CONI – Collegio di Garanzia dello Sport – Sezione Seconda – coni.it – atto non ufficiale – Decisione n. 29/2019 del 2 maggio 2019 – ASD San Vito Lo Capo 1994/Federazione Italiana Giuoco Calcio

Decisione n. 29 

Anno 2019

 

 

IL COLLEGIO DI GARANZIA SECONDA SEZIONE

 

composta da

Attilio Zimatore - Presidente

Laura Marzano - Relatrice

Ferruccio Auletta

Ermanno De Francisco 

Silvio Martuccelli - Componenti

ha pronunciato la seguente

DECISIONE 

 

Nel giudizio iscritto al R.G. ricorsi n. 22/2019, presentato, in data 19 marzo 2019, dalla A.S.D. San Vito Lo Capo 1994, rappresentata e difesa, come da procura speciale in calce al ricorso, dall’avv. Salvatore Longo, elettivamente domiciliato presso il suo studio in Trapani, via Virgilio, n. 11,

  

contro

 

la Federazione Italiana Giuoco Calcio (FIGC), non costituita in giudizio, 

 

per la riforma

 

della decisione della Corte Sportiva di Appello Territoriale della F.I.G.C.-L.N.D. del Comitato Regionale Sicilia del 19 febbraio 2019 (pubblicata C.U. n. 311/CSAT 22 del 19 febbraio 2019), nella parte in cui ha confermato i provvedimenti sanzionatori assunti, con C.U. n. 284 del 30 gennaio 2019 dal Giudice Sportivo di prima istanza della F.I.G.C.-L.N.D. del Comitato Regionale Sicilia, nei confronti del calciatore Giovanni Vultaggio e del calciatore Francesco Carriglio.

Viste le difese scritte e la documentazione prodotta dalle parti costituite;

uditi, nell'udienza del 18 aprile 2019, il difensore della parte ricorrente - ASD San Vito Lo Capo 1994 - avv. Salvatore Longo, nonché il Procuratore Nazionale dello Sport, avv. Federico Vecchio, per la Procura Generale dello Sport c/o il CONI, intervenuta ai sensi dell’art. 61, comma 3, del Codice della Giustizia Sportiva del CONI;

udita, nella successiva Camera di consiglio dello stesso giorno, la Relatrice, cons. Laura Marzano.

 

Ritenuto in fatto 

 1. Con ricorso presentato in data 19 marzo 2019 la A.S.D. San Vito Lo Capo 1994 ha impugnato, dinanzi al Collegio di Garanzia dello Sport del CONI, la decisione della Corte Sportiva di Appello Territoriale della F.I.G.C.-L.N.D. del Comitato Regionale Sicilia del 19 febbraio 2019 (pubblicata

C.U. n. 311/CSAT 22 del 19 febbraio 2019) nella parte in cui ha confermato i provvedimenti sanzionatori assunti, con C.U. n. 284 del 30 gennaio 2019 dal Giudice Sportivo di prima istanza della medesima della F.I.G.C.-L.N.D. del Comitato Regionale Sicilia.

All’udienza del 18 aprile 2019, sentiti il difensore del ricorrente e l’avv. Federico Vecchio per la Procura Generale dello Sport presso il CONI, ai sensi dell’art. 61, comma 3, C.G.S., il quale ha chiesto la reiezione del ricorso, la causa è stata decisa come da dispositivo prot. n. 278/19 in pari data.

2. Con Comunicato Ufficiale n. 284 del 30 gennaio 2019 il Giudice Sportivo Territoriale, al termine dell’incontro di calcio, valevole per il Campionato di Calcio a 5 Serie C/2 Girone "A", tra San Vito Lo Capo e Mistral Meeting Club del 26 gennaio 2019, irrogava alla A.S.D. San Vito Lo Capo l’ammenda di € 400,00, oltre: squalifica fino al 25 maggio 2019 del calciatore Vultaggio Giovanni; squalifica fino al 5 marzo 2019 del calciatore Pappalardo Alessandro; squalifica per 7 gare dei calciatori Lo lacono Sergio e Randazzo Luca; squalifica per 6 gare del calciatore Gammicchia Davide; squalifica sino al 25 gennaio 2024 del calciatore Carriglio Francesco.

