CONI – Collegio di Garanzia dello Sport – Sezioni Unite – coni.it – atto non ufficiale – Decisione n. 39/2019 del 27 maggio 2019 – Juventus Football Club s.p.A./Federazione Italiana Giuoco Calcio/F.C. Internazionale Milano S.p.A./Comitato Olimpico Nazionale Italiano
Decisione n. 39
Anno 2019
IL COLLEGIO DI GARANZIA SEZIONI UNITE
composta da
Franco Frattini - Presidente
Mario Sanino- Relatore
Attilio Zimatore
Manuela Sinigoi
Dante D’Alessio -Componenti
ha pronunciato la seguente
DECISIONE
Nel giudizio iscritto al R.G. ricorsi n. 3/2019, presentato, in data 11 gennaio 2019, dalla società Juventus Football Club S.p.A, rappresentata e difesa dall’avv. Luigi Chiappero e dal prof. Pasquale Landi,
contro
la Federazione Italiana Giuoco Calcio (FIGC), rappresentata e difesa dagli avv.ti Luigi Medugno, Letizia Mazzarelli, Giancarlo Viglione e Giancarlo Gentile,
nonché contro
la società F.C. Internazionale Milano S.p.A., rappresentata e difesa dall’avv. prof. Luisa Torchia e dagli avv.ti Adriano Raffaelli, Angelo Capellini e Ferdinando Emanuele,
e
il Comitato Olimpico Nazionale Italiano (CONI), rappresentato e difeso dall’avv. Alberto Angeletti,
per l’impugnazione e la riforma
del lodo definitivo pronunciato dal Collegio Arbitrale del Tribunale Nazionale di Arbitrato per lo Sport del CONI (TNAS), nel procedimento R.G. n. 1930/2011 TNAS, tra la Juventus Football Club S.p.A., la Federazione Italiana Giuoco Calcio (FIGC) e la società F.C. Internazionale Milano S.p.A., sottoscritto e depositato in data 15 novembre 2011, prot. n. 2621, con istanza di arbitrato presentata in data 10 agosto 2011, in cui il TNAS si era dichiarato incompetente a decidere in merito al provvedimento di revoca - assunto in data 26 luglio 2006 dal Commissario Straordinario FIGC Guido Rossi per motivi disciplinari - del titolo di Campione d'Italia alla Juventus per il Campionato di calcio di Serie A, s.s. 2005-2006, con corredata assegnazione alla società Internazionale di Milano.
Visti gli atti del ricorso, viste le difese scritte e la documentazione prodotta dalle parti costituite;
uditi, nell'udienza del 6 maggio 2019, i difensori della parte ricorrente - Juventus Football Club
S.p.A. - avv. Luigi Chiappero, assistito dall’avv. Maria Turco, e prof. Pasquale Landi; gli avv.ti Luigi Medugno e Letizia Mazzarelli, assistiti dall’avv. Matteo Annunziata, con gli avv.ti Giancarlo Viglione e Giancarlo Gentile, per la resistente FIGC; l’avv. prof. Luisa Torchia e gli avv.ti Adriano Raffaelli e Ferdinando Emanuele, per la resistente F.C. Internazionale Milano S.p.A.; l’avv. Alberto Angeletti, per il resistente CONI, nonché il Procuratore Generale dello Sport, Pref. Ugo Taucer, il Vice Procuratore Generale dello Sport, avv. Guido Cipriani, e il Procuratore Nazionale dello Sport, avv. Federico Vecchio, per la Procura Generale dello Sport c/o il CONI, intervenuta ai sensi dell’art. 61, comma 3, del Codice della Giustizia Sportiva del CONI;
udito, nella successiva camera di consiglio dello stesso giorno, il Relatore, avv. prof. Mario Sanino.
Ritenuto in fatto
- - La vicenda portata alla cognizione del Collegio di Garanzia dello Sport è ben conosciuta e si colloca agli inizi degli anni 2000; essa è stata caratterizzata da un pesante (e doveroso) intervento sanzionatorio del Giudice Sportivo in merito agli illeciti disciplinari perpetrati da alcuni protagonisti del mondo del calcio.
