gli arbitri sono obbligati a rispettare, tra l’altro, “ogni … direttiva e disposizione emanata dai competenti organi associativi”) ovvero dell’art. 40, comma 3 lett. c (che impone agli arbitri di tenere un “comportamento, anche estraneo allo svolgimento dell’attività sportiva, … rispettoso dei principi di lealtà, trasparenza, rettitudine, della comune morale a difesa della credibilità ed immagine dell’AIA e del loro ruolo arbitrale”).

 

Decisione T.N.A.S.–C.O.N.I.: Lodo Arbitrale del 14 dicembre 2010 – www.coni.it 

Decisione impugnata: Delibera della Commissione d’Appello AIA, n. 002 del 16 luglio 2010 Parti: Sig. A.B. contro Federazione Italiana Giuoco Calcio e Associazione Italiana Arbitri

Massima: L’art. 40, comma 4, lett. d) ed e) del Regolamento AIA, non si pone in contrasto con norme costituzionali [e] con i principi informatori del CONI e della FIGC”. Ai sensi dell’art. 40, comma 4, lett. d) ed e) del Regolamento AIA: “4. Agli arbitri è fatto divieto: […] d) di fare dichiarazioni in luogo pubblico anche a mezzo e-mail o propri siti internet, di partecipare a gruppi di discussione, mailing list, forum, blog o simili, di fare dichiarazioni in qualsiasi forma e di rilasciare interviste a qualsiasi mezzo di informazione che attengano le gare dirette e gli incarichi espletati, salvo espressa autorizzazione del Presidente dell’AIA. Gli arbitri possono liberamente rilasciare dichiarazioni ed interviste sulle prestazioni espletate, solo dopo che il Giudice Sportivo ha deliberato in merito alle gare, purché consistano in meri chiarimenti o precisazioni e non comportino alcun riferimento alla valutazione del comportamento tecnico e disciplinare dei singoli tesserati; e) di intrattenere rapporti professionali e di collaborazione in qualsiasi forma anche occasionale e non continuativa con i mezzi di informazione su argomenti inerenti il giuoco del calcio. Gli arbitri, previa autorizzazione del Presidente dell’AIA possono rilasciare dichiarazioni ed interviste su argomenti di carattere generale oppure riguardanti l’attività dell’AIA e della FIGC nel rispetto del Codice di Giustizia Sportiva”.L’Arbitro Unico non condivide la dedotta censura e concorda con la motivazione accuratamente svolta sul punto dalla Commissione d’Appello AIA. La norma, sopra citata, che limita la facoltà degli arbitri di manifestare il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di comunicazione si pone in solo apparente contrasto con l’art. 21 Cost. Invero, la limitazione all’esercizio di tale libertà fondamentale nasce dalla libera adesione, basata sulla volontà del soggetto in questione, ad un’associazione ed alle regole in essa stabilite. La libertà di espressione non risulta definitivamente compressa: l’arbitro, dunque, ben può esprimere le proprie opinioni, ma lo deve fare nell’osservanza delle regole del sistema associativo; oppure, se non condivide le regole dell’associazione, può rinunciare all’appartenenza ad essa. La limitazione sul piano associativo, poi, appare del tutto giustificata, anche alle luce delle regole vigenti nel sistema sportivo (del CONI, della FIGC e dell’AIA), considerando la particolare delicatezza delle funzioni svolte dagli arbitri di gara, ed appare posta a garanzia della terzietà delle funzioni arbitrali, che potrebbe essere altrimenti compromessa. Massima: L’arbitro effettivo è sanzionato con la sospensione per anni 1 e mesi 6 e non con il ritiro della tessera come deliberato dalla commissione d’Appello dell’AIA per la violazione dell’art. 40, comma 3, lett. a), b), e c) del Regolamento AIA, “per aver favorito, o comunque consentito, l’anonimato fra colleghi arbitri e l’aver pubblicato sul proprio sito internet l’atto di convocazione della Procura Arbitrale, contravvenendo ai principi di lealtà, correttezza e probità ed al rispetto dei ruoli istituzionali. L’Arbitro Unico concorda con gli svolgimenti della Resistente e rileva che la titolarità, senza autorizzazione, di un sito Internet avente scopo informativo, quale il Sito, pacificamente ammessa dall’arbitro effettivo, costituisce senz’altro violazione (quantomeno) del divieto, stabilito dall’art. 40 comma 4 lett. e) del Regolamento AIA, di intrattenere rapporti di collaborazione, anche occasionale, con mezzi di informazione su argomenti inerenti al gioco del calcio. Dunque, l’arbitro effettivo, avendo svolto, quale “proprietario e titolare” del Sito, attività informativa attraverso di esso, ha violato prescrizioni del Regolamento AIA. In relazione all’avvenuta pubblicazione nel Sito dell’avviso di convocazione della Procura Arbitrale, poi, l’Arbitro Unico concorda con le osservazioni della Commissione d’Appello AIA. La mera pubblicazione, anche senza commento, di siffatto avviso, infatti, appare costituire un gesto di polemica (che, come risulta dalla documentazione in atti, poi si è effettivamente suscitata) nei confronti dell’AIA. E dunque realizza una violazione dell’obbligo, previsto per gli arbitri dall’art. 40, comma 3 lett. c) del Regolamento AIA, di improntare il loro comportamento, tra l’altro, al rispetto del principio di lealtà, a difesa della credibilità e dell’immagine dell’AIA. L’art. 53, comma 1 del Regolamento AIA, infatti, prevede che “le sanzioni disciplinari applicabili, secondo l’ordine di gravità, sono: a) il rimprovero; b) la censura scritta; c) la sospensione sino ad un massimo di due anni; d) il ritiro della tessera”. In base all’art. 53, comma 4 del Regolamento AIA, poi, che “la sanzione è graduata in considerazione della gravità dell’infrazione e della condotta dell’associato, precedente e successiva all’infrazione medesima” L’art. 7, comma 4, lett. c delle Norme di Disciplina prevede tra le circostanze aggravanti anche “l’esistenza di precedenti sanzioni disciplinari, anche non di recidiva specifica”.Gli organi disciplinari dell’AIA, tenuto conto delle sanzioni irrogabili ai sensi dell’art. 53, comma 1 del Regolamento AIA, la hanno determinata, nel caso concreto, nella forma (e dunque nella misura) massima.Pur rilevando che l’arbitro effettivo è già stato sanzionato per violazione collegata alla “gestione” del Sito, anche se diversa da quella oggetto del più recente procedimento disciplinare, ragioni di equità, anche considerando la relativa gravità del comportamento, e la misura della sanzione imposta ad altri arbitri per violazioni assai più gravi, inducono peraltro l’Arbitro Unico a ritenere che l’applicazione di una diversa sanzione, in una misura più bassa, tra quelle contemplate, ossia la sospensione per un periodo di un anno e sei mesi decorrenti dalla data di efficacia del provvedimento di ritiro della tessera già inflitto e qui revocato, sia la più appropriata.

 

Decisione C.D.N.: Comunicato Ufficiale n.23/CDN del 25 Ottobre 2010 n. 4 - www.figc.it

Impugnazione – istanza:(171) – Deferimento della Procura Federale a carico di: F.M. (all’epoca dei fatti Presidente del Comitato Regionale Arbitri del Trentino Alto Adige) ▪ (nota N°. 4137/1040pf08-09/SP/blp del 20.1.2010).

Massima: Il Presidente del Comitato Regionale Arbitri è sanzionato con la sospensione di giorni 60 peraltro già scontati per la violazione di cui agli artt. 1, comma 1, e 8, comma 2, C.G.S., con riferimento agli artt. 17, comma 2, e 17, comma 3, lett. d), del Regolamento AIA, per avere lo stesso gestito il Comitato Regionale di sua titolarità ponendo in essere compartenti causanti l’insorgere di evidenti anomalie gestionali, contabili e amministrative. Il caso di specie: La vicenda trae origine da un’ispezione contabile, effettuata in due riprese dal Servizio Ispettivo Nazionale dell’AIA, nella quale venivano riscontrate alcune anomalie gestionali del CRA, riferibili al periodo nel quale il deferito aveva ricoperto la carica di Presidente. Il deferito, anche in sede odierna, contesta la natura illecita dei fatti allo stesso contestati, prospettando, in via del tutto residuale, che gli stessi sarebbero stati inevitabile conseguenza di alcuni eventi imprevedibili che, proprio in ragione della loro natura, consentirebbero il ricorrere della causa di giustificazione dello stato di necessità. E’ certo che l’attività ispettiva sia stata concludente e univoca, non lasciando dubbi sull’esistenza delle irregolarità gestionali attribuite al deferito, sebbene ne debba essere notevolmente ridimensionata la gravità che sembra trasparire dal deferimento. In tal senso, le prospettazioni del deferito escludono la possibilità del ricorrere della invocata causa di giustificazione e forniscono la prova di una gestione perlomeno improba, comunque integrante la violazione dell’art. 1 CGS.

 

Decisione C.D.N.: Comunicato Ufficiale n.31/CDN del 18 Novembre 2010 n.3 - www.figc.it

Decisione impugnata: Delibera CD Territoriale presso il CR Toscana CU n. 27 del 14.10.2010

Impugnazione – istanza:(153) – Appello del sig. A.E.(A.E. della sezione AIA di Grosseto) avverso la sanzione della squalifica per anni 5 e la preclusione a svolgere ogni attività in seno alla FIGC, inflitta a seguito di deferimento della Procura Federale .

Massima: L’arbitro è sanzionato con la squalifica per anni 1 perché al termine della gara ha volontariamente dichiarato, nel referto, di aver espulso un calciatore, al posto di un altro, per recargli vantaggio, consentendogli così di non essere squalificato per il successivo incontro.

 

Decisione C.D.N.: Comunicato Ufficiale n.40/CDN del 17 Dicembre 2010 n.3 - www.figc.it

Decisione Impugnata: Delibera CD Territoriale presso il CR Lazio CU n. 43 del 14.10.2010

Impugnazione – istanza: (150) – Appello del sig. R.V. (A.E. della sezione AIA di Rieti)avverso la sanzione della sospensione per anni 2, inflitta a seguito di deferimento della Procura Federale .

