CONI – Collegio di Garanzia dello Sport – Sezione Quarta – coni.it – atto non ufficiale – Decisione n. 35/2019 del 14 maggio 2019 – Marco Della Valle/Federazione Italiana Sport Equestri
Decisione n. 35
Anno 2019
IL COLLEGIO DI GARANZIA QUARTA SEZIONE
composta da
Dante D’Alessio - Presidente
Giovanni Iannini - Relatore
Stefano Bastianon
Cristina Mazzamauro
Laura Santoro - Componenti
ha pronunciato la seguente
DECISIONE
Nel giudizio iscritto al R.G. ricorsi n. 5/2019, presentato, in data 21 gennaio 2019, dal sig. Marco Della Valle, rappresentato e difeso dal prof. avv. Jacopo Tognon del Foro di Padova ed elettivamente domiciliato presso il suo studio in Padova, via S. Eufemia, n. 1,
contro
la Federazione Italiana Sport Equestri (FISE), non costituita in giudizio,
nonché contro
la Procura Federale della Federazione Italiana Sport Equestri (FISE), in persona del Procuratore Federale della FISE, avv. Anselmo Carlevaro, e del Sostituto Procuratore Federale, avv. Giorgia Pellerano,
per la riforma e/o l’annullamento con rinvio
della decisione della Corte Federale di Appello FISE, in funzione di Corte Sportiva di Appello, pubblicata il 22 dicembre 2018, che ha accolto parzialmente il reclamo presentato dalla Procura Federale e, per l’effetto, in riforma della decisione del Giudice Sportivo FISE, pubblicata il 12 novembre 2018, ai sensi dell’art. 6, comma 1, lettere c) ed f), RGF, e “tenuto conto della presofferta sanzione della sospensione dall’attività agonistica dal 12/11/18 fino alla data odierna”, ha applicato, nei confronti del tesserato Marco Della Valle, la sanzione della sospensione dell’autorizzazione a montare per il periodo di sette mesi, con decorrenza dalla pubblicazione della decisione impugnata, oltre ad un’ammenda di € 1.000,00.
Viste le difese scritte e la documentazione prodotta dalle parti costituite;
uditi, nell'udienza del 9 aprile 2019, il difensore della parte ricorrente - sig. Marco Della Valle - avv. Mario Vigna, giusta delega all’uopo ricevuta dall’avv. prof. Jacopo Tognon; il Procuratore Federale FISE, avv. Anselmo Carlevaro, per la Procura Federale FISE, nonché il Procuratore Nazionale dello Sport, dott. Paolo Lupi, per la Procura Generale dello Sport c/o il CONI;
udito, nella successiva Camera di consiglio dello stesso giorno, il Relatore, cons. Giovanni Iannini.
Ritenuto in fatto
1.In data 28 ottobre 2018 si è svolta la gara Gold del Master Show di Fieracavalli 2018 di Verona. Il Presidente della Giuria ha inviato alla Procura della Federazione Italiana Sport Equestri (in prosieguo anche FISE) una segnalazione relativa al comportamento tenuto dal tesserato Marco Della Valle durante lo svolgimento della prova ad ostacoli, documentato da video di gara.
In seguito alla segnalazione sono stati contestati al tesserato i seguenti fatti:
1) di avere frustato ripetutamente e violentemente il cavallo, colpendolo anche sul muso, a seguito di un “rifiuto” dell’animale in prossimità di un ostacolo;
2) di essersi poi rivolto in modo offensivo al pubblico - che stava protestando per il comportamento del cavaliere verso l’animale - alzando il dito medio verso gli spettatori.
Il Giudice sportivo, per tali fatti, ha irrogato al tesserato la sanzione della sospensione dall’attività agonistica per mesi sette, ai sensi dell’art. 6, lett. e), del Regolamento di Giustizia Federale (in prosieguo anche R.G.F.).
2. La Procura Federale ha proposto reclamo innanzi alla Corte Federale d’Appello avverso la decisione, lamentando la violazione dell’art. 7 R.G.F., che stabilisce che la sanzione deve essere proporzionata alla gravità dei fatti commessi, in considerazione del ruolo e della carica rivestita dall’incolpato, degli effetti della condotta e delle motivazioni.
La Procura, riguardo alla gravità dell’illecito, ha richiamato l’art. 1, comma 2, lett. a), R.G.F., che prevede la soggezione a sanzione di ogni comportamento, anche omissivo, compiuto sul cavallo, che implichi mero sfogo, violenza o brutalità e che possa causare al cavallo dolore o anche solo disagio non necessario.
La Procura ha, inoltre, rilevato l’errata applicazione dell’art. 15 R.G.F., che, in caso di ammissione di responsabilità e collaborazione fattiva, ammette che il Procuratore possa chiedere l’applicazione di una sanzione ridotta rispetto a quella ipotizzabile, contestando che l’incolpato abbia ammesso le proprie responsabilità e sottolineando che egli, al contrario, ha tentato di minimizzare la gravità dei fatti commessi.
