CONI – Collegio di Garanzia dello Sport – Sezione Terza- coni.it – atto non ufficiale – Decisione n. 61/2018 del 24 settembre 2018 – Ugo Fagiolo/Federazione Ciclistica Italiana
Decisione n. 61
Anno 2018
IL COLLEGIO DI GARANZIA TERZA SEZIONE
Massimo Zaccheo - Presidente
Giulio Bacosi
Roberto Carleo
Valerio Pescatore - Componenti
Manuela Sinigoi - Relatrice
ha pronunciato la seguente
DECISIONE
nel giudizio iscritto al R.G. ricorsi n. 29/2018, presentato, in data 21 marzo 2018, dal sig. Ugo Fagiolo, rappresentato e difeso dagli avv.ti Pietro Annese e Michele Lo Russo;
contro
la Federazione Ciclistica Italiana (FCI), rappresentata e difesa dall’avv. Nuri Venturelli;
avverso
la decisione/comunicato della Corte Federale di Appello - Sezione II - FCI, di cui al C.U. n. 2 del 22 febbraio 2018, che ha respinto il ricorso promosso dallo stesso ricorrente avverso la deliberazione del Consiglio Federale n. 210 del 9 agosto 2017 ed il successivo comunicato n. 15/2017, con i quali è stato disposto il commissariamento del Comitato Regionale Umbria, con nomina a Commissario Straordinario del Vice Presidente Vicario FCI, Daniela Isetti.
Viste le difese scritte e la documentazione prodotta dalle parti costituite;
uditi, nell’udienza del 24 aprile 2018, gli avv.ti Pietro Annese e Michele Lo Russo, per il ricorrente, sig. Ugo Fagiolo, nonché l’avv. Nuri Venturelli, per la resistente FCI;
udita, nella successiva camera di consiglio dello stesso giorno, la Relatrice, cons. Manuela Sinigoi.
Ritenuto in Fatto
Il signor Ugo Fagiolo ha adito questo Collegio di Garanzia dello Sport per invocare la riforma della decisione/comunicato n. 2, in data 22 febbraio 2018, della Corte Federale d’Appello, II Sezione, della Federazione Ciclistica Italiana, di rigetto del reclamo da lui proposto avverso la decisione/comunicato n. 10, in data 18 dicembre 2017, del Tribunale Federale, II Sezione, di reiezione della domanda di annullamento della deliberazione del Consiglio Federale della F.C.I.
n. 210, in data 9 agosto 2017, di commissariamento del Comitato Regionale Umbria, con nomina a Commissario Straordinario del Vice Presidente Vicario F.C.I., Daniela Isetti, e Vice Commissario Straordinario dell’avv. Carlo Moriconi, nonché del comunicato n. 15, in data 10 agosto 2017, a firma del Segretario Generale, con cui è stato reso noto il detto commissariamento.
A sostegno del ricorso ha dedotto la violazione e/o falsa applicazione di varie norme di legge e/o principi di diritto, nonché l’omessa e insufficiente motivazione sotto plurimi profili.
La Federazione Ciclistica Italiana si è costituita in giudizio per resistere al ricorso e contestarne la fondatezza, non trascurando, pur tuttavia, di eccepire: a) la cessazione della materia del contendere (come, del resto, già innanzi alla Corte Federale d’Appello) e ciò in quanto, già nelle more del giudizio d’appello, il Consiglio Federale, con deliberazione n. 323/2017, aveva disposto un nuovo commissariamento del C.R. Umbria “per situazioni di fatto e motivazioni di diritto diverse da quelle poste a fondamento della delibera 210/2017”, che, a suo avviso, è idonea a far venire meno in capo al ricorrente l’interesse ad ottenere la caducazione del provvedimento in origine impugnato, che dovrebbe costituire naturale conseguenza dell’accoglimento del ricorso proposto da controparte per la riforma della decisione dell’organo di giustizia federale di II grado;
b) la violazione dell’ambito proprio del giudizio di legittimità instaurato, dato che parte ricorrente, pur avendo apparentemente dedotto violazioni di norme e principi di diritto, ha chiesto sostanzialmente al Collegio di rivalutare nel merito la gravità dei fatti che hanno portato il Consiglio Federale all’adozione del provvedimento di commissariamento.