Massima: L’arbitro effettivo è sanzionato con la squalifica per anni 2 per aver volontariamente omesso di riportare nel referto di gara l’espulsione a carico del calciatore. Successivamente ha integrato il detto referto riportando falsamente l’espulsione di altro calciatore, benché ben sapesse che lo stesso non aveva subito alcun provvedimento disciplinare in corso di gara, con ciò inducendo in errore gli Organi Disciplinari della FIGC e creando grave turbativa alla svolgimento del campionato. Infatti l’arbitro, lungi dal collaborare fattivamente alla scoperta o all’accertamento delle violazioni commesse, interrogato per tre volte dal collaboratore incaricato della Procura Federale, ha reso tre versioni differenti tentando nei primi due interrogatori di alleviare le proprie responsabilità ed arrivando ad una piena confessione solo nel corso del terzo interrogatorio dopo che numerose, univoche e incontrovertibili testimonianze avevano fatto emergere la completa verità dei fatti, smentendo le prime due versioni dell’incolpato. La sanzione inflitta in primo grado, quindi, appare congrua in relazione alla gravità della violazione dei doveri di lealtà, correttezza e probità che incombono specialmente su chi, in qualità di arbitro è deputato a valutare e sanzionare la condotta altrui. L’arbitro ha dimostrato assoluto disprezzo delle regole sportive nonché degli interessi e della legittime aspettative dell’organizzazione federale alla quale appartiene e di quelli degli altri singoli associati.

 

Decisione C.G.F. – Sezioni Unite: Comunicato ufficiale n. 292/CGF del 30 Giugno 2010 n.1 e con motivazioni pubblicate sul Comunicato ufficiale n. 044/CGF del 09 Agosto 2010 e su www.figc.it

Decisione impugnata: Delibera Commissione Disciplinare Nazionale – Com. Uff. n. 66/CDN del 17.3.2010

Impugnazione – istanza:  1) Ricorso della Procura Federale avverso la declaratoria di improcedibilità del deferimento n. 4137/1040pf08-09/sp/blp del 20.1.2010 a carico del signor F.M., all’epoca dei fatti presidente del Comitato Regionale Arbitri Trentino Alto Adige, per violazione degli artt. 1, comma 1 e 8, comma 2, C.G.ìS., con riferimento all’art. 17, commi 2 e 3, lettera d), regolamento A.I.A.

Massima: La Commissione Disciplinare Nazionale, su deferimento della procura federale è competente a decidere in merito alle violazioni relative ad adempimenti contabili-amministrativi e ciò nonostante per gli stessi fatti sia stato giudicato dalla Commissione di disciplina d’Appello dell’AIA che lo aveva prosciolto. Conformemente alla giurisprudenza della CGF a Sezioni Unite in materia di regolamento di confini tra giurisdizione domestica arbitrale e giurisdizione federale (vedi Comunicato Ufficiale n. 247/CGF del 3.5.2010) vengono attratte nella giurisdizione federale generale le condotte poste in essere dagli arbitri la cui rilevanza non sia circoscritta all’interno del settore arbitrale ma comporti sicure ricadute sul piano ordinamentale generale. Ciò, in particolare, può accadere tanto perché le condotte stesse producono i propri effetti anche nella sfera giuridica di altri soggetti dell’ordinamento non appartenenti al settore arbitrale quanto perché esse compromettono o mettono in pericolo valori dell’ordinamento di portata esorbitante il solo settore arbitrale e posti a fondamento dell’ordinamento della Federazione. Né a precludere la generale giurisdizione federale può, in ogni caso, valere l’abbinato rilievo endosettoriale delle condotte addebitate agli arbitri, come potrebbe accadere nel caso che una medesima condotta integri al tempo stesso la violazione di un obbligo associativo di natura domestica e produca una lesione valoriale generale o pregiudizio a singoli associati. È, in altri termini, evidente che la previsione di campi di giurisdizione domestica non mira certo a creare un’area di immunità di condotte rilevanti per l’ordinamento generale, sottraendole alla relativa giurisdizione e riconducendole esclusivamente a quella domestica. Quest’ultima si giustifica, al contrario, in ragione di una diretta ed esclusiva rilevanza in ambito endosettoriale delle condotte, le quali si rivelino unicamente capaci di provocare ferite all’ordinamento di settore ma non a quello generale: il che è tipico di condotte esclusivamente apprezzabili secondo parametri tecnici o sul piano della loro difformità rispetto a specifici obblighi associativi. Così impostata la questione di principio dei rapporti tra i due plessi giurisdizionali, è conseguenzialmente risolta quella, pure sollevata nella fattispecie dal reclamato, della configurabilità di un cumulo di giudizi, in ambito settoriale ed in ambito generale, aventi ad oggetto la medesima condotta. Ed infatti, la coerente conseguenza di questa impostazione è che si rivela del tutto preminente la prospettiva della rilevanza federale delle condotte, la cui valutazione non può soffrire preclusioni o deroghe di sorta anche nell’ipotesi di contemporaneo esercizio della potestà disciplinare settoriale. Ed invero, all’ordinamento generale compete individuare i profili delle condotte di singoli arbitri suscettibili di scuotere lo stesso ordinamento e perseguirle secondo gli ordinari criteri di giustizia federale, indipendentemente dai possibili rivoli di procedimenti endosettoriali. Ciò premesso, è agevole arguire dall’atto di deferimento della Procura Federale che le condotte ritenute sintomatiche di anomalia gestoria da parte del reclamato nell’esercizio delle proprie funzioni di Presidente del C.R.A. Trentino Alto Adige tra il 2007 ed il febbraio 2009 possiedono tutte un sicuro rilievo nell’ambito della corretta e prudente amministrazione delle risorse federali devolute agli organi periferici e settoriali. Di ciò è facile avere cognizione avuto riguardo alla natura degli addebiti che cumulativamente o alternativamente riguardano ritardi, omissioni, improprietà delle appostazioni contabili con conseguente ed inevitabile nocumento finanziario meritevole di reazione in ambito federale. Si tratta, in sostanza, di condotte che astrattamente, ossia, ove venissero effettivamente ritenute provate in esito al giudizio di merito, lederebbero l’interesse generale dell’ordinamento federale a che tutti i suoi organi, compresi quelli periferici e di settore, agiscano nel pieno rispetto delle regole amministrativo-contabili e preservino le risorse finanziarie collettive. Del resto, il generale valore della correttezza e lealtà nell’azione amministrativa costituisce un bene degno di protezione in sede di giustizia federale ove esso sia messo a repentaglio da specifiche condotte le quali si prestino ad un possibile giudizio di censura. Ed allora, e conclusivamente, queste Sezioni Unite esprimono il giudizio che i fatti di cui si controverte eccedano i confini della giurisdizione domestica e delle mere infrazioni tecniche o associative e trovino completa cittadinanza nell’ambito della giurisdizione generale. Il primo giudice non avrebbe, pertanto, dovuto dichiarare il proprio difetto di giurisdizione né l’improcedibilità del deferimento: è per questo che si impone, ai sensi dell’art. 37, comma 4 ultima parte C.G.S., la restituzione degli atti per il giudizio di merito alla Commissione Disciplinare Nazionale. Il caso di specie: Nei confronti dell’arbitro fuori quadro e Presidente del Comitato Regionale Arbitri, veniva instaurato da parte della Procura arbitrale procedimento disciplinare per una molteplicità di fattispecie violative dell’art. 40, comma 3, lett. a) del Regolamento A.I.A.: tra l’altro, si contestava all’incolpato il compimento di operazioni contabili in contrasto con le previsioni regolamentari nonché l’omissione di adempimenti contabili-amministrativi doverosi. La Commissione Nazionale di Disciplina dichiarava l’arbitro responsabile delle infrazione addebitategli e gli infliggeva la sanzione della sospensione; il provvedimento veniva riformato dalla Commissione di Disciplina di Appello della Associazione Italiana Arbitri che proscioglieva il reclamante (che nel frattempo aveva interamente scontato la pena) sotto il profilo della insussistenza di responsabilità dolose. Successivamente, nei confronti dell’arbitro il Procuratore Federale procedeva disciplinarmente con riferimento alla violazione degli artt. 1, comma 1, e 8, comma 2, C.G.S. in relazione all’art. 17, commi 2 e 3, lett. d) Regolamento A.I.A. traente origine da anomalie gestionali, contabili ed amministrative analiticamente descritte nell’atto di incolpazione. La Commissione Disciplinare Nazionale riteneva insussistente la propria giurisdizione in quanto le violazioni contestate all’arbitro venivano inquadrate tra quelle di “stretta natura associativa”, implicanti la giurisdizione domestica arbitrale: si riteneva, in particolare, che le violazioni stesse non coinvolgessero società o tesserati F.I.G.C., i cui effetti si sarebbero comunque esauriti all’interno del rapporto associativo disciplinato dal relativo regolamento. Contro tale decisione la Procura Federale proponeva reclamo alla Corte sottolineando che l’accertamento delle violazioni e degli addebiti oggetto del deferimento ricadevano nella piena giurisdizione degli organi di giustizia federali, non sussistendo, al contrario, violazione di obblighi associativi, da intendersi quali obblighi di natura strettamente amministrativa interna all’A.I.A. e privi di rilevanza disciplinare ai sensi della normativa federale.

 

Decisione C.D.N.: Comunicato Ufficiale n.22/CDN del 21 Ottobre 2010 n.1- www.figc.it

Impugnazione – istanza:(97) – Deferimento della Procura Federale a carico di: G.P. (A.E. della Sezione AIA di Torre del Greco) (nota n. 1228/1108pf09- 10/SP/AM/ma del 7.9.2010).

