CONI – Collegio di Garanzia dello Sport – Sezione Quarta – coni.it – atto non ufficiale – Decisione n. 9 del 15/02/2018 –Procura Generale CONI/Federazione Italiana Dama/sig. Giorgio Nanì La Terra
Decisione n. 9
Anno 2018
IL COLLEGIO DI GARANZIA QUARTA SEZIONE
composta da
Dante D’Alessio - Presidente
Stefano Bastianon
Giovanni Iannini
Laura Santoro - Componenti
Alfredo Storto - Relatore
ha pronunciato la seguente
DECISIONE
Nel giudizio iscritto al R.G. ricorsi n. 105/2017, presentato, in data 7 novembre 2017, dalla Procura Generale dello Sport presso il CONI, in persona del Procuratore Generale dello Sport, gen. Enrico Cataldi, e del Vice Procuratore Generale dello Sport, avv. Guido Cipriani,
contro
la Federazione Italiana Dama (F.I.D.), rappresentata e difesa dagli avv.ti Ivo Formigaro e Danila Iacovelli,
e nei confronti
della Procura Federale FID, in persona del Procuratore Federale, dott. Giovanni Maria Farina,
nonché del sig. Giorgio Nanì La Terra, rappresentato e difeso dall’avv. Alfio Antonio Corsaro,
per l’annullamento della decisione della Corte Federale d’Appello della FID, prot. FID n. 1757/2017, datata 10 ottobre 2017 e pubblicata il giorno successivo, resa nell'ambito del procedimento n. 1273/2017, aperto dal Procuratore Federale FID nei confronti del sig. Giorgio Nanì La Terra, che ha dichiarato inammissibile/improcedibile il gravame proposto dallo stesso sig. Nanì La Terra avverso la decisione del Tribunale Federale FID (prot. n. 1396 del 26 luglio 2017), che ha disposto la radiazione dello stesso ricorrente per la violazione dei punti 1, 4 e 5 dell'allegato 4 al Regolamento di Giustizia e Disciplina FID, per avere il medesimo “proceduto ad accedere ed utilizzare abusivamente l'account associato al Canale Youtube FID", nonché per la violazione del punto 1 dell'allegato 4 al Regolamento di Giustizia e Disciplina, "per aver pronunciato frasi lesive nei confronti della FID, della Dirigenza, del Presidente e di altri tesserati".
Viste le difese scritte e la documentazione prodotta dalle parti costituite;
uditi, nell'udienza del 15 gennaio 2018, il Vice Procuratore Generale dello Sport, avv. Guido Cipriani, per la ricorrente, Procura Generale dello Sport; l’avv. Danila Iacovelli, per la resistente FID, nonché l’avv. Alfio Antonio Corsaro, per il resistente sig. Giorgio Nanì La Terra;
udito, nella successiva camera di consiglio dello stesso giorno, il Relatore, Cons. Alfredo Storto.
Ritenuto in fatto
- Con nota n. 1734 del 1° dicembre 2016, la Procura Federale della Federazione Italiana Dama (FID) ha accusato il suo tesserato, Giorgio Nanì La Terra, di aver violato l’account associato al canale Youtube della Federazione, rilevando che era stata cambiata la password, l’indirizzo e- mail per il recupero della stessa era stato rimosso, il canale era stato svuotato dei suoi contenuti.
Informato dalla FID che la cura del canale Youtube era stata affidata ad altri e richiesto di rendere la Federazione unico amministratore del canale, restituendo i filmati non prodotti da lui e svuotandolo da qualsiasi riferimento alla Federazione, il Nanì La Terra comunicava la password al Segretario il quale si attivava per cambiarla.
Il canale risultava tuttavia violato per effetto di un’operazione di recupero password non autorizzata e riconducibile all’indirizzo e-mail giorgionani@gmail.com, ragion per cui la Procura Federale avvisava il Nanì La Terra del rilievo disciplinare delle condotte così serbate, comunicandogli l’intenzione di procedere al deferimento al Tribunale Federale e invitandolo a dedurre entro dieci giorni.
Avendo l’interessato risposto di essere l’unico proprietario dello spazio web Youtube ove risiedeva il canale ufficiale della Federazione e di poterne pertanto escludere chiunque, il 30 dicembre 2016 (atto prot. n. 1899) la Procura Federale deferiva il Nanì La Terra al Tribunale Federale per la violazione dei punti 1, 4 e 5 dell'allegato 4 al Regolamento di Giustizia e Disciplina FID, per avere il medesimo «proceduto ad accedere ed utilizzare abusivamente l'account associato al Canale Youtube FID».