La Corte Sportiva di Appello Territoriale della F.I.G.C.-L.N.D. del Comitato Regionale Sicilia, regolarmente adita dalla società ricorrente, con decisione del 19 febbraio 2019 ha rideterminato in € 300,00 l'ammenda a carico della Società A.S.D. San Vito Lo Capo ed ha applicato: a Lo lacono Sergio e a Randazzo Luca la squalifica per cinque gare e a Gammicchia Davide la squalifica per quattro gare, confermando nel resto l'impugnato provvedimento.

3. La Società A.S.D. San Vito Lo Capo ha interposto ricorso dinanzi al Collegio di Garanzia dello Sport avverso tale decisione, nella parte in cui ha confermato i provvedimenti sanzionatori assunti dal Giudice Sportivo di prima istanza, in particolare di quelli sotto indicati:

  • squalifica dal 30 gennaio 2019 al 25 maggio 2019 del calciatore Giovanni Vultaggio "per grave fallo di gioco (entrava in scivolata sul n. 11 del Mistral meeting club senza alcuna possibilità di prendere il pallone, con la sola intenzione di far male al giocatore avversario) nonché per contegno minaccioso nei confronti dell'arbitro; nonché per averlo spintonato e per contegno aggressivo nei confronti dello stesso, a fine gara";
  • squalifica sino al 25 gennaio 2024 del calciatore Carriglio Francesco "per avere, a fine gara, colpito l'arbitro con un violento pugno alla nuca che provocava forti dolori, capogiri e senso di nausea, con necessidi ricorrere a cure mediche presso un presidio ospedaliero dove veniva refertato con una prognosi di sette giorni s.c".
  • 4. Il ricorso è affidato ai motivi di seguito sintetizzati.
  • I) Violazione e falsa applicazione dell'art. 35, comma 1.2, del C.G.S. della Federazione Italiana Giuoco Calcio; difetto di motivazione in ordine al punto decisivo della controversia relativo alla mancata acquisizione di riprese video.

Con tale motivo, la ricorrente lamenta che il Giudice di appello ha confermato le sanzioni più gravi rigettando, tuttavia, le richieste di prova formulate dall'odierna ricorrente, ossia l’acquisizione delle riprese estratte dall'impianto di video-sorveglianza del campo sportivo in cui si è svolto l'incontro di calcio.

Deduce l’erroneità della decisione sul punto, per un duplice ordine di motivi. 

Sotto un primo profilo, perché la richiesta di acquisizione probatoria era stata invocata nei limiti riconosciuti, per le gare organizzate dalla L.N.D. della F.I.G.C., dalla norma di cui all'art. 35, comm1.3 e 1.4, del C.G.S., ossia al fine di dimostrare che il tesserato non ha in alcun modo commesso il fatto di condotta violenta o gravemente antisportiva o concernente l'uso di espressione blasfema, sanzionato dall'arbitro.

Secondo la ricorrente, nel caso di specie, le riprese video sarebbero state importanti sia con riferimento alle condotte poste in essere dal calciatore Vultaggio (nei confronti di un avversario) sia, soprattutto, con riferimento alla condotta del calciatore Carriglio (accusato di aver sferrato un pugno alla nuca al direttore di gara), calciatori pesantemente sanzionati per condotte violente e gravemente antisportive, i quali solo attraverso le riprese video avrebbero potuto dimostrare la loro estraneità ai fatti rispettivamente loro contestati.

La ricorrente si duole, inoltre, che la Corte Sportiva di Appello Territoriale, pur sollecitata, non abbia inteso neanche esercitare le facoltà di cui all'art. 34, comma 4, del codice federale di rito, che consente al Giudice di disporre dei "più ampi poteri di indagine".

