CONI – Collegio di Garanzia dello Sport – Sezioni Unite – coni.it – atto non ufficiale – Decisione n. 19/2020 del 23 marzo 2020 – Arianna Errigo/Federazione Italiana Scherma

Decisione n. 19 

Anno 2020

 

IL COLLEGIO DI GARANZIA SEZIONI UNITE 

 

composta da 

Franco Frattini - Presidente

Relatore Mario Sanino

Dante D’Alessio

Attilio Zimatore

Massimo Zaccheo - Componenti

ha pronunciato la seguente

nel giudizio iscritto:


                                               DECISIONE

 

- al R.G. ricorsi n. 3/2020, presentato, in data 15 gennaio 2020, da Arianna Errigo, rappresentata e difesa dagli avv.ti Cesare Di Cintio e Federica Ferrari; 

 

contro

 

la Federazione Italiana Scherma (FIS), rappresentata e difesa dall’avv. Giancarlo Guarino; 

 

comunicato altresì a

 

Rossella Gregorio, Irene Vecchi, Martina Criscio, Loreta Gulotta, Sofia Ciaraglia, Giulia Arpino, Lucia Lucarini, Chiara Morbile, Camilla Fondi, Caterina Navarria, Eloisa Passaro, Michela Battiston e Rebecca Gargano;

avverso

 

la decisione della Corte Federale d'Appello FIS del 6/17 dicembre 2019, prot. n. 6511/17 del 17 dicembre, afferente al procedimento n. 9/19 CFA, con la quale è stato respinto il ricorso proposto dall'atleta Arianna Errigo avverso la pronuncia del Tribunale Federale, che aveva dichiarato inammissibile il ricorso per la violazione dell'art. 69, comma 2, del Regolamento di Giustizia FIS;

 

viste le difese scritte e la documentazione prodotta dalle parti costituite; 

 

uditi in teleconferenza, nell’udienza del 10 marzo 2020, tenutasi a porte chiuse in virtù del decreto presidenziale dell’8 marzo 2020 (prot. n. 00187/20), gli avv.ti Cesare Di Cintio  e Federica Ferrari per la ricorrente Arianna Errigo; nonché l’avv. Giancarlo Guarino per la resistente FIS; 

 

acquisite, a mezzo PEC, le conclusioni formulate dalla Procura Generale dello Sport presso il CONI, intervenuta ai sensi dell’art. 59, comma 2, lett. b), e dell’art. 61, comma 3, del Codice della Giustizia Sportiva del CONI. 

 

udito, nella successiva camera di consiglio dello stesso giorno, il relatore, Presidente Franco Frattini. 

 

Ritenuto in fatto 

 

  1. La vicenda portata alla cognizione del Collegio di Garanzia, mediante il ricorso descritto in epigrafe, attiene, in estrema sintesi, alla lesione dei diritti asseritamente subìti dall’atleta della Federazione Italiana Scherma, Arianna Errigo. Più in particolare, nel corso del 2018, la stessa rappresentava alla FIS la propria volondi voler partecipare alle qualificazioni per i Giochi Olimpici Tokyo 2020 sia nella disciplina del “Fioretto” (disciplina nella quale la stessa ha da sempre gareggiato) sia in quella della “Sciabola”, sebbene tale doppio impiego non sia esercitato da nessun atleta FIS perché altamente sconsigliato dai Commissari dArma della Federazione.

Nel periodo antecedente all’inizio delle gare di qualificazione alle Olimpiadi (3 aprile 2019 – 4 aprile 2020), la Errigo veniva autorizzata alla partecipazione a talune competizioni valevoli a detto  scopo  in  ambedue  le  discipline.  Con  l’approssimarsi  dell’inizio  del  periodo  dellcompetizioni di qualificazione, marzo 2019, i Commissari tecnici, secondo le indicazioni della Federazione, avrebbero dovuto effettuare una valutazione tecnica circa i risultati sportivi conseguiti nelle due specialied eventualmente decidere della partecipazione alle qualificazioni in entrambe le discipline; o, in caso contrario, la Errigo avrebbe dovuto comunicare in via definitiva in quale delle specialità tentare la qualificazione ai Giochi.

Ebbene, alla data convenuta – 31 marzo 2019 – considerato anche che nessuna comunicazione circa la menzionata possibilidi scelta era pervenuta alla Federazione, i Commissari dArma della FIS inserivano l’atleta nella selezione italiana di Fioretto.