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- Con successivo atto del 10 aprile 2017 (prot. n. 866), la stessa Procura deferiva nuovamente il Nanì La Terra al Tribunale Federale per avere questi frattanto «pronunciato frasi lesive nei confronti della Federazione, della Dirigenza, del Presidente e di altri tesserati» in violazione del punto 5 del medesimo allegato 4.
- Con decisione del 25 luglio 2017, depositata il giorno successivo, il Tribunale Federale, riconosciuta la responsabilità disciplinare ascritta, irrogava all’incolpato la massima sanzione dell’immediata radiazione dalla FID.
- Il reclamo avverso la pronuncia, interposto dal Nanì La Terra con atto da lui personalmente sottoscritto, veniva dichiarato «inammissibile/improcedibile» con decisione resa il 10 ottobre 2017 dalla Corte d’Appello Federale, e pubblicata il giorno successivo, per essere stato proposto
«senza l’assistenza di un difensore, in violazione dell’espressa statuizione di cui all’art. 30, comma 2, del Regolamento Giustizia e Disciplina».
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- In particolare, il Giudice di seconde cure poneva a fondamento della propria decisione il combinato disposto di questa norma regolamentare e dell’art. 82 del codice di procedura civile, richiamato per effetto di altra norma regolamentare (l’art. 4, il quale dispone infatti che «gli organi di giustizia conformano la propria attività ai principi ed alle norme generali del processo civile»), nella parte in cui prevede che le parti non possono stare in giudizio se non col ministero di un difensore.
- La Corte considerava, altresì, che l’originaria mancanza della procura alle liti non potesse essere sanata («è insuscettibile anche di una successiva ratifica»), dovendosi in tal caso considerare sia l’atto introduttivo sia la costituzione personale della parte secondo la drastica categoria dell’inesistenza («va considerata tamquam non esset»).
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- Per effetto della pronuncia resa sulla questione pregiudiziale, la Corte Federale riteneva infine precluso l’esame della richiesta del Procuratore Federale, formulata per la prima volta all’udienza del 30 giugno 2017, di dichiarare estinto il procedimento disciplinare, ai sensi dell’art. 41, comma 4, del Regolamento di Giustizia e Disciplina, a causa del mancato rispetto del termine di novanta giorni per emanare la pronuncia di primo grado che il comma 1 del medesimo art. 41 fa decorrere dalla data di esercizio dell’azione disciplinare.
- La Procura Generale dello Sport presso il CONI ha quindi impugnato tale decisione davanti al Collegio di Garanzia dello Sport, chiedendone la riforma sulla scorta dei seguenti motivi di doglianza:
- art. 54, comma 1, Codice della Giustizia Sportiva (CGS) del CONI; violazione di legge; falsa e/o errata applicazione dell’art. 30, comma 2, Regolamento di Giustizia FID, in quanto, per un verso la norma regolamentare federale non prescriverebbe alcuna sanzione espressa per la mancata assistenza di un difensore mentre, per altro verso, il Giudice d’appello avrebbe omesso di considerare una pluralità di emergenze normative e di fatto e, in particolare che: a.1. il rinvio effettuato dal regolamento federale ai principi e alle norme generali del codice di rito civile opera
«nei limiti di compatibilità con il carattere di informalità dei procedimenti di giustizia sportiva», come del resto l’analogo rinvio contenuto nell’art. 2, comma 4, del Regolamento della Giustizia Sportiva del CONI; a.2. una lettura integrale dell’art. 82 c.p.c. avrebbe consentito di apprezzarne anche la parte che, per il processo innanzi al giudice di pace, connotato da maggiore
«informalità», consente la difesa personale per le cause di valore fino a € 1.100,00 e al giudice di autorizzarla anche oltre questo valore «in considerazione della natura ed entità della causa»;
a.3. nel giudizio di primo grado, erano comunque state acquisite le deduzioni istruttorie formulate personalmente dall’incolpato, il quale sarebbe stato così indotto a perseverare in tale assetto difensivo anche in fase di gravame, nella quale il Procuratore Federale non aveva mosso alcuna contestazione (ed avrebbe anzi accettato il contraddittorio mediante la richiesta di estinzione del procedimento disciplinare), permettendo così all’atto di raggiungere il suo scopo e sanare l’eventuale nullità; a.4. in ogni caso, la nullità relativa determinata dalla mancata assunzione della difesa tecnica non sarebbe rilevabile d’ufficio né eccepibile per la prima volta nel giudizio di legittimità;