Da qui la richiesta che, in riforma della decisione impugnata, fosse applicata la sanzione della sospensione da ogni attività per diciotto mesi, ai sensi dell’art. 6, lett. d) e f), R.G.F., oltre un’ammenda di € 1.000,00.
Il tesserato si è costituito nel giudizio innanzi alla Corte Federale d’Appello, proponendo memoria e reclamo incidentale.
L’incolpato ha addotto giustificazioni riguardo al gesto rivolto al pubblico, per il quale sarebbero comunque intervenute delle scuse, e ha contestato l’utilizzo non lecito del frustino, rilevando altresì che egli è un semplice tesserato che non ricopre alcuna carica e che risulterebbe pienamente applicabile l’attenuante di cui all’art. 15 R.G.F., avendo pienamente riconosciuto le proprie responsabilità, senza addurre a propria giustificazione il comportamento del pubblico.
Il reclamante incidentale ha, quindi, richiesto la riduzione della sanzione irrogata per assenza di qualsiasi abuso o violenza verso l’animale, nonché ai sensi dell’art. 9, lett. a), del Regolamento, per avere agito in stato d’ira, e della lett. c), per essersi adoperato al fine di elidere o attenuare le conseguenze della condotta, ovvero, in subordine, il rigetto del reclamo della Procura.
3. - Con decisione del 21 dicembre 2019 la Corte Federale d’Appello ha ritenuto illegittime le condotte contestate al Della Valle.
Rispetto alla condotta tenuta nei confronti del cavallo essa ha rilevato:
“Ai sensi dell’art. 1, comma 2, lett. a) R.G.F. è sanzionabile ogni comportamento, anche omissivo, compiuto sul cavallo, che esplichi mero sfogo, violenza o brutalità e che possa causare al cavallo dolore o anche solo disagio non necessario all’animale. La fattispecie astratta pare del tutto congrua con le evidenze dalla prova video agli atti. Nel filmato della gara del Della Valle (dal minuto 1:42 al minuto 1:50) si vede chiaramente l’incolpato frustare l’animale in maniera del tutto avulsa dalla competizione. In quel frangente il frustino non viene usato dal cavaliere al fine di spronare l’animale al salto, e poco importa valutare sotto il profilo psicologico se le frustate siano state inferte come “sfogo personale” del cavaliere per il salto non riuscito, ovvero con intento ‘punitivo’ verso l’animale per essersi rifiutato di saltare. In entrambi i casi risulta ictu oculi che le frustate vengono inferte con una violenza e/o una brutalità che possono senz’altro aver causato dolore al cavallo e che di certo gli hanno procurato (almeno) un disagio non necessario. Sotto tale profilo, la condotta illecita del tesserato pare quindi acclarata e meritevole di sanzione. Ricorre altresì l’aggravante di cui all’art. 8 lett. a) RGF, nel suo combinato disposto con l’art. 2, lett. f) del Codice di Condotta FEI per il benessere del cavallo (disposizioni, queste ultime, recepite dall’Ordinamento Federale all’interno del Regolamento Veterinario FISE). Sotto tale profilo il comportamento dell’incolpato verso l’equide integra un abuso di poteri e /o violazione dei doveri derivanti o conseguenti all’esercizio delle funzioni proprie del colpevole, avendo il tesserato, con le suddette modalità, fatto un uso improprio degli aiuti nel corso della competizione. Ricorre ugualmente l’aggravante di cui alla lett. c) dell’art. 8 RGF, avendo il tesserato agito per futili motivi”. Con riguardo al comportamento tenuto nei confronti del pubblico, la Corte ha affermato:
“Il plateale gesto del “dito medio” rivolto al pubblico dall’incolpato è anch’esso documentato dalle riprese video in atti ed integra la violazione dell’art. 1 comma 1 e comma 2 lett. c) RGF, trattandosi di comportamento sanzionabile poiché in contrasto con i doveri di correttezza, lealtà e probità nell’attività sportiva del tesserato e comunque di atto irriguardoso ed offensivo. Il tutto con l’aggravante di cui alla lett. c) dell’art. 8 RGF, avendo il tesserato agito per futili motivi”.
La Corte Federale d’Appello, inoltre, ha dichiarato inammissibile il reclamo incidentale proposto dall’incolpato, rilevando che esso non è previsto dalle norme federali.
Essa, con riferimento alla sanzione, ha ritenuto non applicabile l’attenuante di cui all’art. 15 del R.G.F., in quanto il Della Valle ha ammesso solo parzialmente le proprie responsabilità e, tenuto conto che i fatti contestati sono due e che sussistono le aggravanti di cui sopra, ritenute prevalenti sulle attenuanti, in parziale accoglimento del reclamo della Procura Federale, ai sensi dell’art. 6, comma 1, lett. c) ed f), R.G.F. e, “tenuto conto della presofferta sanzione della sospensione dall’attività agonistica dal 12/11/18 fino alla data odierna”, ha irrogato al tesserato Marco Della Valle la sanzione della sospensione dell’autorizzazione a montare per il periodo di mesi sette, con decorrenza dalla pubblicazione della decisione, oltre un’ammenda di € 1.000,00.