Senonché, la Errigo il 19 e il 24 aprile 2019 inviava alla FIS due comunicazioni nelle quali chiedeva di poter partecipare alle gare di sciabola di Seoul del 26/28 aprile 2019 nonché a quella di qualificazione sciabola di Tunisi del 10/12 maggio 2019. La FIS dava riscontro alle suddette comunicazioni (con lettere del 24 aprile 2019 e del 2 maggio 2019) affermando che, alla luce delle indicazioni fornite in precedenza dalla stessa Federazione, la mancata comunicazione della Errigo circa la disciplina doveva intendersi come esplicita rinuncia alla scelta della disciplina in cui concorrere in vista dei Giochi Olimpici; ciononostante la FIS, con la seconda delle due missive, permetteva alla stessa di prendere parte, “a titolo personale […] ma non certamente convocata, alla gara di Tunisi in data 10/12 maggio 2019, precisando al contempo che la partecipazione a tale manifestazione le era consentita solo in virtù del fatto che la “gara di qualificazione [] non si sovrappone ad alcuna attiviprogrammata per il fioretto, ribadendo ancora una volta che tale facoltà riconosciuta allatleta non costituisce in alcun modo modifica o revoca della posizione già espressa con riferimento allattività a squadre di fioretto ed a quella individuale della stessa arma.

In conseguenza a tale determinazione la Errigo, il 21 maggio 2019, adiva il Tribunale Arbitrale dello Sport di Losanna impugnando siffatte comunicazioni al fine di vedersi  riconosciuto  il proprio diritto di partecipare alle qualificazioni per i prossimi Giochi Olimpici di Tokyo 2020 sia nel fioretto sia nella sciabola. Il TAS dichiarava in via cautelare la propria mancanza di giurisdizione e, per l’effetto, cancellava il ricorso dal ruolo, statuendo la cessata la materia del contendere, così respingendo la istanza giudiziale promossa dalla Errigo.

  1. La stessa si rivolgeva, dunque, al Tribunale Federale della FIS. Il giudice di prime cure, una volta precisato come non potesse essere affermato tout court il “dirittodi un atleta, in forza dei risultati raggiunti, di essere convocato in più discipline nelle gare di qualificazione olimpica, dipendendo la convocazione  anche da valutazioni discrezionali”, dichiaravinammissibilil ricorso – notificato il 25 settembre 2019 -, in virtù della tardività dello stesso in ossequio alle disposizioni di cui all’art. 69 RG FIS.

Decidendo sul gravame interposto, la Corte Federale di Appello, con la decisione quivi impugnata, lo respingeva, ritenendo assorbente la questione relativa all’osservanza del termine ex art. 69, comma 2, del Regolamento di Giustizia endofederale, a mente del quale “Il ricorso deve essere depositato presso il Tribunale federale entro trenta giorni da quando il ricorrente ha avuto piena conoscenza dellatto o del fatto e, comunque, non oltre un anno dallaccadimento. Decorsi tali termini, i medesimi atti o fatti non possono costituire causa di azione innanzi al Tribunale federale, se non per atto di deferimento del procuratore federale”.

In particolare, i giudici di appello, concentrandosi sulla determinazione del momento in cui l’atleta aveva effettivamente avuto piena conoscenza della posizione assunta dalla Federazione nei suoi riguardi, affermavano che, alla data del 24 aprile 2019 (i.e. data della prima lettera di risposta della FIS), la Errigo aveva avuto certamente piena conoscenza non solo della sua esclusione dal novero delle atlete che avrebbero preso parte alla gara di convocazione di sciabola, ma anche delle ragioni della scelta della Federazione, che riposavano sulla valutazione anticipata già nell’ottobre 2018, e che trovava in quel frangente concreta espressione, essendo stato reso evidente il diniego alla richiesta di partecipazione alle qualificazioni olimpiche in più di una specialità. Aggiungeva, altresì, la Corte che non poteva trovare applicazione neppure il termine “lungo” - un anno – come descritto dalla norma, atteso che lo stesso ha valenza residuale ed opera solo nel caso in cui non vi sia stata una previa conoscenza degli atti o fatti lesivi.

