CONI – Collegio di Garanzia dello Sport – Sezioni unite – coni.it – atto non ufficiale – Decisione n. 44 del 13/06/2017 –Procura Generale CONI/Omissis/Federazione Italiana Sport Equestri
Decisione n. 44
Anno 2017
IL COLLEGIO DI GARANZIA
SEZIONI UNITE
composto da
Franco Frattini - Presidente
Attilio Zimatore - Relatore
Mario Sanino
Massimo Zaccheo
Dante D’Alessio – Componenti
ha pronunciato la seguente
DECISIONE
nel giudizio iscritto al R.G. ricorsi n. 59/2016, presentato, in data 3 novembre 2016, dalla Procura Generale dello Sport presso il CONI, in persona del Procuratore Generale dello Sport, gen. Enrico Cataldi, e del Procuratore Nazionale dello Sport, avv. Livia Rossi,
contro
il sig. [omissis], rappresentato e difeso dall’avv. Andrea Maiorana,
nonché nei confronti
della Federazione Italiana Sport Equestri (F.I.S.E.), non costituitasi in giudizio,
avverso la decisione emessa in data 27 settembre 2016 dalla Corte Federale d'Appello FISE, depositata in data 6 ottobre u.s., che, in parziale accoglimento del reclamo in sede di gravame del sig. [omissis], ha ridotto la sanzione irrogata dal Tribunale Federale Nazionale (decisione n. 27/15
- P.A. 141/2014 del 6-7 luglio 2016) ad anni cinque di sospensione dall'attività agonistica, nonché da ogni carica o incarico sociale o federale, inclusa la qualifica di istruttore, tecnico, operatore tecnico, ufficiale di gara ex art. 6, lettere d) ed e), del Regolamento di Giustizia FISE;
viste le difese scritte e la documentazione prodotta dalle parti costituite;
vista la decisione n. 63 del 7/29 dicembre 2016 della Quarta Sezione del Collegio di Garanzia, che ha rimesso il ricorso a queste Sezioni Unite,
uditi, nell'udienza dell’8 febbraio 2017, per la ricorrente Procura Generale dello Sport presso il CONI, il Procuratore Nazionale dello Sport, avv. Livia Rossi; nonché l’avv. Andrea Maiorana, in collegamento tramite la piattaforma telematica Microsoft Skype, per il resistente, sig. [omissis].
udito, nella successiva camera di consiglio dello stesso giorno, il relatore, prof. Attilio Zimatore,
Ritenuto in fatto
I.Per la narrazione dei fatti e dello svolgimento del giudizio si riporta, preliminarmente, l’esposizione contenuta nella decisione n. 63 del 7/29 dicembre 2016 della Quarta Sezione del Collegio di Garanzia che ha rimesso il ricorso a queste Sezioni Unite.
<< 1. Nel dicembre del 2014, il Comitato Regione Piemonte segnalava alla Federazione Italiana Sport Equestri (F.I.S.E.) che [omissis], riconosciuto responsabile dei reati di cui agli artt. 600-bis, comma 2, e 609-bis c.p. per fatti commessi ai danni di minori, alcuni dei quali infrasedicenni, anche in occasione dello svolgimento della sua attività di istruttore e all’interno del maneggio di sua proprietà, era stato condannato dal Tribunale penale di Biella, con sentenza del 4 marzo 2014, a quattro anni e nove mesi di reclusione, oltre alla interdizione per cinque anni dai pubblici uffici e in perpetuo da qualsiasi ufficio attinente alla tutela, alla curatela e alla amministrazione di sostegno, nonché da qualunque incarico nelle scuole di ogni ordine e grado, nonché da ogni ufficio o servizio in istituzioni o in altre strutture pubbliche o private frequentate prevalentemente da minori.
1.1. Tanto assunto in informazione, la Procura Federale lo deferiva il 3 giugno 2015 innanzi al Tribunale Federale per rispondere dell’illecito di cui all’art. 1, comma 1, del Regolamento di Giustizia della F.I.S.E. in combinato disposto con l’art. 10, commi 1 e 2, dello Statuto Federale e con gli artt. 1 e 2 del Codice di Comportamento Sportivo del CONI, ratione temporis vigenti nell’arco temporale di svolgimento dei fatti contestati, compreso tra il 2002 e il 2008.