La Corte Sportiva di Appello Territoriale avrebbe denegato entrambe le possibilifornendo, tuttavia, una motivazione insufficiente e apodittica: segnatamente, la prova video è stata esclusa in quanto non sarebbe stata dotata dei requisiti della "completezza" e della "piena affidabilità tecnica e documentale".

Secondo la ricorrente la motivazione sul punto sarebbe generica atteso che non chiarirebbe le ragioni per le quali le immagini proposte sono state ritenute carenti degli standard tecnici per potere essere acquisite; ciò avrebbe arrecato un grave vulnus al diritto di difesa, dal momento che con le riprese video la Società avrebbe potuto dimostrare che le affermazioni dell’arbitro non rispecchiavano fedelmente la dinamica degli accadimenti.

La ricorrente si sofferma puntualmente sugli eventi occorsi a fine gara e sulla relativa tempistica per sostenere la non verosimiglianza delle affermazioni dell’arbitro: la gara è terminata alle 17.09.18, alle 17.10.42 l'arbitro abbandonava il terreno di gioco, alle 17.11.04 è comparso al cospetto di altra telecamera che riprende il tratto che separa il campo da gioco dagli spogliatoi, dove ha fatto ingresso alle 17.11.14; alle 17.25.10, quindi, il direttore di gara è andato via definitivamente dall'impianto (cfr. video interno agli spogliatoi).

Tali circostanze sarebbero state riscontrabili ictu oculi dalla disamina dei filmati che, peraltro, non essendo stati formati da alcun operatore, presenterebbero tutti i requisiti per essere acquisiti ai fini della decisione.

II) Difetto di motivazione in ordine alle prospettate discrepanze ricavabili dai referti arbitrali circa le conseguenze asseritamente patite dal direttore di gara in seguito alla presunta condotta violenta del tesserato Carriglio.

La ricorrente, tra i motivi di appello, aveva evidenziato alcune discrasie negli atti di gara: l’arbitro, signor Stefano Ruggiero, ha, infatti, affermato di avere suto, mentre si stava allontanando dal campo, un fortissimo colpo alla nuca che lo avrebbe quasi fatto stramazzare al suolo.

Tuttavia, la ricorrente aveva fatto rilevare nel corso del giudizio di appello come l’arbitro, pur così asseritamente provato, non ha avvertito la necessità di alcun soccorso nell'immediatezza dei fatti; non ha chiesto l'intervento di un medico, non si è diretto alla guardia medica di San Vito Lo Capo (che dista pochi metri dal campo di gioco), non ha contattato le forze dell'ordine, né si è recato al pronto soccorso dell'ospedale di Trapani (a pochi chilometri); al contrario decise di fare immediatamente rientro in sede (Palermo), senza recarsi ad alcuno degli ulteriori presidi sanitarche incontrava sul proprio tragitto (in ordine Alcamo, Partinico, Palermo "V. Cervello” e "Villa Sofia").

Dopo meno di 15 minuti (ore 17.24, cfr. video) dal termine della gara, infatti, il signor Stefano Ruggiero, con piglio sicuro e per nulla intimorito o provato, ha abbandonato gli spogliatoi, mettendosi in auto per raggiungere un presidio sanitario assai distante da San Vito Lo Capo, dove giunse alle ore 19.35 (cfr. referto p.s Ospedale Buccheri La Ferla, in atti).

Inoltre, la difesa della ricorrente aveva evidenziato in appello che, dal verbale del pronto soccorso, non emerge alcun segno di aggressione (nessun ematoma, nessun gonfiore) al punto tale che il medico refertante annotava: “riferito trauma da aggressione da parte di persona conosciuta alla fine di partita di calcio a 5 campionato di serie C2, diagnosi cerviclomombalgia post traumatica, giorni 7 s.c, terapia farmacologica, collare...rimanda a visita ortopedica. Ed ancora: "Il paziente giunge a visita deambulando autonomamente, radiografie refertate negative [...] non segni di deficit in atto".

