CONI – Collegio di Garanzia dello Sport – Sezione Quarta- coni.it – atto non ufficiale – Decisione n. 23/2019 del 28 marzo 2019 – U.C. Albinoleffe s.r.l./Federazione Italiana Giuoco Calcio/Atalanta Bergamasca Calcio S.p.A.
Decisione n. 23
Anno 2019
IL COLLEGIO DI GARANZIA QUARTA SEZIONE
composta da
Dante D’Alessio - Presidente
Alfredo Storto - Relatore
Stefano Bastianon
Cristina Mazzamauro
Laura Santoro - Componenti
ha pronunciato la seguente
DECISIONE
Nel giudizio iscritto al R.G. ricorsi n. 110/2018, presentato, in data 22 dicembre 2018, dalla Società U.C. Albinoleffe s.r.l., rappresentata e difesa dagli avv.ti Eduardo Chiacchio, Paolo Bonomi, Luca Tettamanti e Michele Cozzone,
contro
la Federazione Italiana Giuoco Calcio (FIGC),
e contro
la Società Atalanta Bergamasca Calcio S.p.a., rappresentata e difesa dagli avv.ti Enzo Morelli, Gian Pietro Bianchi, Alex Testa e Roberto Invernizzi,
avente ad oggetto
l'impugnativa della delibera della Corte Federale d'Appello FIGC, di cui al C.U. n. 052/CFA del 22 novembre 2018, con cui è stato integralmente rigettato il ricorso proposto dalla società istante avverso la decisione del Tribunale Federale - Sezione Vertenze Economiche - di cui al C.U. n. 19/TFN-SVE del 14 febbraio 2018, la quale, nel decidere i ricorsi promossi dalla società Atalanta Bergamasca contro la società U.S. Albinoleffe, aveva dichiarato la stessa società Albinoleffe tenuta a corrispondere, nei confronti della società Atalanta Bergamasca Calcio S.p.a., l'importo complessivo di € 479.555,00 oltre IVA e interessi di mora.
Viste le difese scritte e la documentazione prodotta dalle parti costituite;
uditi, nell’udienza dell’11 febbraio 2019, i difensori della parte ricorrente - U.C. Albinoleffe s.r.l. - avv.ti Eduardo Chiacchio e Luca Tettamanti; gli avv.ti Gian Pietro Bianchi, Alex Testa e Roberto Invernizzi, per la resistente Atalanta Bergamasca Calcio S.p.a., nonché il Vice Procuratore Generale dello Sport, avv. Guido Cipriani, e il Procuratore Nazionale dello Sport, avv. Massimo Ciardullo, per la Procura Generale dello Sport c/o il CONI, intervenuta ai sensi dell’art. 61, comma 3, del Codice della Giustizia Sportiva del CONI;
udito, nella successiva camera di consiglio dello stesso giorno, il Relatore, Cons. Alfredo Storto.
Ritenuto in fatto
1. Con la decisione di cui al C.U. n. 12/TFN-SVE del 22 novembre 2016 (con motivazioni di cui al C.U. n. 14/TFN-SVE del 19 dicembre 2016), il Tribunale Federale Nazionale - Sezione vertenze economiche (“TFN”) della Federazione Italiana Giuoco Calcio (“FIGC”) ha accolto il reclamo proposto il 3 ottobre 2016 dalla Società Atalanta Bergamasca Calcio S.p.a. (da ora anche solo “Atalanta”), condannando la Società U.C. Albinoleffe s.r.l. (da ora anche solo “Albinoleffe”) a corrisponderle € 1.190.500,00, oltre IVA, ovvero la maggiore o minore somma ritenuta di giustizia, in misura comunque non inferiore a € 796.750,00, oltre IVA.
La pronuncia è intervenuta in una complessa vicenda negoziale originata da un accordo preso con il Comune di Bergamo e la Bergamo infrastrutture S.p.a. per la gestione dello stadio comunale, rientrante nel patrimonio comunale indisponibile, inizialmente (accordo del 7 febbraio 2012, da qui “Contratto originario”) concessa fino al 30 giugno 2015 all’Atalanta e all’Albinoleffe e, poi (accordo del 30 giugno 2015: “Contratto di servizio per concessione, utilizzo e gestione dello Stadio comunale Atleti Azzurri d’Italia nel periodo 1 luglio 2015 - 30 giugno 2019 e pattuizioni collegate”, da qui “Contratto concessorio rinegoziato” e “Patto speciale”), alla sola Atalanta, con apertura alla successiva adesione di Albinoleffe, frattanto retrocessa nella stagione 2014-2015, nel caso in cui fosse stata ripescata in Lega Pro per la successiva stagione agonistica. Verificatosi tale evento ed avendo Albinoleffe perfezionato il procedimento di adesione, Atalanta ne chiedeva al Giudice federale di prima istanza la condanna al pagamento del 50% di quanto preventivato in contratto a titolo di c.d. Interventi Diversi (da quelli di Rilievo Pubblico) per complessivi € 2.381.000,00.