4. - Il tesserato Marco Della Valle ha proposto ricorso al Collegio di Garanzia dello Sport avverso la decisione della Corte Federale d’Appello.
4.1 Il ricorrente, con il primo motivo, ha dedotto la violazione del combinato disposto degli artt. 8, 9, 10 e 11 del Regolamento di Giustizia FISE in relazione all’art. 54 C.G.S.; Errata ricostruzione del fatto e del concetto di abuso; Difetto di motivazione riguardo all’esistenza delle circostanze aggravanti.
Egli ha richiamato il passo della decisione in cui la Corte ha rilevato che “si vede chiaramente l’incolpato frustare l’animale in maniera del tutto avulsa dalla competizione. In quel frangente il frustino non viene usato dal cavaliere al fine di spronare l’animale al salto, e poco importa valutare sotto il profilo psicologico se le frustate siano state inferte come “sfogo personale” del cavaliere per il salto non riuscito, ovvero con intento “punitivo” verso l’animale per essersi rifiutato di saltare. In entrambi i casi risulta ictu oculi che le frustate vengono inferte con una violenza e/o brutalità che possono senz’altro aver causato dolore al cavallo e che di certo gli hanno procurato (almeno) un disagio non necessario...”.
Secondo il ricorrente non sarebbe esatta l’affermazione secondo cui il frustino sarebbe stato azionato in maniera avulsa dalla competizione, giacché sarebbe stato utilizzato per incitare l’animale ad eseguire il salto che si era rifiutato di effettuare. Comunque, occorrerebbe considerare il gesto come frutto di frustrazione e tenere conto della mancata dimostrazione di violenza o brutalità.
Verrebbe così meno l’aggravante contestata.
Non sarebbe stato dimostrato l’abuso dei poteri conseguenti all’esercizio dell’azione, né che si sia perpetrato un “uso improprio di aiuti” e che, quindi, ricorra il caso di abuso previsto dal Codice di condotta FEI all’articolo 2, lett f), nella lettura data dalla “Tutela del benessere del cavallo”.
Nelle competizioni nazionali e internazionali di salto ostacolo sarebbe usuale l’uso del frustino per indurre l’animale a saltare l’ostacolo, in caso di rifiuto.
Il Regolamento Nazionale Salto Ostacoli non vieterebbe l’utilizzo del frustino, né farebbe alcun riferimento all’utilizzo di esso, limitandosi a disciplinarne la tipologia, essendo vietato l’uso di frustini di lunghezza superiore a 75 cm.
Solo alcuni Regolamenti Nazionali, quali quello Svizzero e quello Spagnolo, vieterebbero l’uso eccessivo del frustino.
Non essendoci abuso, dovrebbe venire meno anche l’aggravante contestata.
In altre decisioni, riguardanti casi ritenuti simili, la Corte Federale avrebbe utilizzato un diverso metro, applicando sanzioni più lievi.
Sarebbero, altresì, insussistenti i presupposti per l’applicazione dell’aggravante dei futili motivi.
Il ricorrente ha rilevato che la Corte di cassazione, ai fini della configurabilità di tale circostanza aggravante, ha ritenuto necessario che il reato costituisca espressione di un moto interiore ingiustificato, che si connota quale mero pretesto per lo sfogo di impulsi criminali avulsi da uno scopo diverso dalla commissione in sé del reato, “...così manifestando una tale sproporzione rispetto alla determinazione criminosa da giustificare un giudizio di maggiore riprovevolezza dell’azione e di più accentuata pericolosità dell’agente”.
Nel caso di specie non sarebbero ravvisabili tali elementi, giacché il Della Valle avrebbe agito ritenendo di esercitare una facoltà, quale quella dell’utilizzo del frustino.
Anche il gesto del “dito medio” rivolto al pubblico non sarebbe stato determinato da futili motivi, giacché esso sarebbe stato una reazione a un’offesa personale ricevuta dal Della Valle.
Anche sotto tale profilo sarebbe assente l’aggravante di cui all’art. 8, lettera c), e sarebbe stata pretermessa l’esistenza dell’attenuante sub articolo 9, lettera a), (aver agito in stato d’ira determinato dal fatto ingiusto altrui).
L’offesa personale relativa alla madre di un ragazzo di diciotto anni avrebbe determinato uno stato d’ira e quindi inquinato il comportamento fino alla determinazione del gesto riprovevole.
4.2 Con il secondo motivo, il ricorrente ha dedotto la violazione dell’art. 15 del Regolamento di Giustizia FISE, in relazione all’art. 54 del Codice della Giustizia Sportiva; difetto e insufficienza di motivazione.