A parere della ricorrente, dette evidenze avrebbero dovuto imporre una valutazione approfondita degli accadimenti mediante l'utilizzo di quegli "ampi poteri di indagine" che competono agli organi di giustizia federali; quanto meno la Corte Sportiva di Appello Territoriale avrebbe dovuto motivare il mancato esercizio di tali poteri.

Lamenta che anche la richiesta istruttoria di ulteriori chiarimenti al direttore di gara, formulata in appello, è stata disattesa senza alcuna motivazione.

 

Considerato in diritto

 5. Il ricorso della società A.S.D. San Vito Lo Capo 1994 è incentrato sul difetto di motivazione della decisione impugnata su un punto che la parte ricorrente ritiene decisivo, ossia il supporto probatorio sulla base del quale il Giudice di appello ha ritenuto di poter confermare, nella parte qui di interesse, le sanzioni irrogate dal Giudice Sportivo.

E’ necessario, pertanto, scandagliare il corredo motivazionale della decisione impugnata, al fine di verificare se lo stesso possa considerarsi esaustivo ed adeguato a sorreggere la decisione. Nella sentenza impugnata la Corte Sportiva di Appello Territoriale riporta le risultanze del referto arbitrale dando atto che, ai sensi dell'art. 35, comma 1.1, C.G.S. della F.I.G.C., esse costituiscono piena prova circa il comportamento dei tesserati nel corso di una gara, riferite, per quanto di interesse, come segue: Vultaggio Giovanni al 30'+2 del 2t è stato espulso "per grave fallo di gioco (entrava in scivolata sul n.11 della soc. Mistral Meeting Club senza alcuna possibilità di prendere il  pallone  con  la  sola  intenzione  di  far  male  al  giocatore  avversario)  ...  contestava  il  miprovvedimento, urlandomi che a fine partita mi avrebbe preso a schiaffi e pugni" ed inoltre a fine gara "come mi aveva promesso ... tirandomi per la divisa e mettendosi faccia a faccia con me in segno di sfida e provando a colpirmi con una testata che fortunatamente sono riuscito ad evitare"; inoltre riferiscono che Carriglio Francesco, nel partecipare alla aggressione dopo il fischio finale, "mi colpiva violentemente con un pugno alla testa, dietro la nuca, provocandomi forti dolori e facendomi quasi cadere per terra".

La sentenza dà atto che nel referto e nel relativo supplemento l'arbitro ha affermato: "riuscivo ad entrare nello spogliatoio e a chiudermi in esso. Tra capogiri e senso di nausea ho compilato il modulino di fine gara ... chiedevo al dirigente Cerniglia della soc. Mistral Meeting di restare con me fino alla mia uscita dall'impianto sportivo. Fortunatamente con me c'era mio padre, che mi accompagnava al pronto soccorso Buccheri La Ferla di Palermo, dove venivo refertato dal medico di turno"; ha quindi allegato il referto ("cervicolombalgia post traumatica" con prognosi di gg.7 s.c.) e 2 scheen shoot dei messaggi inviatigli su messenger da Carriglia Francesco.

Tanto premesso in punto di fatto, la Corte Sportiva di Appello Territoriale ha “preliminarmente osservato che va ritenuta inammissibile la richiesta istruttoria della acquisizione video, ammessa quale prova solo nell'ipotesi prevista dall'art. 35 c.1.2 C.G.S. e solo allorcle immagini offrano completezza, oltreché piena garanzia tecnica e documentale; requisiti che non possono essere ritenuti sussistenti nella fattispecie sulla scorta delle mere asserzioni difensive.