- art. 54, comma 1, CGS CONI; violazione di legge; violazione dell’art. 46, comma 4, e dell’art. 49, comma 2, del Regolamento di Giustizia FID, con riferimento all’incolpazione di cui al deferimento del 30 dicembre 2016 (prot. n. 1889/2016), in quanto – posto che, per il deferimento riguardante la gestione del canale Youtube, il Procuratore Federale non avrebbe provveduto ad iscrivere la notizia di illecito disciplinare nella piattaforma CONI, come previsto appunto dall’art. 49, comma 2, del Regolamento federale, né avrebbe informato l’interessato dell’intenzione di procedere al deferimento, secondo quanto pure prescritto dall’art. 46, comma 4, del medesimo Regolamento – si sarebbe verificata una causa di nullità dell’intero procedimento disciplinare per non essere stato posto l’incolpato in condizione di svolgere la propria attività difensiva;
- art. 54, comma 1, CGS CONI; violazione di legge; violazione dell’art. 35, comma 1, e dell’art. 41, comma 1, del Regolamento di Giustizia FID, con riferimento all’incolpazione di cui al deferimento del 30 dicembre 2016 (prot. n. 1889/2016), in quanto sarebbero stati violati sia il termine perentorio di dieci giorni dal deposito del ricorso per la fissazione dell’udienza di discussione in primo grado, sia il termine egualmente perentorio di novanta giorni, decorrente dal deferimento, per la decisione del procedimento disciplinare che, pertanto, sarebbe ormai estinto;
- violazione art. 54, comma 1, CGS CONI; violazione di legge; violazione dell’art. 38, comma 6, del Regolamento di Giustizia FID, per essere stato violato anche il termine massimo di dieci giorni, intercorrente tra la lettura del dispositivo e il deposito della motivazione;
- violazione art. 54, comma 1, CGS CONI; omessa o insufficiente motivazione circa un punto decisivo della controversia, in quanto sia la decisione di prime cure sia, di necessità, quella d’appello non avrebbero esposto le ragioni dell’irrogazione della sanzione più drastica in luogo delle altre, gradatamente più lievi, pure previste dall’allegato regolamentare.
2.1. Per queste ragioni la Procura Generale ha chiesto l’annullamento della sentenza impugnata e: 1) la conseguente declaratoria di nullità del procedimento disciplinare avviato col deferimento del 30 dicembre 2016, dell’intero giudizio disciplinare per il mancato tempestivo deposito della motivazione in primo grado; 2) in subordine, il rinvio alla Corte Federale perché, in diversa composizione, provveda tenendo conto degli enunciandi principi di diritto.
2.2. Si è costituita la Procura Federale della FID che, dopo aver depositato l’avviso di conclusione delle indagini notificato all’incolpato e la risposta di questi, si è rimessa alla decisioni di questo Collegio.
2.3. Per parte sua la Federazione Italiana Dama ha chiesto l’integrale reiezione del ricorso, considerandone oltre all’infondatezza anche l’inammissibilità, laddove esso è volto a far valere la nullità della sentenza di prime cure, in luogo di quella resa in sede di gravame, sulla scorta di motivi che non sono stati specificamente articolati in appello.
2.4. Con memoria di costituzione depositata il 4 gennaio 2018, Giorgio Nanì La Terra, non valendosi del gratuito patrocinio messo a disposizione dal CONI mediante uno strumento convenzionale e gratuito maturato dopo la pronuncia di secondo grado, ma assistito da un difensore di fiducia, ha dichiarato di voler fare propri tutti i motivi articolati in ricorso dal Procuratore Generale dello Sport e che gli sarebbe stato impedito di difendersi ritualmente, ha eccepito la violazione dell’art. 8 del CGS CONI e dell’art. 10 del Regolamento di Giustizia e Disciplina della FID, in relazione agli artt. 3 e 24 della Costituzione, nonché dell’art. 6 della C.E.D.U.
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- In particolare questi ha dedotto: a) di aver chiesto invano, fin dall’inizio del giudizio disciplinare, di poter accedere al gratuito patrocinio, previsto per i non abbienti sia dall’art. 8 del CGS CONI, sia dall’art. 10 dell’analogo regolamento FID che dispone l’avvalimento dell’Ufficio appositamente istituito presso il CONI, ma mai istituito e che, anzi, sarebbe stato ostacolato nell’acquisizione di atti e documenti relativi al procedimento disciplinare; b) che, comunque, né il Tribunale Federale, prima, né la Corte d’Appello Federale, poi, gli avrebbero mai assegnato, ai sensi dell’art. 182 c.p.c., un termine per consentirgli di provvedere a munirsi della procura alle liti; c) che la difesa personale sarebbe consentita dal codice di rito civile anche nel rito del lavoro e locatizio, entro determinati limiti di valore, così come nella fase della comparizione dei coniugi innanzi al presidente del Tribunale nel procedimento di separazione personale.
