CONI – Collegio di Garanzia dello Sport – Sezione Prima – coni.it – atto non ufficiale – Decisione n. 18/2020 del 19 marzo 2020 – Moreno Buso/Federazione Ciclistica Italiana
Decisione n. 18
Anno 2020
IL COLLEGIO DI GARANZIA PRIMA SEZIONE
composta da
Mario Sanino - Presidente
Giuseppe Andreotta - Relatore
Guido Cecinelli
Marcello De Luca Tamajo
Angelo Maietta - Componenti
ha pronunciato la seguente
DECISIONE
Nel giudizio iscritto al R.G. ricorsi n. 99/2019, presentato, in data 15 novembre 2019, dal sig. Moreno Buso, rappresentato e difeso dall’avv. Stefano Malfatti,
contro
la Federazione Ciclistica Italiana (FCI), rappresentata e difesa dall'avv. Nuri Venturelli,
avverso
la decisione n. 3/2019 della Corte Federale d’Appello della FCI, Seconda Sezione, emessa con Comunicato n. 3 del 18 ottobre 2019, con la quale, nel respingere il reclamo del ricorrente, è stata confermata la pronuncia del Tribunale Federale, Seconda Sezione FCI, pubblicata sul sito federale in data 1° agosto 2019, con Comunicato n. 15, che aveva respinto il ricorso del sig. Buso per l’annullamento della Delibera del Presidente Federale n. 46 del 2 aprile 2019 e/o la disapplicazione dell’art. 5 del Regolamento Tecnico Amatoriale e dell’art. 1.1.3 delle Norme attuative del Settore Amatoriale Nazionale (di seguito, NA - SAN).
Viste le difese scritte e la documentazione prodotta dalle parti costituite;
uditi, nell’udienza del 4 febbraio 2020, il difensore della parte ricorrente - sig. Moreno Buso - avv. Stefano Malfatti; l’avv. Nuri Venturelli, per la resistente FCI, nonché il Procuratore Generale dello Sport, Pref. Ugo Taucer, e il Procuratore Nazionale dello Sport, avv. Gianpaolo Sonaglia, per la Procura Generale dello Sport c/o il CONI, intervenuta ai sensi dell’art. 59, comma 2, lett. b), e dell’art. 61, comma 3, del Codice della Giustizia Sportiva del CONI;
udito, nella successiva camera di consiglio dello stesso giorno, il relatore, avv. Giuseppe Andreotta.
Ritenuto in fatto
Con ricorso del 12 luglio 2019, il sig. Moreno Buso impugnava, innanzi al Tribunale Federale F.C.I., la delibera n. 46, adottata in data 2 aprile 2019, con la quale veniva disposta l’immediata sospensione degli effetti del tesseramento appena accordato - su sua domanda - “per accertata carenza dei requisiti per il rilascio” fino alla definizione del relativo procedimento di Giustizia Federale. Con lo stesso provvedimento gli atti del procedimento venivano rimessi alla Procura Federale, chiedendone l’annullamento.
Sosteneva, a tal fine, il Buso che, dopo essere stato sanzionato con la squalifica dal 3 settembre 2014 al 3 settembre 2016, per essere risultato positivo ad un controllo antidoping, egli, in data 7 settembre 2019, aveva richiesto un nuovo tesseramento per il tramite dell’ASD Team Lenoix, facendo menzione della patita squalifica e, dunque, avendo dato conto, all’atto della richiesta di tesseramento, di aver subìto e scontato la squalifica.
Secondo il ricorrente, la delibera presidenziale risultava adottata in carenza di potere del Presidente Federale, che aveva fatto governo di una diversa fattispecie, come prevista dall’art.1.1.3 NA-SAN e dall’art. 5 RTA, in forza delle quali norme, ben vero, il Presidente ha la facoltà di deliberare l’immediata sospensione del tesseramento, ma solo allorquando sussiste falsità della autocertificazione etica amatoriale, nel caso di specie, invece, da escludersi, giacché il Buso aveva dato conto della sussistenza della precedente squalifica nella sua domanda di tesseramento.
Il Buso professava anche di non essere venuto a conoscenza della delibera presidenziale n. 46/2019, se non a seguito della notifica del provvedimento di conclusione di indagini preliminari adottato dalla Procura Federale, quando, peraltro, il provvedimento presidenziale impugnato era stato già ratificato (in data 18 aprile 2019) dal Consiglio Federale della FCI.