La Corte avrebbe errato nell’affermare che l’art. 15 del Regolamento di Giustizia, che prevede l’applicazione di una sanzione ridotta nel caso di ammissione di responsabilità e di collaborazione fattiva, mira a introdurre un favor destinato a chi ammette senza riserve le proprie responsabilità e si adoperi fattivamente per la scoperta o l’accertamento di violazioni regolamentari.
Rispetto al gesto del “dito medio”, il ricorrente avrebbe pienamente riconosciuto la propria responsabilità.
Riguardo alle frustate, il Della Valle avrebbe ammesso il proprio disorientamento di fronte a un’accusa di brutalità, che non troverebbe riscontro nelle regole poco chiare relative all’uso del frustino.
4.3. Con il terzo motivo, il ricorrente ha dedotto la violazione dell’art. 15 del Regolamento di Giustizia FISE in relazione all’art. 54 del Codice della Giustizia Sportiva; difetto e insufficienza di motivazione riguardo al giudizio di prevalenza.
Il Giudice d’appello avrebbe aggravato sensibilmente la sanzione sulla base di un giudizio di prevalenza delle aggravanti risultante da un ragionamento abnorme, basato sul fatto che il Della Valle avrebbe cercato di mitigare la parziale ammissione, facendo riferimento alla giovane età e all’inesperienza, oltre che alla lacunosità dei regolamenti.
Sarebbero state irragionevolmente sminuite le attenuanti prese in considerazione (parziale ammissione delle proprie responsabilità e giovane età), non potendosi ravvisare alcuna contraddizione nell’invocare l’inesperienza in competizione di un certo livello e la giovane età. Non si sarebbe poi dovuto giudicare negativamente il riferimento alla lacunosità dei regolamenti
4.4. Con il quarto motivo, è rilevata la violazione dell’art. 7, lett. e), del Regolamento di Giustizia FISE, in relazione all’art. 54 Codice d Giustizia Sportiva; difetto e insufficienza di motivazione riguardo al principio di proporzionalità.
La misura della sanzione applicata sarebbe manifestamente irragionevole, tenuto anche conto che, in altri casi, di fronte a fatti di pari gravità, sarebbero state applicate sanzioni più lievi.
Nella determinazione della sanzione sarebbe stato violato il principio di proporzionalità, essendosi passati dalla violazione dell’art. 6, lett. c), (sospensione dall’attività agonistica) alla violazione dell’art. 6, lett. f), (sospensione dell’autorizzazione a montare, vale a dire anche di allenarsi in strutture federali).
4.5. Con il quinto motivo, infine, è evidenziata la violazione degli artt. 21 e 41 del Regolamento di Giustizia FISE in relazione all’art. 54 del Codice della Giustizia Sportiva.
La decisione impugnata sarebbe erronea laddove ha ritenuto inammissibile il reclamo incidentale, sulla base del rilievo che esso non è previsto nel Regolamento di Giustizia Federale ed in quanto, comunque, risulterebbe tardivo.
Ciò, nonostante il fatto che in altre decisioni il reclamo incidentale sia stato ritenuto ammissibile. La Corte non avrebbe fatto applicazione del disposto dell’art. 21, comma 6, del Regolamento di Giustizia che, per quanto non disciplinato, rinvia alle norme generali del processo civile.
4.6. Parte ricorrente ha concluso chiedendo:
- in via principale, l’accoglimento del ricorso, e, in riforma della decisione del 21 dicembre 2018 della Corte Federale d’Appello, l’annullamento delle sanzioni irrogate ovvero la riduzione nella misura minima edittale;
- in via subordinata, l’accoglimento del ricorso e il rinvio alla Corte Federale d’Appello, affinché, in diversa composizione, proceda a un nuovo esame, sulla base del principio di diritto che dovesse essere enunciato.
Con vittoria delle spese del giudizio.
5. La Federazione Italiana Sport Equestri non si è costituita in giudizio.
6. La Procura FISE ha prodotto memoria, eccependo l’inammissibilità del ricorso, in quanto non notificato alla Procura Federale, ai sensi dell’art. 59, comma 1, del Codice della Giustizia Sportiva ed in quanto esso risulta diretto ad ottenere un mero riesame dei fatti.
La Procura ha, inoltre, rilevato l’infondatezza del ricorso, sottolineando la gravità dei fatti addebitati al tesserato, documentati nel filmato presente in atti.
Essa ha dedotto, inoltre, l’infondatezza del secondo motivo di impugnazione, rilevando che la finalità dell’attenuante prevista nell’art. 15 è quella di premiare chi, nell’ambito di un procedimento disciplinare, confessa le proprie responsabilità e collabora per l’accertamento di ulteriori violazioni. Sarebbero infondati anche il terzo e il quarto motivo, in quanto la Corte avrebbe reso una motivazione improntata a sani criteri di logica e diritto, in conformità all’art. 7 del Regolamento di Giustizia.
Anche il quinto motivo sarebbe privo di fondamento, giacché le norme federali non prevederebbero il reclamo incidentale.