La causa è stata, poi, chiamata e discussa all’udienza pubblica del 24 aprile 2018 e, quindi, trattenuta in decisione.
Considerato in diritto
Il ricorso è improcedibile (rectius inammissibile) e soggiace alla relativa declaratoria.
Invero, al di là di ogni indagine circa l’effettivo rispetto, da parte del ricorrente, del “perimetro” del giudizio di legittimità innanzi al Collegio di Garanzia, che, come noto, “è ammesso esclusivamente per violazione di norme di diritto, nonché per omessa o insufficiente motivazione circa un punto decisivo della controversia che abbia formato oggetto di disputa tra le parti”, è dirimente, ai fini del decidere, la preliminare e doverosa verifica in ordine alla sussistenza dei presupposti e delle condizioni per la proposizione del ricorso, atteso che la loro eventuale carenza può essere eccepita in ogni stato e grado del giudizio e può essere rilevata d’ufficio dal giudice.
In giurisprudenza, è stato, infatti, affermato il principio, che questo Collegio ritiene mutuabile anche nella presente sede, che “il giudice…, in qualsiasi stato e grado, ha il potere e il dovere di verificare se ricorrono le condizioni cui la legge subordina la possibilità che egli emetta una decisione nel merito, né l'eventuale inerzia di una delle parti in causa, nel rilevare una questione rilevabile d'ufficio, lo priva dei relativi poteri-doveri officiosi, atteso che la legge non prevede che la mancata presentazione di parte di un'eccezione processuale degradi la sua rilevabilità d'ufficio in irrilevabilità, che equivarrebbe a privarlo dell'autonomo dovere di verifica dei presupposti processuali e delle condizioni dell'azione” (Consiglio di Stato, sez. V, 6 settembre 2017, n. 4215, ma si veda anche Consiglio di Stato, sez. VI, 21 luglio 2016, n. 3303; Consiglio di Stato, sez. IV, 8 settembre 2015, n. 4157; Consiglio di Stato, sez. VI, 22 febbraio 2013, n. 1094; Consiglio di Stato, sez. VI, 5 settembre 2017, n. 4196).
L’art. 100 del codice di procedura civile, pacificamente applicabile al giudizio innanzi a questo Collegio di Garanzia dello Sport in virtù del rinvio esterno di cui all’art. 2, comma 6, CGS (“Per quanto non disciplinato, gli organi di giustizia conformano la propria attività ai principi e alle norme generali del processo civile, nei limiti di compatibilità con il carattere di informalità dei procedimenti di giustizia sportiva”), è, peraltro, esplicito nello stabilire che “Per proporre una domanda o per contraddire alla stessa è necessario avervi interesse”.
Orbene, nel caso di specie, è proprio tale interesse a difettare.
Anzi, a ben osservare, l’interesse era venuto meno già nel corso del II grado di giudizio innanzi alla Corte Federale d’Appello, come, peraltro, in quella sede puntualmente rilevato dalla difesa della Federazione, sicché già quel giudizio si sarebbe dovuto pacificamente concludere con una pronuncia di improcedibilità per sopravvenuta carenza d’interesse e ciò anche a prescindere dall’impropria qualificazione che la detta difesa aveva offerto della sopravvenienza fattuale in termini di conseguenze processuali (n.d.r. pur essendo partita da una premessa corretta, aveva, poi, erroneamente invocato una pronuncia di cessazione della materia del contendere).
Spetta, infatti, al giudice valutare, secondo il proprio prudente apprezzamento, le questioni sottoposte al suo vaglio e trarre anche dagli eventi occorsi in corso di causa le corrette conseguenze processuali.
