F.I.G.C. – CORTE SPORTIVA D’APPELLO NAZIONALE – SEZIONE III – 2019/2020– FIGC.IT – ATTO NON UFFICIALE – DECISIONE N. 147/CSA del 26 gennaio 2020 – (S.S.D. ARL CALCIO FOGGIA) n. 171/2019 – 2020 Registro Reclami N. 171/2019-2020 REGISTRO RECLAMI N. 147/2019-2020 REGISTRO DECISIONI

N. 171/2019-2020 REGISTRO RECLAMI

N. 147/2019-2020 REGISTRO DECISIONI

 

LA CORTE SPORTIVA D’APPELLO NAZIONALE

III SEZIONE

 

composta dai Sigg.ri:

Italo Pappa Presidente

Salvatore Lo Giudice Vice Presidente

Paolo Del Vecchio Componente (relatore)

Carlo Bravi Rappresentante A.I.A.

 

ha pronunciato la seguente

DECISIONE

sul reclamo numero di registro 171 del 2020, proposto dalla società SSD ARL Calcio Foggia in data 10 gennaio 2020, rappresentata e difesa dagli avvocati Eduardo Chiacchio, Giuseppe Chiacchio e Gianpaolo Calò

per la riforma della decisione Giudice Sportivo del Dipartimento Interregionale di cui al Com. Uff. n. 76 dell’8 gennaio 2020;

Visto il reclamo e i relativi allegati;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza del giorno 16 gennaio 2020 l’avv. Paolo Del Vecchio e udito l’avvocato Giampaolo Calò per la reclamante;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

RITENUTO IN FATTO

Con decisione dell’8 gennaio 2020 il Giudice Sportivo del Dipartimento Interregionale ha inflitto la sanzione dell’ammenda di € 1.500,00 e della disputa di una gara a porte chiuse alla SSD ARL Calcio Foggia per “avere propri sostenitori, dal 39esimo del secondo tempo e fino al termine della gara, lanciato all’indirizzo di un a.a. delle pietre di piccole dimensioni, quattro delle quali lo attingevano alla schiena, e un accendino che lo colpiva ad una coscia provocandogli intensa sensazione dolorifica”. Inoltre, il giudice di prime cure sanziona la società perché una persona non meglio identificata, ma riconducibile alla stessa, al minuto 50esimo del secondo tempo “calciava con forza un pallone in direzione della panchina avversaria colpendo un componente della medesima alla mano e provocandogli forte dolore”.

In particolare, dal rapporto dell’assistente, sig. Andrea Pasqualetto di Aprilia, si legge che dopo l’espulsione del calciatore Tedesco i tifosi del Foggia hanno preso di mira il suddetto collaboratore arbitrale, colpendolo per ben quattro volte con delle pietre ed una volta anche con un accendino. Tale ricostruzione fattuale risulta confermata anche dai due commissari di campo nei loro rapporti (sig. Nicola Saponara di Angri e sig. Alessandro Salzano di Mirabella Eclano), i quali aggiungono il particolare che “durante la fase di riscaldamento il dirigente accompagnatore del Foggia, a centrocampo, indirizzava uno sputo senza colpirlo verso il preparatore dei portieri del Fasano”. Ne nasceva un diverbio sedato dai giocatori di entrambe le squadre.

Propone ricorso la società per difendere il proprio operato, chiedendo la riduzione dell’ammenda di € 1.500,00 e di annullare la disputa di una gara interna a porte chiuse. La difesa eccepisce l’assenza di danni materiali nei confronti dell’assistente arbitrale raggiunto dal lancio di oggetti, l’adozione di modelli di organizzazione idonei a prevenire comportamenti antisportivi e la condotta anteatta della medesima società quasi specchiata, eccezion fatta per un’ammenda causata dall’accensione di due fumogeni.

CONSIDERATO IN DIRITTO

Partendo dal presupposto che la ricostruzione dei fatti è quella cristallizzata dai referti della terna arbitrale e dei commissari di campo, la norma applicabile al caso di specie è l’art. 26 C.G.S. (Fatti violenti dei sostenitori), in forza del quale “Le società rispondono per i fatti violenti commessi in occasione della gara da uno o più dei propri sostenitori, sia all’interno dell’impianto sportivo, sia nelle aree esterne immediatamente adiacenti, se dal fatto derivi un pericolo per l’incolumità pubblica o un danno grave all’incolumità fisica di una o più persone”.