Il Tribunale Federale veniva interessato dal ricorrente anche in ordine alla possibile illegittimità delle norme contenute nell’art. 5 dello RTA e nell’art.1.1.3 delle norme attuative, nella parte in cui vietano il tesseramento nella categoria Master dei soggetti sanzionati dalla Giustizia Sportiva e/o ordinaria per un periodo superiore a mesi sei, per motivi legati al doping.
E’ doveroso, a tal proposito, dare conto del fatto che, nell’udienza tenutasi in data 4 febbraio 2020, innanzi a questo Collegio di Garanzia, il ricorrente Moreno Buso faceva rilevare che egli non avrebbe mai potuto impugnare le norme appena citate in relazione all’epoca della loro emanazione, in quanto non tesserato, stante la squalifica in corso. In ogni caso, egli aveva sempre prospettato nei propri atti impugnatori l’estensione degli stessi ad ogni altro atto connesso per presupposizione e/o consequenzialità.
Il Tribunale Federale - Seconda Sezione, in contraddittorio tra le parti, con Comunicato n. 15/2019 rigettava il ricorso, compensando le spese.
Seguiva, perciò, l’appello endofederale, in esito al quale la Corte adita confermava la decisione di primo grado, argomentando, tra l’altro, che il fondamento del potere di sospensione del Presidente Federale doveva ravvisarsi nella disposizione di cui all’art. 18 dello Statuto, ove si prevede: “Il Presidente può assumere, salvo ratifica del Consiglio Federale nella sua prima riunione utile, provvedimenti di estrema urgenza e necessità nei limiti dei poteri dello stesso Consiglio Federale, in particolare quando sia necessario provvedere ad atti dovuti ovvero ad adempimenti indifferibili”.
Di più, la Corte Federale prendeva posizione anche in ordine alle censure mosse dal Buso, che ravvisava illegittimità regolamentari nella misura in cui poteva individuarsi in esse l’equiparazione del requisito etico ad una sorta di sanzione.
Innanzi a questo Collegio di Garanzia, il sig. Moreno Buso ripropone le medesime censure già prospettate alla Corte di Appello Federale, contestando anche più vizi motivazionali della decisione da quest’ultima adottata, conseguentemente formulando n. 7 motivi di gravame. Avverso l’accoglimento del ricorso che qui occupa, ha proposto le proprie difese la Federazione Ciclistica Italiana, concludendo per il rigetto in ragione dell’infondatezza e/o inammissibilità del ricorso principale.
La Procura Generale dello Sport, intervenuta in udienza, ha concluso per il rigetto nel merito.
Considerato in diritto
1) Preliminarmente, è necessario rilevare che, nella fattispecie, il provvedimento impugnato ha mero carattere cautelare, trattandosi di provvedimento di sospensione, come tale non destinato ad incidere definitivamente sulla posizione del tesserando, che, invece, dovrebbe essere definita col procedimento amministrativo susseguente.
Il provvedimento di sospensione, invero, non assume, di norma, efficacia decisoria, atta, cioè, ad incidere definitivamente sul diritto fatto valere (Cfr. Cass. Civ., Sez. Unite, 02/05/2016, n. 8592 - Cass. Civ., Sez. VI – Ord. 17/07/2019, n. 19247 - Cass. Civ., Sez. II, Ord. 08/09/2017, n. 20954).
Pertanto, avendo il provvedimento impugnato dal Buso solo carattere cautelare (al pari della successiva ratifica), lo stesso è inidoneo a fare stato in via definitiva sulla posizione dedotta in giudizio e, pertanto, non è suscettibile di ricorso innanzi al Collegio di Garanzia dello Sport.
A tale conclusione non osta la disposizione di cui al comma 1 dell’art. 54 CGS CONI, giacché, se la stessa, ben vero, prevede la competenza del Collegio di Garanzia dello Sport “avverso tutte le decisioni non altrimenti impugnabili“, ciò non comporta, di certo, che le “decisioni” impugnabili possano anche non essere idonee a fare “stato” in via definitiva tra le parti.
D’altra parte, questo Collegio di Garanzia ha più volte affermato valere, in ordine all’esercizio della propria giurisdizione, quanto ritenuto per sé dalla Suprema Corte, trattandosi di principi applicabili anche al procedimento sportivo.