Massima: A seguito di un esposto alla procura federale da parte del presidente della società, l’arbitro effettivo non risponde delle violazioni di cui agli artt. 1 comma 1 e 2 comma 1 CGS e dell’art. 40 commi 1, 2 e 3 lettere a) e c) del Regolamento AIA per aver tenuto comportamenti ed utilizzato termini non consoni alle sue funzioni ed offensivi nei confronti dei dirigenti, dei calciatori e del magazziniere della società in occasione della gara, che si era disputata il 14 febbraio 2010 sul campo neutro, quando dal contesto probatorio, non è stata raggiunta prova piena sulla sussistenza delle violazioni ascritte al deferito. Nel caso di specie né il referto arbitrale, né i rapporti dei due assistenti, né infine il rapporto del commissario di campo hanno riferito in merito agli episodi oggetto dell’esposto del presidente della società. Più in particolare, gli assistenti dell’arbitro, nelle loro rispettive audizioni dinnanzi l’organo inquirente, nulla hanno riportato in merito al comportamento dell’arbitro, avendo gli stessi dedotto di essere stati dapprima accolti e successivamente salutati a fine gara dai 2 dirigenti della società ospitante con normale cordialità. L’assistente donna ha precisato di aver potuto utilizzare una stanza separata dell’impianto, però sprovvista di doccia ed ha aggiunto che l’arbitro, giunto nell’impianto prima dei due assistenti, non le aveva parlato della sua sistemazione. L’altro assistente ha dichiarato che in sua presenza l’arbitro si era rivolto ai dirigenti della società con toni normali. L’arbitro ha escluso nella maniera più assoluta di essersi rivolto ai calciatori della società ed a quanti erano in panchina con espressioni e gesti volgari ed ha precisato che, al suo arrivo nell’impianto, era stato accolto dal custode e successivamente dal commissario di campo ed aveva potuto raggiungere il proprio spogliatoio accompagnato dal custode. Quanto all’assegnazione dello spogliatoio separato per l’assistente donna, ha precisato di aver chiesto al custode ed al dirigente della società se ce ne era uno disponibile e di aver avuto risposta positiva. Ha aggiunto che durante la gara, avendo assegnato un calcio di rigore contro la società, era stato costretto ad allontanare per proteste uno dei due dirigenti della squadra e successivamente anche l’altro, che negli spogliatoi gli aveva rivolto espressioni gravemente ingiuriose. Il presidente della società ha dichiarato di non essere stato presente alla gara e che il direttore sportivo, che l’aveva seguita seduto in panchina, gli aveva riferito l’atteggiamento volutamente ostile dell’arbitro. Le altre persone escusse (l’allenatore, il calciatore capitano della squadra, il magazziniere, i calciatori) hanno riferito che l’arbitro aveva usato contro di loro espressioni irriguardose e lesive della dignità della persona, aveva pronunciato parole e compiuto gesti offensivi, aveva tenuto comportamenti scorretti ed ostili. In siffatto contesto probatorio, non è stata raggiunta prova piena sulla sussistenza delle violazioni ascritte al deferito. Le dichiarazioni dei diretti interessati alla vicenda, nelle vesti di accusatori del comportamento dell’arbitro, appaiono generiche e prive di riscontri precisi; lo stesso denunciante presidente della società ha ammesso di non aver visto la gara e di essere stato informato dei fatti dal dirigente, che però era stato sanzionato dall’arbitro con l’inibizione di tornare in campo dopo l’intervallo a causa delle espressioni offensive, testualmente riportate nel referto, che egli aveva rivolto all’arbitro. Nel mentre i rapporti degli assistenti dell’arbitro e del commissario di campo, come già evidenziato, nulla hanno riportato sull’arbitro, il rapporto del commissario di campo ha invece attestato che, sia durante l’intervallo sia a fine gara, i dirigenti della società presenti in panchina avevano contestato l’operato non soltanto dell’arbitro ma dell’intera terna arbitrale, assumendo specialmente a fine gara un atteggiamento antisportivo che era sfociato in un clima di tensione, di talchè risultava danneggiato il pannello inferiore della porta dello spogliatoio della terna arbitrale. Aggiungasi che nessuna sanzione era stata dall’arbitro comminata nei confronti dei calciatori della società, ad eccezione di due ammonizioni, deducendosi da tale circostanza che in campo tra arbitro e calciatori non erano stati reciprocamente superati i canoni della normalità, perché, altrimenti, si sarebbero verificati provvedimenti di ben altra natura.

 

Decisione C.G.F. – Sezioni Unite: Comunicato ufficiale n. 183/CGF del 08 maggio 2009 n. 1 e con motivazioni pubblicate sul Comunicato ufficiale n. 295/CGF del 22 settembre 2009 n. 1 www.figc.it

Decisione impugnata: Delibera della Commissione Disciplinare Nazionale – Com. Uff. n. 66/CDN del 20.3.2009

Impugnazione - istanza: Ricorso del sig. C.F.A., arbitro benemerito della sezione aia di Catanzaro, già presidente del comitato regionale arbitri Calabria avverso la sanzione della inibizione per mesi 6 inflittagli a seguito di deferimento del procuratore federale per violazione degli artt. 1, comma 1, 3, comma 1 c.g.s., 37, comma 2, lett. b), del regolamento aia (di cui alla delibera assunta dal comitato nazionale in data 28.1.2003, in vigore all’epoca dei fatti) e artt 1, 2 e 18 del regolamento amministrativo dei comitati regionali – nota n. 3096/241pf08-09/sp/blp del 10.12.2008

Massima: L’arbitro benemerito risponde delle violazioni delle disposizioni contenute negli artt. 1, comma 1, e 3, comma 1, C.G.S., art. 37, comma 2, lett. b), del Regolamento A.I.A., e artt. 1, 2 e 18 del Regolamento amministrativo dei Comitati Regionali A.I.A., per avere, in qualità di Presidente del CRA con negligenza e imprudenza, sottoscritto un contratto con un gestore telefonico avente ad oggetto la fornitura di servizi di telefonia a condizioni economiche particolari e la facoltà di acquisto di apparecchi telefonici da parte degli associati, in assenza della necessaria preventiva autorizzazione del Presidente dell'A.I.A., prevista dalle norme indicate come indispensabile per ogni operazione eccedente la normale amministrazione quale, appunto, la stipula del contratto indicato; violato i principi di correttezza e probità nella fase costitutiva ed esecutiva del descritto rapporto contrattuale, gestendo in modo negligente le adesioni e i rapporti degli interessati, omettendo di eseguire i necessari controlli al fine di evitare le conseguenze di eventuali morosità, e per avere, in tal modo, provocato un danno economico e di immagine all'A.I.A. ed alla F.I.G.C. la quale, a seguito del contenzioso relativo al preteso credito del gestore telefonico, si è vista rifiutare dalla stessa società la stipula da parte della stessa società, omettendo, in tal modo, di improntare il proprio comportamento ai principi di trasparenza e rettitudine e, conseguentemente, minando la credibilità e l'immagine dell'A.I.A.”.  Infatti, la lettura del contratto rende evidente che l’obbligazione di pagamento da esso scaturente era posta a carico del C.R.A., salva la facoltà di questo di rivalersi sugli associati aderenti resisi eventualmente morosi. La circostanza è ulteriormente provata dalla presenza nel fascicolo di missive a firma dell’incolpato nelle quali questi contesta alcune pretese del fornitore ed invoca l’esistenza di acconti versati proprio dal Comitato, dimostrando così la veste del C.R.A. di contraente obbligato in via diretta. La circostanza che il rapporto negoziale avrebbe comportato oneri, né quantificati né quantificabili, a carico dell’organismo arbitrale fa ritenere senza ombra di dubbio che la stipula dell’accordo rappresentasse un atto di straordinaria amministrazione, bisognoso quindi di apposita autorizzazione, che invece non è mai stata richiesta. L’art. 18 del Regolamento dell’A.I.A. – sotto il titolo “Spese straordinarie” - sancisce che “Eventuali <<spese straordinarie>> non indicate nel bilancio preventivo possono essere sostenute solo previa specifica autorizzazione della F.I.G.C. A tal fine il Presidente del Comitato Regionale deve predisporre apposita relazione scritta ed inviarla al Comitato Nazionale dell’A.I.A., che, a sua volta, dopo opportuna valutazione provvederà ad inoltrare la richiesta alla F.I.G.C.. Pertanto a tali spese straordinarie può essere dato corso unicamente a seguito di autorizzazione scritta del Presidente Nazionale dell'A.I.A.”. La normativa ora trascritta – quindi – non disciplina eventuali atti di “straordinaria amministrazione”, ovvero eccedenti la gestione normale (e quindi ordinaria) dell’ente di cui si tratta, ma fa riferimento ad un dato obbiettivo, ovvero a spese che – sia pure rientranti nell’attività ordinaria – non sono “indicate nel bilancio preventivo” e che “possono essere sostenute solo previa specifica autorizzazione della F.I.G.C.”. A tal fine il secondo ed il terzo comma del citato art. 18 disciplinano gli adempimenti che il Presidente del Comitato Regionale deve compiere, per consentire una valutazione da parte sia del Comitato Nazionale dell’A.I.A. sia della F.I.G.C. circa la possibilità di sostenere la “spesa straordinaria” – che non era stata prevista nel “bilancio preventivo” del Comitato Regionale. Solo all’esito positivo di tali esami, il Presidente Nazionale dell'A.I.A. può rilasciare “autorizzazione scritta” perché sia dato corso all’assunzione dell’onere di “tali spese straordinarie”. Appare evidente, quindi, che la normativa in esame è rivolta ad impedire che gli organi periferici dell’A.I.A. assumano obblighi – anche se in adempimento di atti qualificabili di ordinaria amministrazione – che comportino possibili oneri, non previsti nel bilancio preventivo, senza la specifica, preliminare autorizzazione del Presidente nazionale dell’A.I.A. Consegue la sanzione dell’inibizione in misura ridotta.

 

Decisione C.D.N.: Comunicato Ufficiale n. 13/CDN  del 30 Luglio 2009  n. 4 - www.figc.it Impugnazione - istanza: (364) – Deferimento del Procuratore Federale a carico di: M.S. (Sostituto Procuratore arbitrale Regione Lazio) (nota n. 8582/502pf08- 09/SP/blp del 25.6.2009).