Nel caso che viene in rilievo, era, peraltro, pacifico in quel momento (come, del resto, lo è ora) che, nelle more del giudizio di II grado, la Federazione aveva adottato la deliberazione n. 323, in data 21 dicembre 2017, con cui, in base a un rinnovato esame della specifica vicenda fattuale e sulla scorta degli esiti della specifica attività ispettiva svolta, aveva disposto “nuovamente il Commissariamento del Comitato Regionale Umbria per gravi irregolarità amministrative e di gestione nonché per gravi e ripetute violazioni dell’ordinamento”.
Non v’è dubbio, dunque, che tale atto aveva (già allora) “superato” l’originario commissariamento deliberato con l’atto n. 210/2017, di cui qui ancora oggi si controverte, disposto - si rammenta - ai sensi dell’art. 16, comma J), dello Statuto federale “sia per l’accertata sussistenza di un malfunzionamento (individuabile nell’evidente e rilevante contrazione dell’attività), sia sotto il profilo di gravi e ripetute violazioni dell’ordinamento (avere reiteratamente consentito al Presidente inibito di svolgere attività e frequentare i luoghi di gara)”. A nulla può rilevare, infatti, che il nuovo atto “non possa ritenersi satisfattivo dell’interesse azionato… dal ricorrente” e sia, come tale, inidoneo a comportare la cessazione della materia del contendere (n.d.r. così la Corte Federale d’Appello).
Ciò che rileva è unicamente che la sua adozione ha comunque deprivato il ricorrente dell’interesse a ricorrere.
Il signor Fagiolo non ha, invero, più alcun interesse a dolersi del commissariamento originariamente opposto, dato che lo stesso è stato superato e sostituito da quello successivamente disposto, sul quale si è, per l’appunto, trasferito l’interesse all’annullamento del medesimo.
Il nuovo provvedimento è frutto, infatti, di una rinnovata espressione della funzione amministrativa, resa, peraltro, evidente dal più diffuso corredo motivazionale posto a sostegno del nuovo commissariamento rispetto a quello originario.
Al riguardo, pare, invero, utile evidenziare che in giurisprudenza è stato precisato che “ogni nuovo provvedimento innovativo e dotato di autonoma efficacia lesiva della sfera giuridica del suo destinatario, anche di conferma propria (che si ha quando la pubblica amministrazione, sulla scorta di una rinnovata istruttoria e sulla base di una nuova motivazione, dimostri di voler confermare la volizione espressa in un precedente provvedimento) ed anche se frutto di un riesame non spontaneo, ma indotto da un provvedimento del giudice amministrativo, che tuttavia rifletta nuove valutazioni dell'Amministrazione e implichi il definitivo superamento di quelle poste a base di un provvedimento impugnato giurisdizionalmente, comporta sopravvenienza di carenza di interesse del ricorrente alla coltivazione del relativo gravame, non potendo esso conseguire alcuna utilità da un eventuale esito favorevole dello stesso” (Consiglio di Stato, sez. III, 2 settembre 2013, n. 4358; sez. IV, 25 giugno 2013, n. 3457).
Pare, dunque, evidente la sussistenza dei presupposti per poter definire (già) il giudizio di II grado con una declaratoria d’improcedibiltà.
Analogamente e per le stesse evenienze fattuali di cui si è data evidenza, questo Collegio di Garanzia non può, pertanto, esimersi dal rilevare che, in questo giudizio, il ricorrente è privo sin dall’origine dell’interesse a ricorrere.
Il ricorso dal medesimo proposto va, quindi, come detto, dichiarato improcedibile (rectius inammissibile).
Sussistono, in ogni caso, giusti motivi per compensare per intero tra le parti le spese di lite.
PQM
Il Collegio di Garanzia dello Sport Terza Sezione
Dichiara il ricorso improcedibile (rectius inammissibile) per carenza d’interesse a ricorrere. Spese compensate.
Dispone la comunicazione della presente decisione alle parti tramite i loro difensori anche con il mezzo della posta elettronica.
Così deciso in Roma, nella sede del CONI, in data 24 aprile 2018.
Il Presidente La Relatrice
F.to Massimo Zaccheo F.to Manuela Sinigoi
Depositato in Roma, in data 24 settembre 2018
Il Segretario
F.to Alvio La Face