7. All’udienza del 9 aprile 2019, sentiti i difensori delle parti, come da verbale, il ricorso è stato assegnato in decisione.
Considerato in diritto
8. Si può prescindere dall’esame della questione relativa alla mancata notifica del ricorso alla Procura Federale, considerato che l’impugnazione risulta infondata nel merito e che la Procura Federale ha avuto modo, comunque, di partecipare al giudizio innanzi al Collegio di Garanzia.
8.1. Va invece affrontata, in via preliminare, la questione (oggetto del quinto motivo) relativa all’ammissibilità del reclamo incidentale, proposto dal Della Valle nel giudizio innanzi alla Corte Federale d’Appello.
L’appellante sostiene che erroneamente la Corte Federale ha ritenuto inammissibile tale reclamo, giacché essa avrebbe dovuto fare applicazione dell’art. 21, comma 6, del Regolamento di Giustizia Federale, per il quale, per quanto non disciplinato, gli Organi di Giustizia conformano la propria attività ai principi e alle norme generali del processo civile, nei limiti di compatibilità con il carattere di informalità dei procedimenti di giustizia sportiva.
Il ricorrente si riferisce, anche se non in maniera esplicita, alle norme di cui agli artt. 333 e 334 c.p.c., che disciplinano, rispettivamente, le impugnazioni incidentali e le impugnazioni incidentali tardive.
Se dovessero trovare piena applicazione tali norme il reclamo dovrebbe considerarsi ammissibile, in quanto, in virtù delle previsioni degli artt. 333 e 334 c.p.c., l’impugnazione di decisione già gravata da altre parti del giudizio deve essere proposta nella forma dell’impugnazione incidentale, anche se sia trascorso il relativo termine o sia stata fatta acquiescenza.
Nel caso di specie, si tratterebbe di reclamo incidentale tardivo, giacché proposto oltre il termine di quindici giorni previsto dall’ordinamento federale.
8.2. Osserva il Collegio che, anche con riferimento all’ordinamento federale, il principio per il quale le impugnazioni avverso una stessa decisione devono confluire in un unico giudizio conduce a ritenere senz’altro ammissibile o necessario anche un reclamo proposto in via incidentale.
È questo, sicuramente, un principio generale del processo civile, che, salva diversa previsione, deve trovare applicazione anche nei giudizi proposti davanti agli organi della giustizia sportiva.
8.3. Nel caso di specie, però, come si è accennato, si tratta di reclamo incidentale tardivo. Occorre allora verificare se la norma di cui all’art. 334 c.p.c. sia compatibile con i principi propri dei procedimenti di giustizia sportiva, secondo quanto previsto dall’art. 21 del Regolamento di Giustizia.
Non può sfuggire, in proposito, che l’informalità dei procedimenti di giustizia sportiva è strettamente connessa al carattere di speditezza che detti procedimenti devono assumere, che trova ineluttabile conferma anche nell’estrema brevità del termine previsto per il reclamo avverso le decisioni di primo grado (soli quindici giorni dalla pubblicazione della sentenza: art. 55 del Regolamento di Giustizia Federale).
La speditezza, com’è noto, è imposta anche dal fatto che i procedimenti della giustizia sportiva e, segnatamente, quelli disciplinari, sono soggetti a termini perentori di durata.
Orbene, ritiene il Collegio che i detti caratteri conducano ad escludere l’applicabilità nell’ambito dell’ordinamento federale della norma di cui all’art. 334 c.p.c., in quanto incompatibile con i principi e le norme che impongono di contenere la durata dei procedimenti di giustizia sportiva in termini ristretti.
L’ammissione di un reclamo incidentale proposto oltre i termini di impugnazione determinerebbe, evidentemente, un allungamento anche cospicuo dei tempi del procedimento, considerata anche la necessità di assicurare alle altre parti la possibilità di approntare, nei tempi adeguati, le proprie difese e, più in generale, di garantire la piena esplicazione del contraddittorio.
Si consideri, al riguardo, che il termine di sessanta giorni per la pronuncia delle decisione di secondo grado (art. 55, secondo comma, R.G.F.) decorre dalla proposizione del reclamo, che non può essere identificato in altro atto se non nel reclamo principale.
Il Collegio, pertanto, ritiene che il quinto motivo del ricorso, con il quale la decisione impugnata è stata censurata nella parte in cui ha ritenuto inammissibile il reclamo incidentale, sia infondato.
9. Passando all’esame del primo motivo, con esso il ricorrente tende a dimostrare l’insussistenza delle circostanze aggravanti contestate e in considerazione delle quali è stata determinata la sanzione.
9.1. Quanto alla condotta tenuta verso il cavallo, si tratta delle aggravanti di cui all’art. 8, lett. a) (aver commesso il fatto con abuso di poteri o violazione dei doveri derivanti o conseguenti all’esercizio delle funzioni proprie del colpevole) e lett. c ) (aver agito per futili motivi), del R.G.F.. Va rilevato, preliminarmente, che nelle argomentazioni del ricorrente si intrecciano questioni attinenti al merito delle decisioni assunte dagli organi di giustizia federale e questioni attinenti all’affermata violazione di norme di diritto o di omessa o insufficiente motivazione, in modo tale che, a volte, risulta non facile discernere le une dalle altre.