Massima: Il Sostituto Procuratore arbitrale regionale risponde delle violazioni di cui agli artt. 1, co. 1, e 3, co. 1, del CGS, per avere in occasione dell’incontro, dichiarato di assistere alla gara in veste ufficiale; per essere intervenuto a fine gara, qualificandosi come appartenente alla Procura Arbitrale, rivolgendosi all’arbitro con tono perentorio, irritato e arrogante, con frasi sconvenienti e offensive, invitandolo ad assumere comportamenti determinati quali, ad esempio, quello di rientrare nello spogliatoio; per avere ordinato ad alcuni giocatori di rientrare negli spogliatoi e per essere entrato ed intervenuto all’interno dello spogliatoio senza averne titolo. Nel caso di specie è emerso che il deferito, presente alla gara non già per ragioni del suo incarico federale ma perché genitore di uno dei calciatori impegnati, fece il giro della Tribuna e mostrando il tesserino di associato AIA entrò all’interno degli spogliatoi e conferì con l’arbitro senza averne alcun titolo.

 

Decisione C.D.N.: Comunicato Ufficiale n. 92/CDN  del 21 Maggio 2009  n. 1 - www.figc.it

Impugnazione - istanza:(163) – Deferimento del Procuratore Federale a carico di: P.S. (calciatore attualmente tesserato per la Soc. US Vibonese Calcio Srl), G.G. (calciatore attualmente tesserato per la Soc. AC Rossano ASD), A.D.A. (calciatore attualmente tesserato per la Soc. Pol. Adrano Calcio O.N.L.U.S.), D.B. (arbitro effettivo Sez. AIA Torino), G.F. (arbitro effettivo Sez. AIA Soverato), M.D.B.(arbitro effettivo Sez. AIA Cosenza) e della Società Pol. Adrano Calcio Onlus (nota n. 4327/215pf08-09/AM/ma del 5.2.2009).

Massima: Gli ufficiali di gara rispondono della violazione di cui all’art. 1, comma 1, C.G.S. in relazione all’art. 40, comma 3, punto H, del Regolamento AIA ed all’art. 35, comma 1, del C.G.S. per non aver menzionato nel referto di gara gli episodi di violenza verificatisi alla presenza delle forze dell’ordine. Il caso di specie: i calciatori, al termine della gara e dopo aver avuto un violento diverbio con alcuni calciatori della squadra avversaria e tentato di entrare nel loro spogliatoio al fine di entrarne in contatto, si rendevano protagonisti di un tafferuglio con alcuni agenti di polizia sfociato in episodi di violenza. I suddetti fatti, benché accertati direttamente ed indirettamente dagli Ufficiali di gara, non venivano menzionati nei rapporti di gara dai componenti della terna arbitrale, i quali pertanto, pur avendo assistito ai citati episodi, avevano avuto un comportamento omissivo nella redazione del referto. Consegue la sanzione dell’inibizione.

 

Decisione C.D.N.: Comunicato Ufficiale n. 75/CDN  del 09 Aprile 2009  n. 2 - www.figc.it

Decisione impugnata: Delibera CD Territoriale presso il CR Lazio - CU n. 71 del 5.2.2009

Impugnazione - istanza: (173) – Appello del sig. A.Z. (presidente della sezione AIA di Aprilia) avverso la sanzione dell’inibizione per mesi tre, inflitta a seguito di deferimento della Procura Federale.

Massima: Il Presidente della Sezione AIA risponde  della violazione di cui agli artt. 1 comma 1 CGS e 23 comma 3 lettera q del Regolamento A.I.A. per aver egli raggiunto diversi accordi di sponsorizzazione a favore degli associati della propria sezione senza aver preventivamente chiesto ed ottenuto la necessaria autorizzazione scritta del Comitato Nazionale AIA. Il caso di specie: era accaduto che a partire dalla stagione 2005/2006 alcuni associati di detta Sezione A.I.A. avevano utilizzato circa 70 magliette Polo recanti contemporaneamente sia il logo FIGC – Sezione AIA, sia la denominazione di una “Pizzeria”, oltre ad altro materiale sportivo fornito da diverse ditte operanti nella zona.

 

Decisione C.D.N.: Comunicato Ufficiale n. 66/CDN  del 20 Marzo 2009  n. 3 - www.figc.it

Impugnazione - istanza: (108) – Deferimento del procuratore federale a carico di : F.A.C. (A.B. della Sezione AIA di Catanzaro) (nota n. 3096/241pf08- 09/SP/blp del 10.12.2008)

Massima: Il Presidente del CRA è responabile per aver, senza la preventiva autorizzazione da parte del Presidente dell’AIA, stipulato un contratto commerciale con una società telefonica, e non aver controllato la conseguente distribuzione di apparecchi e schede telefoniche ai tesserati richiedenti, nonché l’utilizzo di tali apparati ed il pagamento del dovuto da parte degli assegnatari. Consegue la sanzione dell’inibizione.

 

Decisione C.D.N.: Comunicato Ufficiale n. 47/CDN  del 19 dicembre 2008  n. 3 - www.figc.it

Impugnazione - istanza: (85) – Deferimento del procuratore federale a carico di M.M. (Arbitro Effettivo Speciale – dimissionario della Sezione AIA di Bergamo) (nota n. 2707/661pf07-08/SP/blp del 20.11.2008)

Massima: L’arbitro effettivo speciale dimissionario della Sezione AIA, risponde della violazione dell'art. 1, n. 1 e 2, CGS, e dell’art. 40, n. 2, lett. a) e b), del regolamento AIA, perchè al termine della gara ha rivolto il gesto dell’ombrello, accompagnato da un epiteto denigratorio, all’indirizzo di altro tesserato. Tale comportamento è in contrasto con quanto sancito dall’art. 1, n. 1, CGS, secondo il quale i soggetti che svolgono attività di carattere agonistico, tecnico, organizzativo, decisionale o comunque rilevante per l’ordinamento federale, devono comportarsi secondo i principi di lealtà, correttezza e probità in ogni rapporto comunque riferibile all’attività sportiva, nonché dall’art. 40, n. 2, lett. a) e b), del regolamento AIA.

 

Decisione C.D.N.: Comunicato Ufficiale n. 20/CDN  del 24 settembre 2008  n. 7 - www.figc.it

Decisione impugnata: Delibera CD Territoriale presso il CR Friuli V.G. - C.U. n. 75 del 30.6.2008

Impugnazione - istanza: (12) – Appello del Procuratore Federale avverso il proscioglimento dei i sigg.ri E.M. (allenatore squadra esordienti ASD San Gottardo), M.S. (dirigente ASD San Gottardo) e della societa’ ASD San Gottardo a seguito di proprio deferimento

Massima: Il dirigente-arbitro è responsabile della violazione dell’art. 1 comma 1 CGS, per aver omesso di cancellare dalla distinta dei calciatori della squadra il n. 14 ed il nome del calciatore non presente alla gara, nonché della violazione del Regolamento Torneo Fair Play categoria Esordienti 2006/2007, pubblicato sul CU FIGC n. 15 del 29.11.2006, che impone l’utilizzo di tutti gli elementi in distinta, per almeno un tempo dei primi due. Il caso di specie: Durante la gara del Torneo Esordienti 7 c 7, un calciatore non identificato ha partecipato al posto di altro giovane tesserato. Il deferimento traeva origine dalla segnalazione del padre di un calciatore partecipante alla gara in oggetto, il quale denunciava di aver appreso dal figlio, che all’appello della gara, un bambino che egli non conosceva aveva risposto presente al posto del calciatore indicato in distinta, suo compagno di classe, giocando per due tempi della partita. In seguito a tale segnalazione, pervenuta al Settore per l’attività giovanile e scolastica del Comitato Regionale, l’Ufficio Indagini, investito del caso rientrante nella tipologia di un calciatore impiegato sotto falso nome, sentite le persone informate dei fatti, accertava direttamente dalla società e, più precisamente, dal dirigente che aveva arbitrato la gara, dall’allenatore della squadra, nonché dal padre di un altro calciatore, che il calciatore, anche se inserito nella distinta, non aveva partecipato alla gara non essendosi presentato al campo; che nessun altro calciatore si era dichiarato presente al posto suo e giocato; che, infine, per mera dimenticanza il nominativo del calciatore non era stato depennato dalla distinta.

 

Decisione C.D.N.: Comunicato Ufficiale n. 67/CDN del 23 Giugno 2008 n. 3 - www.figc.it

Decisione impugnata: Delibera CD Territoriale presso il CR Campania – CU n. 73 del 26.2.2008

Impugnazione - istanza:(192) Appello del sig. Vincenzo Faccenda (arbitro benemerito sezione AIA Salerno) avverso l’inibizione per mesi diciotto inflitta a seguito di deferimento del Procuratore Federale .

Massima: L’arbitro benemerito della sezione provinciale è responsabile della violazione degli art. 1 comma 1 e 3 comma 1 CGS e dell’art. 40 commi 1 e 2 lett. b) e comma 3 lett. e) del Regolamento AIA di cui al Comunicato n. 20 del 31.10.2006, in vigore all’epoca dei fatti perché all’Assemblea elettiva della Sezione AIA provinciale aveva contestato al Presidente della Sezione che, anche nella sua sede, si era costituita una lobby e che andavano avanti solo alcune persone, diversamente da ciò che avveniva in passato, quando era consentito di diventare un buon arbitro anche a chi non aveva collegamenti con la famiglia arbitrale ed era di umili origini. Nella fattispecie l’arbitro in tale circostanza, aveva rivolto allo stesso Presidente di Sezione ed alla presenza di più associati una espressione che, riferita al lavoro del padre di quest’ultimo da poco deceduto, poteva sintetizzarsi nella parole che era stato fatto arbitro il figlio di un salumiere.

 

Decisione C.D.N.: Comunicato Ufficiale n. 67/CDN del 23 Giugno 2008 n. 1 - www.figc.it

Decisione impugnata: Delibera CD Territoriale presso il CR Sicilia – CU n. 43 dell’11.3.2008

Impugnazione - istanza:Appello del Procuratore Federale avverso la delibera di non luogo a procedersi a carico dell’AE G.B. a seguito di proprio deferimento

Massima: L’arbitro è sanzionato con la sospensione dall’attività per aver richiesto il rimborso di una fattura, all’Ufficio rimborsi dell’AIA, della quale è stata già accertata la contraffazione anche indipendentemente dal fatto che la contraffazione sia stata effettuata materialmente da soggetto diverso in quanto il deferito ha comunque profittato dell’illecito, risultando inverosimile che lo stesso ignorasse l’alterazione compiuta anche nel suo interesse. Nel caso di specie l’arbitro ha avuto nella sua disponibilità la fattura sino alla presentazione della richiesta di rimborso dallo stesso compilata e non poteva non rilevare la non corrispondenza tra la somma effettivamente spesa e quella maggiorata riportata nel documento – dallo stesso compilato sia nelle causali che negli importi – della quale ha chiesto la refusione.