1.2. Il Tribunale Federale, con decisione del 6 luglio 2016 (n. 27/15), avendo riconosciuti fondati gli addebiti, applicava al tesserato la sanzione della radiazione.
2. Tale decisione veniva reclamata dal [omissis] alla Corte Federale d’Appello la quale, con decisione del 27 settembre 2016 (depositata il successivo 6 ottobre), accoglieva parzialmente il gravame, riducendo la sanzione inflitta ad anni cinque di sospensione dall’attività agonistica nonché da ogni carica o incarico sociale o federale, inclusa la qualifica di istruttore, tecnico, operatore tecnico, ufficiale di gara ex art. 6, lettere d) ed e), del Regolamento di Giustizia.
3. La Procura Generale dello Sport presso il CONI ha quindi impugnato tale decisione davanti al Collegio di Garanzia dello Sport, chiedendone la riforma.
3.1. Si è difeso l’appellato invocando, sotto diversi profili, una declaratoria di inammissibilità del ricorso o, comunque, di infondatezza dello stesso.
3.2. Con memoria del 23 novembre 2016, il [omissis], nel confermare le proprie difese, ha altresì chiesto, ai sensi dell’art. 12 del vigente Regolamento di Giustizia F.I.S.E. e in conformità con quanto previsto dall’art. 2 dello Statuto Federale, di sostituire la sanzione della sospensione residua con la prestazione gratuita su tutto il territorio nazionale di attività di speaker, giudice in concorsi di salti ad ostacoli e istruttore, nonché con la disponibilità a titolo gratuito e per la stessa durata della sanzione irrogata dell’intera struttura sportiva in suo possesso con tutte le attrezzature in essa presenti >>.
I motivi del ricorso proposto dalla Procura Generale e le correlative eccezioni sollevate dal sig. [omissis] saranno ulteriormente illustrati, per quanto necessario, nella motivazione di questa decisione.
II.
Il ricorso in esame è stato assegnato alla Quarta Sezione del Collegio di Garanzia, che, con decisione n. 63 del 7/29 dicembre 2016, ha rimesso il ricorso a queste Sezioni Unite sollevando la questione di principio di seguito illustrata.
La Quarta Sezione ha opportunamente rilevato che il resistente aveva eccepito, in primo luogo, l’inammissibilità del ricorso osservando che la Procura Generale aveva censurato <<un vizio riconducibile non tanto alle categorie della “omessa o insufficiente motivazione”, quanto piuttosto a quella della “contraddittorietà della motivazione” che, tuttavia, l’articolo 54 del Codice della Giustizia Sportiva non contemplerebbe tra quelle invocabili innanzi al Collegio di Garanzia dello Sport >>.
Ciò premesso, la Quarta Sezione ha osservato <<come la controversia in esame ponga in limine la questione dell’ampiezza dei motivi di ricorso proponibili innanzi al Collegio di Garanzia per lo Sport per censurare vizi della motivazione e, in particolare, della possibilità di articolare anche il motivo di contraddittorietà della motivazione >>.