- Sulla scorta di queste argomentazioni il Nanì La Terra ha preso conclusioni sovrapponibili a quelle del Procuratore Generale.
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3.5. All’esito di ampia discussione, cui hanno partecipato la Procura ricorrente, la FID e il Nanì La Terra, ciascuno ribadendo le proprie conclusioni e la Procura Generale anche rinunciando al secondo motivo di ricorso (sub B) all’esito delle produzioni documentali effettuate dalla Procura Federale, la causa è stata trattenuta per la decisione.
Considerato in diritto
- Il ricorso oggi in esame è stato articolato dalla Procura Generale del CONI, la quale ha gradato censure sia parzialmente sia interamente demolitorie delle pronunce vuoi di primo vuoi di secondo grado, rese rispettivamente dal Tribunale e della Corte d’Appello della Federazione Italiana Dama a carico del tesserato Giorgio Nanì La Terra.
- Quest’ultimo, costituitosi nell’odierno giudizio, col patrocinio di un difensore, a ridosso dell’udienza del 15 gennaio 2018, ha dichiarato di far propri i motivi di ricorso proposti dalla Procura Generale e, inoltre, ha lamentato di non essere stato messo in grado, per la mancata attivazione dell’Ufficio del gratuito patrocinio, di accedere all’assistenza tecnica (peraltro ritenuta non necessaria) e ha eccepito la mancata applicazione nei due gradi di giudizio dell’art. 182 c.p.c.
2.1. Quanto alla “memoria di costituzione” del Nanì La Terra in questo giudizio, occorre considerare, al di là del nomen iuris, che essa non può valere a spiegare gli effetti né del ricorso principale né del ricorso incidentale, rispettivamente disciplinati dai commi 1 e 5 dell’art. 59 del CGS CONI.
Infatti, l’atto in questione è stato proposto ben oltre il termine di trenta giorni dalla pubblicazione impugnata e la parte privata, pur dolendosi della lesione che la mancata ammissione al gratuito patrocinio avrebbe comportato al proprio diritto di difesa, non ha formulato alcuna istanza di rimessione in termini.
2.1.1. Inoltre, quanto all’istanza di ammissione al gratuito patrocinio – che ad avviso del Nanì La Terra sarebbe stata da lui formulata fin dal 28 giugno 2017, data in cui aveva inviato alla FID una email con la quale, oltre a chiedere l’esonero dal contributo di accesso alla giustizia, aveva pure dedotto la propria condizione di invalido per servizio in Marina militare, l’insufficienza a tal fine del reddito di € 850 mensili e la mancata operatività del sistema di gratuito patrocinio ad opera del CONI – occorre considerare che, alla stregua dell’art. 10 del Regolamento di Giustizia e Disciplina della FID, «le condizioni per l’ammissione al gratuito patrocinio (…) sono disciplinat[e] dal Regolamento di Organizzazione e Funzionamento del Collegio di Garanzia dello Sport». L’art. 4 di quest’ultimo, fin dall’impianto, prevede che «l’istanza di ammissione (…) deve contenere a pena di inammissibilità: (…) b) le generalità dell'interessato e del coniuge o degli altri familiari conviventi, unitamente ai rispettivi codici fiscali; c) una dichiarazione sostitutiva di certificazione da parte dell'interessato attestante la sussistenza dei requisiti previsti per l'ammissione, con specifica determinazione del reddito complessivo valutabile».
Ciò premesso, non risulta che l’interessato abbia formulato in relazione al giudizio di primo e di secondo grado un’istanza ammissibile, cioè corredata delle indicazioni e delle dichiarazioni formali richieste per via regolamentare, cosicché anche il lamentato vulnus alle prerogative defensionali derivante dalla mancata attivazione dell’Ufficio del gratuito patrocinio risulta dequotato a fronte di una richiesta di ammissione articolata non ritualmente nei gradi di merito.
2.1.2. Per altro verso, l’inosservanza del termine di impugnazione principale non può essere recuperata mediante un’impugnativa incidentale che l’art. 59, comma 5, cit. riserva ai destinatari del ricorso principale, disponendo espressamente che essi «possono presentare non oltre dieci giorni prima dell’udienza la eventuale impugnazione dalla quale non siano già decadute» e che tale «atto di impugnazione incidentale presenta il contenuto di cui al comma 3, in quanto compatibile».