Decisione C.G.F. – Sezioni Unite: Comunicato Ufficiale n. 156/CGF Riunione del 9 aprile 2008 n. 7,8 con motivazione sul Comunicato Ufficiale n. 186/CGF Riunione del 23 maggio 2008 n. 7,8 - www.figc.it

Decisione impugnata: Delibera Commissione Disciplinare Nazionale - Com. Uff. n. 40/CDN del 19.3.2008

Impugnazione - istanza:Ricorso del procuratore federale avverso l’incongruità della sanzione della sospensione dall’attività fino al 15.5.2008 inflitta al sig. G.P., Arbitro Effettivo, a seguito di proprio deferimento del 28.12.2007 – 1828/552-553/Pf06/07/Sp/En per violazione dell’art. 1, comma 1, C.G.S. ricorso del sig. G.P., Arbitro Effettivo, avverso la sanzione della sospensione dall’attività fino al 15.5.2008 inflitta dalla Commissione Disciplinare Nazionale a seguito deferimento del Procuratore Federale del 28.12.2007 – 1828/552-553/Pf06/07/Sp/En per violazione dell’art. 1, comma 1, C.G.S.

Massima: L’arbitro effettivo non risponde della violazione dell’art. 1 comma 1 CGS per non aver taciuto all’Ufficio Indagini l’esistenza di una partecipazione di un suo affine all’azionariato della società con i dirigenti della quale l’arbitro a suo tempo ebbe ad intrattenere qualche rapporto. E ciò anche in considerazione del fatto che sul punto non fu sollecitato con una domanda puntuale al riguardo, e non abbia ritenuto che la circostanza dovesse essere portata a conoscenza dell’autorità federale.

 

 Decisione C.D.N.: Comunicato Ufficiale n. 45/CDN del 4 aprile 2008 n. 2 - www.figc.it

Impugnazione - istanza: (140) – Deferimento del Procuratore Federale a carico D.S.A. (AE della Sezione A.I.A. di Catania) per violazione art. 1 Comma 1 CGS e 40 commi 1 e 2 punto g) del regolamento dell’AIA.(oggi art. 40 commi 1 e 3 punto h) (nota n. 1804/550pf06-07/SP/en del 20.12.2007)

Massima: L’arbitro è responsabile violazione di cui all’art. 1, comma 1, CGS, nonché dell’art. 40 Commi 1 e 2 punto G) del regolamento A.I.A. vigente all’epoca dei fatti, trasfuso nell’art. 40 commi 1 e 3 punto h) del vigente regolamento A.I.A. per aver presentato una richiesta di rimborso spese all’Ufficio Rimborso Spese dell’AIA, allegando una ricevuta emessa dal ristorante visibilmente alterata e modificata. Consegue la sanzione della sospensione.

 Decisione C.D.N.: Comunicato Ufficiale n. 31/CDN del 14 Febbraio 2008 n. 5 - www.figc.it

Impugnazione - istanza:Deferimento del Procuratore Federale a carico di: M.M. (arbitro fq) per violazione art. 40 comma 3 lett. d) del regolamento A.I.A. (oggi art. 40 comma 4 lett. d)) (nota n.1442/556pf06-07/sp/mc del 30.11.2007)

Massima: L’arbitro fuori quadro è responsabile della violazione dell’art. 40, comma 3, lett. d) del Regolamento dell’AIA previgente (trasfuso nell’art. 40, comma 4. lett. d) del vigente Reg. AIA) per avere partecipato, ivi rilasciando dichiarazioni, ad una trasmissione televisiva, senza aver mai ricevuto la preventiva autorizzazione da parte del Presidente dell’AIA.

Decisione C.D.N.: Comunicato Ufficiale n. 40/CDN del 19 Marzo 2008 n. 1 - www.figc.it

Impugnazione - istanza:(183) - Deferimento del Procuratore Federale a carico di: S.R. e G.P. per violazione art. 1 comma 1 cgs (nota n. 1828/552-553pf06-07/sp/en del 28.12.2007)

Massima: L’arbitro risponde della violazione dell’art. 37, comma 2, lett. b), del Regolamento AIA, in vigore all’epoca dei fatti (oggi art. 40, comma 3, lett. c), secondo il quale gli arbitri devono improntare il proprio comportamento ai principi di lealtà, trasparenza, rettitudine, della comune morale a difesa della credibilità e della immagine dell’AIA. per aver sottaciuto l’esistenza dei rapporti di affinità con soggetti interessati ad una società commerciale in favore della quale aveva chiesto un intervento di favore a un dirigente di una società professionistica, incorrendo in un comportamento quanto meno omissivo e, come tale, di ostacolo allo svolgimento dell’attività inquirente.

 

 Decisione C.D.N.: Comunicato Ufficiale n. 31/CDN del 14 Febbraio 2008 n. 4 - www.figc.it

Impugnazione - istanza:Deferimento del Procuratore Federale a carico di: M.M. (arbitro fq) per violazione art. 40 comma 3 lett. d) del regolamento A.I.A. (oggi art. 40 comma 4 lett. d)) (nota n.1443/355pf06-07/sp/mc del 30.11.2007)

Massima: L’arbitro fuori quadro è responsabile della violazione dell’art. 40, comma 3, lett. d) del Regolamento dell’AIA previgente (trasfuso nell’art. 40, comma 4. lett. d) del vigente Reg. AIA) per avere partecipato, ivi rilasciando dichiarazioni, ad una trasmissione televisiva, senza aver mai ricevuto la preventiva autorizzazione da parte del Presidente dell’AIA.

 

Decisione C.D.N.: Comunicato Ufficiale n. 30/CDN del 13 Febbraio 2008 n.1 - www.figc.it

Impugnazione - istanza:Deferimento del Procuratore Federale a carico di: P.S. (arbitro benemerito e vice presidente CRA Puglia) per violazione art. 1 comma 1 CGS e dell’art. 40 commi 1 e 2 lett. b) del regolamento AIA (nota n.1309/606pf06-07/sp/ma del 22.11.2007)

Massima: Non basta la denuncia dell’arbitro per raggiungere la prova che in occasione della gara il Vice Presidente del Comitato Regionale Arbitri – Osservatore tecnico lo abbia avvicinato invitandolo a modificare il referto arbitrale, nella parte in cui aveva comminato l’espulsione di un calciatore, quando l’attività successiva dell’Ufficio indagini si è limitata ad ascoltare i due soggetti che hanno fornito dichiarazioni contrapposte. Inoltre occorre considerare che l’arbitro si pone come parte offesa e come tale portatore di un interesse. Tale veste, impone un rigoroso vaglio sulla attendibilità intrinseca della denuncia dell’arbitro; accertamento che può esser fatto solo, sotto il profilo logico essendo, ogni altra possibilità, preclusa della carenza investigativa, e, pertanto, raggiungibile solo escludendo in via assoluta l’interesse del denunciante a vedere vanificata la valutazione negativa espressa dall’Osservatore Tecnico.

 

Decisione C.G.F. - Sezioni Unite: Comunicato Ufficiale n. 76/CGF Riunione del 11 gennaio 2008 n. 2 - www.figc.it

Decisione impugnata: Delibera C.D.N. Com. Uff. n.13/CDN dell’ 18.10.2007Impugnazione - istanza:Ricorso ai sensi degli artt. 31, comma 1, e 33 del Codice Giustizia Sportiva del sig. G.C. avverso la sanzione dell’inibizione per mesi tre inflitta a seguito del deferimento del Procuratore Federale

Massima: L’assistente dell’arbitro è responsabile della violazione dell’art. 1 C.G.S. e dell’art. 37, comma 2, lett. b), vigente all’epoca dei fatti, come oggi trasfuso nell’art. 40, comma 3, lett. c), Regolamento A.I.A., per avere lo stesso, intrattenuto in più occasioni, colloqui telefonici con il tesserato della società professionistica, nel corso dei quali sono state espresse considerazioni, valutazione e commenti che - avuto riguardo al loro specifico contenuto ed al soggetto cui erano diretti - risultano contrari ai principi di lealtà, correttezza, probità e trasparenza di cui alle norme contestate, in quanto riguardanti la posizione di singoli associati, le problematiche del mondo arbitrale e specifiche decisioni tecniche adottate nel corso di alcune gare, con le circostanze aggravanti del pregiudizio arrecato, per la notorietà dei fatti, all’immagine dell’A.I.A. ed alla carica associativa ricoperta al momento dei fatti. Dal complesso delle telefonate intercorse, oggetto di intercettazione da parte degli organi di Polizia Giudiziaria, il particolare rapporto confidenziale e di contiguità sussistente fra i soggetti. Cosicché, la contestata violazione dei precetti di cui all’art. 1 C.G.S. ed all’art. 40, comma 3, lett. c), Regolamento A.I.A., discende, a giudizio di questa Corte, non solo (e non tanto) dal contenuto delle telefonate medesime – contenuto comunque lesivo dei principi di lealtà, correttezza e probità cui i tesserati, e gli arbitri, nel caso di specie, devono attenersi in ogni rapporto riferibile all’attività sportiva, - ma anche (e soprattutto) dal fatto che l’assistente arbitrale intrattenesse continuativamente uno stretto rapporto confidenziale con un tesserato, pur essendo perfettamente conscio della qualità dello stesso di tesserato di una società appartenente alla Lega Professionisti di Serie A e B e dello specifico ruolo che lo stesso rivestiva in tale società (addetto agli arbitri), circostanza, questa, che di per sé sola integra la violazione dell’obbligo degli arbitri di improntare il proprio comportamento a principi di lealtà, trasparenza, rettitudine, della comune morale e difesa della credibilità e dell’immagine dell’A.I.A., come sanciti dal citato art. 40, comma 3, lett. c), Regolamento A.I.A..