Il Tribunale - respinta l’eccezione di difetto di competenza formulata dalla società Albinoleffe alla luce della clausola compromissoria contemplata nei contratti sopra menzionati e riaffermata quindi l’efficacia del c.d. vincolo di giustizia - riteneva che gli accordi negoziali cui aveva aderito la resistente vincolassero quest’ultima a corrispondere il 50%, sia delle somme per interventi di rilievo pubblico, sia di quelle corrispondenti a qualunque altro impegno contrattuale, inclusi gli Interventi Diversi.
Per tale ragione accoglieva la domanda di Atalanta con la decisione sopra indicata che non veniva impugnata dalla soccombente.
1.1 Con due successivi reclami, l’uno del 16 marzo 2017 (n. 148/2017) e l’altro del 29 giugno immediatamente successivo (n. 206/2017), Atalanta si rivolgeva nuovamente al TFN per ottenere la condanna di Albinoleffe a pagare in suo favore:
1) € 1.118.822,23, oltre IVA e interessi, corrispondenti al 50%, degli Interventi Diversi effettivamente sostenuti (a consuntivo), a suo avviso comunque gravanti sulla resistente sulla base di quanto contrattualmente stabilito nei patti già esaminati nel primo giudizio;
2) € 57.834,10, IVA inclusa, corrispondenti al 50% dei costi di natura straordinaria e urgente, sostenuti da Atalanta nel marzo 2015 per la rizollatura del terreno di gioco dello stadio Atleti Azzurri d’Italia di Bergamo.
Il Tribunale, riuniti i reclami e respinta nuovamente l’eccezione di difetto di giurisdizione del Tribunale (così qualificata in questo giudizio) articolata da Albinoleffe, con la decisione di cui al
C.U. n. 19/TFN-SVE del 14 febbraio 2018, ha accolto parzialmente il primo (n. 148/2017), riducendo tuttavia l’ammontare da prendere a base per il riparto da € 2.237.644,46 a € 864.300,00, ha accolto per intero il secondo reclamo (n. 206/2017), ed ha condannato, pertanto, Albinoleffe a rimborsare ad Atalanta la complessiva somma di € 479.55,00, oltre IVA e interessi di mora, ex d.lgs. n. 231 del 2002, dalle domande al saldo.
In particolare, il Giudice di prime cure ha ritenuto che tutti gli accertamenti, processuali e di merito, compiuti dal Tribunale, con la decisione di cui al C.U. n. 12/TFN-SVE del 22 novembre 2016, non impugnata da Albinoleffe, «fanno ormai stato tra le parti e costituiscono presupposto da cui non ci si può discostare nella valutazione delle ulteriori domande avanzate con il presente giudizio». Nondimeno ha provveduto ad argomentare l’accoglimento con riguardo a tutti i motivi di doglianza.
1.2 Questa decisione è stata impugnata innanzi alla Corte Federale d’Appello della FIGC sia da Atalanta, con atto del 21 febbraio 2018, sia da Albinoleffe, con reclamo del 13 marzo dello stesso anno.
La prima chiedeva la riforma della decisione di primo grado, con condanna della seconda al pagamento di € 814.783,44, oltre interessi, la seconda invocava l’annullamento integrale della decisione appellata, censurandola per difetto di giurisdizione, violazione del principio di infrazionabilità della domanda, erronea identificazione della base adottata per la quantificazione della condanna, infondata suddivisione degli Interventi Diversi fra preventivi e consuntivi, illegittima ripartizione dei costi per la rizollatura.
Riuniti i reclami, la Corte, con la decisione di cui al C.U. n. 052/CFA del 22 novembre 2018, li ha respinti entrambi avendoli trovati infondati.