Nella fattispecie, del resto, non risulta in atti che sia stato esaurito il procedimento (in mancanza del quale, il Buso potrà proporre appositi atti di impulso) volto a denegare in via definitiva il tesseramento richiesto e men che meno che sia stato adottato il provvedimento conclusivo di tale procedimento, non potendosi questo ravvisare nella deliberazione n. 47 del 18 aprile 2019 di “ratifica” (pure puntualmente emanata nel solco dell’art. 18 dello Statuto).
La delibera del Consiglio Federale in data 18 aprile 2019 si limita, infatti, a ratificare la sospensione comminata; non adotta, cioè, un provvedimento definitivo di revoca del tesseramento (che, del resto, anche per quanto risultato dal contenzioso tuttora pendente, non verrebbe negato per tutta l’attività sportiva amatoriale, bensì per la sola categoria “Master” - con la conseguenza che l’incardinamento di un procedimento ad hoc dovrebbe comportare il tesseramento del Buso con questa sola esclusione).
Ne consegue, pertanto, che il ricorso proposto dal Buso Moreno innanzi a questo Collegio di Garanzia dello Sport è da ritenersi inammissibile.
2) Nondimeno questo Collegio di Garanzia, atteso quanto il Buso sostiene anche in punto di illegittimità delle norme applicate e considerando di essersi sempre fatto carico, ai fini del rispetto dei principi fondanti l’ordinamento sportivo, di orientare, in termini nomofilttaci, l’applicazione delle norme di giustizia e, altresì, delle norme endofederali, dà conto anche dell’infondatezza dei dedotti motivi di ricorso.
Con il primo motivo, il Buso si duole del fatto che, a suo dire, la delibera presidenziale n. 46, adottata in data 2 aprile 2019, sarebbe stata emessa in falsa applicazione degli artt.1.1.3 NA- SAN e 5 RTA, in quanto disposizioni che consentono l’adozione di un provvedimento di immediata sospensione amministrativa degli effetti del tesseramento per carenza di requisiti nei casi di omessa ovvero falsa autocertificazione etica, che, nella fattispecie, non sarebbero occorsi, atteso che il ricorrente aveva esposto nella domanda di tesseramento la seguente precisazione: “Il sottoscritto Buso Moreno dichiara di aver scontato una squalifica per doping dalla data 03.09.14 e scaduta il 02.09.16. Si allega documentazione squalifica”.
Senonchè, la delibera presidenziale impugnata, sin dal suo incipit, fa riferimento alla disposizione di cui all’art. 18 dello Statuto Federale “che stabilisce tra l’altro la competenza del Presidente Federale ad assumere deliberazioni per motivi di estrema urgenza”.
Ne consegue che, anche a voler prescindere da ogni valutazione circa la idoneità della dichiarazione del Buso, innanzi riportata (come apposta in calce alla sua domanda di tesseramento), ad assumere la valenza dell’autocertificazione etica richiesta, ed anche a voler considerare in chiave interpretativa la citazione della stessa delibera dell’art. 5 RTA e dell’art.
1.1.3 NAA 2019, appare ineccepibile quanto ritenuto dalla Corte Federale, che ha confermato il provvedimento reso in sede presidenziale in base all’art. 18 dello Statuto, che conferisce al Presidente il generale potere di interferire, con effetto immediato e salvo ratifica (puntualmente intervenuta in data 18 aprile 2019), quando sussistano ragioni di necessità ed indifferibilità, con provvedimenti da adottarsi, peraltro, in via provvisoria, su situazioni che lo richiedono.
Non si ravvisa, pertanto, né in termini astratti, né nel caso in esame, alcuna carenza di potere ed è, anzi, da sottolineare come sia corretta anche la considerazione del Giudice Federale di Appello, laddove rappresenta che, se il Presidente Federale avesse inteso applicare l’art. 5 RTA, nessun bisogno vi sarebbe stato di successiva ratifica (come, del resto, la stessa delibera presidenziale riconosce essere atto successivo necessario).
Né a diversa conclusione può pervenirsi per il fatto che la stessa delibera presidenziale faccia riferimento alle norme regolamentari ed attuative, essendo chiaro che detto riferimento
costituisce solo la ragione giuridica del provvedimento cautelare adottato, limitandosi a richiamare dette norme nella parte in cui le stesse: “prevedono che non potranno essere tesserati Master i soggetti che risultino sanzionati dalla giustizia sportiva e/o ordinaria, per un periodo superiore a mesi 6 (sei), per motivi legati al doping e l’obbligo di una sottoscrizione etica che attesti l’inesistenza delle suddette sanzioni per ottenere il tesseramento nella categoria master”.