Tant’è che la vicenda originò un complesso e articolato contenzioso dinanzi a tutti gli organi di giustizia amministrativa, ordinaria e sportiva, e nel quale furono implicati, come noto, numerosissimi tesserati ed affiliati alla FIGC.
Orbene, al fine di meglio esplicitare le odierne determinazioni di questo Collegio, occorre preliminarmente soffermarsi su talune particolari circostanze che si passa ad illustrare.
È noto che, all’esito dei procedimenti disciplinari sportivi riguardanti il c.d. “scandalo calciopoli”, istruiti dai Giudici Sportivi della FIGC nei confronti delle squadre classificate prima e seconda nel Campionato di calcio professionistico di Serie A della Stagione 2005/2006, la società Juventus Football Club veniva condannata alla retrocessione in Serie B e la società A.C. Milan subiva la penalizzazione di punti in classifica.
L’allora Commissario Straordinario della FIGC (avv. prof. Guido Rossi) richiedeva, pertanto, l’emissione di un parere ad un’apposita Commissione di esperti al fine di verificare se il titolo di Campione d’Italia dovesse restare vacante o essere assegnato, per scorrimento della graduatoria, alla società terza classificata.
Acquisito il parere, il Commissario Straordinario della FIGC, con provvedimento del 26 luglio 2006, decideva di aderire alle conclusioni cui era pervenuta detta Commissione, per la quale non ricorrevano motivi per l’adozione di provvedimenti di non assegnazione del titolo alla squadra prima classificata all’esito dei giudizi disciplinari.
In particolare, la designata commissione consultiva affermava che “in casi di revoca del titolo di Campione d’Italia, senza modificazione di classifica, il titolo rimane necessariamente”; differentemente, nei casi di “sanzioni che comportino modificazioni di classifica (come penalizzazioni di punti o retrocessione all’ultimo posto), l’art. 49 delle N.O.I.F. prevede l’automatica acquisizione del titolo di campione d’Italia per la squadra che risulta prima classificata, tenuto conto delle sanzioni”.
Il titolo 2005/2006 veniva pertanto assegnato alla F.C. Internazionale Milano.
- - A distanza di anni la Società ricorrente, basandosi sulle risultanze documentali acquisite nell’ambito del parallelo processo penale pendente dinanzi alla Corte d’Appello di Napoli, - tuttavia prive di rilevanza in questa sede - presentava, in data 10 maggio 2010, un’istanza alla Federazione, sollecitando la revoca in autotutela amministrativa del provvedimento di assegnazione del titolo di Campione d’Italia, s.s. 2005/2006, alla F.C. Internazionale, adottato in esito al parere della detta Commissione di esperti.
La FIGC, in quell’occasione, replicava, evidenziando che le nuove emergenze avevano già dato luogo all’apertura di un fascicolo d’indagine della Procura Federale, riservandosi di esaminare la menzionata istanza all’esito delle attività inquirenti. In quella sede, tuttavia, l’Ufficio della Procura Federale procedeva all’archiviazione della notizia di illecito disciplinare, in data 1 luglio 2010, riscontrandone l’intervenuta prescrizione.
La FIGC prendeva, dunque, in esame l’esposto-istanza presentato dalla Juventus e, con delibera del Consiglio Federale del 18 luglio 2011 (n. 219/CF), lo rigettava, ritenendo che non ricorressero i presupposti di un intervento in autotutela.
- - Avverso tale provvedimento la ricorrente proponeva istanza di arbitrato dinanzi al Tribunale Nazionale di Arbitrato per lo Sport (R.G. n. 1930/2011); tale organo, con Lodo sottoscritto in data 15 novembre 2011, dichiarava la propria incompetenza a decidere la controversia, ritenendo non sussistenti i presupposti per la compromettibilità in arbitrato della stessa, attesa la natura indisponibile delle situazioni giuridiche allora dedotte.