Nel caso di specie, infatti, alla già intervenuta decadenza dall’impugnazione principale non può essere posto rimedio mediante l’impugnazione incidentale ad opera di chi, come il Nanì La Terra, neppure versi nell’ipotesi di soccombenza ripartita che ne integra il necessario presupposto, ma abbia anzi formulato conclusioni interamente sovrapponibili a quelle tratte dal ricorrente principale, sulla cui posizione legittimante, peraltro, si dirà più avanti.
In definitiva, ammettere in linea teorica l’impugnazione incidentale nel caso di specie avrebbe l’unico significato di consentire un aggiramento dei termini scolpiti dall’art. 59, comma 1, cit. per la proposizione del ricorso principale ad opera del soccombente.
2.2. Dalla mancata proposizione, tempestiva e ammissibile, di un ricorso, principale o incidentale, ad opera del Nanì La Terra discende ulteriormente la preclusione dell’esame della questione della violazione dell’art. 182 c.p.c. ad opera dei giudici di merito, la quale, essendo stata espressamente esaminata e respinta dalla Corte Federale (cfr. punto 2.2. della ricostruzione in fatto) e non avendo costituito oggetto d’impugnazione da parte della Procura Generale, risulta ormai passata in giudicato.
2.3. Alla luce di quanto fin qui detto e per effetto della peculiare posizione assunta dal Nanì La Terra in questo giudizio in relazione a quella della ricorrente principale, la memoria con la quale il primo si è costituito innanzi al Collegio finisce per assumere il valore di un atto defensionale in senso lato, in quanto tale inidoneo ad ampliare il thema decidendum dell’impugnazione.
3. Venendo all’esame del ricorso articolato dalla Procura Generale dello Sport presso il CONI, occorre effettuare alcune considerazioni preliminari allo scopo di inquadrare la posizione da questa assunta con riguardo alla pronuncia di seconde cure.
3.1. In primo luogo, la Procura ha impugnato la decisione resa in appello valutandola errata nella parte in cui ha ritenuto necessaria la difesa tecnica nel giudizio disciplinare. Essa, inoltre, ha riproposto la questione dell’intervenuta parziale estinzione di quest’ultimo, già sollevata dalla Procura Federale all’udienza pubblica innanzi alla Corte Federale e rimasta assorbita dalla pronuncia resa su questione pregiudiziale di rito, nonché la questione dell’estinzione parziale del medesimo procedimento per violazione dell’art. 38, comma 6, del regolamento di Giustizia e Disciplina FID, proposta per la prima volta innanzi a questo Collegio, al pari del motivo relativo alla insufficiente motivazione della sentenza di primo grado.
3.2. In ordine ai motivi di ricorso così rassegnati, il Collegio ritiene che, ai fini del decidere, si profili una prima questione di massima che occorre approfondire sul piano sistematico, la soluzione di essa involgendo direttamente l’assetto fondamentale e la struttura del giudizio sportivo e, in particolare, i poteri e il ruolo della Procura Generale dello Sport presso il CONI nel giudizio innanzi al massimo Organo di giustizia.
3.3. Nella sostanza, la Procura Generale, pur avendo la Procura Federale sollevato nel giudizio di secondo grado una mera eccezione di parziale estinzione del giudizio disciplinare – e a prescindere dalla proposizione nell’odierno giudizio anche di motivi relativi a questioni mai sollevate dalla Procura Federale in grado di appello oppure, come il difetto di motivazione, inerenti vizi che affliggerebbero unicamente la decisione di prime cure e che, in quanto tali, risultano oggi manifestamente inammissibili – ha ritenuto di impugnare la decisione della Corte Federale innanzitutto con riguardo al profilo assorbente della ritenuta inammissibilità del ricorso proposto in assenza di difesa tecnica dal Nanì La Terra, rispetto alla quale non è tecnicamente configurabile alcuna soccombenza dell’Organo inquirente.
Di fronte a questa evenienza processuale, occorre allora interrogarsi sul ruolo che assume nel processo sportivo la Procura Generale anche in relazione a quello delineato per le Procure federali.