È, tuttavia, noto che, a norma dell’art. 54 del Codice della Giustizia Sportiva, il ricorso al Collegio di Garanzia dello Sport è ammesso esclusivamente per violazione di norme di diritto, nonché per omessa o insufficiente motivazione circa un punto decisivo della controversia che abbia formato oggetto di disputa tra le parti.
9.1.1. Ciò ricordato, è senz’altro una questione di merito, che sfugge alla cognizione di questo Collegio di Garanzia, quella relativa alla qualificazione del comportamento del tesserato e, in particolare, se esso abbia costituito un abuso nei confronti dell’animale. Lo stesso deve dirsi riguardo alla questione concernente le effettive intenzioni del cavaliere, che, secondo il ricorrente, non avrebbero avuto natura offensiva.
In relazione a tale aspetto, il Collegio deve limitarsi a rilevare la non manifesta irragionevolezza o lacunosità dell’iter argomentativo dalla Corte Federale laddove ha rimarcato che, indipendentemente dalla finalità dell’azione, il frustino non è stato usato per spronare l’animale, data l’estrema violenza e brutalità del gesto, che ha provocato al cavallo dolore o almeno disagio. Non appare, poi, meritevole di favorevole considerazione l’affermazione del ricorrente riguardo al fatto che le norme federali non vietano l’utilizzo del frustino. Ancora meno condivisibile è quella secondo cui tali norme non disciplinano le modalità di utilizzo del frustino, ma solo la tipologia di esso.
È evidente, infatti, che la Corte Federale non ha messo in discussione l’utilizzo del frustino, ma ha rimarcato un uso brutale e violento di esso.
D’altra parte, non sono certamente necessarie norme sull’utilizzo del frustino per ritenere un uso del genere contrario alle regole di base del rapporto tra cavaliere e animale, rinvenibili, oltre che nelle norme specifiche della Federazione, negli stessi principi di correttezza e lealtà sportiva, che includono senz’altro l’obbligo di un comportamento corretto anche nei confronti dell’animale.
Che con riferimento all’utilizzo del frustino siano state introdotte solo norme relative alla lunghezza di esso non può, quindi, certamente significare che al cavaliere ne sia consentito un qualsiasi uso. Il ricorrente ha anche fatto riferimento a precedenti in cui la Corte Federale avrebbe utilizzato un criterio diverso e più favorevole nel determinare la sanzione.
Al riguardo non si dispone degli elementi minimi per affermare che i casi evocati fossero almeno simili rispetto a quello in questione.
Ma, al di là di tale aspetto, andrebbe comunque negata la rilevanza o, se si vuole, la giustezza di un precedente che avesse ammesso un uso improprio o eccessivo del frustino.
9.1.2. Con riferimento all’aggravante dei futili motivi alla base del comportamento tenuto nei confronti del cavallo, si è detto nell’esposizione in fatto che il ricorrente ha fatto ampio riferimento alla giurisprudenza della Corte di Cassazione in materia penale, evidenziando che in essa si rinviene il principio secondo cui, ai fini dell’applicazione della circostanza, è necessario che la condotta costituisca manifestazione di una grande sproporzione rispetto alla determinazione illecita.
Secondo il ricorrente nella decisione impugnata mancherebbe il necessario passaggio motivazionale volto a dimostrare che l’impulso che ha scatenato la condotta sia un fatto banale e che tale condotta sia stata una reazione manifestamente sproporzionata rispetto al fatto che l’ha determinata.
La Corte avrebbe omesso qualsiasi analisi introspettiva e non avrebbe considerato che il Della Valle ha agito ritenendo del tutto lecito il proprio comportamento, considerandolo esercizio di una facoltà, quale quella di utilizzare il frustino.
Osserva il Collegio che le convinzioni del Della Valle riguardo alla liceità dell’uso del frustino non possono avere rilievo. Quel che è importante, ai fini dell’applicazione della circostanza aggravante, è che sia riscontrabile quell’obiettiva manifesta sproporzione alla quale lo stesso ricorrente ha fatto più volte riferimento.
La valutazione della futilità del motivo, infatti, non deriva dall’analisi delle convinzioni del soggetto, ma piuttosto dall’obiettiva considerazione dei fatti e, segnatamente, del rapporto di proporzione tra la condotta e il motivo che l’ha determinata.
Per tale ragione non è necessaria alcuna analisi introspettiva per ritenere futile motivo, di una condotta violenta e brutale nei confronti di un animale, il fatto che il cavallo si sia rifiutato di saltare un ostacolo.
Non occorre certamente una motivazione complessa e articolata per dimostrare che il rifiuto di saltare un ostacolo non può giustificare una reazione spropositata e potenzialmente anche lesiva dell’integrità dell’animale.