 

 Decisione C.D.N.: Comunicato Ufficiale n. 20/CDN del 20 Dicembre 2007 n. 1 - www.figc.it

Impugnazione - istanza:Deferimento del Procuratore Federale a carico di: A.C. (Assistente Arbitro), Salvatore Marano (Osservatore Arbitrale) e S.D.S. (Assistente Arbitro) per violazione art. 1 CGS e art. 37 comma 2 lett. b) del regolamento aia vigente all’epoca dei fatti (ora art. 40 comma 3 lett. c) del vigente regolamento A.I.A. (nota n. 280/403-407- 414pf06-07/sp/ma del del 6.8.2007).

Massima: L’assistente arbitro, risponde della violazione di cui all’art. 1 del Codice di Giustizia Sportiva e all’art. 37, comma 2, lett. b) del Regolamento A.I.A. vigente all’epoca dei fatti, ora trasfuso nell’art. 40, comma 3 lett. c) del vigente Regolamento A.I.A., per avere, in più occasioni, nel corso della stagione sportiva 2004-2005, contattato, subito dopo le gare nelle quali aveva svolto la funzione di assistente arbitrale, il collega, riferendogli dettagli della sua prestazione, ed il nominativo dell’osservatore arbitrale intervenuto a valutarlo, al fine di influenzare, attraverso contatti, diretti ed indiretti, posti in essere dal suo interlocutore, a suo vantaggio, il contenuto della relazione dell’osservatore, anche attraverso l’aumento della votazione assegnata, con ciò violando i principi di lealtà, correttezza, probità e trasparenza di cui alle norme sopraindicate, con la circostanza aggravante del pregiudizio derivato, per la notorietà dei fatti, al buon nome ed all’immagine dell’A.I.A.

Massima: L’assistente arbitro, risponde della violazione di cui all’art. 1 del Codice di Giustizia Sportiva e all’art. 37, comma 2, lett. b) del Regolamento A.I.A. vigente all’epoca dei fatti, ora trasfuso nell’art. 40, comma 3 lett. c) del vigente Regolamento AIA, per aver posto in essere una condotta finalizzata, attraverso contatti telefonici con gli associati, alla rivelazione ed alla modificazione della valutazione dell’osservatore arbitrale di una gara del campionato di serie C, relativamente alla posizione dell’A.A., con ciò violando i principi di lealtà, correttezza, probità e trasparenza di cui alle norme sopraindicate, con la circostanza aggravante del pregiudizio derivato, per la notorietà dei fatti, al buon nome ed alla immagine dell’A.I.A.

Massima: L’osservatore arbitrale, risponde della violazione di cui all’art. 1 del Codice di Giustizia Sportiva e all’art. 37, comma 2, lett. b) del Regolamento A.I.A. vigente all’epoca dei fatti, ora trasfuso nell’art. 40, comma 3 lett. c) del vigente Regolamento AIA, per avere, in concorso con l’A.A., posto in essere, una condotta finalizzata alla rivelazione ed alla modificazione della valutazione dell’osservatore arbitrale della gara del campionato di Serie C, relativamente alla posizione dell’A.A., con ciò violando i principi di lealtà, correttezza, probità e trasparenza di cui alle norme sopraindicate, con la circostanza aggravante del pregiudizio derivato, per la notorietà dei fatti, al buon nome ed all’immagine dell’A.I.A.

 

Decisione C.D.N.: Comunicato Ufficiale n. 20/CDN del 20 Dicembre 2007 n. 2 - www.figc.it

Impugnazione - istanza: Deferimento del Procuratore Federale a carico di: F.B. (all’epoca dei fatti vice presidente Sezione A.I.A. di Locri, attualmente A.F.Q. associato sezione A.I.A. di Locri) per violazione art. 1 comma 1 CGS e Giuseppe Jervasi (A.F.Q. associato sezione AIA di Locri) per violazione art. 1 comma 1 CGS (nota n. 412/696pf06-07/sp/ma del 10.9.2007).

Massima: Il Vice Presidente Sezione AIA è responsabile della violazione dell'art.1 comma 1 C.G.S, per essere intervenuto in maniera illecita sul programma "Sinfonia" della predetta Sezione, facendo risultare che 7 gare della stagione 2002/2003, apparissero invece come dirette dal proprio figlio.

 

 Decisione C.D.N.: Comunicato Ufficiale n. 13/CDN del 18 ottobre 2007 n. 1 - www.figc.it

Impugnazione - istanza:Deferimento del Procuratore Federale a carico di: N.C. (Arbitro Benemerito) per violazione art. 1 CGS e dell’art. 37 comma 2 lett. b) vigente all’epoca dei fatti oggi trasfuso art. 40 comma 3 lett. c) del regolamento A.I.A. (nota n. 241/401pf06-07/sp/en del 31.7.2007).

Massima: L’arbitro benemerito è responsabile della violazione di cui all’art. 1 CGS e dell’art. 37, comma 2 lett. b) Regolamento AIA (oggi art. 40 comma 3 Regolamento AIA) “per avere, nel corso dei contatti telefonici intercorsi con un arbitro, lasciato intendere di avere effettuato l’intervento richiesto, intervento che ha sicuramente ingenerato la convinzione di poter essere interprete di manovre oscure idonee a creare disdoro al buon nome ed all’immagine dell’AIA”.

 

Decisione C.D.N.: Comunicato Ufficiale n. 6/CDN del 4 Settembre 2007 n. 2 - www.figc.it

Impugnazione - istanza:Deferimento del Procuratore Federale a carico di: C.C. (assistente arbitro) per violazione art. 1 CGS e 37 comma 2 lett. b) del regolamento AIA oggi trasfuso nell’art. 40 comma 3 lett. c) del regolamento A.I.A. (nota n. 236/405pf06-07/sp/ma del 31.7.2007).

Massima: L’assistente arbitro risponde della violazione dell’art. 1 del CGS e dell’art. 37, comma 2, lett. b), del Regolamento AIA, in vigore all’epoca dei fatti (oggi art. 40, comma 3, lett. c) per aver intrattenuto, in più occasioni, colloqui telefonici con un tesserato, nel corso dei quali sono state espresse “considerazioni e commenti contrari ai principi di lealtà, correttezza, probità e trasparenza di cui alle norme sopra indicate, riguardanti la posizione di singoli associati e le problematiche del mondo arbitrale e specifiche decisioni tecniche concernenti decisioni e segnalazioni adottate nel corso di alcune gare, con la circostanza aggravante del pregiudizio arrecato, per la notorietà dei fatti, all’immagine dell’AIA”.

 

 Decisione C.G.F. - Sezioni Unite: Comunicato Ufficiale n. 8/CGF Riunione del 1 agosto 2007 n. 1 - www.figc.itDecisione impugnata: Delibera C.A.F. C.U. n. 58/C dell’12 giugno 2007

Impugnazione - istanza:Ricorso ai sensi dell’ art. 32, comma 7, Statuto F.I.G.C. (previgente) dell’associato B.D.C. avverso la sanzione dell’inibizione per giorni 90 inflitta a seguito del deferimento del Procuratore Federale

Massima: Il Vicepresidente dell’Associazione Italiana Arbitri è responsabile della violazione dell’art.1, comma 1, Codice Giustizia Sportiva, per aver svolto le funzioni di componente - nominato dal Comitato di Gestione F.I.G.C. il 4 giugno 2004 - della Commissione aggiudicatrice la gara per l’assegnazione dei contratti di assicurazione per le attività proprie della Federazione Italiana Giuoco Calcio nel 2004, pur a fronte della partecipazione nel procedimento ad evidenza pubblica di società assicuratrice della quale era contitolare la figlia oltre al fatto che aggiudicataria, era stata altra società assicuratrice di cui era agente un socio della moglie dell’incolpato nonché della figlia e dello stesso deferito. Si è verificato, pertanto, un conflitto di interessi tra la posizione funzionale dell’incolpato quale componente la Commissione aggiudicatrice e l’interesse professionale nonché familiare che egli aveva in relazione alla gara a causa dei rapporti tra una delle società partecipanti alla stessa e la propria figlia. Ed invero, la posizione funzionale dell’incolpato ben avrebbe potuto prestarsi ad una possibile interferenza nella conduzione della gara, manifestabile nei modi più svariati ed in ipotesi capaci di penalizzare altri concorrenti; la condotta stessa si prestava, altresì al rischio di apparire come fonte di un adempimento non sereno e non imparziale dell’ufficio ricoperto. Il conflitto aveva carattere attuale e concreto, riferendosi non ad una ipotetica e non realizzata posizione funzionale, avendo, al contrario, ad oggetto una concreta e specifica vicenda al cui interno era già stato delineato il ruolo dell’incolpato. Egli non assunse l’unica determinazione che avrebbe potuto eliminare il conflitto di interessi e, quindi, dissipare il rischio o il sospetto che egli non fosse o non apparisse imparziale, e cioè, alternativamente, il rifiuto dell’incarico o l’astensione dalla partecipazione ai lavori della Commissione aggiudicatrice. Entrambi i comportamenti sarebbero stati positivamente esigibili: l’astensione perché essa sarebbe dovuta conseguire, all’inizio dei lavori ed alla lettura dei nomi delle società partecipanti. Ma anche il rifiuto dell’incarico si sarebbe potuto egualmente pretendere da lui, una volta che, il deferito era perfettamente consapevole della partecipazione della agenzia assicurativa di cui era contitolare la figlia alla gara, tanto che la stessa si era recata con lui a depositare la relativa domanda di partecipazione.

Massima: La qualità di tesserato è una sorta di condizione immanente alla persona, che può venire in rilievo in ogni manifestazione o attività della stessa, per il semplice fatto oggettivo che una condotta suscettibile di apprezzamento da parte dell’ordinamento sportivo venga posta in essere in quanto capace di compromettere il prestigio e la credibilità del tesserato stesso e di riflesso quelli della Federazione. Da questo punto di vista è indubitabile che i rapporti nel corso dei quali, secondo la norma citata, vanno osservati i principi di lealtà, correttezza e probità vanno ritenuti riferibili all’attività sportiva ogni qual volta essi siano capaci di interessare l’ordinamento sportivo per i loro riflessi in termini di etica, onestà, affidabilità del singolo tesserato e della loro attitudine alla compromissione dell’immagine dell’istituzione sportiva.