Con atto di citazione notificato il 7 febbraio 2012, la Juventus Football Club adiva la Corte d’Appello di Roma - organo di giustizia ordinaria allora competente a decidere sulle impugnazioni, ai sensi dell’art. 28 del “Codice dei giudizi innanzi al Tribunale nazionale di arbitrato per lo sport e Disciplina degli arbitri” - chiedendo la declaratoria di nullità del Lodo del TNAS e articolando (nel merito) le medesime domande ivi proposte.
Con sentenza n. 7023/2016 dell’11 ottobre 2016, la Corte d’Appello di Roma, all’esito del giudizio, dichiarava il difetto assoluto di giurisdizione, compensando tra le parti le spese di giudizio.
In particolare, la Corte d’Appello rilevava, in quella occasione, che, nonostante l’art. 12 ter dello Statuto del CONI, applicabile ratione temporis, nel disciplinare le competenze del TNAS, prevedesse che avverso il Lodo, ove la controversia fosse rilevante per l’ordinamento giuridico dello Stato, era sempre ammesso il ricorso per nullità, ai sensi dell’art. 828 c.p.c., tale competenza della Corte d’Appello era tuttavia limitata allo scrutinio solamente di questioni afferenti a diritti patrimoniali.
Ed infatti la Corte rilevava che la sua potestas decidendi era limitata a lodi che avevano “ad oggetto diritti patrimoniali, pena l’indebita ingerenza della sua pronuncia nella costituzionalmente consacrata indipendenza dell’ordinamento sportivo”.
Da rilevare al riguardo, infatti, - per quanto possa essere utile - che, medio tempore, la Corte Costituzionale, con la nota sentenza n. 49/11, a fronte dell’affermazione del carattere di generalità della competenza degli organi di giustizia dell’ordinamento sportivo cui è riservata la cognizione delle questioni concernenti l’osservanza e l’applicazione delle norme regolamentari, organizzative e statutarie finalizzate a garantire il corretto svolgimento delle attività sportive, aveva relegato in termini di residualità la competenza del Giudice Ordinario, circoscrivendola ai soli rapporti di carattere patrimoniale tra società sportive, associazioni sportive, atleti e tesserati.
Di qui la conclusione con la quale la Corte di Appello, attesa la natura dei diritti oggetto del Lodo, dichiarava il difetto assoluto di giurisdizione.
- - Avverso la suddetta sentenza della Corte di Appello, la Società Juventus proponeva anche ricorso dinanzi alla Suprema Corte di Cassazione, chiedendo che sulla controversia venisse statuita la giurisdizione ordinaria e/o amministrativa esclusiva, con conseguente determinazione della competenza della Corte d’Appello di Roma e/o del Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio ovvero, in mancanza, che fosse sollevata dinanzi alla Corte Costituzionale la questione incidentale di legittimità costituzionale degli artt. 3, comma 1, del D.L. n. 280/2003 e 12 ter dello Statuto del CONI, per violazione dell’art. 24 della Costituzione.
La Corte di Cassazione, SS.UU., con sentenza n. 32358/2018 (depositata in Cancelleria il 13 dicembre 2018), rigettava il ricorso.
La Suprema Corte, in estrema sintesi, affermava il difetto assoluto di giurisdizione statale sulla controversia in cui si discuta solo dell’attribuzione ad altra compagine del titolo di Campione d’Italia e del mancato esercizio del potere di revoca in autotutela, quale contrarius actus da parte della Federazione, in conseguenza dell’applicazione di regole tecniche e di disposizioni disciplinari non rilevanti per l’ordinamento statale. Siffatte questioni, infatti, in base al principio di autonomia dell’ordinamento sportivo, sono riservate esclusivamente a quest’ultimo - ai sensi dell’art. 2, comma 1, lett. a) e lett. b), D.L. 220/2003 (convertito in legge, con modificazioni, dalla Legge 280/2003). La Cassazione aggiungeva, altresì, che tale sistema è coerente col generale rilievo secondo cui il potere di autotutela soggiace alla più ampia valutazione discrezionale e non si esercita in base ad un’istanza di parte, avente semmai portata meramente sollecitatoria e inidonea, come tale, ad imporre alcun obbligo giuridico di provvedere.