Da ultimo, i giudici di seconde cure verificavano, altresì, la rilevanza, ai fini del menzionato termine decadenziale, dell’intervenuto ricorso al TAS e della conseguente decisione, non ritenendo applicabile al caso di specie l’art. 2966 c.c.; affermando così che, se è vero che anche nel campo della giustizia sportiva deve ritenersi astrattamente applicabile la translatio iudicii, detto principio non è comunque invocabile nel caso di specie, atteso che il Tribunale Arbitrale Sportivo di Losanna si pone al di fuori del sistema degli Organi di Giustizia dellordinamento sportivo nazionale, e mai sarebbe concepibile una riassunzione del procedimento dinnanzi ad un Organo di giustizia endofederale, che non a caso il TAS non ha disposto. Del resto, anche la norma di cui allart. 59 della legge n. 69/2009, eventualmente invocabile in via analogica, circoscrive allambito nazionale la possibilidi conservare gli effetti della domanda proposta davanti al giudice che abbia dichiarato il proprio difetto di giurisdizione. In aggiunta a ciò, si osservi peraltro che la reclamante non ha nemmeno prospettato, ed anzi pare nelle sue difese aver escluso, una piena identità fra loggetto della tutela richiesta al TAS ed il petitum dellazione promossa ex art. 69 Reg. di Giustizia FIS. Sicché non sussisterebbero nemmeno i presupposti per ipotizzare una eventuale traslazione del giudizio in ambito federale nazionale, con salvezza degli effetti della domanda”.

Da qui, dunque, la reiezione del reclamo con l’integrale conferma della pronuncia di inammissibilità resa dal Tribunale Federale.

  1. - Con ricorso depositato il 15 gennaio 2020, l’atleta Arianna Errigo  ha impugnato  detta decisione dinanzi a questo Collegio di Garanzia. In particolare, la ricorrente adduce l’omessa motivazione della CFA sull’eccezione circa l’inesistenza di un divieto di competere in due armi, sostenendo, altresì, la imprescrittibilidel diritto assoluto alla pratica dello sport e del diritto alla partecipazione alle relative competizioni, leso, in tesi, dal non essere stata ammessa alle gare di sciabola, pur avendo conseguito in detta specialità “alti” risultati; la Corte federale, nella prospettiva della ricorrente, si sarebbe, illegittimamente, soffermata solo sui profili di tardividel ricorso. Con riferimento a tale profilo, continua la difesa della Errigo, la CFA avrebbe erroneamente ritenuto: i) che l’istituto della translatio iudicii si applichi solo in ambito nazionale, nonostante lo stesso sia stato ritenuto tale a livello internazionale in materia di famiglia ed in caso di impugnazione di lodo arbitrale; e ii) che tale istituto non sia applicabile, attesa la diversità del petitum sottoposto al vaglio del TAS e dei giudici federali, nonostante le conclusioni ivi rassegnate fossero, in tesi, identiche.
  2. - Si è costituita in giudizio la FIS, chiedendo a questo Collegio di dichiarare il ricorso inammissibile e/o comunque respingerlo, siccome infondato in fatto e in diritto. Nel medesimo senso ha concluso la Procura Generale dello Sport intervenuta in giudizio.

Con decreto del 27 febbraio 2020, il Presidente del Collegio di Garanzia dello Sport rigettava, per l’assenza di presupposti, l’istanza di sospensione, in via cautelare ed inaudita altera parte, dell’efficacia esecutiva della decisione impugnata e del successivo provvedimento adottato dalla FIS in data 20 febbraio 2020, con il quale la Federazione non ha autorizzato l’atleta a partecipare, anche a proprie spese, alla gara individuale di Coppa del Mondo di Atene di sciabola (programmata in data 6-8 marzo 2020), valevole per la qualificazione olimpica e, per l’effetto, di obbligare la FIS a consentirne la partecipazione. 

 

Considerato in diritto 

 

1.

 Preliminarmente questo Collegio reputa opportuno affrontare la questione relativa alla tardividel ricorso dinanzi al Tribunale Federale in violazione dell’art. 69, comma 2, Regolamento di Giustizia FIS, questione sui cui si è incentrata la decisione della CFA e che viene sollevata anche dalla FIS nella propria memoria difensiva.

E’ necessario partire dalla disposizione citata, la quale, al primo comma, stabilisce che «Per la tutela di situazioni giuridicamente protette nellordinamento federale, quando per i relativi fatti non sia stato instaurato né risulti pendente un procedimento dinanzi agli organi di giustizia sportiva, è dato ricorso al Tribunale Federale»; al secondo comma, che «il ricorso deve essere depositato presso il Tribunale federale entro trenta giorni da quando il ricorrente ha avuto piena conoscenza dellatto o del fatto e, comunque, non oltre un anno dallaccadimento ()».

La dizione della disposizione è chiara nel ricondurre la tutela di situazioni giuridicamente protette nell’ordinamento federale nellambito di cognizione del Tribunale Federale, e nel fissare  un termine perentorio di trenta giorni dalla conoscenza dell’atto o del fatto.