3.4. Dispone l’art. 3, comma 7, del CGS CONI che «la Procura Generale dello Sport istituita presso il CONI coopera con le Procure federali al raggiungimento della finalità di cui al comma 4», il quale a sua volta prevede che «la Procura Federale agisce innanzi agli organi di giustizia di cui al comma 1 per assicurare la piena osservanza delle norme dell’ordinamento sportivo». Ancora, l’art. 54, comma 2, del medesimo Codice dispone che «hanno facoltà di proporre ricorso le parti nei confronti delle quali è stata pronunciata la decisione nonché la Procura Generale dello Sport».
3.5. Dalla piana lettura di queste norme emerge, in primo luogo, che la Procura Federale non è organo di giustizia ma, secondo la rubrica dell’art. 3 del Codice, è un soggetto “altro” dei procedimenti sportivi che «agisce innanzi agli organi di giustizia (…) per assicurare la piena osservanza delle norme dell’ordinamento sportivo».
3.6. Essa, inoltre, ai sensi del successivo art. 23, comma 2, è legittimata a proporre reclamo avverso le pronunce del Giudice Sportivo Nazionale e dei Giudici sportivi territoriali, al pari della «parte interessata», in un termine perentorio stabilito dalla singola Federazione.
Ancora, la Procura Federale può avviare il procedimento innanzi al Tribunale Federale mediante atto di deferimento (art. 27, comma 1, lettera a) e può ricorrere, così come gli organi della Federazione e i tesserati lesi, per l’annullamento delle deliberazioni dell’Assemblea contrarie alla legge, allo Statuto del CONI e ai principi fondamentali del CONI, allo Statuto e ai regolamenti delle Federazione (art. 31, comma 1).
L’art. 37, comma 1, dispone poi, con previsione generale, che «il mezzo per impugnare le decisioni del Tribunale federale è esclusivamente il reclamo della parte interessata innanzi alla Corte federale di appello», con ciò lasciando intendere che il reclamo è ammissibile anche ad opera della Procura Federale ove sia parte soccombente in primo grado, laddove appunto la nozione di interesse a ricorrere coincide in appello con la soccombenza maturata nel grado.
3.7. Ne risulta disegnato per l’Organo in questione un ruolo sostanziale di «parte» del processo sportivo, che resta pienamente confermato dal già richiamato art. 54, comma 2, il quale attribuisce la legittimazione a ricorrere al Collegio di Garanzia dello Sport a tutte «le parti nei confronti delle quali è stata pronunciata la decisione», evidentemente nei limiti dell’interesse a ricorrere per come risultante dall’esito del giudizio di seconde cure.
3.8. Come abbiamo visto, questa stessa norma soggiunge poi che è legittimata a impugnare innanzi al Collegio la decisione di secondo grado anche la Procura Generale dello Sport («nonché la Procura Generale dello Sport»), cui tale potestà sembrerebbe invece essere stata attribuita a prescindere sia dal fatto di non aver essa rivestito il ruolo di parte nel giudizio di merito e, più puntualmente, di parte soccombente, sia dalla stessa soccombenza della Procura Federale.
La norma – che indubbiamente sembra ritagliare per la Procura Generale un ruolo corrispondente alla funzione nomofilattica del Supremo organo della Giustizia sportiva e a sua volta fondativo dell’Istituto alla luce dell’art. 12-ter, comma 1, dello Statuto del CONI («allo scopo di tutelare la legalità dell’ordinamento sportivo, è istituita presso il CONI in posizione di autonomia e indipendenza, la Procura Generale dello Sport con il compito di coordinare e vigilare le attività inquirenti e requirenti svolte dalle procure federali») non chiarisce tuttavia se, una volta riconosciutane l’esistenza, tale legittimazione “straordinaria” dia luogo a un’impugnazione per così dire «nell’interesse della legge» (rectius dell’ordinamento sportivo) oppure a un vero e proprio ricorso con effetto cassatorio della pronuncia d’appello.
In altre parole, in assenza di una situazione di soccombenza della Procura Federale maturata sulla specifica questione nel grado di appello, com’è nel caso oggi in esame, non è chiaro quali siano gli effetti dell’impugnazione interposta dalla Procura Generale dello Sport, rimanendo di fatto anodina sul punto la lettera del Codice.
3.9. Peraltro potrebbe verificarsi il caso di una impugnazione della Procura Generale che si pone in contrasto con le conclusioni sostenute dalla Procura Federale nei giudizi endofederali e che potrebbero essere ribadite dalla Procura Federale anche nell’eventuale giudizio davanti al Collegio di Garanzia. Potrebbe quindi aversi un giudizio davanti al Collegio di Garanzia proposto dalla Procura Generale, con argomenti sostanzialmente coincidenti con quelli proposti dal tesserato sanzionato, al quale si oppongono la Federazione ed anche la Procura Federale, o anche il caso di un giudizio proposto dalla sola Procura Generale in assenza di un ricorso proposto dal tesserato sanzionato, al quale si oppongono la Federazione ed anche la Procura Federale. Con la conseguenza che il giudizio potrebbe essere cassatorio, pur in assenza di una domanda proposta dal soggetto sanzionato, e che le domande della Procura Generale potrebbero risultare in contrasto con le posizioni assunte e le domande formulate dalla Procura Federale nei giudizi endofederali.