- - Terminata questa articolata e complessa fase di giudizio, la Juventus Football Club S.p.a. riteneva di poter ancora proseguire il contenzioso e proponeva ricorso al Collegio di Garanzia dello Sport, per l’impugnazione e la riforma, ancora una volta, del “Lodo definitivo pronunciato dal Collegio Arbitrale del Tribunale Nazionale di Arbitrato per lo Sport del CONI, nel procedimento
R.G. n. 1930/2011 TNAS/CONI, tra la Juventus Football Club S.p.A., la Federazione Italiana Giuoco Calcio(FIGC) e il Football Club Internazionale Milano S.p.A., sottoscritto e depositato in data 15 novembre 2011, prot. n. 2621 e per il conseguente accoglimento dell’originaria istanza di arbitrato presentata in data 10 agosto 2011 ai sensi e per gli effetti dell’art. 12 bis dello Statuto del CONI e 54 ss. del Codice di Giustizia Sportiva del CONI”.
Nel giudizio dinanzi al Collegio di Garanzia si costituivano il CONI, la FIGC e la F.C. Internazionale Milano.
Tutti i convenuti replicavano puntualmente alle richieste della ricorrente e concludevano per l’inammissibilità e, in subordine, l’infondatezza del ricorso.
- - Più in dettaglio, si assumeva, da parte dei convenuti, in estrema sintesi: i) la inammissibilità della azione, perché l’ordinamento sportivo non attribuisce agli organi di giustizia sportiva il potere di annullare il lodo arbitrale; ii) la inammissibilità della azione, in quanto il lodo è divenuto ormai inoppugnabile; iii) la inammissibilità del ricorso, perché al Collegio di Garanzia è proponibile una azione solo avverso decisioni degli organi di giustizia federale, ovvero la inammissibilità perché al Collegio di Garanzia è proponibile una azione, ove non sia altrimenti proponibile altra azione; iv) la inammissibilità per tardività, perché gli atti impugnati sono del 2011, e comunque l’inammissibilità per carenza di interesse, in quanto la richiesta di revisione interviene contro atti ormai inoppugnabili; v) la infondatezza nel merito, in quanto non sussistono i presupposti oggettivi e soggettivi per un provvedimento di revoca in autotutela.
Si costituiva in giudizio, altresì, la Procura Generale dello Sport, concludendo anch’essa per la declaratoria di inammissibilità del ricorso e, comunque, per la sua infondatezza.
Considerato in diritto
1- Preliminarmente, deve essere affermata la carenza di legittimazione passiva del CONI e, in ogni caso, la totale estraneità del Comitato Olimpico alla vicenda de qua, nonché rispetto alle domande avanzate dalla Juventus in questa sede.
Deve essere dunque disposta l’estromissione del CONI dal presente giudizio.
Ciò posto, il ricorso della Juventus è inammissibile sotto molteplici e concorrenti motivi.
2- In via preliminare, appare opportuno osservare che nella specie nessuna competenza ha il Collegio di Garanzia in merito alla richiesta formulata dalla ricorrente.
Gli artt. 54 del Codice della Giustizia Sportiva e 12-bis dello Statuto del CONI sono inapplicabili nel caso di specie, giacché demandano al Collegio di Garanzia “la cognizione delle controversie decise in via definitiva in ambito federale” dagli “organi di giustizia federale”, non potendo questo Collegio certamente porsi quale Giudice dinnanzi al quale impugnare un lodo arbitrale.
Il lodo TNAS, invece, è stato emesso da un organo all’epoca istituito presso il CONI, che aveva “competenza a condizione che [fossero] stati previamente esauriti i ricorsi interni alla Federazione o comunque si [trattasse] di decisioni non soggette a impugnazione nell’ambito della giustizia federale” (cfr. art. 12-ter, comma 1, del previgente Statuto). Il TNAS, quindi, era organo unico o di ultima istanza del CONI, esattamente come lo è l’attuale Collegio di Garanzia. Ed è evidente che, in quanto tale, il Collegio di Garanzia non può trattare una controversia già sottoposta a un organo omologo, che l’ha esaminata e decisa nel 2011. Ne conseguirebbe altrimenti una violazione del principio del ne bis in idem processuale.