Appurato che la ricorrente non ha invocato la titolarità di un diritto automatico a prendere parte alla selezione olimpica di fioretto e di sciabola, bensì la spettanza di un diritto a non essere esclusa a priori dal novero delle atlete che si giocheranno la qualificazione in entrambe le specialità, appare corretta l’individuazione, da parte della CFA, dei fatti lesivi della situazione giuridica soggettiva lamentata nelle comunicazioni intercorse tra la Federazione e l’atleta tra il 19 aprile e il 2 maggio 2019, con le quali la Errigo è stata pienamente resa edotta, rispettivamente, dell’esclusione dalla lista delle convocate per la gara di sciabola di Seoul; dell’autorizzazione a partecipare alla gara di Tunisi a titolo individuale, tale da non pregiudicare il percorso di qualificazione dell’atleta nella sola disciplina del fioretto.

Così inquadrati i fatti, e individuato dunque il dies a quo, è evidente il mancato rispetto del termine di trenta giorni, considerato che la Errigo si rivolgeva al Tribunale Federale con ricorso proposto in data 25 settembre 2019.

Peraltro, questo Collegio reputa condivisibili le osservazioni della CFA circa l’inapplicabilial caso di specie del termine “lungodi un anno, di cui al secondo comma dell’art. 69, in quanto avente valenza residuale, e quindi operante solo nei casi in cui non vi sia stata una previa conoscenza degli atti o fatti lesivi.

Né può attribuirsi rilevanza allintervenuto ricorso al Tribunale Arbitrale dello Sport (e alla conseguente decisione), ravvisando nel caso che qui ci occupa un’ipotesi di translatio iudicii. Anche qui si reputano condivisibili i rilievi della CFA in ordine all’inapplicabilidi tale istituto per due ordini di motivi: i) perché il principio avrebbe rilevanza solo in ambito nazionale; e ii) perché il petitum dell’azione dinanzi al CAS-TAS e quello del ricorso al TFN sarebbero diversi.

Sul primo punto, non coglie nel segno l’argomentazione della ricorrente circa l’applicabilità dell’istituto in parola anche in ambito internazionale.

Né può soccorrere a confutare tale impostazione l’invocata pronuncia della Cassazione a p. 12 del ricorso (Cassazione civile, sez. I, 07/10/2015, (ud. 29/04/2015, dep. 07/10/2015), n. 20105), giacché in alcun modo pertinente; la decisione, infatti, riguardavun  caso in cui era  stato impugnato un lodo innanzi al Consiglio di Stato e, successivamente a declinatoria di giurisdizione, innanzi alla Corte di Appello nel rispetto dei termini di cui all’articolo 50 c.p.c,. in ragione della mancata indicazione del termine per la riassunzione da parte del giudice amministrativo.

Neppure è pertinente il riferimento all’art. 15 Reg. CE 2201/2003 (sempre a p. 12 del ricorso), atteso che lo stesso disciplina la figura del forum c.d. conveniens in ambito di responsabilità genitoriale su un minore, statuendo che In via eccezionale le autorità giurisdizionali di uno Stato membro competenti a conoscere del merito, qualora ritengano che l'autorità giurisdizionale di un altro Stato membro con il quale il minore abbia un legame particolare sia più adatto a trattare il caso o una sua parte specifica e ove ciò corrisponda all'interesse superiore del minore, possono:

a) interrompere l'esame del caso o della parte in questione e invitare le parti a presentare domanda all'autorità giurisdizionale dell'altro Stato membro conformemente al paragrafo 4 oppure b) chiedere all'autorità giurisdizionale dell'altro Stato membro di assumere la competenza”. Trattasi, dunque, come affermato dalla giurisprudenza di merito (Trib. Milano, Sez. IX, 11.02.2014), di un istituto di carattere assolutamente eccezionale e di applicazione residuale, visto che è possibile invocarne l’operatività solo se sussistono i presupposti previsti dall’art. 15 cit.

Relativamente al secondo punto, l’affermazione circa l’identità del petitum risulta smentita per tabulas, considerando che dinnanzi al TAS era stato chiesto di “accertare il diritto dellappellante di partecipare alle gare di qualificazione a squadra nella specialità della sciabola” – circoscrivendo così l’oggetto del giudizio ad una disamina della bontà di scelta sull’esclusione dalla menzionata disciplina -, mentre dinnanzi al TFN era stato domandato di riconoscere il diritto, in forza dei risultati raggiunti, di essere convocata sia per il fioretto che per la sciabola nelle gare di qualificazione olimpica” – sollecitando così il Tribunale ad unanalisi circa l’astratta possibilidi convocazione parallela in due discipline.