Dopo essersi soffermata sull’interpretazione dell’art. 54 del Codice della Giustizia Sportiva e dopo avere ripercorso l’evoluzione della disciplina dettata dal codice di rito in ordine ai motivi di ricorso per Cassazione, la Quarta Sezione ha ritenuto che <<occorre chiarire, su un piano più squisitamente sistematico, quali siano, nel sistema di giustizia sportiva, connotato da istituti ed esigenze peculiari (si pensi, tra le altre, a quelle di concentrazione e di celerità), la portata e l’ampiezza della formula innovativa declinata dall’art. 54, comma 1, secondo periodo, del Codice, la quale consente il ricorso a questo Collegio, oltre che per violazione delle norme di diritto, anche per omessa o insufficiente motivazione circa un punto decisivo della controversia, senza tuttavia espressamente richiamare anche la motivazione contraddittoria>>. Pertanto, la Quarta Sezione ha rimesso il ricorso all’esame delle Sezioni Unite reputando necessario <<un chiarimento sistematico dell’Organo nomofilattico in ordine ai confini dell’area entro la quale possano essere denunciati innanzi al Collegio di Garanzia i diversi vizi della motivazione (omessa o insufficiente), con l’ulteriore specificazione se tra essi, e con quale estensione, sia compreso anche il vizio di motivazione contraddittoria, con particolare riguardo alla denunciata insufficienza e contraddizione del segmento motivo che lega una circostanza accertata in premessa dal giudice di merito alle conclusioni cui questi perviene >>.
III.
A seguito della decisione della Quarta Sezione del Collegio di Garanzia, il ricorso è stato, pertanto, rimesso alle Sezioni Unite ed è stato discusso nell’udienza dell’8 febbraio 2017.
Considerato in diritto
1.
Deve essere innanzitutto esaminata la questione di principio sollevata dalla Quarta Sezione di questo Collegio di Garanzia, tenuto conto non solo della importanza del tema su un piano generale e sistematico, ma anche della sua rilevanza ai fini della decisione di questa controversia. Nel caso in esame, infatti, il motivo di impugnazione dedotto dalla Procura Generale, pur essendo titolato “Omessa o comunque insufficiente motivazione circa la riduzione della sanzione inflitta”, nel suo sviluppo argomentativo pone in risalto (anche) un profilo di contraddittorietà della motivazione, e, più specificamente, la asserita “contraddittorietà tra l’invocato richiamo alla sanzione penale ed il successivo discostarsi dalla stessa”.
Come è noto, ai sensi dell’art. 54 del Codice della Giustizia Sportiva, il ricorso al Collegio di Garanzia dello Sport “è ammesso esclusivamente per violazione di norme di diritto, nonché per omessa o insufficiente motivazione circa un punto decisivo della controversia che abbia formato oggetto di disputa tra le parti”.
Il giudizio dinanzi al Collegio di Garanzia si configura, dunque, come un giudizio di legittimità, che, nel vigente sistema processuale, trova il suo più prossimo riferimento normativo nella disciplina del ricorso per cassazione, dettata dagli artt. 360 e segg. del codice di procedura civile. La Quarta Sezione del Collegio di Garanzia si è, dunque, opportunamente soffermata sull’analisi delle disposizioni dettate dal codice di rito in ordine ai motivi di ricorso per cassazione e sulla loro successiva evoluzione normativa, con specifico riguardo ai vizi attinenti alla tenuta logica e formale della motivazione del provvedimento impugnato.
Come la Quarta Sezione ha correttamente osservato, le disposizioni sul sindacato di legittimità in ordine alla motivazione della sentenza si sono evolute secondo formule progressivamente più restrittive: dalla formula originaria, nata dalla riforma del 1950, che prevedeva la “omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia, prospettato dalle parti o rilevabile d’ufficio», a quella (invero, non particolarmente innovativa) dettata dalla prima modifica del 2006 (d. lgs. 2.2.2006, n. 40), che prevedeva la «omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio», a quella attuale, introdotta dal d.l. 22 giugno 2012, n. 83, conv. in l. 7 agosto 2012, n. 134, che configura il vizio deducibile come «omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti».
Non occorre soffermarsi sull’esegesi di queste disposizioni normative, né sulle ragioni di politica del diritto che hanno indotto il legislatore a questo progressivo indebolimento dei criteri di controllo di legittimità della motivazione. Giova, piuttosto, rilevare che, secondo l’interpretazione adottata dalla stessa Cassazione, la attuale formulazione dell’art. 360 c.p.c., pur non menzionando espressamente la motivazione della sentenza e la sua coerenza logica, e pur comportando una “riduzione al minimo costituzionale del sindacato sulla motivazione in sede di giudizio di legittimità”, tuttavia, comprende le ipotesi della “motivazione apparente”, del “contrasto irriducibile fra affermazioni inconciliabili”, della “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile” (così Cass., SS.UU., n. 8054 del 2014; e conf. Cass., Sez. lav., 8.3.2016, n. 4505). In questi ristretti limiti, esclusa la rilevanza di un semplice difetto di sufficienza, il vizio di inadeguatezza e incoerenza motivazionale rimane scrutinabile in sede di legittimità.