Nella stessa delibera si aggiunge pure (e ciò esclude che si faccia leva sulla mancanza/falsità della autocertificazione etica): “che, all’atto della richiesta di tesseramento quale Master 4, risulta sottoscritta dal suddetto atleta un’autocertificazione etica nella quale dichiara di essere stato squalificato per doping per due anni, condizione che non consente il rilascio della tessera nella categoria di cui avanzava la richiesta”.
Ne consegue che può affermarsi - con conseguente (anche) infondatezza del ricorso proposto - essere corretto, anzi doveroso, motivare il provvedimento cautelare che viene emanato in base alla disposizione di cui all’art. 18 dello Statuto FCI, adducendo le diverse norme che costituiscono il fondamento giuridico della deliberazione assunta.
3) Da ciò consegue anche l’assorbimento degli altri motivi di gravame ed in particolare di quelli prospettati in relazione alla motivazione della decisione impugnata.
In proposito, occorre anche ricordare che non qualsiasi vizio motivazionale è scrutinabile dal Collegio di Garanzia, bensì si richiede che:
a) il vizio, ove esistente, possa condurre alla riforma della sentenza impugnata (Cfr. Cass. Civ., Sez. V, 20/10/2016, n. 21296);
b) si tratti di un vizio atto ad attingere all’esistenza stessa della motivazione, quale si può ravvisare anche in caso di motivazione apparente, di contrasti irriducibili tra affermazioni inconciliabili, ovvero, ancora, di motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile (cfr. ex multis Cass., n. 21739/2019);
c) deve, di più, trattarsi di vizio che non consista in una mera critica della motivazione, cioè in una pretesa revisione del “ragionamento decisorio” seguito dal Giudice di merito (cfr. Cass., n. 896/2020).
Orbene, nel caso che ci occupa, a tutto voler concedere, risulta evidente che l’esatta applicazione dell’art. 18 dello Statuto, così come ritenuto dal Giudice del merito, e qui confermato, priva di interesse tutelabile l’istanza di esame di ogni motivazione additiva addotta dal Giudice del merito, a conferma della soluzione esattamente assunta in punto di diritto. Quanto, in particolare, al secondo e al terzo motivo, invero non si comprende che rilievo possa avere se, una volta stabilita la legittimità del provvedimento presidenziale a mente dell’art. 18 dello Statuto, il Giudice di secondo grado si sia indotto a motivare anche in ordine alla natura del requisito etico, fondando tale sua valutazione su precedenti di giustizia amministrativa.
Men che meno il ricorrente si fa carico di illustrare in quale modo potrebbe incidere sulla decisione adottata dalla giustizia endofederale una diversa valutazione in ordine alla natura sanzionatoria che egli ravviserebbe nel requisito etico.
Non diverso è il discorso per quel che attiene al quarto, quinto e sesto motivo, e per quanto in tali motivi si deduce anche ai fini di una possibile violazione di legge.
In argomento è del tutto incerta la finalizzazione di dette censure, cioè non è chiaro che le stesse tendano ad incidere sulla legittimità del presupposto normativo del provvedimento impugnato (cioè le disposizioni di cui all’art. 5 RTA e 1.1.3. NAA ovvero NA-SAN), atteso che, come è espressamente affermato, si invoca sempre la sola legittimità del provvedimento in sé. Nell’ipotesi, peraltro, che con dette censure si voglia incidere sulla legittimità delle norme suddette (e non del provvedimento impugnato) si pone, anche in questo caso, una preliminare valutazione di ammissibilità.
Invero, a mente dell’art. 366 c.p.c., il ricorrente è tenuto ad illustrare i motivi di gravame e dunque a specificare in che misura i motivi stessi possano condurre alla riforma della decisione adottata e, cioè, alla invalidazione della normativa interna sottoposta al vaglio del Collegio di Garanzia dello Sport.
Tanto, purtroppo, non si evince con chiarezza (cfr. Cass. Civ., Sez. V, 05/10/2016, n. 11910) dai motivi di ricorso qui in commento, soprattutto in quanto, come detto, sotto il profilo squisitamente letterale non ne viene mai richiesta la invalidazione come conseguenza delle ragioni dedotte.