Sulla base dei fatti refertati, nel merito la decisione impugnata ha ritenuto le sanzioni inflitte nel complesso “commisurate alla gravità dei comportamenti tenuti dai calciatori dell'A.S.D. San Vito Lo Capo, avuto riguardo alla aggressione reiterata, portata simultaneamente da gran parte dei partecipanti al termine della partita durante il percorso  verso gli spogliatoi nel corso della "fibrillazione", seppure commisurata in "qualche istante", e del "clima sopra le righe", ammessi in sede difensiva.

Ha evidenziato, sul conto di Vultaggio Giovanni e di un altro calciatore, che “costoro già nel corso della gara avevano dato dimostrazione della loro propensione ad aggredire, sancita con la espulsione per falli sugli avversari e per la veemenza della loro proteste; condotte di cui la sanzione deve tenere conto.

Ha aggiunto che “pienamente attendibile appare anche la descrizione della condotta di Carriglia Francesco, per quanto attiene alla individuazione (con il numero di maglia) del gesto violento, posto che la ricezione di un colpo alla nuca non rende di per se impossibile per il colpito l'immediato voltarsi e quindi riconoscerne l'autore specie se con l'indicazione del numero di maglia. Va considerata altresì la violenza del gesto, comprovata dal referto dell'Ospedale Buccheri La Ferla e dall'applicazione di collare, con certezza non derivabile da un colpo di pallone, lanciato "da una decina di metri" con "traiettoria a palombella"; considerazioni che giustificano la sanzione irrogata.

6. Così trascritta, nella parte di interesse, la motivazione della decisione impugnata, il Collegio deve tratteggiare il quadro normativo di riferimento.

Lart. 35 del Codice di Giustizia Sportiva della F.I.G.C. (Decreto del Commissario ad acta del 30 luglio 2014, approvato con deliberazione del Presidente del CONI n. 112/52 del 31 luglio 2014) al punto 1.1. stabilisce: I rapporti dellarbitro, degli assistenti, del quarto ufficiale e i relativi eventuali supplementi fanno piena prova circa il comportamento di tesserati in occasione dello svolgimento delle gare.”.

Al punto 1.2. dispone: Gli Organi della giustizia sportiva hanno facoltà di utilizzare, quale mezzo di prova, al solo fine dellirrogazione di sanzioni disciplinari nei confronti di tesserati, anche riprese televisive o altri filmati che offrano piena garanzia tecnica e documentale, qualora essi dimostrino che i documenti ufficiali indicano quale ammonito, espulso o allontanato soggetto diverso dallautore dellinfrazione”.

Il successivo punto 1.3., per quanto di interesse, stabilisce: Per le gare della LNP, limitatamente ai fatti di condotta violenta o gravemente antisportiva o concernenti luso di espressione blasfema, non visti dallarbitro, che di conseguenza non ha potuto prendere decisioni al riguardo, il Procuratore federale fa pervenire al Giudice sportivo nazionale riservata segnalazione entro le or16.00 del giorno feriale successivo a quello della gara. 

Entro lo stesso termine la società che ha preso parte alla gara e/o il suo tesserato direttamente interessato dai fatti sopra indicati hanno facoldi depositare presso lufficio del Giudice sportivo nazionale una richiesta per lesame di filmati di documentata provenienza, che devono essere allegati alla richiesta stessa. … Con le stesse modalità e termini la società e/o il tesserato possono richiedere al Giudice sportivo nazionale lesame di filmati da loro depositati, al fine di dimostrare che il tesserato medesimo non ha in alcun modo commesso il fatto di condotta violenta o gravemente antisportiva o concernente luso di espressione blasfema, sanzionato dallarbitro. In tal caso le immagini televisive possono essere utilizzate come prova di condotta gravemente antisportiva commessa da altri tesserati.

Costituiscono condotte gravemente antisportive ai fini della presente disposizione: 

1) la evidente simulazione da cui scaturisce lassegnazione del calcio di rigore a favore della squadra del calciatore che ha simulato;

2) la evidente simulazione che determina la espulsione diretta del calciatore avversario;

3) la realizzazione di una rete colpendo volontariamente il pallone con la mano;

4) limpedire la realizzazione di una rete, colpendo volontariamente il pallone con la mano.