Ciò premesso, è agevole constatare come sul piano testuale i motivi di ricorso al Collegio di Garanzia siano stati enunciati dall’art. 54 del Codice della Giustizia Sportiva con una formula più ampia rispetto a quella prevista dall’art. 360, n. 5, c.p.c., poiché, mentre quest’ultimo circoscrive la censura all’omesso esame circa un fatto decisivo, il primo ammette il ricorso (oltre che per ‘violazione di norme di diritto’) anche “per omessa o insufficiente motivazione circa un punto decisivo della controversia che abbia formato oggetto di disputa tra le parti”.
La più ampia formulazione adottata dal legislatore sportivo, che espressamente si riferisce alla motivazione ed espressamente consente un sindacato sulla sua sufficienza, non può certamente reputarsi casuale, tanto più se si considera che la stesura del Codice di Giustizia sportiva è successiva alla riforma del testo dell’art. 360 del Codice di rito, intervenuta nel 2012, ed è pertanto consapevole del dibattito sulla sua evoluzione.
Se il testo dell’art. 360, n. 5, c.p.c. consente alla Cassazione uno scrutinio – sia pure assai limitato
- della motivazione, si deve ritenere che, a maggior ragione, tale sindacato sia permesso al Collegio di Garanzia, il quale, oltre a verificare che di nessun fatto decisivo sia stato omesso l’esame, ben può estendere la sua indagine alla sufficienza della motivazione, ancorché rimanendo sul piano logico e formale e senza rinnovare valutazioni di merito.
Quanto al requisito della sufficienza, occorre considerare che esso non può essere vagliato su un piano puramente quantitativo, come se dipendesse soltanto dal numero degli argomenti portati a sostegno di una decisione, ma deve necessariamente apprezzarsi anche su un piano qualitativo. Il che fatalmente comporta una verifica della sufficienza, intesa come congruità ed adeguatezza, sia pure – si ribadisce – su un piano logico e formale, dello svolgimento motivazionale.
In questa prospettiva la contraddittorietà della motivazione della sentenza impugnata, vale a dire l’incompatibilità logica tra gli argomenti portati dal giudice di merito a sostegno delle sue conclusioni, può denotare una insufficienza della motivazione, rilevante ai sensi dell’art. 54 del CGS; beninteso, ove la denunciata contraddittorietà non riguardi profili di semplice dettaglio, ma sia ravvisabile tra argomenti muniti di pari rilevanza. Se gli argomenti forniti nella motivazione della decisione, quelli che dovrebbero integrare la ratio decidendi del provvedimento, sono tra loro contrastanti, se ne deve concludere che le conclusioni espresse nella sentenza sono prive di una motivazione adeguata. Onde essa risulta censurabile per insufficienza.
In questo senso, la coerenza logica della motivazione, vale a dire la mancanza di contraddittorietà tra i motivi della decisione, costituisce uno dei canoni del giudizio di legittimità rimesso al Collegio di Garanzia.