2. Quest’ultima decisione è oggi impugnata innanzi al Collegio di Garanzia dello Sport dalla sola Albinoleffe che ha evocato in giudizio la FIGC e Atalanta, proponendo tre articolati motivi di ricorso.
2.1 In primo luogo, Albinoleffe censura la violazione e la falsa applicazione dell’articolo 30 dello Statuto della FIGC, nonché degli articoli 33, comma 6, e 30, comma 28, lettera a), del Codice di giustizia sportiva della FIGC, il difetto di giurisdizione del Tribunale Federale Nazionale, Sezione vertenze economiche della FIGC e della Corte di Appello Federale.
La ricorrente ritiene, infatti, errato il ragionamento del Giudice d’appello, sia laddove avrebbe considerato implicitamente accettata la giurisdizione sportiva in un separato giudizio relativo ai
c.d. sky-box dello stadio, sia avendo valutato la controversia estranea ai rapporti col Comune di Bergamo, non tenendo in alcun conto il carattere trilaterale dei contratti sottoscritti con questo da Atalanta in funzione del successivo rimborso al gestore, da cui deriverebbe la posizione di parte necessaria in questo giudizio del Comune.
Proprio per regolare questa situazione, potenzialmente arricchita dall’adesione negoziale di Albinoleffe, il Comune e la società Atalanta avrebbero pattuito agli articoli 14 e 15 del Contratto concessorio rinegoziato e agli articoli 5 e 6 del Patto speciale di risolvere amichevolmente ogni controversia e, se del caso, di devolverle in arbitri. Per tali ragioni, Albinoleffe invoca l’annullamento senza rinvio della pronuncia d’appello.
2.2. In secondo luogo, la ricorrente denuncia la violazione e la falsa applicazione dell’articolo 1372 del codice civile, nonché degli articoli 1362-1371 dello stesso corpus normativo, l’inesistenza del principio di suddivisione paritaria tra concessionarie degli Interventi Diversi per un importo maggiore di quello pattuito ed elencato nei testi contrattuali.
A questo proposito Albinoleffe contesta che l’adesione a tale criterio di riparto emergerebbe, come ritenuto dalla Corte federale, da uno scambio di corrispondenza intrattenuto col Comune di Bergamo nel 2015, in quanto l’adesione al contratto sarebbe avvenuta quando Albinoleffe non era ancora in possesso dei testi contrattuali e, comunque, una clausola che le avesse addossato il rimborso “a consuntivo” delle spese effettivamente affrontate da Atalanta, anche al di là degli importi pattuiti, sarebbe nulla per avere un oggetto indefinito, indeterminato e indeterminabile o, in ogni caso, sarebbe stata accettata incorrendo in evidente vizio della volontà.
La decisione dei giudici di merito sarebbe, inoltre, errata anche laddove richiama l’art. 16, punto (iii), del Contratto concessorio rinegoziato e l’art. 7, comma 4, sub IV, del Patto speciale [alla stregua dei quali Albinoleffe si sarebbe impegnata a rimborsare «in percentuali identiche» (…)
«ogni altro onere incombente ai soggetti tenuti a versare il canone per l’uso dello Stadio»], non tenendo conto che: 1) si tratterebbe di una mera clausola di chiusura avente carattere generale e, pertanto, non idonea a disciplinare specificatamente il rimborso degli Interventi di Interesse Pubblico e degli Interventi Diversi; 2) ad essi si applicherebbe l’art. 16, comma 5, punto (iii), che accolla ad Albinoleffe, nella misura del 50%, i soli Interventi Diversi condotti sullo stadio in virtù del Contratto originario, del Contratto concessorio rinegoziato ovvero di pattuizioni ulteriori intervenute tra la parte pubblica e Atalanta, alle quali, in concreto, non si era poi fatto ricorso. Infine, la ricorrente censura di erroneità la valutazione del Giudice d’appello secondo cui non applicare il criterio del riparto paritario tra concessionarie di tutti gli oneri effettivamente sostenuti determinerebbe un indebito arricchimento in favore di Albinoleffe, che invece rivendicherebbe il diritto al rimborso dal Comune di un importo pari alla metà dell’incremento di valore dello stadio, senza aver sostenuto il 50% dei costi correlati. Albinoleffe deduce, in contrario, di non rivendicare in questo giudizio il rimborso di quanto speso, contestando piuttosto il fondamento legale dell’addebito di tali costi.