In tutti i casi previsti dal presente punto 1.3. il Giudice sportivo nazionale può adottare, a soli fini disciplinari nei confronti dei tesserati, provvedimenti sanzionatori avvalendosi di immagini che offrano piena garanzia tecnica e documentale”.

Il successivo punto 1.4. precisa che Le disposizioni di cui al punto 1.3. si applicano anche alle gare della Lega Pro, della LND e del Settore per lattività giovanile e scolastica, limitatamente ai fatti di condotta violenta o concernenti luso di espressione blasfema; ”.

7. Il codice della Federcalcio, dunque, muovendo dal concetto cardine, espresso al comma 1.1, della "piena prova" operata dai rapporti dell'arbitro, degli assistenti, del quarto ufficiale e gli eventuali supplementi agli stessi, apporta quale unico temperamento alla piena validità delle verbalizzazioni arbitrali la possibilità, per i giudici d'appello (Corte Sportiva d'Appello), di ascoltare telefonicamente l'arbitro al fine di chiedergli ulteriori chiarimenti sulla dinamica dei fatti.

Fermo restando quanto precede, il punto 1.2 dell'art. 35 chiarisce che gli Organi di Giustizia Sportiva endofederali hanno la facoltà di utilizzare quale mezzo di prova, al solo fine di comminare sanzioni disciplinari nei confronti dei tesserati, le riprese televisive o altri filmati che offrano piena documentazione nelle ipotesi in cui da tali filmati emerga l'errore di persona nel quale l'arbitro o gli altri ufficiali di gara siano incorsi nell’irrogare un’ammonizione o un'espulsione o un allontanamento dal campo, colpendo dunque un soggetto diverso da quello effettivamente responsabile del comportamento illegittimo. Per le stesse finalità è consentita l'utilizzazione della prova televisiva, purché richiesta dalle parti interessate nei termini consentiti dal punto 1.3 dell'art. 35 (richiesta entro le ore 16 del giorno feriale successivo a quello in cui si è disputata la gara), relativamente a condotte violente o gravemente antisportive o concernenti l'uso di espressioni blasfeme non rilevate, in tutto o in parte, dagli arbitri.

Dal tratteggiato quadro normativo emerge che l'ingresso della prova televisiva nel giudizio sportivo ha  valenza  sussidiaria  rispetto  a  quanto  riportato  nel  referto  arbitrale;  pertanto,  se del comportamento scorretto e/o illecito il referto arbitrale ha preso nota, valutandolo in modo diverso, lo stesso non può essere successivamente sanzionato mediante l'uso della prova televisiva. Quindi al Giudice sportivo è consentito utilizzare come mezzo di prova, in presenza di determinate condizioni, le immagini sottoposte alla sua attenzione sul presupposto indefettibile che si tratti di fatti non visti dal direttore di gara: si tratta delle ipotesi contemplate dal comma 1.3. dell’art. 35 del

C.G.S. individuate in condotta violenta, condotta gravemente antisportiva, condotta concernente l’uso di espressioni blasfeme (per le gare della Lega Pro e della L.N.D., il Legislatore Sportivo ha previsto l’uso della prova televisiva limitatamente ai fatti di condotta violenta o concernenti l’uso di espressione blasfema).

Diversa è la situazione generata dalla simulazione, che implica una condotta volutamente ingannevole finalizzata a confondere il giudice di gara che, non disponendo dei sofisticati strumenti di cui sono dotate le telecamere, può essere indotto in errore; solo in questa ipotesi è possibile sanzionare detti comportamenti, anche se l'arbitro li ha valutati diversamente a causa della simulazione. Tuttavia, il presupposto è che, attraverso tali riprese televisive o altri filmati, si possa dimostrare che i documenti ufficiali indicano quale ammonito, espulso o allontanato un soggetto diverso dall’autore dell’infrazione.