La disposizione chiarisce che i soggetti titolari di responsabilità (oggettiva) per la condotta ritenuta illecita sono le società sportive, che rispondono per i fatti violenti commessi dai loro sostenitori. La condotta che la norma intende sanzionare direttamente è costituita da questi

«fatti violenti», specificandone poi – in termini spaziali, temporali e causali – il contenuto concreto. Per quanto riguarda la dimensione spaziale, possono configurare un illecito, ai sensi della giustizia sportiva, solo quei fatti violenti che siano stati commessi all’interno dell’impianto sportivo «proprio» della società interessata o nelle aree esterne immediatamente adiacenti.

La responsabilità descritta nell’art. 26 C.G.S. viene considerata di matrice oggettiva in quanto pone in capo alle società sportive una responsabilità per fatti non realizzati da loro, bensì commessi da altri soggetti, «uno o piú sostenitori», per tali dovendosi intendere nel caso di specie non solo i supporters sugli spalti ma anche il soggetto che in campo ha scagliato il pallone verso la panchina avversaria, non essendo chiaro dagli atti se il medesimo sia effettivamente un addetto ai servizi dello stadio dauno oppure un mero tifoso del Foggia.

Il ricorso all’istituto della responsabilità oggettiva da parte dell’ordinamento sportivo e il suo prescindere dall’accertamento della sussistenza del dolo o della colpa sono inevitabili, in quanto, non disponendo questo di sufficienti risorse, strutture, personale e non conoscendo procedimenti cautelari, non può permettersi di lasciare determinati eventi privi di conseguenze sanzionatorie.

Posto che la società dauna dev’essere chiamata a rispondere per responsabilità oggettiva, per quanto concerne il quantum della sanzione, bisogna modellare l’istituto della responsabilità oggettiva con il principio di sussidiarietà. Lo prevede lo stesso art. 26, comma 4, del nuovo C.G.S., in forza del quale “se la società responsabile non è appartenente alla sfera professionistica, ferme restando le altre sanzioni applicabili, si applica la sanzione dell’ammenda nella misura da euro 500,00 ad euro 15.000,00”.

Il calcio dilettantistico, infatti, prevede budget societari di dimensioni notevolmente minori rispetto a quelli professionistici; ne consegue che l’irrogazione di una sanzione pecuniaria di elevata entità, mentre risulta particolarmente afflittiva per i primi, non costituisce invece un peso eccessivo per i secondi.

Il giudice sportivo, allora, per scongiurare il rischio che l’istituto della responsabilità oggettiva si traduca nella continua irrogazione di sanzioni pecuniarie capaci di generare problematiche patrimoniali e dissesti economici in capo ad una o più società, con conseguenze anche sulla regolarità delle competizioni, suole tentare, ove possibile, di mitigare la responsabilità oggettiva con il principio di sussidiarietà e personalità della sanzione. In tal senso, le società sarebbero sanzionate solo nei casi di omessa individuazione, da parte dell’arbitro nel referto di gara ovvero degli altri organi preposti al controllo, dei responsabili dei comportamenti violenti e/o antisportivi. In questo modo, la responsabilità ricade sulla società solo quando non è possibile applicare la sanzione al sostenitore, rispettando maggiormente il principio costituzionale della personalità della responsabilità.

Pertanto, questa Corte conferma il quantum dell’ammenda irrogata in I grado (€ 1.500,00), che si presenta di poco superiore rispetto al minimo edittale previsto dal nuovo C.G.S. per le società  dilettantistiche, aumentato in  virtù del fatto che  non sono stati  individuati personalmente i responsabili dei fatti violenti nello stadio.

Tuttavia, per quanto concerne l’altra sanzione, si reputa sproporzionata la gara a porte chiuse, ritenendo più congrua la diffida. Quest’ultima, infatti, da un lato si pone in linea col disposto dell’art. 26 C.G.S., il quale la identifica come eventuale accessorio dell’ammenda, e dall’altro si addice meglio al comportamento in concreto tenuto dalla società dauna, la quale ha posto in essere quei “modelli di organizzazione e di gestione della società idonei a prevenire comportamenti della specie di quelli verificatisi” previsti dall’art. 29, comma 2,

C.G.S. come attenuante della responsabilità delle società per i comportamenti dei propri sostenitori.

Nello specifico, la società ospitante ha richiesto e ottenuto dalla Questura di Foggia la presenza allo stadio di tanti uomini delle forze dell’ordine e non risultano dalle relazioni dell’arbitro, dei suoi assistenti e del commissario di campo altre criticità derivanti dal pubblico di fede dauna.

P.Q.M.

La Corte Sportiva d’Appello Nazionale (Sezione terza) definitivamente pronunciando, accoglie parzialmente il reclamo n. 171, proposto dalla società SSD ARL Calcio Foggia e, per l’effetto, si ridetermina la sanzione nell’ammenda di € 1.500,00 con diffida.

Dispone restituirsi il contributo.

Dispone la comunicazione alle parti tramite i loro difensori con posta elettronica certificata.

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