9.2 - Il ricorrente ritiene anche non corretta l’applicazione dell’aggravante dei futili motivi rispetto al gesto del “dito medio” rivolto al pubblico.
In questo caso è lo stesso ricorrente ad ammettere di aver commesso un gesto sconsiderato. Egli, però, rimarca che la reazione è stata determinata da un’offesa personale percepita.
Non spetta a questo Collegio stabilire se e in quale misura la reazione del Della Valle sia stata causata dall’offesa personale percepita ovvero dai fischi del pubblico, indignato per la condotta del cavaliere nei confronti del cavallo.
Quel che può affermarsi è che è incontestato che il gesto è stato rivolto in un contesto nel quale il pubblico dimostrava rumorosamente la propria disapprovazione nei confronti del cavaliere. In tale contesto non appare manifestamente irragionevole la decisione della Corte Federale di considerare futile, in quanto del tutto ingiustificato, il motivo alla base di un gesto sconveniente e offensivo rivolto al pubblico da uno dei protagonisti di una manifestazione ufficiale.
Certamente l’offesa percepita può avere contribuito ad indurre il giovane al gesto plateale, ma ciò non toglie che esso possa risultare comunque del tutto ingiustificato nel quadro dei principi di correttezza che debbono informare i comportamenti degli sportivi anche nei confronti del pubblico. Le osservazioni di cui sopra conducono a ritenere del tutto ragionevole che la Corte Federale non abbia preso in considerazione l’attenuante dello stato d’ira, contemplata dall’art. 9 del R.G.F., giacché, anzi, una diversa valutazione sarebbe risultata quanto meno in contrasto con il giudizio espresso riguardo alla sussistenza della circostanza aggravante dei futili motivi.
La doglianza sollevata al riguardo dal ricorrente risulta, pertanto, priva di fondamento.
10. - Con il secondo motivo di ricorso, il Della Valle contesta l’applicazione che la Corte Federale ha fatto dell’art. 15 del Regolamento di Giustizia FISE, che dispone: “In caso di ammissione di responsabilità e di collaborazione fattiva da parte dei soggetti sottoposti a procedimento disciplinare per la scoperta o l’accertamento di violazioni regolamentari, il Procuratore Federale può chiedere agli Organi di Giustizia l’applicazione di una sanzione ridotta rispetto a quella astrattamente ipotizzabile”.
La Corte Federale ha ritenuto che nel caso in questione la norma non fosse applicabile, giacché essa mira a consentire un trattamento più favorevole nei confronti dei soggetti che abbiano ammesso senza riserva la propria responsabilità o abbiano collaborato fattivamente ai fini della scoperta o dell’accertamento di violazioni regolamentari. Il Della Valle, secondo la Corte, non avrebbe ammesso senza riserve la propria responsabilità.
Rileva il Collegio che dall’esame degli atti di causa e, segnatamente, della memoria a firma del Della Valle, si evince che costui ha, sì, ammesso di aver commesso un errore, ma ciò nel quadro di una difesa tendente a dimostrare l’assenza di responsabilità ovvero la presenza di circostanze che avrebbero dovuto attenuarla o che avrebbero dovuto fornire giustificazione ai comportamenti tenuti e condurre, perlomeno, ad una riduzione della sanzione.
Alla luce di ciò, appare condivisibile l’avviso della Corte Federale che ha ritenuto non applicabile la norma in questione, che fa chiaro riferimento all’ammissione di responsabilità, che nel caso di specie non vi è stata o, comunque, è risultata fortemente attenuata.
11. - Il terzo motivo è dedicato ad alcuni passaggi della decisione della Corte Federale d’Appello con i quali si è pervenuti a determinare la sanzione, che, sottolinea il ricorrente, è stata sensibilmente aggravata sia nella durata (aumento di quaranta giorni), sia nell’entità (sospensione dell’autorizzazione a montare, anziché sospensione dalla sola attività agonistica).
Le censure toccano quella parte della decisione nella quale vengono richiamate le norme in tema di proporzionalità della sanzione rispetto alla gravità dell’illecito (art. 7) e quelle in materia di circostanze aggravanti, attenuanti, valutazione delle circostanze ed eventuale prevalenza (artt. 8 - 11).
La Corte ha fondato il giudizio di prevalenza delle aggravanti sul fatto che il riconoscimento di responsabilità sia stato solo parziale, giacché la portata di tale riconoscimento è stata considerata ridotta a causa del fatto che il cavaliere ha invocato a propria scusante la propria giovane età e l’inesperienza, l’asserita lacunosità dei regolamenti e portando a paragone il comportamento di cavalieri impegnati in altre competizioni.
Il ricorrente afferma che la Corte avrebbe svilito le attenuanti, giacché non vi sarebbe alcuna contraddizione nell’invocare l’inesperienza di un ragazzo di diciotto anni in competizioni di quel livello, che si svolgeva al cospetto di un’arena gremita. Si tratterebbe, non di una giustificazione, ma di un dato obiettivo.