8. Osserva il Collegio che, alla stregua delle coordinate normative fin qui declinate, nel caso di specie la prova televisiva non era ammissibile.

8.1. Invero, quanto alla condotta del calciatore Carriglia Francesco, trattandosi di condotta violenta rilevata, verbalizzata in modo circostanziato e sanzionata dall’arbitro, per la evidenziata sussidiarietà della suddetta prova rispetto alle risultanze del referto arbitrale, detta prova, pur se proposta ritualmente dalla parte, non poteva trovare ingresso nel giudizio.

Sul punto deve innanzitutto rilevarsi che la parte ricorrente non pone in dubbio il valore di piena prova che il Codice di Giustizia Sportiva della F.I.G.C. assegna al referto arbitrale, né svolge alcuna considerazione in ordine alla portata della richiamata previsione normativa, limitandosi ad adombrare la dubbia verosimiglianza del contenuto del referto arbitrale.

Tanto chiarito, il Collegio reputa adeguata e convincente la motivazione spesa nell’impugnata decisione, laddove la Corte Sportiva di Appello Territoriale osserva che pienamente attendibile appare anche la descrizione della condotta di Carriglia Francescoper  quanto attiene alla individuazione (con il numero di maglia) del gesto violento, posto che la ricezione di un colpo alla nuca non rende di per se impossibile per il colpito l'immediato voltarsi e quindi riconoscerne l'autore specie se con l'indicazione del numero di maglia. Va considerata altrela violenza del gesto, comprovata dal referto dell'Ospedale Buccheri La Ferla e dall'applicazione di collare, con certezza non derivabile da un colpo di pallone, lanciato "da una decina di metri" con "traiettoria a palombella"; considerazioni che giustificano la sanzione irrogata”.

Pertanto, la censura di difetto di motivazione sul punto, stante il valore di piena prova del referto arbitrale, deve essere respinta.

Né possono essere considerate in questo grado di giudizio le circostanze di fatto, inerenti la tempistica delle azioni dell’arbitro dopo la suddetta aggressione che, a dire della ricorrente, il Giudice di appello non avrebbe valutato e che, sempre nella tesi della parte ricorrente, dimostrerebbero l’incongruenza del referto arbitrale sul punto; ciò sia per la già ritenuta sufficienza della motivazione della decisione impugnata in ordine alla valutazione della condotta del calciatorCarriglia Francesco, sia per la considerazione che si tratta di censure di merito, il cui esame è precluso a questo Collegio, in quanto giudice di legittimità.

Deve, infatti, rammentarsi che il giudizio dinanzi al Collegio di Garanzia dello Sport, ai sensi dell’art. 12 bis, comma 2, dello Statuto del CONI, è un giudizio di legittimità, pertanto gli unici motivi ammissibili sono quelli che denunciano violazione di norme di diritto ovvero omessa o insufficiente motivazione circa un punto decisivo della controversia che abbia formato oggetto di disputa fra le parti.

La censura è, pertanto, in tale parte inammissibile. 

8.2. Quanto alla vicenda del calciatore Giovanni Vultaggio, sanzionato per grave fallo di gioco (entrava in scivolata sul n. 11 del Mistral Meeting Club senza alcuna possibilità di prendere il pallone, con la sola intenzione di far male al giocatore avversario) e condotta violenta nei confronti dell’arbitro, valgono considerazioni analoghe a quelle fin qui svolte; la sentenza impugnata, infatti, motiva sul punto, osservando che costui, già nel corso della gara, aveva dato dimostrazione della sua propensione ad aggredire, sancita con la espulsione per falli sugli avversari e per la veemenza della sua protesta.

Anche, in questo caso, dunque, a fronte della puntuale verbalizzazione dell’arbitro, non era possibile ammettere una prova sussidiaria, quale la ripresa video.