È da sottolineare, inoltre, che le norme invocate dalla Juventus sono inapplicabili in quanto entrate in vigore il 1° luglio 2014 e prive di efficacia retroattiva.
L’azione, quindi, è manifestamente inammissibile, perché l’ordinamento sportivo non attribuisce ai relativi organi di giustizia il potere di annullare un lodo arbitrale. Tale potere era attribuito soltanto ai giudici dell’ordinamento statale, a condizione - come si è già rilevato - che la controversia fosse “rilevante” per quest’ultimo (ordinamento).
Più specificamente, l’art. 12 ter, comma 3, dello Statuto del CONI, “adottato dal Consiglio Nazionale il 30 settembre 2011”, prevedeva che “avverso il lodo, ove la controversia sia rilevante per l’ordinamento giuridico dello Stato, [fosse] sempre ammesso, anche in deroga alle clausole di giustizia eventualmente contenute negli Statuti federali, il ricorso per nullità ai sensi dell’art. 828 del codice di procedura civile”.
Pertanto, il ricorso per nullità dinanzi al giudice ordinario risultava l’unico rimedio previsto dalle norme dell’ordinamento sportivo avverso i lodi arbitrali del TNAS; rimedio che la Juventus senza esitazione ha esercitato quando ha proposto impugnazione dinanzi alla Corte di Appello di Roma e, successivamente, ricorso per Cassazione.
Si osserva che, con la sentenza delle Sezioni Unite n. 32358/2018, l’odierna ricorrente ha esaurito i mezzi di impugnazione astrattamente esperibili avverso il lodo TNAS e che non esiste una norma che attribuisca il potere di impugnarlo nuovamente dinanzi al Collegio di Garanzia (o ad altri organi della Giustizia Sportiva).
Vieppiù, in nessuna parte della sentenza la Cassazione ha statuito che il lodo TNAS sia nullo o che la stessa controversia debba essere decisa nel merito da un organo di giustizia sportiva; né avrebbe potuto farlo, perché, altrimenti, la Cassazione avrebbe paradossalmente violato proprio il principio che ha affermato, travalicando quella ripartizione di competenze che spettano per legge all’ordinamento sportivo.
Invero, è la stessa Corte di Cassazione ad aver, in più occasioni (Cass., SS.UU., 9 novembre 2018, n. 28652; Cass., SS.UU., 4 agosto 2010, n. 18052; Cass., SS.UU., 16 gennaio 2015, n.
647), affermato, in merito a fattispecie che involgono i rapporti fra ordinamento sportivo e organi giurisdizionali, che la giustiziabilità della pretesa dedotta dinanzi agli organi della giurisdizione statale costituisce una questione non di giurisdizione, ma di merito.
Logico precipitato di tali considerazioni è l’impossibilità di considerare la recente sentenza della Cassazione alla stregua di una pronuncia che devolve la giurisdizione ad un diverso giudice. Tale pronuncia è, semplicemente, la reiezione del ricorso proposto dalla Juventus in virtù di una questione di “merito” meramente processuale, già posta antecedentemente al vaglio della Corte d’Appello.
Insomma, non vi è stata alcuna riapertura del giudizio, né rimessione della questione alla Giustizia Sportiva.
Infine, è altrettanto erroneo sostenere - come motivo di impugnazione - che il lodo TNAS non abbia “indicato il Giudice sportivo dotato di specifica competenza e, in specie, l’Alta Corte”. Il Collegio Arbitrale ha dedicato quasi metà del lodo TNAS a “talune necessarie considerazioni in merito alla distinzione tra diritti disponibili (e, perciò, compromettibili e suscettibili di essere sottoposti alla cognizione del TNAS) e indisponibili, come tali rientranti, se inerenti all’ambito dell’ordinamento sportivo, nella competenza dell’Alta Corte”.
L’indicazione dell’organo competente non avrebbe potuto essere più chiara: la attuale ricorrente ha ritenuto di procedere in altra direzione e non può ora tentare un recupero della corretta linea difensiva.