2.3. Con l’ultimo motivo di ricorso, Albinoleffe lamenta la violazione e la falsa applicazione delle disposizioni negoziali tra Comune di Bergamo, Atalanta e Albinoleffe, nonché di quelle intercorse tra le due menzionate società calcistiche, l’inesistenza del dovere di Albinoleffe di rimborsare la metà delle spese di rizollatura del campo da gioco, effettuate da Atalanta unilateralmente e sulla base di una disciplina non applicabile ad Albinoleffe.
In sostanza, la ricorrente lamenta l’erroneo richiamo alla disciplina civilistica della custodia compiuto dal Giudice d’appello sul presupposto che i precedenti patti negoziali, per i quali il criterio di riparto era quello dell’uso effettivo della superficie di gioco, fossero venuti meno.
Premesso che l’esigenza di rizollatura era stata imposta dalla Lega di Serie A (nella quale milita la sola Atalanta) per prevalenti esigenze legate alle riprese televisive peculiari solo di quel campionato di calcio, Albinoleffe ritiene che: a) l’intervento in questione sia invece ancora regolato dal Contratto originario, non modificato sul punto da quello rinegoziato, alla stregua del quale, in caso di disaccordo sulla necessità di rizollare il terreno di gioco, era prevista la nomina di un perito congiuntamente dalle parti ovvero dal Presidente del Tribunale di Bergamo; b) non essendo stata seguita questa procedura, non sia ora possibile accollarle i relativi oneri in misura paritaria; c) Atalanta avrebbe comunque tacitamente accettato in altri casi un criterio di riparto fondato sul numero di gare effettivamente disputate.
Se, in prima battuta, la ricorrente chiede, dunque, che nessun costo le venga accollato, in subordine, conclude per una pronuncia di riforma che recuperi il criterio equitativo, utilizzato anche dal Giudice di primo grado, nei termini suggeriti dal consulente tecnico d’ufficio che aveva proposto di porre a carico di Atalanta, società di serie A, i tre quarti dei costi in questione, onerando Albinoleffe, militante in serie C, del residuo quarto.
3.Si è difesa con memoria scritta la sola Atalanta eccependo, in limine, l’inammissibilità del ricorso per violazione degli artt. 54, comma 1, e 59 del Codice della Giustizia Sportiva del CONI, in quanto diretto a contrapporre una possibile soluzione diversa da quella cui la decisione impugnata è pervenuta relativamente ad un fatto, alla valutazione di una prova o alla definizione di sequenze di eventi rilevanti, postulando nella sostanza una rivalutazione dei fatti che hanno originato il contenzioso attraverso un nuovo apprezzamento di merito del materiale probatorio e della sua idoneità asseverativa.
3.1. Quanto agli ulteriori motivi di ricorso, Atalanta ne chiede la reiezione controdeducendo: a) l’irricevibilità dell’eccezione di giurisdizione, perché tardivamente formulata in primo grado soltanto nell’udienza di comparizione, invece che nel termine perentorio di sette giorni dalla ricezione del ricorso stabilito dall’art. 30, comma 34, del Codice di giustizia sportiva della FIGC e, comunque, l’infondatezza della stessa, in quanto l’odierna controversia riguarderebbe esclusivamente i rapporti privati tra le due società sportive; b) l’infondatezza delle ulteriori censure nei termini già enunciati dalla pronuncia impugnata, evidenziando, in particolare, che la rizollatura era stata richiesta dal tecnico della Commissione impianti sportivi della Serie A non soltanto per ragioni di spettacolarità delle riprese televisive, ma soprattutto per ottimizzare le prestazioni del terreno di gioco in relazione al carico di lavoro ospitato settimanalmente dallo stadio e per prevenire il rischio atletico.
4. All’esito di ampia discussione, cui hanno partecipato la Procura Generale dello Sport, Albinoleffe e Atalanta, la causa è stata trattenuta per la decisione.
Considerato in diritto
1. Quanto al profilo pregiudiziale sollevato da Atalanta nel proprio atto di costituzione, occorre puntualizzare che nell’ordinamento sportivo il ricorso al Collegio di Garanzia dello Sport è consentito «esclusivamente per violazione di norme di diritto, nonché per omessa o insufficiente motivazione circa un punto decisivo della controversia che abbia formato oggetto di disputa tra le parti» (art. 12 bis, comma 2, dello Statuto del CONI e art. 54, comma 1, del Codice della Giustizia Sportiva).