8.3. Quanto alla doglianza di parte ricorrente per cui la Corte Sportiva di Appello Territoriale, pur sollecitata, non abbia inteso neanche esercitare le facoltà di cui all'art. 34, comma 4, del Codice federale di rito, che consente al Giudice di disporre dei "più ampi poteri di indagine" e non abbia motivato sul punto, il Collegio rileva innanzitutto che, il mancato esercizio di un potere officioso da parte del Giudice non necessita di motivazione, laddove il giudicante disponga di elementi sufficienti per decidere; inoltre, osserva che detta facoltà, nel caso di specie, correttamente non è stata esercitata atteso che il richiamato disposto normativo la contempla segnatamente per l’ipotesi di errore di persona, ossia quando i filmati possano dimostrare che i documenti ufficiali indicano quale ammonito, espulso o allontanato soggetto diverso dall’autore dell’infrazione.

Si tratta, tuttavia, di una fattispecie non ravvisabile nel caso di specie; invero una simile ipotesi non è neanche adombrata dalla parte ricorrente, la quale, viceversa, afferma che, attraverso l’uso delle riprese video, avrebbe voluto provare non già un errore di persona, ma un diverso svolgimento dei fatti, sostenendo che i tesserati sanzionati non avrebbero commesso i fatti di condotta violenta loro ascritti.

Parimenti, il fatto che la Corte Sportiva di Appello Territoriale abbia ritenuto di non dover sentire telefonicamente l’arbitro non è di per sé indice di erroneità della sentenza, sia perché si tratta di una mera facolil cui mancato esercizio da parte del Giudice non è sindacabile se non nellmisura in cui sia indice della irragionevolezza della decisione, nel caso di specie non ravvisabile, sia vieppiù perché la verbalizzazione del giudice di gara era talmente chiara da non necessitare di approfondimenti.

9. Tuttavia, in ragione delle superiori considerazioni, il Collegio ritiene che la motivazione della decisione della Corte Sportiva di Appello Territoriale della F.I.G.C.- L.N.D., del Comitato Regionale Sicilia del 19 febbraio 2019, nella parte in cui afferma Alla stregua di quanto precede va preliminarmente osservato che va ritenuta inammissibile la richiesta istruttoria della acquisizione video, ammessa quale prova solo nell'ipotesi prevista dall'art. 35 c.1.2 C.G.S. e solo allorché le immagini offrano completezza, oltreché piena garanzia tecnica e documentale; requisiti che non possono essere ritenuti sussistenti nella fattispecie sulla scorta delle mere asserzioni difensive”, debba essere corretta come segue:Preliminarmente va ritenuta inammissibile la richiesta istruttoria della acquisizione video, ammessa quale prova solo qualora emerga l'errore di persona nel quale l'arbitro o gli altri ufficiali di gara siano incorsi nellirrogare una ammonizione o un'espulsione o un allontanamento dal campo, colpendo dunque un soggetto diverso da quello effettivamente responsabile del comportamento illegittimo, ovvero qualora si tratti di condotte violente o gravemente antisportive o concernenti l'uso di espressioni blasfeme non rilevate, in tutto o in parte, dagli arbitri: ipotesi che non ricorrono nel caso di specie”.

Conclusivamente, per quanto precede, il ricorso in epigrafe deve essere respinto e, per l’effetto, la decisione impugnata deve essere confermata con diversa motivazione.

10. Nulla deve disporsi per le spese del giudizio non essendo costituita in giudizio la parte intimata.

 

P.Q.M. 

Il Collegio di Garanzia dello Sport Seconda Sezione 

 

Respinge il ricorso. Nulla per le spese.

Dispone la comunicazione della presente decisione alle parti tramite i loro difensori anche con il mezzo della posta elettronica. 

 

Così deciso in Roma, nella sede del CONI, in data 18 aprile 2019.

Il Presidente                                                         La Relatrice

F.to Attilio Zimatore                                            F.to Laura Marzano

 

Depositato in Roma, in data 2 maggio 2019.

Il Segretario

F.to Alvio La Face

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