L’azione della Juventus, quindi, è radicalmente inammissibile.
3- In ogni caso, la domanda diretta ad ottenere la declaratoria di nullità del lodo è inammissibile, anche sotto altro profilo.
Il responso arbitrale (consistente - come si è visto - nella declinatoria di competenza del TNAS, attesa la indisponibilità della reslitigiosa) non è ovviamente sindacabile in questa sede e, men che mai, suscettibile di una pronuncia caducatoria, in quanto il Collegio di Garanzia (organo, peraltro, neppure esistente nel momento in cui è stato introdotto il giudizio arbitrale) non dispone di alcun potere di cognizione in materia.
D’altro canto, non si comprende neppure quale sarebbe il vizio di nullità dedotto, posto che la ricorrente, non potendo rimettere in discussione la declaratoria d’incompetenza del TNAS (per la incompromettibilità in arbitrato della controversia), si limita ad utilizzare il presente ricorso soltanto quale viatico per accedere alla celebrazione di un giudizio rescissorio destinato a definire il merito di domande rimaste (in tesi) impregiudicate.
Invero, l’apertura della fase rescissoria, cui aspira la ricorrente, presupporrebbe necessariamente la possibile rimozione del verdetto arbitrale già reso: obiettivo, questo, precluso dal giudicato formatosi sull’impugnazione infruttuosamente esperita contro il lodo (che ha resistito al vaglio della Corte d’Appello e della Cassazione).
4- Ma non basta: anche ad ammettere, infatti, che le due sentenze sopra richiamate non possano essere addotte quale giudicato ostativo dell’accoglimento della pretesa della Juventus (in quanto dichiarative di un difetto assoluto di giurisdizione), certo è che la società istante, a fronte della declaratoria di incompetenza oppostale dal TNAS, avrebbe dovuto adire l’organo ratione temporis competente in materia di diritti indisponibili (l’Alta Corte di Giustizia), avvalendosi dell’istituto della translatio iudicii.
Non essendo ciò avvenuto a tempo debito, non è ragionevolmente concepibile che la società interessata tenti di ovviare a questa omissione a distanza di più di sette anni; oltretutto, dopo avere infruttuosamente adito la giurisdizione statale e senza considerare che il sistema giustiziale sportivo ha medio tempore subito una radicale riforma, per effetto della quale il TNAS e l’Alta Corte sono stati entrambi soppressi.
Vale la pena ribadire che, nella configurazione delineata dalla suddetta riforma, il Collegio di Garanzia costituisce organo giustiziale di vertice dell’ordinamento sportivo, depositario di poteri decisori attribuitigli da una fonte regolamentare e, in quanto tale, risulta privo di un’investitura proveniente da una clausola compromissoria idonea a conferirgli una funzione arbitrale (in difetto di una convergente manifestazione di volontà in tal senso ad opera delle parti).
Senza contare che, seppure fosse superabile questo rilievo, giammai codesto Collegio potrebbe essere adito quale giudice dell’impugnazione di un lodo emesso da altro organo arbitrale ed essere legittimato a dichiararne la nullità.
5- V’è, poi, altra preclusione determinata dalla incontrovertibile tardività della presente impugnazione rivolta contro il lodo del TNAS.
Come si è visto, la pubblicazione del responso arbitrale risale al mese di novembre 2011: sicché, nella misura ove mai si ritenesse che la materia del contendere oggetto della declinatoria di incompetenza pronunciata dal TNAS dovesse essere delibata comunque in ambito sportivo, certo è che una richiesta in tal senso avrebbe dovuto essere formulata (quanto meno) nel rispetto del termine di decadenza stabilito dalla normativa di riferimento per adire l’organo cui (in tesi) spetterebbe il compito di definire la controversia nel merito.
Ed allora non può essere ignorata la tardività della pretesa di investire il Collegio di Garanzia, dopo avere inutilmente percorso nel periodo di otto anni l’intera filiera dei rimedi offerti dalla giurisdizione ordinaria (impugnazione del lodo dinanzi alla Corte d’Appello e ricorso in Cassazione)!