 

Decisione C.A.F.: Comunicato Ufficiale n. 058/C Riunione del 11 Giugno 2007 - www.figc.it

Impugnazione - istanza: 2. DEFERIMENTO DEL PROCURATORE FEDERALE A CARICO DI: - D.C.B., VICE PRESIDENTE ASSOCIAZIONE ITALIANA ARBITRI, PER VIOLAZIONE DELL’ART. 1, COMMA 1, C.G.S..

Massima: Il componente del Comitato Nazionale A.I.A. ed attualmente vice presidente della stessa associazione è sanzionato con l’inibizione per giorni 90 per la violazione dei doveri di lealtà e correttezza di cui all'art. 1, comma 1, C.G.S. per aver: - partecipato alla gara assicurativa 2004 L.N.D. come agente di una compagnia assicurativa, pur svolgendo allo stesso tempo l'incarico di consulente assicurativo della Lega stessa e pertanto in posizione di potenziale conflitto di interessi, omettendo altresì di astenersi anche in considerazione del fatto che in tale gara venne presentata offerta da parte di altra Assicurazioni (poi aggiudicataria) di cui era agente, un soggetto intimamente collegato agli interessi economici con lo stesso, in quanto socio della moglie, della figlia e dello stesso; - partecipato alla gara assicurativa 2004 F.I.G.C., svolgendo la funzione di membro della Commissione Aggiudicatrice della gara stessa, nella quale era direttamente interessato come concorrente, direttamente o per il tramite di familiari e soci in affari e pertanto in posizione di evidente conflitto di interessi, omettendo di astenersi visto che alla licitazione partecipava sia l’agenza di assicurazione di cui era agente la figlia, sia l’assicurazione poi aggiudicataria di cui era agente il socio della moglie, della figlia e dello stesso. In questo caso non viene in rilievo la qualità di consulente assicurativo, ma la sua qualità di tesserato della F.I.G.C., che proprio per ciò e in ragione anche della sua esperienza assicurativa, ricevette l'incarico di far parte della Commissione Aggiudicatrice. Sussiste, pertanto, il nesso di causalità tra la qualità di tesserato, in funzione della quale e stato conferito l'incarico di far parte della Commissione Aggiudicatrice e l'attività svolta nell'ambito della Commissione. Non v'e poi dubbio in ordine alla posizione di conflitto tra la qualità di membro della Commissione Aggiudicatrice e quella di soggetto che ha interesse in una delle società partecipanti alla gara. E, infine, non discutibile che il comportamento ascritto al deferito configuri la violazione dell'art. 1, comma 1, C.G.S., perche certamente non improntato a correttezza e probità. Ne è sostenibile che il comportamento che si contesta al deferito non sia riferibile all'attività sportiva, atteso che l'art. 1, comma 1, C.G.S. fa riferimento a ogni rapporto comunque riferibile all'attività sportiva e quindi anche a rapporti che, pur non concernendo direttamente l'attività sportiva, abbia con questa un rapporto di derivazione o di connessione, con la conseguenza che l'attività diretta a conseguire la copertura assicurativa relativa all'attività sportiva posta in essere nell'ambito della Federazione deve ritenersi .riferibile all'attività sportiva.

 

Decisione C.A.F.: Comunicato Ufficiale n. 060/C Riunione del 19 Giugno 2007 - www.figc.it

Impugnazione - istanza: 3. DEFERIMENTO DEL PROCURATORE FEDERALE A CARICO DI: - S.F., ARBITRO EFFETTIVO DELLA SEZIONE A.I.A. DI FERMO, PER VIOLAZIONE DELL’ART. 1, COMMA 1, C.G.S., IN RIFERIMENTO ALL’ART. 40, COMMA 3, PUNTO B), DEL VIGENTE REGOLAMENTO DELL’ASSOCIAZIONE ITALIANA ARBITRI.

Massima: L’arbitro è responsabile per aver prestato le funzioni di assistente all’arbitro per conto di una società nella gara così violando l’art. 40 del Regolamento A.I.A. che, in quanto norma speciale, prevale su quella generale dell’art. 1 C.G.S.

 

Decisione C.C.A.S.–C.O.N.I.: Lodo Arbitrale del 13 giugno 2007 – www.coni.it

Decisione impugnata: Delibera della Corte Federale (FIGC) pubblicata sul C.U. n. 1/CF del 25 luglio 2006  - www.figc.itParti: Dott. T.L. contro F.I.G.C.

Massima: Il Presidente dell’A.I.A. è responsabile della violazione dell’art. 1 comma 1 C.G.S. per aver partecipato ad alcune cene con altri soggetti deferiti, per aver acquistato per il tramite di alcuni deferiti un’autovettura con l’applicazione di un consistente sconto. Ciò anche qualora attraverso le intercettazioni telefoniche ed attraverso altre fonti di prova, non emerge che il presidente abbia influenzato, in qualche modo, la condotta degli arbitri al fine di favorire il club. Tale circostanza, se non consente di escludere l‘illegittimità della condotta conviale fino ai caratteri della mera inopportunità, certamente va considerata ai fini della gravità della condotta e, conseguentemente, ai fini della determinazione della sanzione. Analoghe conclusioni devono essere svolte con riguardo alle contestazioni inerenti l’acquisto dell’autovettura. Se è vero che tale sconto è stato praticato e che la relativa accettazione configura una violazione dell’art. 1 del CGS, è, altrettanto vero, che non vi è prova che la relazione privilegiata de qua costituisse una stanza di compensazione dei vantaggi fruiti dalla società. Anche in tal caso, pertanto, va confermata l’illegittimità della condotta, ma deve essererne attenuato la gravità.

 

Decisione CF: Comunicato Ufficiale 16/CF del 21 maggio 2007 n. 1 – www.figc.it

Decisione impugnata: Provvedimento di sospensione cautelare

Impugnazione - istanza: Ricorso ai sensi degli artt. 32, comma 5, Statuto F.I.G.C. (previgente) e 22, comma 3, codice di giustizia sportiva del sig. D.B. avverso il provvedimento di sospensione cautelare emesso dal Presidente dell’Associazione Italiana Arbitri.

Massima: La sospensione cautelare prevista dall’art. 8, comma 5, lett. h) del Regolamento dell’Associazione Italiana Arbitri, è una misura che per espressa previsione della medesima disposizione non può superare i mesi quattro. Qualora l’associato sia stato già oggetto di provvedimento di sospensione cautelare, il nuovo provvedimento di sospensione emesso dal Presidente dell’A.I.A. fondato sugli stessi capi di imputazione, finisce per essere una reiterazione della stessa misura cautelare già inflitta e non consentita dal regolamento.

Decisione C.C.A.S.–C.O.N.I.: Lodo Arbitrale del 17 gennaio - 26 febbraio 2007 – www.coni.it

Decisione impugnata: Corte Federale, con decisione pubblicata nel C.U. n. 1/Cf del 25 luglio 2006 - www.figc.itParti: Dott. P.P. contro F.I.G.C.

Massima: Il designatore per l’A.I.A. degli arbitri, è responsabile della violazione dell’art. 1 C.G.S. per aver intrattenuto inopportuni rapporti con dirigenti di alcune società perché egli avrebbe dovuto ritenersi tra i custodi primi dei valori di terzietà ed equidistanza che il ruolo di giudice, qual è proprio dei direttori di gara, fa obbligo di mantenere. Ed è acquisto della comune cultura ordinamentale che si tratta di valori che di certo non si assicurano disgiungendo l’essere dall’apparire. Ogni ruolo di garanzia di interessi generali, postulando l’indifferenza del garante rispetto agli interessi particolari tra di loro naturalmente confliggenti, necessita di manifestazioni di imparzialità destinate a prendere rilievo assolutamente pari all’essenza pur doverosamente neutrale della condotta. In breve, il designatore avrebbe dovuto curare di apparire oltre che di essere (come assicura la sua difesa) equidistante tra le parti verso le quali la sua opera veniva a incidere. Ma così non è stato. Sotto questo specifico profilo, sono destinate ad avere massima rilevanza alcune condotte dell’associato per loro natura incoercibili entro ristretti margini di privatezza, quale la prossimità ai dirigenti di uno solo dei club regolarmente incisi dalle funzioni sportive. Consegue la sanzione dell’inibizione.

 

Decisione C.A.F.: Comunicato Ufficiale n. 010/C Riunione del 14 Settembre 2006 - www.figc.it

Impugnazione - istanza: 1. DEFERIMENTO DEL PROCURATORE FEDERALE A CARICO DEL SIG. C.T., VICE PRESIDENTE DEL COMITATO REGIONALE ARBITRI CALABRIA , PER VIOLAZIONE DELL’ART. 1, COMMA 1 E 3 DEL C.G.S..

Massima: Il vice presidente del Comitato Regionale AIA è responsabile della violazione dell’art. 1 comma 1, nonché dell’art. 1 comma 3 C.G.S. per aver rappresentato, in un esposto indirizzato al Presidente del Comitato Regionale Lega Nazionale Dilettanti ed al Presidente del Comitato Regionale Arbitri della Calabria, circostanze non veritiere in ordine a condotte violente e minacciose di cui sarebbe rimasto vittima in occasione della gara, valida per il Campionato di prima Categoria, alla quale egli aveva assistito in qualità di osservatore dell’arbitro dell’incontro. Più precisamente, aveva denunciato che oltre ad essere stato oggetto di ingiurie e minacce durante tutto l’arco della gara, alla fine della gara stessa era stato aggredito e colpito “in più riprese” con calci e pugni in varie parti del corpo da una ventina di sostenitori locali, subendo la rottura degli occhiali e lo strappo del giubbotto e della camicia, con postumi tali da indurlo l’indomani pomeriggio a recarsi presso il Pronto Soccorso dell’Ospedale di Siderno, ove gli veniva diagnosticato “trauma contusivo distorsivo spalla sinistra con deficit funzionale”, causato da “riferita aggressione durante partita di calcio”, facendosi prognosi di sette giorni per la guarigione.

 

Decisione C.D.N.: Comunicato Ufficiale n. 15/CDN del 15 Novembre 2007 n.1 - www.figc.it

Impugnazione - istanza:Deferimento del Procuratore Federale a carico di: P.D.M. (arbitro fuori quadro, vice presidente CRA Abruzzo) per violazione art. 1 comma 1 (nota n. 1980/380pf06-07/sp/ma del 22.5.2007).