Ugualmente erronea sarebbe la valutazione della Corte, che ha mitigato la portata dell’attenuante della lacunosità dei regolamenti.
In realtà, a giudizio del ricorrente, avrebbe dovuto essere assegnata prevalenza alle attenuanti o, al più, esse avrebbero dovuto essere considerate equivalenti.
11.1 Osserva il Collegio che, nel caso di specie, non appare corretto il riferimento al giudizio di prevalenza o equivalenza.
La Corte, innanzi tutto, ha affermato che non vi è stata completa ammissione di responsabilità e ne ha dedotto che la norma dell’art. 15 R.G.F. non è applicabile.
Se anche si volesse ammettere che l’art. 15 configuri una sorta di circostanza attenuante, dovrebbe comunque osservarsi che la Corte, riguardo alle previsioni di tale norma, non ha effettuato alcun giudizio di prevalenza, ma ne ha escluso semplicemente l’applicabilità.
In secondo luogo, la giovane età e l’asserita lacunosità dei regolamenti, che peraltro risulta del tutto indimostrata, non costituiscono circostanze attenuanti, non essendo previste come tali dall’art. 9 del Regolamento di Giustizia Federale.
In realtà la Corte, se anche ha fatto riferimento al giudizio di prevalenza, ha inteso in effetti rimarcare il peso preponderante delle rilevate aggravanti nel giudizio di proporzionalità della sanzione alla gravità degli illeciti commessi, previsto dall’art. 7 del Regolamento di Giustizia.
Non si può, quindi, parlare di un giudizio di prevalenza delle aggravanti, giacché un giudizio del genere non è stato effettuato.
Ne consegue l’infondatezza del motivo.
12. - Con il quarto motivo, il ricorrente censura in maniera specifica la determinazione della sanzione operata dalla Corte Federale d’Appello.
Regole generiche, quali quelle contemplate dall’ordinamento della Federazione, condurrebbero l’atleta, soprattutto se giovane e inesperto, a capire con difficoltà quali condotte siano sanzionabili e quali siano le sanzioni applicabili.
Ciò sarebbe dimostrato dal fatto che, in relazione a condotte di pari gravità, in altri casi sarebbero state applicate sanzioni più tenui.
La Corte, inoltre, nel sostituire alla sanzione della sospensione dall’attività sportiva quella della sospensione dell’autorizzazione a montare, avrebbe violato il canone di ragionevolezza, non essendovi alcun motivo per punire in modo esemplare un comportamento tenuto in 10 secondi di blackout.
12.1 In proposito va rilevato che, come già detto, non è condivisibile l’affermazione secondo la quale le regole poste sono generiche, non occorrendo certamente un’esplicita previsione normativa per ritenere gravemente illecito il comportamento tenuto dal ricorrente.
Ciò detto, va osservato che le deduzioni riguardo alla violazione del canone di ragionevolezza sono del tutto generiche e non evidenziano profili di violazione di norme di diritto o difetto di motivazione, esaurendosi nella vaga affermazione dell’assenza di un motivo per aggravare la sanzione.
La genericità delle censure determina, pertanto, l’inammissibilità del motivo.
13. - In conclusione, il ricorso è infondato e deve essere rigettato.
Non vi è luogo a pronuncia sulle spese del giudizio, in quanto la Federazione Italiana Sport Equestri non si è costituita in giudizio.
P.Q.M.
Il Collegio di Garanzia dello Sport Quarta Sezione
Nel giudizio iscritto al R.G. ricorsi n. 5/2019, presentato, in data 21 gennaio 2019, dal sig. Marco Della Valle contro la Federazione Italiana Sport Equestri (FISE), nonché contro la Procura Federale FISE, per la riforma e/o l'annullamento con rinvio della decisione della Corte Federale di Appello FISE, in funzione di Corte Sportiva di Appello, pubblicata il 22 dicembre 2018, che ha accolto parzialmente il reclamo presentato dalla Procura Federale e, per l’effetto, in riforma della decisione del Giudice Sportivo FISE, pubblicata il 12 novembre 2018, ai sensi dell’art. 6, comma 1, lettere c) ed f), RGF, e “tenuto conto della presofferta sanzione della sospensione dall’attività agonistica dal 12/11/18 fino alla data odierna”, ha applicato, nei confronti del tesserato Marco Della Valle, la sanzione della sospensione dell’autorizzazione a montare per il periodo di sette mesi, con decorrenza dalla pubblicazione della decisione impugnata, oltre ad un’ammenda di € 1.000,00.
Respinge il ricorso. Nulla per le spese.
Dispone la comunicazione della presente decisione alle parti tramite i loro difensori anche con il mezzo della posta elettronica.
Così deciso in Roma, nella sede del CONI, in data 9 aprile 2019.
Il Presidente Il Relatore
F.to Dante D’Alessio F.to Giovanni Iannini
Depositato in Roma, in data 14 maggio 2019.
Il Segretario
F.to Alvio La Face