Deve, dunque, condividersi il consolidato orientamento interpretativo desumibile dalla giurisprudenza di questo Collegio di Garanzia, sia a Sezioni Semplici che a Sezioni Unite, che ha sempre consentito un apprezzamento delle decisioni impugnate sul piano della coerenza logica della motivazione, reputando rilevante la censura di contraddittorietà. In questo senso militano le decisioni del Collegio di Garanzia richiamate nel provvedimento della Quarta Sezione di rimessione alle Sezioni Unite [cfr. Collegio di Garanzia, Sez. IV, n. 50 del 2016; Sez. Un., n. 58 e n. 63 del 2015, n. 4 del 2016; ove si ripete che “il Collegio di Garanzia non può procedere ad una nuova valutazione dei fatti, ma può solo verificare se il Giudice di merito abbia nelle sue valutazioni violato una norma (sostanziale o processuale), ovvero abbia motivato la propria decisione in modo lacunoso o illogico o contraddittorio” e ciò in quanto “il ricorso al Collegio di Garanzia dello Sport è preordinato (…) all'annullamento delle pronunce che si assumono viziate solo da violazione di specifiche norme ovvero viziate da omessa o insufficiente o contraddittoria motivazione”]. Rimane parimenti fermo il principio – puntualmente ricordato dalla Quarta Sezione nella decisione n. 63 del 2016 - secondo il quale la verifica di non contraddittorietà della motivazione non può “mai debordare in una vera e propria ricostruzione alternativa dei fatti accertati, nell’allegazione della debolezza di alcune prove ritenute, invece, rilevanti dalla decisione impugnata, o, ancora, in ricostruzioni dei fatti, posti a fondamento di sanzioni, secondo una diversa prospettazione dei tempi, dei fatti salienti, e persino del rilievo di alcuno tra i soggetti coinvolti nel portare a termine l'azione” (in questo senso, v. Collegio di Garanzia, SS. UU., decisione n. 4 del 2016).
2.
Sulla scorta del principio sopra enunciato, si può ora passare all’esame dei motivi del ricorso proposto dalla Procura Generale dello Sport, la quale ha censurato la decisione della Corte Federale di Appello, lamentando una “omessa o comunque insufficiente motivazione circa la riduzione della sanzione inflitta”.
In particolare, la Procura ricorrente ha dedotto che il giudice del gravame, dopo avere correttamente posto in rilievo il dato sostanziale, rilevando che il, indipendentemente dalla qualifica formale, esercitava di fatto l’attività di istruttore, era però giunto “a conclusioni del tutto contraddittorie con le premesse ed errate in fatto oltre che insufficientemente motivate”, in quanto aveva poi sostenuto che la mancanza della qualifica formale di istruttore federale “può essere considerata solo ai fini della rideterminazione della sanzione”.
Sotto questo profilo, il motivo di ricorso è stato contestato dal sig. [omissis] il quale ha preliminarmente eccepito l’inammissibilità di una censura di contraddittorietà della motivazione, non essendo espressamente previsto dall’art. 54 un controllo del Collegio di Garanzia sulla non contraddittorietà della motivazione.
Questa eccezione sollevata dal resistente – che ha provocato la rimessione a queste Sezioni Unite
- è già stata esaminata e respinta nei paragrafi che precedono: l’eccezione è infondata e il motivo di ricorso proposto dalla Procura Generale deve reputarsi pienamente ammissibile.
Peraltro, non si può fare a meno di notare che il motivo di ricorso proposto dalla Procura Generale non riguarda soltanto un profilo di non contraddittorietà della motivazione (il cui vaglio risulta comunque consentito nei limiti sopra chiariti), ma anche, ed espressamente, un profilo di sufficienza della motivazione. Ed anzi, a ben vedere, il punto principale del motivo di ricorso risiede proprio in una censura di insufficienza della motivazione, laddove la Procura lamenta come “del tutto inspiegabile … la scelta di addivenire alla riduzione della sanzione”, pur avendo la Corte Federale di Appello dichiarato di tenere conto “della condanna in sede penale”; ed avendo aggiunto che questa condanna “se anche non vincolante può indubbiamente fornire elementi per la quantificazione della sanzione sportiva”.