4) Inoltre, il motivo sub n. 4 consiste nel porre in discussione il potere di dare attuazione alle norme antidoping da parte di Federazioni Sportive, stante le esclusioni che il ricorrente ravvisa sia nelle convenzioni internazionali che nelle disposizioni nazionali. Senonchè, prevedere da parte dell’ordinamento federale casi di esclusione dal tesseramento, non ha alcuna incidenza sulle norme che disciplinano, in funzione antidoping, le condizioni a cui attenersi nell’esercizio dell’attività sportiva. Si deve, infatti, ritenere che i requisiti per il tesseramento sono solo una conseguenza che l’ordinamento interno attribuisce alla violazione della disciplina antidoping e dunque rientrano nell’autonomia del CONI, come delle singole Federazioni, quando armonizzate tra loro.
In tal senso è corretto quanto ritenuto dal Giudice Federale, laddove afferma che il requisito etico è presupposto del tesseramento, estraneo alla materia giurisdizionale demandata agli organi di giustizia antidoping.
5) Con riferimento, poi, ai motivi di ricorso sub n. 5 e sub. n. 6, di cui si ripete, va dichiarata l’inammissibilità per le plurime ragioni innanzi esposte e neppure sembra rilevante discettare del fatto se l’escludere la partecipazione a competizioni di categoria amatoriale "Master" comporti o meno la radicale inibizione del soggetto a praticare l’attività sportiva.
Invero, oltre a risultare espresse, in particolare nell’art. 5 RTA, le norme che regolano i rapporti con le altre Federazioni (ad esempio straniere), ovvero il regime da applicarsi in caso di società non affiliate e, dunque, non precludendo l’esercizio dell’attività sportiva in modo alternativo al tesseramento con FCI, non sembra potersi dubitare che le norme federali possono addirittura prevedere l’esclusione del tesseramento in conseguenza di sanzioni per violazione di normativa antidoping, integrando dette violazioni un grave conflitto con le finalità dell’ordinamento sportivo.
6) Infine, il motivo sub n. 7, che ancora una volta propone una irrilevante questione sulla motivazione della decisione di merito, sembra voler prospettare la sussistenza di una carenza ordinamentale per mancata previsione di un procedimento riabilitativo analogo a quello statale; tuttavia, sempre senza motivare l’efficienza di tale censura ai fini dell’eventuale disapplicazione dell’art. 5 RTA e dell’art. 1.1.3 NA-SAN.
Così ragionando, però, si perviene, da parte del ricorrente, a richiedere al Collegio di Garanzia dello Sport di interferire con la potestà normativa, che, come in altri casi affermato, è prerogativa degli appositi organi deliberanti, a maggior ragione laddove si tratti di introdurre disposizioni che attingono a scelte di politica generale. Detti organi (del CONI o anche endofederali) sono, invero, liberi di scegliere se dotarsi o meno di alcuni strumenti normativi, non potendo certo tali opzioni essere sindacate in sede giurisdizionale.
Pertanto, il ricorso proposto da sig. Moreno Buso va respinto anche circa il “motivo” appena considerato.
7) Quanto al regolamento delle spese, non può svalutarsi il fatto che buona parte delle decisioni che portano al rigetto del proposto ricorso, soprattutto in ordine alla sua ammissibilità, scaturiscono non da avverse eccezioni, bensì dallo scrutinio effettuato da questo Collegio.
Di più, si deve pur considerare che nessuna delle parti, né i Giudici endofederali, si sono fatti carico di dar conto della esistenza e degli esiti del procedimento amministrativo che avrebbe dovuto definire nel merito quanto disposto solo in via cautelare con il provvedimento presidenziale impugnato.
Per tali ragioni, e anche in considerazione della novità di alcune questioni esaminate, si ritengono sussistenti motivi giusti e sufficienti per disporre la compensazione delle spese di lite.
P.Q.M.
Il Collegio di Garanzia dello Sport Prima Sezione
Respinge il ricorso, nei sensi di cui in motivazione.
Spese compensate.
Dispone la comunicazione della presente decisione alle parti tramite i loro difensori anche con il mezzo della posta elettronica.
Così deciso in Roma, nella sede del CONI, in data 4 febbraio 2020.
Il Presidente Il Relatore
F.to Mario Sanino F.to Giuseppe Andreotta
Depositato in Roma, in data 19 marzo 2020.
Il Segretario
F.to Alvio La Face