Come già ribadito più volte da questo Collegio (da ultimo, vedi la decisione n. 4 del 2019 di questa Sezione), «nella sostanza, quello innanzi al massimo Organo della giustizia sportiva è configurato come un giudizio di pura legittimità che, collocandosi a valle del doppio grado di merito, rimane estraneo ad ogni valutazione che si sostanzi in censure involgenti accertamenti di fatto. Il parametro di giudizio del Collegio è dunque costituito soltanto dalla violazione di legge e dal deficit motivatorio, riguardato dal punto di vista sia dell’omesso sviluppo logico-giuridico delle ragioni che sostengono la decisione, sia dell’insufficienza dello stesso in termini tali da comprendere la contraddittorietà intesa come una «incompatibilità logica tra gli argomenti portati dal giudice di merito a sostegno delle sue conclusioni (…) ove la denunciata contraddittorietà non riguardi profili di semplice dettaglio, ma sia ravvisabile tra argomenti muniti di pari rilevanza» (così la decisione
n. 44 del 2017 delle Sezioni Unite di questo Collegio). Sulla falsariga del giudizio di Cassazione, nelle formule recate dall’art. 360, primo comma, numero 5), del codice di procedura civile, come vigente fino alla prima modifica operata dal d.lgs. n. 40 del 2006, quello innanzi al Collegio di Garanzia, quanto alla motivazione, è quindi incarnato da «un controllo di logicità e di completezza del giudizio di fatto che, senza spingersi a verificare nel merito la ricostruzione stessa di questo, appartiene in quanto tale a pieno titolo al giudice di legittimità, tanto più che la motivazione dei provvedimenti rappresenta un aspetto di importanza fondamentale nell’esercizio della giurisdizione» (in questi termini la decisione n. 63 del 2016 di questa Sezione)».
Dalla natura del controllo giudiziale così delineata in sede di legittimità sportiva deriva la possibilità di verificare, nel caso in esame, i limiti del potere riservato al Collegio di Garanzia, attingendo alla consolidata elaborazione della giurisprudenza civile.
In tema di ermeneutica contrattuale, quest’ultima ha distillato nel tempo alcuni ulteriori principi oggi rilevanti.
In primo luogo, «l'accertamento della volontà delle parti in relazione al contenuto del negozio si traduce in una indagine di fatto, affidata al giudice di merito e censurabile in sede di legittimità solo nell'ipotesi di violazione dei canoni legali d'interpretazione contrattuale di cui agli artt. 1362 e seguenti c.c.»; da tanto «consegue che il ricorrente per cassazione deve non solo fare esplicito riferimento alle regole legali d'interpretazione mediante specifica indicazione delle norme asseritamene violate ed ai principi in esse contenuti, ma è tenuto, altresì, a precisare in quale modo e con quali considerazioni il giudice del merito si sia discostato dai richiamati canoni legali» (in questi termini, Sez. 1, ord. 15 novembre 2017, n. 27136 e Sez. 5, sent. 16 gennaio 2019, n. 873).
Dalla chiara premessa che il controllo di legittimità in materia negoziale non può risolversi in una nuova indagine di fatto sulla reale volontà delle parti, ma deve piuttosto essere ricondotto ad un controllo di logicità e di completezza del giudizio di fatto già compiuto dal giudice di merito, deriva per sottrazione lo spazio di devoluzione assegnato al ricorrente. Questi, nell’investire il giudice della legittimità della questione relativa all’interpretazione del contratto, non può infatti censurare la violazione delle regole legali di ermeneutica contrattuale «sul semplice rilievo che il giudice di merito abbia scelto una piuttosto che un'altra tra le molteplici interpretazioni del testo negoziale, sicché, quando di una clausola siano possibili due o più interpretazioni, non è consentito alla parte, che aveva proposto l'interpretazione disattesa dal giudice, dolersi in sede di legittimità del fatto che ne sia stata privilegiata un'altra» (Sez. 3, ord. 10 maggio 2018, n. 11254; ord. n. 27136 del 2017 cit. e sent. n. 873 del 2019 cit.).