Poste queste premesse motivazionali, risulta davvero incomprensibile l’esito del ragionamento svolto dalla Corte Federale di Appello che, nonostante la (giustamente) severa condanna irrogata al sig. [omissis] in sede penale – condanna reputata rilevante dalla stessa Corte Federale – è poi giunta a una significativa riduzione della sanzione inflitta in sede sportiva. Su questo punto si apprezza non solo una patente contraddizione della motivazione del provvedimento impugnato, ma anche un vistoso difetto di sufficienza della motivazione, che non prende minimamente in considerazione il fatto che in sede penale il sig. [omissis] era stato condannato non solo alla pena principale di quattro anni e mesi nove di reclusione, ma anche alla pena accessoria dell’interdizione perpetua da qualsiasi ufficio attinente alla tutela, alla curatela e alla amministrazione di sostegno, nonché da qualunque incarico nelle scuole di qualunque ordine e grado nonché da ogni ufficio o servizio in istituzioni o in altre strutture pubbliche o private frequentate prevalentemente da minori. Su questo aspetto, di sicura rilevanza, stante anche la perpetuità dell’interdizione prevista in sede di pena accessoria, il provvedimento impugnato non fornisce alcuna motivazione.
In questo contesto, il fatto che il sig. [omissis] non rivestisse la carica di istruttore federale all’epoca dei fatti e che quindi i minori non gli fossero stati affidati in tale veste formale, assume un carattere del tutto secondario, tanto più se si considera il fatto oggettivo e pacifico che il sig. [omissis] svolgeva in concreto l’attività di istruttore dei detti minori. Rilievo ben superiore, ai fini del controllo di sufficienza e coerenza della motivazione, deve essere piuttosto riconosciuto alla condanna irrogata al sig. [omissis] in sede penale, sia a titolo di pena principale che di pena accessoria. Ed è su questo punto fondamentale che la decisione impugnata risulta gravemente carente.
Il motivo di ricorso risulta, pertanto, fondato e, conseguentemente, la decisione della Corte Federale di Appello deve essere annullata, con rinvio alla stessa Corte affinché quest’ultima rinnovi la sua valutazione sulla quantificazione della sanzione, tenendo conto della pena accessoria irrogata in sede penale al sig. [omissis] e della perpetuità dell’interdizione ivi prevista.
3.
Nella memoria difensiva del 23.11.2016, il resistente sig. [omissis], insistendo nelle eccezioni di inammissibilità ed infondatezza già formulate in sede di costituzione, ha chiesto, ai sensi dell’art. 12 del nuovo Regolamento di Giustizia FISE, che la sanzione a lui irrogata, consistente nella residua sospensione, sia sostituita con alcune prestazioni alternative da svolgersi a titolo gratuito nell’ambito della Federazione ed ha, altresì, offerto la disponibilità, pure a titolo gratuito e per la stessa durata della sanzione irrogata, “dell’intera struttura in suo possesso”.
Il Collegio di Garanzia - pur rilevando, in astratto, che la commutazione della sanzione non pare compatibile con l’ipotesi della radiazione - ritiene che detta istanza sia inammissibile in questa sede, potendo essere vagliata solo nel corso di un procedimento endofederale.
4.
Considerato il rinvio del procedimento alla Corte Federale di Appello, non ricorrono le condizioni per pronunciare sulle spese.
5.
Infine, il Collegio, ritenuto che sussistano i presupposti di cui all’art. 52, commi 2 e 5, del d.lgs. 30 giugno 2003, n. 196, manda alla Segreteria di procedere, nel caso di riproduzione in qualsiasi forma, per finalità di informazione giuridica su riviste giuridiche, supporti elettronici o mediante reti di comunicazione elettronica, all’oscuramento delle generalità delle parti private, dei minori coinvolti o di altri soggetti interessati, nonché di ogni altro dato idoneo a identificare le persone ora indicate, riportato sulla sentenza o su altro provvedimento.
PQM
Il Collegio di Garanzia dello Sport Sezioni Unite
Accoglie il ricorso e rinvia alla Corte Federale d’Appello della Federazione Italiana Sport Equestri nei sensi di cui in motivazione.
Nulla per le spese.
Dispone la comunicazione della presente decisione alle parti tramite i loro difensori anche con il mezzo della posta elettronica.
Così deciso in Roma, nella sede del Coni, in data 8 febbraio 2017.
IL PRESIDENTE IL RELATORE
Depositato in Roma in data 13 giugno 2017.
IL SEGRETARIO