3.10. La previsione di un rimedio volto a espungere dall’ordinamento un principio di diritto errato è oggi rinvenibile nel sistema processuale civile nel ricorso per cassazione previsto per l’affermazione del «principio di diritto nell’interesse della legge», disciplinato dall’art. 363 c.p.c. il quale, raccogliendo un’esperienza storica del Tribunal de cassation rivoluzionario, consente al Procuratore Generale presso la Cassazione, solo ove la sentenza sia ormai passata in giudicato ovvero non sia ricorribile in cassazione o non sia altrimenti impugnabile, di chiedere che la Corte
«enunci nell’interesse della legge il principio di diritto al quale il giudice di merito avrebbe dovuto attenersi», legittimando anche quest’ultima a pronunciare d’ufficio, ove abbia dichiarato inammissibile il ricorso.
Dalla richiesta del Procuratore Generale, che non costituisce una vera e propria impugnazione, non origina una fase del processo di cognizione ormai concluso o non devolvibile in cassazione, bensì un giudizio che, pur pronunciando su una questione astrattamente rilevante nel processo a quo, «non ha effetto sul provvedimento del giudice di merito», secondo un modello sui generis non corrispondente né a un’ipotesi di giurisdizione consultiva né ad una di giurisdizione oggettiva, la quale invece produce sempre effetti sui contendenti.
3.11. Nel caso oggi in esame, tuttavia, la Procura Generale ha concretamente proposto il ricorso a questo Collegio nei termini e con un’esplicita richiesta di cassazione della sentenza impugnata, cosicché rimane aperto, ove ritenuta ammissibile una siffatta impugnativa, l’interrogativo in ordine all’esistenza nell’ordinamento della Giustizia sportiva del potere, in capo al massimo Organo inquirente, di proporre all’organo giudicante di vertice un vero e proprio ricorso, con effetti cassatori della pronuncia di secondo grado, in presenza di un interesse ad agire coincidente in via esclusiva con quello di «assicurare la piena osservanza delle norme dell’ordinamento sportivo».
3.12. Come già visto, il corredo di norme statutarie e codicistiche passate fin qui in rassegna non consente di trarre una soluzione univoca che possa prescindere da una ricostruzione di sistema, né tale conclusione può essere superata prendendo ulteriore spunto da altre disposizioni del CGS CONI che dettano norme di procedura del giudizio innanzi a questo Collegio.
In particolare, l’art. 59 prevede che il ricorso introduttivo, oltre che a tutte le parti del giudizio di secondo grado (comma 1), unitamente al provvedimento di fissazione di udienza, va in ogni caso trasmesso dalla Segreteria del Collegio di Garanzia alla Procura Generale «che ha facoltà di intervenire, di depositare memoria ovvero di prendere conclusioni orali nel corso dell’udienza fissata per la discussione» (comma 2, lettera b), ma che resta esclusa dalla possibilità di proporre l’eventuale impugnazione incidentale, riservata alle sole parti destinatarie della comunicazione di cui al comma 1 (comma 5).
Queste disposizioni, che disciplinano i poteri della Procura Generale dello Sport con alcuni tratti di somiglianza col pubblico ministero presso la Corte di cassazione interveniente e concludente (art. 76 del regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12), non risolvono tuttavia il tema relativo alle condizioni del potere di azione dell’Ufficio, lasciando nella sostanza sul terreno l’esigenza di un più chiaro inquadramento sistematico in assenza di una puntuale previsione normativa.
- Ove, a seguito di inquadramento sistematico, fosse superato ogni profilo di ammissibilità dell’odierna impugnazione come concretamente delineata, emerge una seconda questione di massima appuntata sulla necessità che le parti private stiano nei giudizi innanzi ai Giudici federali (e in particolare innanzi alla Corte d’Appello Federale) con l’assistenza tecnica di un difensore.