Né si dica che soltanto con il passaggio in giudicato della declaratoria del difetto assoluto di giurisdizione del giudice statale si sarebbero realizzate le condizioni per l’esercizio delle facoltà impugnatorie ammesse dall’ordinamento sportivo. Ed invero - anche a voler prescindere dal rilievo che di tale facoltà la Juventus ha concretamente fatto uso (ancorché abbia individuato erroneamente l’organo competente) - resta, comunque, innegabile che della tutela giustiziale sportiva essa avrebbe potuto (e dovuto) avvalersi ricorrendo all’Alta Corte (una volta preso atto della declinatoria di competenza opposta dal TNAS).
In altre parole, la insindacabilità degli atti di cui si discute davanti a qualsiasi giudice statale non costituisce una sopravvenienza (fattuale e/o giuridica) maturata all’esito dei giudizi di impugnazione promossi dinanzi alla Corte d’Appello ed alla Cassazione, ma un dato del quale i suddetti contenziosi si sono limitati ad accertare con effetti meramente dichiarativi.
6- Deve essere, infine, scrutinata una ulteriore circostanza che rende il ricorso non correttamente proposto al Collegio di Garanzia.
Il ricorso è, comunque, inammissibile, in quanto la ricorrente risulta priva di una posizione giuridica qualificata; infatti, la pretesa declaratoria di nullità del lodo TNAS non procurerebbe alcun vantaggio alla Juventus.
Le censure contenute nella parte rescissoria sono tutte volte a dimostrare la presunta illegittimità della Delibera del 2011 del Consiglio Federale. È, tuttavia, evidente che la Delibera del 2011 non ha natura di provvedimento autonomamente lesivo.
Sul punto, la sentenza del TAR Lazio n. 9563/2016 non lascia spazio ad alcun dubbio.
Per il giudice amministrativo, «la delibera del Consiglio Federale in data 18 luglio 2011 ha valutato l’assenza di presupposti per l’attivazione di un intervento di autotutela, motivando esaustivamente in ordine alla discrezionalità del potere di autotutela ed alla insuscettibilità della attivazione di un potere di coercizione volto alla emanazione di un “contrarius actus”».
Il TAR Lazio ha, quindi, statuito che la menzionata Delibera “non esprime una nuova valutazione dei fatti oggetto di giudizio, né assurge ad autonomo provvedimento lesivo degli interessi coinvolti”, con la conseguenza che la stessa non è un “atto avente propria portata lesiva”.
Ne consegue che la Delibera del Consiglio Federale non è un atto autonomamente impugnabile, in quanto essa non ha natura lesiva della sfera giuridica soggettiva della ricorrente.
La presunta lesione degli interessi della ricorrente deriverebbe, nel caso di specie, da provvedimenti risalenti al 2006 e che sono, tuttavia, divenuti inoppugnabili.
La sentenza del TAR Lazio n. 9563/2016 ha già deciso anche su questo punto.
Per quanto riguarda il provvedimento sanzionatorio della Commissione Federale contro la Juventus, unico provvedimento lesivo degli interessi della ricorrente, il TAR Lazio ha rilevato, infatti, che “le sanzioni disciplinari della revoca del titolo e della retrocessione in serie B” sono state confermate dalla pronuncia della Camera di Conciliazione ed Arbitrato dello Sport del 27 ottobre 2006, e che “tale pronuncia è rimasta inoppugnata”, acquistando forza di giudicato.
Si osserva che anche tale circostanza non consente di ravvisare una posizione giuridica qualificata in capo alla Juventus, posto che la ricorrente ha sostanzialmente accettato la decisione della Camera di Conciliazione ed Arbitrato.