Massima: L’arbitro fuori quadro,vice presidente del CRA non è responsabile della violazione dell’art. 1 comma 1 CGS per aver alienato, dopo aver informato il consiglio Direttivo, ad un terzo (proprio parente) ed ad un prezzo leggermente inferiore il tagliando vincente della lotteria vincolato all’acquisto di una specifica autovettura poiché ha puntualmente provveduto a tutti gli adempimenti amministrativi relativi alla vicenda, senza ricavare dall’operazione un vantaggio economico personale.

 

Decisione C.A.F.: Comunicato Ufficiale n. 031/C Riunione del 19 Gennaio 2007 - www.figc.it

Impugnazione - istanza: 9. DEFERIMENTO DEL PROCURATORE FEDERALE A CARICO DELL’ARBITRO EFFETTIVO, SIG. T.M.S., PER VIOLAZIONE DELL’ART. 1, COMMA 1 C.G.S., CON RIFERIMENTO ALL’ART. 40, LETTERE B) E G) DEL REGOLAMENTO A.I.A. VIGENTE ALL’EPOCA DEI FATTI E ALL’ART. 40, LETT. B) E H), DEL REGOLAMENTO A.I.A. IN VIGORE

Massima: L’arbitro non è responsabile della violazione dell’art. 1, comma 1, C.G.S., con riferimento all’art. 40, lett. b) e g), del Regolamento A.I.A. vigente all’epoca dei fatti e dell’art. 40, lett. b) e h), del Regolamento A.I.A. in vigore, per avere, prima della gara, comunicato al Designatore arbitrale (oltre che alla segreteria dell’organo tecnico), che preferiva non dirigere la gara suindicata, per le particolari difficoltà tecniche ed ambientali connesse alla stessa e per aver successivamente inviato un certificato medico atto a giustificare il suo mancato inserimento nella griglia degli arbitri da sorteggiare per la gara in parola, situazione che poi si verificò effettivamente. A fronte di tale, della sopravvenuta effettiva indisponibilità fisica dell’arbitro, alcun rilevo disciplinare può essere attribuito alle precedenti manifestazioni di perplessità dello stesso, peraltro conclusesi, come parimenti risulta agli atti, con una sua dichiarazione di ampia disponibilità ad accettare le decisioni dei designatori. Ciò che in sostanza conta, ad avviso, è che effettivamente l’arbitro non fu inserito nella griglia dei nominativi dei direttori di gara da sorteggiare per la gara in questione, né, peraltro, in nessun altro per quella giornata di campionato, esclusivamente in ragione del suo stato patologico, e non certo per le indecisioni in precedenza manifestate, peraltro successivamente revocate.

 

Decisione C.A.F.: Comunicato Ufficiale n. 010/C Riunione del 14 Settembre 2006 - www.figc.it

Impugnazione - istanza: 3. DEFERIMENTO DEL PROCURATORE FEDERALE A CARICO DEI SIGNORI: - Z.S., ARBITRO EFFETTIVO DELLA SEZIONE A.I.A. DI FIRENZE, PER VIOLAZIONE DELL’ART. 1, COMMA 1 C.G.S. – B.A., PRESIDENTE DELLA SOC. A.S.D. ASCA CALCIO ANGHIARI, PER VIOLAZIONE DELL’ART. 1, COMMA 1 C.G.S. - E DELLA SOCIETA A.S.D. ASCA CALCIO ANGHIARI, PER RESPONSABILITA DIRETTA AI SENSI DELL’ART. 2, COMMA 4 C.G.S.

Massima: L’arbitro non è responsabile per aver affermato sia nel referto che successivamente nel supplemento di rapporto al Giudice Sportivo ed all’incaricato dell’Ufficio Indagini, di aver espulso due calciatori e non altro calciatore che non aveva preso parte alla competizione e ciò in violazione dell’art.1 comma 1 del C.G.S. allorquando gli elementi di prova, incentrati su testimonianze e documenti non dimostrano l’accusa formulata.

Decisione C.A.F.: Comunicato Ufficiale n. 044/C Riunione del 05 Aprile 2007 - www.figc.it

Impugnazione - istanza: 1. DEFERIMENTO DEL PROCURATORE FEDERALE A CARICO DEL SIGNOR P.F., Arbitro Effettivo per violazione dell’art. 1, comma 1 C.G.S., in relazione all’art. 40, comma 3 del Regolamento dell’Associazione Italiana Arbitri. In data 13.2.2007,

Massima: L’arbitro è responsabile per aver pubblicizzato la propria disponibilità ad arbitrare gare non autorizzate dalla F.I.G.C., in violazione dell’art. 1 comma 1 C.G.S., in relazione all’art. 40 comma 3 del Regolamento dell’Associazione Italiana Arbitri.

  Decisione C.A.F.: Comunicato Ufficiale n. 26/C Riunione del 13 febbraio 2003 n. 1 – www.figc.it

Decisione impugnata: Delibera della Commissione Disciplinare presso il Comitato Regionale Umbria - Com. Uff. n. 28 del 6.12.2002

Impugnazione - istanza:Appello dell’arbitro effettivo A.A. avverso la sanzione della squalifica di anni 1 e mesi 1, inflitta a seguito di deferimento del Procuratore Federale

Massima: Il direttore di gara viene deferito alla Commissione Disciplinare presso il Comitato Regionale di cui ha diretto l’incontro, per la violazione dell’art. 1 comma 1 C.G.S. e dell’art. 31 del Regolamento dell’A.I.A., per aver modificato tanto il proprio referto quanto la copia in proprio possesso della distinta dei calciatori della società in un momento successivo alla prima compilazione, alterando il computo delle ammonizioni e conseguentemente l’irrogazione delle successive sanzioni. L’art. 29 dello Statuto federale, recita, al comma 6, che gli arbitri sono soggetti, per le infrazioni alle norme federali, alla disciplina generale (e ai relativi Organi) dell’ordinamento della giustizia sportiva, mentre essi sono soggetti a giurisdizione domestica “per ogni infrazione al solo regolamento dell’A.I.A.”.

 

Decisione C.A.F.: Comunicato Ufficiale n. 20/C Riunione del 7 Febbraio 2001 n. 2 – www.figc.it

Decisione impugnata: Delibera della Commissione Disciplinare presso la Lega Nazionale Professionisti - Com. Uff. n. 220 del 17.01.2002

Impugnazione - istanza: Appello del Procuratore Federale avverso il proscioglimento dell’assistente arbitrale P.C., a seguito di proprio deferimento per violazione dell’art. 1, comma 1, C.G.S.

Massima:L’assistente dell’arbitro è responsabile della violazione dell’art. 1 comma 1 C.G.S. per aver in occasione della gara (professionistica) proferito all’indirizzo del calciatore la frase irriguardosa espressiva di discriminazione razziale: “nero bastardo”. Consegue la sanzione dell’inibizione.

 

Decisione C.A.F.: Comunicato Ufficiale n. 8/C Riunione del 21 Settembre 2001 n. 6/7/8 – www.figc.it

Decisione impugnata: Delibera della Commissione Disciplinare presso il Comitato Regionale Abruzzo - Com. Uff. n. 4 del 26.7.2001

Impugnazione - istanza: Appello del sig. D.F.P. avverso la sanzione della inibizione per mesi 6 inflitta a seguito di deferimento del Procuratore Federale per violazione dell’art. 1C.G.S.Appello dell’A.E. Di Nicola Roberto avverso la sospensione per mesi 12 inflitta a seguito di deferimento del Procuratore Federale per violazione dell’art. 1 C.G.S.Appello del sig. B.P. avverso la sanzione della inibizione per mesi 12 inflitta a seguito di deferimento del Procuratore Federale per violazione dell’art. 1C.G.S.

Massima: Il Giudice Sportivo presso il Comitato Provinciale, il Segretario del Comitato Provinciale e l’arbitro effettivo della Sezione A.I.A, rispondono della violazione dell’art. 1 del Codice di Giustizia Sportiva, per aver i primi due indotto l’arbitro a redigere un supplemento di rapporto in relazione alle ragioni della mancata disputa della gara del Campionato Allievi Provinciali, di contenuto non corrispondente al vero, in modo da giungere alla revoca del provvedimento disciplinare adottato a carico di un tesserato, dirigente di una delle due società e calciatore della prima squadra, che, di conseguenza, aveva potuto prendere parte alla successiva gara del Campionato di Eccellenza. (Il caso di specie: L’arbitro designato per la direzione della predetta gara, giunto all’impianto sportivo, era stato invitato dal dirigente e calciatore della prima squadra a non far disputare la gara “per non alterare il terreno di gioco”, attesa la minaccia di un temporale, in vista della gara del pomeriggio in cui era impegnata la prima squadra. Il direttore di gara richiedeva una dichiarazione scritta su tale richiesta e non dava corso alla gara riportando il tutto nel proprio referto. Il Giudice Sportivo presso il Comitato Provinciale del Settore per l’Attività Giovanile e Scolastica, letto il referto, deliberava a carico del società la perdita della gara e la penalizzazione di un punto in classifica e irrogava al dirigente la inibizione. Lo stesso Giudice Sportivo, peraltro, con successivo provvedimento revocava la sanzione inflitta al dirigente “visto il supplemento di rapporto spontaneamente inviato dal direttore di gara”. L’arbitro, peraltro, interrogato sul punto riferiva di avere scritto il supplemento di rapporto in quanto gli avevano rivolto richiesta in tal senso il Segretario del Comitato Provinciale ed il Presidente della Sezione A.I.A. e lo stesso Giudice Sportivo per poter rimediare alla inibizione del dirigente “atteso il clamore che tale sanzione aveva suscitato” e che a tal fine era stato convocato presso la sede del Comitato).

 

 

 

DirittoCalcistico.it è il portale giuridico - normativo di riferimento per il diritto sportivo. E' diretto alla società, al calciatore, all'agente (procuratore), all'allenatore e contiene norme, regolamenti, decisioni, sentenze e una banca dati di giurisprudenza di giustizia sportiva. Contiene informazioni inerenti norme, decisioni, regolamenti, sentenze, ricorsi. - Copyright © 2024 Dirittocalcistico.it