Alla luce di tutte le considerazioni sin qui svolte, il ricorso è dunque da ritenersi infondato. 

 

2. 

Benché la questione relativa alla tardividel ricorso abbia carattere assorbente, rendendo dunque superfluo l’esame degli ulteriori profili, si osserva che le censure della ricorrente, pur se formalmente denunciano un vizio di omessa motivazione della decisione della CFA, parrebbervolte in realtà a sollecitare un giudizio di merito – precluso al Collegio di Garanzia – sulla medesima questione dedotta in ambito endofederale e in ordine alla quale né il Tribunale Federale né la CFA si sono pronunciati, arrestandosi alla pronuncia di inammissibilità per tardività.

Ciò premesso, questo Collegio osserva che non può ritenersi esista un diritto primario e assoluto degli atleti ad essere convocati per la squadra nazionale partecipante ai Giochi Olimpici, essendo questa una scelta rimessa all’insindacabile giudizio della Federazione.

A tale proposito, giova richiamare l’art. 11 dello Statuto Federale FIS, laddove prevede, al primo comma, che «I Tesserati sono tenuti ad osservare il Codice di comportamento sportivo emanato dal C.O.N.I. e le disposizioni previste dal presente Statuto, dai Regolamenti della F.I.S., dai Principi di Giustizia Sportiva e dal Codice di Giustizia Sportiva che, con il tesseramento, vengano pienamente accettati, nonché le relative deliberazioni anche in ordine agli obblighi di carattere economico»; al quarto comma, che «Gli Atleti sono soggetti allordinamento sportivo e devono esercitare con lealtà sportiva la loro attività, osservando principi, norme e consuetudini sportive»; ancora, al quinto comma, che «Gli Atleti devono praticare lo sport in conformità alle norme e agli indirizzi del CIO, del C.O.N.I., della F.I.E. e della F.I.S.»; al sesto comma che «Gli Atleti selezionati per le rappresentative nazionali sono tenuti a rispondere alle convocazioni ed a mettersi a disposizione della Federazione, nonché ad onorare il ruolo rappresentativo a loro conferito».

Alla stregua di tali disposizioni, gli atleti sono soggetti alle regole nazionali ed internazionali della propria disciplina e agli indirizzi del CIO, del CONI e della Federazione. In particolare, è a questa ultima che compete la selezione degli atleti per le competizioni a squadre; selezione che si svolge tenendo conto di fattori di carattere oggettivo (come la posizione di Ranking), ma anche di carattere soggettivo e discrezionale (quali le condizioni fisiche dell’atleta specifiche per ciascuna disciplina), conformemente, del resto, ai criteri dettati dal CIO.

Nel caso di specie la Federazione, considerati i risultati della Errigo e le relazioni dei propri Commissari tecnici, non ha fatto altro che effettuare le valutazioni tecnico – discrezionali che le competono, anche alla luce dell’importanza prioritaria degli interessi delle squadre rispetto alle aspettative dei singoli atleti.

Del resto, e in particolare per gli sport, come la scherma, nei quali vi sono forti aspettative per la selezione italiana in tutte le competizioni internazionali, il compito delle commissioni tecniche e poi della FIS è ancor più delicato e rimesso a difficili valutazioni di plurimi profili – e perciò ancor meno sindacabile nella attuale sede di giustizia sportiva – poiché tocca la scelta della giusta composizione della squadra ai fini del massimo risultato sportivo, pur in presenza di molti atleti

con capacità particolarmente elevata. Non crede il Collegio possa esservi dubbio, salvo il caso di manifesta, potremmo dire plateale, irragionevolezza, che qui non sussiste affatto, che non può il giudice  indicare, al posto di commissioni tecniche federali ad hooperanti, quale  sia la composizione ottimale per il massimo risultato sportivo atteso. 

 

                                                                P.Q.M. 

Il Collegio di Garanzia dello Sport Sezioni Unite

  

Respinge il ricorso. Spese compensate.

Dispone la comunicazione della presente decisione alle parti tramite i loro difensori anche con il mezzo della posta elettronica.

 

Così deciso in Roma, nella sede del CONI, in data 10 marzo 2020. 

 

Il Presidente e Relatore

F.to Franco Frattini

 

Depositato in Roma, in data 23 marzo 2020.

Il Segretario

F.to Alvio La Face

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