A tal proposito l’art. 27, comma 2, del CGS del CONI, nel disciplinare l’avvio del procedimento innanzi al Tribunale Federale, dispone che «salva diversa previsione dello Statuto federale, le parti non possono stare in giudizio se non col ministero di un difensore» e, coerentemente, il successivo art. 30, comma 3, lettera f), prevede che «il ricorso contiene (…) f) la sottoscrizione del difensore, con indicazione della procura».
4.1. Facendo applicazione di questi principi – e, in particolare, rinunciando a utilizzare in modo peculiare la riserva statutaria – l’art. 30, comma 2, del Regolamento di Giustizia e Disciplina FID, nel regolare l’ ”Avvio del procedimento” innanzi al Tribunale Federale, stabilisce che «le parti non possono stare in giudizio se non col ministero di un difensore».
Sia il CGS CONI, sia il Regolamento FID non definiscono ulteriormente il contenuto formale del reclamo innanzi alla Corte Federale d’Appello, legittimando l’idea dell’uniformità sul punto tra atto introduttivo di primo e di secondo grado.
4.2. Ciò nonostante, la Corte d’Appello Federale della FID, con la decisione oggi impugnata, allo scopo di risolvere la questione della necessità della difesa tecnica anche in fase di appello, ha evocato l’art. 4, comma 6, del medesimo Regolamento FID («per quanto non disciplinato, gli organi di giustizia conformano la propria attività ai principi e alle norme generali del processo civile, nei limiti di compatibilità con il carattere di informalità dei procedimenti di giustizia sportiva») – sostanzialmente corrispondente all’art. 2, comma 6, del CGS CONI – per trarne, in “combinato disposto” con l’art. 82, comma 3, c.p.c., il principio per cui il ministero del difensore sarebbe necessario anche nel giudizio di secondo grado.
Facendo leva sul secondo termine normativo evocato, la Procura Generale ha tuttavia considerato che l’art. 82 c.p.c. in realtà non richiede di necessità il ministero del difensore nel processo davanti al giudice di pace il quale, connotato da particolare informalità, costituirebbe sul punto l’unico archetipo per il giudizio sportivo.
La FID, a sua volta, ha messo in luce una contraddizione che potrebbe emergere ove, in forza del tessuto normativo così ricostruito, si dovesse concludere per la necessità della difesa tecnica soltanto nel giudizio sportivo di prime cure, compiutamente disciplinato sul punto, e non anche in quello di secondo grado che, tuttavia, mostrerebbe un maggior tasso di complessità tecnico- giuridica riflessa per gradi anche nel giudizio innanzi a questo Collegio, per il quale l’art. 58, comma 1, del CGS CONI richiede senz’altro il «ministero di un difensore, munito di apposita procura».
4.3. Ci si può legittimamente domandare, in effetti, se sulla specifica questione l’ordinamento della Giustizia sportiva non possa essere ritenuto già conchiuso all’esito di una piana operazione di ermeneutica letterale e sistematica per essere invece necessario attingere, sulla scorta di una clausola di rinvio residuale e alla ricerca di un migliore allineamento delle norme al carattere di informalità, alla griglia di principi e di regole generali ricavabili dal sistema del processo civile a prezzo di complesse e, in definitiva, controvertibili operazioni interpretative i cui esiti è difficile tenere immuni da aporìe e contraddizioni.
5. Ritiene dunque la Sezione che, l’insieme degli elementi normativi e di sistema fin qui considerati, richieda, ai fini della decisione del caso sottopostole, un chiarimento sistematico dell’Organo nomofilattico innanzitutto in ordine al ruolo della Procura Generale dello Sport presso il CONI e, in seconda eventuale battuta, in ordine alla necessità della difesa tecnica innanzi ai Giudici federali e, in particolare, nel giudizio disciplinare di secondo grado.
Il Collegio, rilevatane l’importanza, ritiene, pertanto, di dover deferire all’esame delle Sezioni Unite le questioni suddette.
- Nulla va disposto quanto alle spese di queste fase, dovendo le stesse essere regolate con la decisione definitiva.
P.Q.M.
Il Collegio di Garanzia dello Sport Quarta Sezione
Rimette, ai sensi dell’art. 56 del Codice della Giustizia Sportiva, la questione di cui in motivazione alle Sezioni Unite.
Nulla per le spese.
DISPONE la comunicazione della presente decisione alle parti tramite i loro difensori anche con il mezzo della posta elettronica.
Così deciso in Roma, nella sede del Coni, in data 15 gennaio 2018.
Il Presidente Il Relatore
F.to Dante D’Alessio F.to Alfredo Storto
Depositato in Roma in data 15 febbraio 2018
Il Segretario
F.to Alvio La Face