Infatti, per quanto concerne il comunicato del Commissario Straordinario della FIGC del 26 luglio 2006, il TAR Lazio ha richiamato il ricorso della Juventus deciso con la sentenza n. 7910 del 27 ottobre 2006 (8049/2016 Reg. Ric.) e statuito che l’“intervenuto accertamento in merito alla legittimità del provvedimento” impedisce “una nuova valutazione”, anche incidenter tantum, “dei medesimi fatti”. In altri termini, come chiarito nelle motivazioni della sentenza, il predetto comunicato ha “già formato oggetto di cognizione” con “ricorso al TAR in data 24 agosto 2006
(R.G. n. 8049/2006)”, a cui la Juventus ha rinunciato, rendendo inoppugnabile sia lo stesso comunicato sia ogni relativo atto.
Di qui, l’inammissibilità anche sotto il profilo della carenza di interesse delle censure contenute nella parte rescissoria del ricorso, in quanto riguardano un atto non autonomamente lesivo, meramente confermativo di atti da tempo divenuti inoppugnabili.
7- Né un interesse giuridicamente tutelabile può essere configurato, come affermato dalla ricorrente, con riguardo alla rivalutazione, sotto il profilo etico, di fatti che sarebbero sfuggiti ai vari giudici che si sono pronunciati sulla vicenda. Infatti, la questione sulle nuove emergenze documentali riguardanti la F.C. Internazionale Milano involve aspetti prettamente disciplinari, tuttavia all’epoca correttamente ritenuti prescritti in ambito sportivo; ciò impedisce in nuce la possibilità per qualsivoglia giudice sportivo di “riaprire” la questione e valutarla, men che meno adottando quale criterio di valutazione un “profilo etico”.
Con il presente ricorso, si è, dunque, nuovamente resa del tutto palese la volontà della Juventus: riportare in luce i comportamenti disciplinarmente rilevanti dell’Internazionale - prescritti - al fine di utilizzarli quale fonte, sotto un profilo etico, per l’annullamento della delibera del Consiglio Federale del 18 luglio 2011 (n. 219/CF) e, pertanto, vedersi pronunciata la non assegnazione del titolo di Campione d’Italia 2005/2006.
Da ultimo, si osserva che neppure può darsi seguito alle argomentazioni della ricorrente legate ad una asserita “mancata giustizia”.
Basti far notare che le varie sfaccettature in cui si è declinata l’intera vicenda de qua sono state portate, in oltre 10 anni, alla cognizione del TNAS, della Corte di Appello di Roma, della Corte di Cassazione, e, prima ancora, del TAR Lazio (sentenza 7910/2006), per mezzo del ricorso 8049/2006, poi rinunciato per adire la Camera di Conciliazione e di Arbitrato per lo Sport il 06 settembre 2006 - altro organo di giustizia investito della questione; ed infine, ancora dinnanzi al TAR Lazio, pronunciatosi con la sentenza di rigetto n. 9563/2016, la cui impugnazione pende, tutt’oggi, dinnanzi al Consiglio di Stato.
In conclusione, da ogni punto di vista lo si analizzi, non può che affermarsi la carenza di interesse della società Juventus F.C.
8- Alla luce di quanto esposto, può, quindi, concludersi che il ricorso della Juventus e le doglianze ivi contenute, sotto qualsivoglia prospettiva le si esamini, non solo non possono essere portate all’attenzione del Collegio di Garanzia dello Sport, giacché inammissibili, ma può, altresì, affermarsi che le stesse non possono più essere oggetto di delibazione alcuna da parte del Sistema di Giustizia Sportiva.
P.Q.M.
Il Collegio di Garanzia dello Sport Sezioni Unite
Dichiara inammissibile il ricorso.
Dispone l’estromissione del Comitato Olimpico Nazionale Italiano (CONI) dal presente giudizio. Condanna la società Juventus Football Club S.p.A. al pagamento delle spese in favore del CONI, liquidate nella misura di € 1.500,00, oltre accessori di legge. Spese compensate nei confronti delle altre parti.
Dispone la comunicazione della presente decisione alle parti tramite i loro difensori anche con il mezzo della posta elettronica.
Così deciso in Roma, nella sede del CONI, in data 6 maggio 2019.
Il Presidente Il Relatore
F.to Franco Frattini F.to Mario Sanino
Depositato in Roma, in data 27 maggio 2019.
Il Segretario
F.to Alvio La Face
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