In definitiva, la proposizione innanzi al Collegio di Garanzia dello Sport di una questione di ermeneutica contrattuale, fermo l’accertamento compiuto dal giudice di merito nella ricerca e nell’individuazione della comune volontà delle parti, deve sostanziarsi in chiari e puntuali motivi di ricorso che, non limitandosi alla mera riproposizione delle censure articolate nei gradi di merito ovvero dell’interpretazione negoziale alternativa disattesa da quel giudice, individuino con sufficiente precisione i canoni ermeneutici legali violati da ciascuna specifica proposizione motiva della pronuncia impugnata. Solo in tal modo, nell’ordinamento di diritto civile così come in quello sportivo, è possibile garantire che il giudizio di legittimità non sconfini in nuove inammissibili rivalutazioni di questioni di fatto.
E’ al vaglio di tali principi che, pertanto, andranno di volta in volta sottoposti i motivi di ricorso articolati innanzi a questo Collegio da Albinoleffe.
2. Col primo motivo di ricorso, quest’ultima società calcistica ha censurato la pronuncia di merito nella parte in cui ha riaffermato la validità del c.d. vincolo di giustizia di cui all’articolo 30 dello Statuto della FIGC, ritenendola viziata sia per violazione della clausola compromissoria prevista dall’art. 15 del Contratto concessorio rinegoziato e dall’articolo 6 del Patto speciale - dalla quale emergerebbe la circostanza per cui il rapporto negoziale scaturente dal complesso delle pattuizioni in esame avrebbe struttura trilaterale, coinvolgendo oltre alle due società calcistiche tesserate e affiliate alla Federazione, anche il Comune di Bergamo, che per tale ragione sarebbe parte necessaria di questo giudizio - sia per avere la Corte Federale d’Appello ritenuto che la mancata impugnazione, da parte di Albinoleffe, della decisione del TFN-SVE della FIGC, di cui al C.U. n. 12/TFN-SVE del 22 novembre 2016, con la quale era stata respinta analoga eccezione tra le due società in altro giudizio, costituisse un vincolo anche ai fini di quello odierno.
Sul punto occorre considerare che il c.d. vincolo di giustizia sportiva va inteso, nella specie, quale rinuncia preventiva delle società calcistiche in parola, affiliate alla FIGC, alla tutela giurisdizionale statuale sulle controversie di natura economica che dovessero insorgere tra loro ed è oggetto di una clausola compromissoria per arbitrato irrituale la quale, ove opposta sul piano squisitamente processuale, integra una questione preliminare di merito, senz’altro esaminabile nel giudizio di legittimità nei limiti in cui non comporti l’accertamento di nuove questioni di fatto (sul punto, cfr. Cass., Sez. 1, sent. 28 settembre 2005, n. 18919 e Sez. 2, sent. 27 marzo 2007, n. 7525). Premessa ancora l’inesistenza di un giudicato esterno derivante dalle statuizioni assunte sul punto e tra le stesse parti dal TFN-SVE in altra causa sportiva, la quale, pur originando dallo stesso rapporto, ha un differente oggetto, occorre ulteriormente considerare che la pronuncia di primo grado resa nell’odierno giudizio ha fondato la reiezione dell’eccezione in parola sia sulla tardività della sua proposizione, sia sulla infondatezza della stessa [«non solo e non tanto perché tardiva (non è stata, infatti, sollevata nella vertenza 148/2017 all’atto della costituzione in giudizio, bensì in occasione della prima udienza di discussione), quanto piuttosto perché infondata a fronte del precedente giudicato (accettato dalle parti) con il quale si è riconosciuta la giurisdizione a Codesto Tribunale»] che, al di là del richiamo alla precedente decisione, è stata poi specificatamente argomentata con riguardo all’autonomia del rapporto controverso tra le società affiliate rispetto a quello col Comune di Bergamo.
Tale pronuncia non è stata oggetto di riforma da parte della Corte Federale d’Appello, la quale non ha neppure esaminato la questione della tardività dell’eccezione preliminare, questione che non ha poi formato specifico oggetto dell’odierno ricorso e che, per tale ragione, rimane definitivamente posta a fondamento della reiezione sul punto del ricorso (n. 148/2017) col quale Albinoleffe aveva censurato la ripartizione paritaria delle spese effettivamente sostenute per l’esecuzione degli “Interventi Diversi”.
Quanto al merito della questione, essa appare correttamente risolta dai giudici di prime e seconde cure, i quali hanno sufficientemente argomentato con riguardo all’autonomia del rapporto controverso tra privati rispetto a quello con l’ente comunale, anche sulla base degli indici ermeneutici ricavabili dalle clausole compromissorie sopra richiamate che, per struttura e procedimento, assumono all’evidenza ad oggetto unicamente i diversi rapporti pubblicistici tra società, da una parte, e Comune di Bergamo e Bergamo infrastrutture S.p.a., dall’altro.
