F.I.G.C. – CORTE SPORTIVA D’APPELLO NAZIONALE – SEZIONE II – 2019/2020 – FIGC.IT – ATTO NON UFFICIALE – DECISIONE N. 233 CSA del 27 maggio 2020 (Sig. Sprovieri Carlo) N. 237/2019-2020 REGISTRO RECLAMI N. 0233/2019-2020 REGISTRO DECISIONI
N. 237/2019-2020 REGISTRO RECLAMI
N. 0233/2019-2020 REGISTRO DECISIONI
LA CORTE SPORTIVA D’APPELLO NAZIONALE
II SEZIONE
composta dai Sigg.ri:
Stefano Palazzi - Presidente
Daniele Cantini – Componente
Fabio Di Cagno - Componente relatore
Antonio Cafiero – Rappresentante AIA
riunita in videoconferenza, ha pronunciato
la seguente
DECISIONE
sul reclamo numero di registro 237 del 2019-2020, proposto dal sig. Sprovieri Carlo;
per la riforma della decisione del Giudice Sportivo presso la Lega Italiana Calcio Professionistico del 27.2.2020 di cui al Com. Uff. n. 133/DIV;
Visto il reclamo e i relativi allegati;
Visti tutti gli atti del procedimento;
Relatore nell'udienza del giorno 25.5.2020 l’Avv. Fabio Di Cagno; Udito il reclamante;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
RITENUTO IN FATTO
Con reclamo del 6.3.2020, preceduto da rituale dichiarazione di preannuncio, il sig. Paolo Sprovieri, dirigente della società Rende Calcio 1968 s.r.l., ha impugnato la decisione del Giudice Sportivo presso la Lega Italiana Calcio Professionistico (C.U. n. 133/DIV del 27.2.2020) con la quale gli è stata inflitta la sanzione della inibizione a svolgere ogni attività in seno alla FIGC, a ricoprire cariche federali ed a rappresentare la società nell’ambito federale a tutto il 30.6.2020 e dell’ammenda di € 2.000,00 “perché al termine della gara rientrando negli spogliatoi avvicinava l’arbitro e gli rivolgeva frasi offensive e minacciose (panchina aggiuntiva, r.A., r.proc.fed., r.c.c.); il tutto occorso al termine della gara Cavese – Rende, disputata il 26.2.2020 sul campo di Cava dei Tirreni e valevole per il campionato di Serie C.
In particolare, si rileva univocamente dal referto arbitrale e dai rapporti del collaboratore della Procura Federale e del Commissario di campo, che lo Sprovieri, al termine della gara e nella fase di uscita dal campo della terna, si portava a breve distanza dall’arbitro e dapprima lo apostrofava pesantemente con frasi ingiuriose, quindi lo minacciava per ben tre volte con la frase “ti dovrei spaccare la testa addosso al muro”.
Il reclamante non nega di aver pronunciato quelle frasi, ma evidenzia innanzi tutto il proprio stato di tensione a causa di un rigore assegnato al 94’ minuto alla squadra della Cavese che, trasformato, aveva determinato la sconfitta del Rende, in lotta per la salvezza. Evidenzia altresì che il tutto si era sostanzialmente risolto in una mera intemperanza verbale, posto che nessun contatto fisico vi era stato con il direttore di gara. Evidenzia infine, con il conforto di alcuni precedenti giurisprudenziali, l’eccessività della sanzione sia con riferimento al periodo di inibizione (in relazione all’art. 36 C.G.S.), sia alla misura dell’ammenda.
Conclude quindi per l’annullamento o la riduzione dell’ammenda e per la riduzione al minimo edittale dell’inibizione.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il reclamo è infondato e deve conseguentemente essere respinto.
Va premesso che non è in contestazione (perché ammesso) il fatto che l’arbitro, all’uscita dal campo, sia stato oggetto di pesanti ingiurie e di gravi minacce profferite dal dirigente del Rende sig. Sprovieri Carlo. La circostanza ad ogni buon conto, come si è detto, risulta pacificamente sia dal referto arbitrale che dai rapporti del collaboratore della Procura Federale e del Commissario di campo.
Quanto alla misura della sanzione irrogata dal Giudice Sportivo, ritiene la Corte, ai fini di un’eventuale riduzione, che nessun rilievo possa spiegare la circostanza, invocata dal reclamante, di non essere passato alle vie di fatto nei confronti dell’arbitro: circostanza che, ovviamente, non può certo essere valorizzata per ridimensionare l’entità delle minacce (che, ove attuate, avrebbero comportato l’irrogazione di sanzioni di ben altra entità). Né può valere come attenuante la concessione di un calcio di rigore in danno della propria squadra, seppure nei minuti finali, trattandosi di un evento di gioco rientrante nella normale dinamica di una partita di calcio.
In definitiva, la violenza verbale delle plurime ingiurie e delle reiterate minacce rivolte all’arbitro inducono a ritenere congrua la sanzione così come inflitta dal Giudice Sportivo, non ricorrendo alcuna valida ragione per contenerla nel minimo edittale di cui all’art. 36 C.G.S, come invocato dal reclamante.
P.Q.M.
La Corte Sportiva d’Appello Nazionale (Sezione Seconda), definitivamente pronunciando sul reclamo n. 237, proposto dal sig. SPROVIERI CARLO, lo respinge.
Dispone la comunicazione alle parti tramite i loro difensori con posta elettronica certificata.