Alla luce di queste motivazioni, va senz’altro respinto il primo motivo di ricorso.
3. Né miglior sorte possono avere gli altri due motivi di impugnazione, tenuto conto che, al di là della denuncia di violazione e falsa applicazione degli articoli 1362-1371 del codice civile indicata nella rubrica del primo di essi, in concreto la ricorrente si è limitata a riproporre le censure articolate nei gradi di merito, specificandone i contenuti e le ragioni ermeneutiche in termini di mera alternatività alle valutazioni effettuate, in particolare, dalla Corte Federale d’Appello.
La mancata puntuale individuazione delle regole legali d'interpretazione che si assumono di volta in volta violate, mediante specifica indicazione delle norme di riferimento e dei brani motivi della decisione di merito che abbiano cagionato il preteso vulnus, fa sì che per il Giudice della legittimità risulti confezionata un’impugnativa del tutto sovrapponibile a quelle introduttive dei gradi di merito, in tal modo mettendo in discussione aspetti squisitamente fattuali o interpretazioni alternative che, in definitiva, si risolvono in un’inammissibile sollecitazione ad un nuovo accertamento della volontà delle parti in relazione al contenuto del negozio.
8.1.
3.1. Ferme, pertanto, tutte le altre valutazioni del Giudice di merito, l’unico motivo che può essere esaminato in questa sede ha ad oggetto la pretesa nullità, perché ad oggetto indefinito, indeterminato e indeterminabile, delle clausole del Contratto concessorio rinegoziato (art. 16, comma 5, punto iii) e del Patto speciale (art. 7, comma 4, sub IV) laddove addossano ad Albinoleffe la metà anche delle spese per gli Interventi Diversi effettivamente sostenute da Atalanta [«sul versante passivo suddivisione in percentuali identiche fra i titolari della concessione dello Stadio (…) sia degli oneri per gli Interventi Diversi, sia delle spese di questo contratto, sia di ogni altro onere incombente ai soggetti tenuti a versare il canone per l’uso dello Stadio»]. Premesso che il contestuale motivo, col quale Albinoleffe ha opposto anche l’annullabilità del punto contrattuale per vizio della volontà, involge accertamenti di fatto preclusi in questa sede, quanto alla nullità, la clausola in parola appare coerentemente collocata dal giudice di merito nel contesto negoziale in esame.
In particolare, il Giudice d’appello ha convincentemente individuato (riconoscendo coerente indice ermeneutico nella previsione contrattuale della rendicontazione delle spese, evidentemente funzionale alla verifica degli investimenti effettivamente effettuati) la causa contrattuale dell’obbligo in questione nel fatto che proprio il costo complessivo ed effettivo delle opere eseguite sullo stadio è rilevante nei rapporti tra le due società utilizzatrici della struttura. E’ questo, infatti, il fattore esclusivo da prendere in considerazione per determinare l’incremento di valore dello stadio che lo stesso contratto imponeva al Comune di Bergamo di rimborsare ad entrambe le società utilizzatrici e che, al contempo, rende definito l’oggetto negoziale, circoscrivendolo alle sole opere funzionalmente incrementali di quel valore, in termini peraltro assoluti e non rapportati ad uno specifico campionato.
Anche quest’ultimo motivo di ricorso non può dunque essere accolto.
4. In definitiva, da tutto quanto fin qui considerato, discende l’integrale reiezione del ricorso.
5. Quanto alle spese di lite, alla luce della soccombenza, esse vanno liquidate a carico di Albinoleffe e in favore di Atalanta, nella misura indicata in dispositivo.
P.Q.M.
Il Collegio di Garanzia dello Sport Quarta Sezione
Respinge il ricorso.
Le spese seguono la soccombenza e vengono liquidate nella misura di € 3.000,00, oltre accessori di legge, in favore della resistente Atalanta Bergamasca Calcio S.p.a..
Dispone la comunicazione della presente decisione alle parti tramite i loro difensori anche con il mezzo della posta elettronica.
Così deciso in Roma, nella sede del CONI, in data 11 febbraio 2019.
Il Presidente Il Relatore
F.to Dante D’Alessio F.to Alfredo Storto
Depositato in Roma, in data 28 marzo 2019.
Il Segretario
F.to Alvio La Face